“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
È l’articolo 3 della nostra Costituzione. Era il 1946 quando i nostri padri costituenti individuavano nella rimozione delle diseguaglianze l’azione necessaria per consentire lo sviluppo della persona per una crescita e uno sviluppo inclusivo e sostenibile. Il messaggio non ha perso attualità, anzi, purtroppo, acquista sempre più attualità alla luce delle diseguaglianze che vanno accentuandosi dopo le crisi degli ultimi 15 anni: quella finanziaria del 2008 – 2009; il Covid e la lockdown economy nel 2020 – 2021, la tempesta mondiale dei prezzi su materie prime ed energia resa ancora più violenta dal conflitto nel cuore dell’Europa.
Sul lavoro buono e dignitoso, sull’inclusione sociale, sulla riduzione delle diseguaglianze accenderemo un faro alla nostra prossima assemblea nazionale che terremo a Roma giovedì. Un momento di confronto con il Governo sui temi di maggiore attualità.
“La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità”. È l’articolo 45 della Costituzione. Le cooperative sono in prima linea dal welfare all’energia, dal credito all’agroalimentare, dal lavoro ai servizi, dall’abitazione alla distribuzione al consumo e dal dettaglio, dalla cultura allo sport.
C’è un paese da ricucire come abbiamo detto ad Assisi, in occasione dell’incontro con il presidente della CEI Zuppi.
Avevamo perso confidenza con gli effetti dell’inflazione, anzi, una buona parte della popolazione, chi è nato dopo il 1985, non ha memoria di una crescita dei prezzi sostenuta, anche a due cifre, come è accaduto fra il 1973 e il 1984, mentre ha vissuto come se l’inflazione non fosse un problema o, addirittura, non esistesse.
Il 2022 ha invece costretto tutti, famiglie e imprese, a misurarsi con una maggiore volatilità dei prezzi, soprattutto quelli dell’energia, e a mettere in atto comportamenti di contenimento dei consumi, riduzione dei costi e difesa del potere d’acquisto.
In realtà diverse componenti della popolazione italiana si sono scoperte disarmate di fronte al fenomeno inflattivo, la cui diffusione è stata primariamente causata da fattori esterni come la guerra in Ucraina.
Proprio per la natura in prevalenza esogena dell’inflazione, il senso di insicurezza delle famiglie e quello di incertezza delle imprese sono stati solo in parte attutiti dalle ingenti risorse introdotte dal Governo per ridurre il “caro bollette”. Anche perché il vero nodo della questione consiste nel livello di “persistenza” dell’inflazione, ma non è solo un problema di inflazione.
Abbiamo un paese dove si è inceppato da troppo tempo il meccanismo di redistribuzione della ricchezza. Un gender gap che non cala, un’evasione scolastica che cresce, troppi giovani e donne esclusi da formazione e lavoro. Siamo preoccupati perché i dati del Pil indicano che cresciamo più delle previsioni, ma è una matrice di sviluppo che lascia sul terreno tante povertà. Non solo economica, ma sociale, educativa, energetica, formativa, abitativa. Un mix che mina la coesione sociale e la democrazia di un paese. È su questo terreno che ci sentiamo chiamati a proporre un modello di sviluppo alternativo che offra delle risposte.