Con la circolare in oggetto l’INPS dopo molti anni torna nuovamente ad affrontare, in maniera piuttosto organica, gli effetti sul fronte contributivo legate all’utilizzo di un istituto, quello della soccida, disciplinato dal Codice Civile quale contratto agrario di tipo associativo e particolarmente praticato nel settore dell’allevamento, in particolare quello avicolo, anche da nostre cooperative e consorzi, tra cui quelle disciplinate dalla legge n. 240/1984.
Il nuovo intervento dell’INPS si spiega soprattutto con la necessità di dirimere il diffuso contenzioso sorto negli ultimi anni intorno a questa fattispecie e che, in molti casi, ha sostanzialmente sconfessato alcune posizioni assunte in passato dall’Istituto basate su una errata confusione del contratto di soccida con una vendita - cfr. ad esempio Sentenza Tribunale Ravenna n. 186 del 20 giugno 2019 da noi commentata.
In questo senso la circolare rappresenta un positivo passo in avanti tenuto conto che l’INPS invita contestualmente le sue strutture territoriali a riesaminare i contenziosi amministrativi giacenti, procedendo in autotutela all’annullamento o alla riforma dei provvedimenti di inquadramento o di recupero dei benefici ritenuti illegittimi.
Nel merito, infatti, dopo aver passato in rassegna le principali caratteristiche di questo istituto e le diverse tipologie di soccida, la circolare fornisce importanti e utili chiarimenti rispetto agli ambiti principali su cui si è incentrato il contenzioso:
- l’inquadramento previdenziale delle imprese che hanno in essere un rapporto di soccida;
- la legittima fruizione delle riduzioni contributive per zone montane e svantaggiate di cui al comma 5 dell’articolo 9 della legge n. 67/1988.
Considerata la complessità della materia, tuttavia, per comprendere in pieno gli orientamenti assunti dall’INPS è utile esaminare con ordine la questione.
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La definizione di soccida
La soccida è uno strumento negoziale in uso nel settore agricolo, volto all’esercizio in comune dell’attività di allevamento, attraverso la combinazione del capitale e del lavoro, al fine di valorizzare le specifiche caratteristiche produttive delle imprese zootecniche e incrementare la produzione del bestiame e dei prodotti derivati.
Molto opportunamente la circolare tiene conto dell’evoluzione dell’utilizzo della soccida che nel tempo si è notevolmente diffusa.
Nel contesto delle intese di filiera e dei contratti quadro (artt. 9 e seguenti del decreto legislativo n. 102/2005) la soccida costituisce uno schema contrattuale ricorrente che regola i rapporti di approvvigionamento tra gli allevatori e gli imprenditori non agricoli che svolgono a valle attività industriali o commerciali i quali, in veste di soccidanti, non forniscono solo all’allevatore-soccidario gli animali da allevare, ma anche i mangimi e tutti i servizi necessari affinché il prodotto finale corrisponda agli standard previsti dall’industria per la successiva macellazione, trasformazione e vendita al dettaglio delle carni, tramite i canali della grande distribuzione organizzata.
In pratica un imprenditore che non svolge attività agricola (soccidario) fornisce a un altro imprenditore (soccidante) i mezzi per svolgere concretamente l’allevamento.
A questo proposito si possono fare due osservazioni:
- al tradizionale apporto del soccidario (gli animali da allevare) si aggiungono sempre più servizi, mezzi e strumenti di produzione in modo tale che, da un lato, il soccidario possa avere maggiori garanzie sulla qualità e gli standard del prodotto, e dall’altra il soccidante sia sollevato da alcuni oneri economici (l’acquisto dei mangimi);
- il soccidante può essere anche un’impresa agricola come, ad esempio, cooperative e consorzi agricoli legge n. 240/1984 che trasformano, manipolano e commercializzano il prodotto conferito dai propri soci (soccidari) fornendo loro gli strumenti per l’allevamento.
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Le diverse tipologie di soccida
La circolare INPS descrive le varie forme contrattuali che la medesima può assumere avendo come punto centrale l’incremento della consistenza degli animali richiamato dall’articolo 2170 c.c., accrescimento realizzato alla fine del ciclo di allevamento che si divide tra le parti (come per i prodotti, gli utili e le spese) secondo le proporzioni stabilite dalla convenzione o dagli usi.
Nella disciplina codicistica sono previste tre tipologie di soccida:
- la soccida semplice (art. 2171 c.c.): il bestiame è apportato solamente dal soccidante (senza che vi sia il trasferimento della proprietà al soccidario).
- la soccida parziaria (art. 2182 c.c.): il bestiame è conferito da entrambi i contraenti nelle proporzioni convenute. Il bestiame in questo caso diventa un insieme di beni in comproprietà proporzionata ai rispettivi apporti.
- la soccida con conferimento di pascolo (cfr. l’art. 2186 c.c.): il soccidario apporta il bestiame e ha la direzione dell’impresa, mentre il soccidante conferisce solo il terreno per il pascolo, motivo per cui su questa fattispecie la circolare non entra nel merito se non per affermare che il passaggio di bestiame dal soccidario al soccidante deve essere considerato acquisto dal mercato e quindi fuori dallo schema di conferimento.
Detto ciò, le disposizioni del codice lasciano comunque ampia autonomia alle parti di concordare le clausole contrattuali più adatte alle loro esigenze, per cui nella realtà operativa sono da tempo emersi schemi contrattuali che si discostano da quelli tipizzati nel codice civile come ad esempio la soccida monetizzata.
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La soccida monetizzata
L’Istituto richiama la variante contrattuale, particolarmente diffusa, della soccida monetizzata che, così come chiarito recentemente dall’Agenzia delle Entrate (risposta a interpello n. 134/2024), prevedendo l’acquisizione da parte del soccidante dell’intero accrescimento degli animali a fronte della liquidazione in denaro della quota spettante al soccidario, non va tuttavia considerata come acquisto sul mercato.
In sostanza, la somma in denaro spettante al soccidario è corrisposta dal soccidante a titolo di assegnazione della quota-parte del ricavato dalla vendita dell’accrescimento.
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Effetti di natura previdenziale conseguenti all’utilizzo del contratto di soccida
Una volta chiarite le principali caratteristiche della soccida e le sue diverse tipologie, è più agevole comprendere come possono essere sorti contenziosi legati a un’errata valutazione degli animali allevati con contratti di soccida, considerati erroneamente come acquisiti sul mercato e non invece più correttamente come acquisizione di materia prima derivante dall’allevamento condotto in forma associata.
Questa impostazione comportava l’esclusione di tali prodotti dall’ambito della provenienza agricola (allevamento, conferimento dai soci etc.) facendo venire meno, in alcuni casi, il requisito della prevalenza del prodotto di produzione propria ai fini dell’inquadramento agricolo o determinando il venire meno delle condizioni per la corretta attribuzione delle riduzioni contributive (per prodotti conferiti provenienti da zone svantaggiate) spettanti alle cooperative inquadrate in agricoltura ai sensi della legge n. 240/1984.
Nella circolare l’INPS chiarisce che per valutare come qualificare il prodotto proveniente da un contratto di soccida semplice o parziaria sul requisito della prevalenza del datore di lavoro agricolo, è necessario valutare nel concreto il comportamento dei contraenti nel dare esecuzione al contratto, in linea con quanto previsto dagli articoli 2178, 2181 e 2184 del codice civile: laddove le stesse disposizioni codicistiche vengono rispettate per l’Istituto “non si ha alcun acquisto dal mercato, in quanto sia il soccidante che il soccidario tornano rispettivamente in possesso della consistenza del bestiame inizialmente conferita, mentre l’approvvigionamento scaturito dalla divisione in natura, secondo le proporzioni concordate della produzione aggiuntiva conseguita alla conclusione del contratto di soccida (o alla fine dei cicli di allevamento ricompresi nel corso della sua durata), non rappresenta un acquisto dal mercato, in quanto derivante dall’esercizio associato dell’attività di allevamento” (se però la divisione in natura non corrisponde alle proporzioni concordate, la parte eccedente la quota di pertinenza rappresenta invece, a tutti gli effetti, un acquisto dal mercato).
In presenza del rispetto di queste condizioni, non occorre effettuare alcuna valutazione circa il rispetto del presupposto della prevalenza con riguardo all’acquisizione di tale produzione da parte del soccidante e del soccidario, poiché la stessa deve essere considerata realizzata nell’ambito dei rispettivi cicli aziendali di produzione.
Il medesimo principio deve essere applicato con riferimento all’attribuibilità alla cooperativa-soccidante di cui all’articolo 2 della legge n. 240/1984 delle riduzioni contributive per zone montane e svantaggiate con riferimento a quella parte di bestiame acquisita dopo la divisione dell’accrescimento effettuato in base alle proporzioni concordate nel contratto di soccida.
Rispetto alla soccida monetizzata, l’INPS si allinea alla posizione espressa, come detto, dall’Agenzia delle Entrate secondo cui l’acquisizione da parte del soccidante degli animali spettanti al soccidario quale quota dell’accrescimento conseguito non deve essere considerato acquisto sul mercato e quindi:
- è irrilevante al fine della valutazione della sussistenza o permanenza del requisito di prevalenza;
- non fa venire meno l’attribuibilità alla cooperativa di cui all’articolo 2 della legge n. 240/1984 delle riduzioni per zone montane e svantaggiate con riferimento alla parte del bestiame che non è stato oggetto di successiva rivendita (e quindi purché lo stesso prodotto conferito dai soci localizzati nelle zone montane e svantaggiate sia effettivamente lavorato e non sia stato conferito al solo scopo di rivendita).
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Rimanendo a disposizione per eventuali chiarimenti e per eventuali segnalazioni laddove i contenziosi in materia non dovessero essere coerentemente riesaminati, rinviamo alla circolare allegata per ulteriori approfondimenti.