A distanza di alcuni mesi dall’entrata in
vigore delle modifiche significative apportate dal c.d. decreto Dignità(1) alla disciplina del contratto
a termine e della somministrazione di lavoro, è stata pubblicata l’attesa circolare ministeriale di commento delle
nuove disposizioni.
Peraltro, vale notare che la circolare
in oggetto è emanata lo stesso giorno in cui è scaduto il REGIME TRANSITORIO
introdotto in sede di conversione del decreto e valido appunto fino al 31
ottobre 2018, che permetteva di rinnovare e prorogare contratti a termine
secondo le vecchie regole in uso prima del D.L. n. 87/2018.
Occorre subito sottolineare che in merito al periodo transitorio appena
trascorso il Ministero non offre particolari indicazioni per i contratti a
tempo determinato, salvo ricordare che dal 1 novembre anche per proroghe/rinnovi
trovano piena applicazione tutte le modifiche previste dal nuovo regime, in particolare l’obbligo di causale per
ciascun rinnovo o per proroghe che determinano il superamento dei 12 mesi di
durata.
Invece, e si tratta di una novità
visto che il legislatore non l’aveva previsto, la circolare “in base ad una
lettura sistemica” ritiene applicabile il regime transitorio – e quindi tutte
le regole ante D.L. “dignità” - anche per la somministrazione a termine. È di
tutta evidenza che, intervenendo alla fine del periodo transitorio, il
chiarimento serve sostanzialmente a non punire eventuali disallineamenti alle
nuove regole verificatisi in questi mesi.
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CONTRATTO A TEMPO
DETERMINATO
Rispetto all’obbligo della CAUSALE - esigenze temporanee e
oggettive estranee all’ordinaria attività; esigenze di sostituzione di altri
lavoratori; esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non
programmabili dell’attività ordinaria - il Ministero chiarisce come va indicata:
-
in tutti i casi in
cui la durata della proroga comporta il superamento dei 12 mesi di durata
complessiva, anche se la medesima proroga interviene quando questo limite non è
stato ancora superato
(era già facilmente immaginabile, ma a riguardo il Ministero fa l’esempio di un
primo rapporto a termine di 10 mesi che si va a prorogare per altri 6);
-
anche qualora le
parti interessate decidono di stipulare presso l’Ispettorato territoriale del
lavoro competente un ulteriore contratto a tempo determinato per altri 12 mesi
– ulteriori rispetto al limite di 24 ammessi in via generale – configurandosi questa
fattispecie come un rinnovo, per il quale come noto la causale è sempre dovuta,
a prescindere dalla durata;
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in tutti i casi in
cui, pur in assenza degli obblighi previsti dalla legge, vi sia la necessità di
indicare appositi motivi per i quali sono concessi appositi benefici di legge (il Ministero cita
l’esempio degli sgravi contributivi previsti per l’assunzione a tempo
determinato di soggetti che vanno a sostituire lavoratrici/lavoratori in
congedo, ma si ricorderà che tale accorgimento era stato già indicato in
passato anche con riferimento ai contratti stagionali, al fine di non avere
alcun dubbio sul regime speciale di cui godono - per un approfondimento si
veda box in fondo a questo capitolo).
Alla luce delle differenti regole applicabili,
da un lato per un rinnovo per il quale serve sempre la causale e a cui si
applica l’aumento del costo contributivo pari allo 0,5%, dall’altro per una
proroga esente da tale aumento contributivo, con obbligo di causale solo in
caso di superamento dei 12 mesi complessivi e praticabile al massimo per 4
volte – il Ministero puntualizza l’elemento che differenzia le due fattispecie:
la PROROGA.
La stessa si configura come semplice
estensione della durata del contratto senza soluzione di continuità e
lasciando inalterate tutte le condizioni, compresa la motivazione stessa
che aveva originariamente dato luogo all’assunzione. Nelle altre ipotesi si è
in presenza di un RINNOVO, anche nel
caso in cui un nuovo contratto a termine decorra dopo la scadenza del
precedente contratto (e in questa ipotesi, sebbene il Ministero non la
richiami, va rispettata la disciplina sugli intervalli – c.d. “stop and go” –
tra due contratti).
La circolare ricorda gli AMBITI DI INTERVENTO DELLA CONTRATTAZIONE
COLLETTIVA che sono circoscritti alla possibilità di identificare un limite diverso, anche superiore,
rispetto alla durata massima di 24 mesi. Preclusa, come noto, la
possibilità d’intervenire sul tema delle causali.
La
contrattazione collettiva è da intendersi nazionale, territoriale o aziendale,
nonché solo quella stipulata dalle parti sociali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale (art. 51 del Dlgs. n. 81/2015).
Rispetto ad una diversa durata
massima complessiva del contratto a tempo determinato, presente anche in
diversi CCNL del nostro sistema contrattuale, il Ministero afferma che tali disposizioni contrattuali “mantengono la loro validità fino alla
naturale scadenza dell’accordo collettivo”. È di tutta evidenza che,
stante il principio di ultrattività del contratto collettivo scaduto, le norme
contrattuali potranno essere confermate o modificate con l’accordo di rinnovo,
ma fino a quel momento trovano applicazione quelle in essere.
Inoltre, qualora le parti contraenti
convenissero di mantenere o inserire pro futuro tetti di durata superiori ai 24
mesi, gli stessi avranno piena validità avendo
il legislatore espresso una delega e un rinvio alla contrattazione collettiva
senza indicare alcuna scadenza temporale. Infatti l’art. 19, comma 2, del
D.Lgs. 81/2015 tuttora in vigore recita “Fatte
salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi, …. la durata.”.
Infine,
la circolare precisa che l’aumento del
costo contributivo pari allo 0,5% in
presenza di ciascun RINNOVO va conteggiato in maniera crescente e cumulata
con l’aliquota addizionale NASpI dell’1,4%. Vale a dire primo rinnovo 1,9%, secondo rinnovo 2,4%, terzo rinnovo 2,9%, etc.
(ricordiamo che questo costo contributivo crescente vale anche in presenza di
una somministrazione di lavoro a termine).
Da ultimo, ci preme ricordare – anche
se non richiamate dal Ministero - le specifiche
deroghe ed esclusioni per i LAVORATORI
OCCUPATI IN ATTIVITA’ STAGIONALI.
Per attività stagionali dobbiamo
intendere sia quelle espressamente definite tali dalla contrattazione collettiva (dai CCNL ma anche dal secondo
livello) sia quelle elencate nel D.P.R.
1525/1963, ad oggi unico punto di riferimento a livello normativo,
visto che il DM Lavoro cui il decreto legislativo 81/2015 (art. 2, comma 21)
aveva anni fa attribuito appunto il compito di specificarle non è stato mai
emanato.
1.
NON TROVA
APPLICAZIONE IL VINCOLO DELLE CAUSALI (ma semmai è solo una facoltà specificare
che il motivo del contratto risiede appunto nello svolgimento di attività
stagionali)
2.
NON TROVA
APPLICAZIONE IL LIMITE DI DURATA MASSIMA COMPLESSIVA
3.
VIGE L’ESONERO DAI LIMITI
QUANTITATIVI DI UTILIZZO
4.
VIGE l’ESONERO dalle
REGOLE sul c.d. “STOP and GO”, vale a dire sulle PAUSE da rispettare tra la
stipula di un CONTRATTO e quello SUCCESSSIVO;
5.
VIGE l’ESONERO DA
CONTRIBUZIONE NASPI AGGIUNTIVA E QUINDI ANCHE DAL CONTRIBUTO INCREMENTALE DELLO
0,5% IN PRESENZA DI CIASCUN RINNOVO (in questo caso solo nel caso di occupati
in attività stagionali di cui al D.P.R. 1525/1963 e non di quelle definite tali
dalla contrattazione collettiva).
Inoltre, ancorché utilizzati per
attività stagionali, gli OTD AGRICOLI RIMANGONO
ESCLUSI DA TUTTA LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO.
Ciò in
base a quanto disposto dall’art. 29, comma 1, lettera b), del decreto
legislativo 81/2015 - passaggio normativo non modificato dal provvedimento in
oggetto - secondo cui sono esclusi, in quanto già disciplinati da specifiche
normative “i rapporti di lavoro tra i
datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato, così come
definiti dall’art. 12, comma 2, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375”.
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SOMMINISTRAZIONE DI
LAVORO
Ribadita la sostanziale
applicazione delle regole valide per i contratti a termine anche ai rapporti di
somministrazione a tempo determinato instaurati tra un’agenzia e un lavoratore,
fatto salvo che per le agenzie non sono applicabili i limiti quantitativi di
utilizzo, i diritti di precedenza e le
pause tra la stipula di un contratto e quello successivo, il Ministero – in
linea con la nostra precedente circolare – precisa che l’obbligo delle causali
riguarda unicamente gli utilizzatori (non invece i somministratori).
Così come viene ribadito che per le proroghe
la disciplina rimane quella prevista dalla contrattazione collettiva applicata
dal somministratore.
Sotto un altro punto di vista una durata
massima di 24 mesi (o del diverso limite previsto dalla contrattazione)
sarà da verificare anche in merito al rapporto tra lavoratore e utilizzatore:
su questo aspetto è chiaro che andranno sommati i periodi di missione svolti in
regime di somministrazione presso un utilizzatore e i periodi svolti con
contratto a termine con la stessa impresa a parità di mansioni e categoria
legale. Una volta raggiunto tale limite complessivo, per il quale vanno
naturalmente considerati anche periodi di lavoro antecedenti all’entrata in
vigore del D.L. 87/2018, sarà vietato all’impresa di utilizzare quel lavoratore
anche in somministrazione.
Sul tema della causale la circolare offre un importante chiarimento,
laddove precisa che la sua obbligatorietà
andrà considerata in presenza di una somministrazione a termine superiore a 12
mesi presso lo stesso utilizzatore (non complessivamente) o di un rinnovo della
missione sempre presso il medesimo utilizzatore. E ovviamente un rinnovo o
un superamento dei 12 mesi di durata complessiva si vengono a determinare anche
per il frutto della combinazione e successione di contratti a termine e
somministrazioni di lavoro (il Ministero a questo proposito riporta una serie
di esempi).
Rispetto infine ai nuovi limiti di
utilizzo imposti dalla legge all’utilizzatore, a chi quindi impiega i
lavoratori somministrati, il Ministero chiarisce che i rapporti attualmente in corso, purché sottoscritti prima del 12
agosto u.s., potranno continuare fino alla loro naturale scadenza, anche se la
somma dei lavoratori con contratto a tempo determinato o somministrati a tempo
determinato superi il 30% dei lavoratori a tempo indeterminato (è questo il
nuovo vincolo introdotto).
Un’ultima precisazione riguarda la possibilità per la contrattazione collettiva
di specificare diversi limiti percentuali di utilizzo - ipotesi anche in
questo caso già presente in alcuni dei nostri CCNL: per il Ministero, in
analogia a quanto sopra detto rispetto alla durata massima complessiva dei
rapporti a termine derogabile dai contratti, eventuali disposizioni in tal senso mantengono la loro validità fino
alla naturale scadenza del contratto collettivo.
(1)
Nostre
circolari n.20 del 16 luglio 2018 – prot. n.3343 – e n. 22 del 10 settembre
2018 – prot. n. 3979.