Come anticipato con la nostra circolare di commento della legge delega cd. JOBS ACT (n. 67 del 9 dicembre 2014 – prot. n. 5225) uno dei primi decreti attuativi di riforma del mercato del lavoro approvati dal Governo è stato quello previsto dall’art. 1, comma 7, lettera c) di disciplina del NUOVO CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO A TUTELE CRESCENTI.
Il contratto è utilizzabile per tutte le nuove assunzioni e per le conversioni di contratti a tempo determinato o di apprendistato, effettuate a decorrere dal
7 MARZO 2015
Il Dlgs. n. 23 non modifica le precedenti norme in materia di licenziamenti che, anzi, rimangono in vigore. La tecnica utilizzata dal Legislatore infatti, è quella del doppio regime: le nuove norme saranno applicabili ai lavoratori (operai, impiegati e quadri) assunti dal 7 marzo 2015, anche se non di prima assunzione. Per coloro che erano in forza continuano ad applicarsi le vecchie norme.
Entrando nel merito del nuovo provvedimento, come noto, si tratta della disciplina che, RIDISEGNANDO LE NORME DEI LICENZIAMENTI nell’ottica di sostenere e incentivare l’occupazione stabile, si combina in maniera molto forte con l’incentivo economico inserito nella legge di stabilità 2015 appena approvata (nostra circolare n. 1 del 7 gennaio u.s. – prot. n. 5) rappresentato dal BONUS OCCUPAZIONE che si concretizza con un esonero contributivo previdenziale applicabile per 3 anni fino ad un massimo di €. 8.060,00/anno in favore di assunzioni a tempo indeterminato effettuate dai datori di lavoro SOLO nell’anno 2015.
Il decreto, che, alla luce dei prescritti pareri parlamentari, ha subito solo leggere modifiche rispetto alla sua prima versione del 24 dicembre u.s., è composto da 12 articoli e funge in pratica da nuovo punto di riferimento - non proprio un testo unico, ma quasi - DEL REGIME DI TUTELA NEL CASO DI LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO APPLICATO NEL SETTORE PRIVATO AI NUOVI ASSUNTI (OPERAI, IMPIEGATI E QUADRI) CON CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO.
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In via preliminare si sottolinea che in base all’articolo 9, il nuovo regime trova applicazione, a prescindere dalla loro dimensione, anche con riferimento alle c.d. organizzazioni di tendenza fino ad oggi escluse dall’applicazione dell’art. 18 della legge 300/1970 (quindi anche le associazioni datoriali come Confcooperative).
Inoltre, sempre con riferimento al campo di applicazione delle nuove disposizioni e in base all’art. 9, vale evidenziare che rimane in vita un regime differenziato, meno oneroso economicamente e sostanzialmente in linea con il passato, per i datori di lavoro sotto le soglie già previste dall’art. 18 della legge 300/1970.
Un’ECCEZIONE, tuttavia, riguarda quei datori di lavoro che con la nuova assunzione a tempo indeterminato superino tali limiti dimensionali: in questo caso vi è un effetto trascinamento su tutti i lavoratori in organico e la nuova disciplina vale sia per il nuovo assunto sia per i lavoratori assunti a tempo indeterminato prima dell’entrata in vigore del provvedimento.
Nel merito, le principali novità riguardano i LICENZIAMENTI ECONOMICI – compresi quelli collettivi di cui alla legge 223/1991 – e i LICENZIAMENTI DISCIPLINARI, restando sostanzialmente inalterato il quadro normativo relativo ai licenziamenti discriminatori e nulli.
L’approccio di fondo in caso di licenziamento economico o disciplinare illegittimo è il superamento dell’istituto della reintegra sul posto di lavoro in favore di una tutela rappresentata da un’indennità economica, rapportata all’anzianità di servizio (art. 3).
Ciò detto, emergono alcuni aspetti degni di approfondimento, tra cui:
· l’indennità economica è proporzionata rispetto all’anzianità, ma esistono comunque limiti minimi e massimi cui rapportarla –indennità economica da commisurare rispetto all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR e non più, come disponeva l’art. 18 della legge 300/1970, all’ultima retribuzione globale di fatto (riferimento che varia anche rispetto al risarcimento del danno sui licenziamenti nulli o discriminatori);
· il computo dell’anzianità di servizio nel caso di appalti – art. 7 – è basato su un cumulo di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività, anche qualora si verifichi una cessazione di appalto e il lavoratore passi, ovviamente con un nuovo rapporto, alle dipendenze dell’impresa subentrante;
· l’unica eccezione – art. 3, comma 2 - per cui si può verificare oltre al pagamento di un’indennità anche la reintegra nel posto di lavoro è qualora il giudice accerti “l’insussistenza del fatto materiale contestato” – vale a dire che il fatto su cui si basa la decisione di licenziamento proprio non esiste – ma in questo caso il giudice non può entrare nel merito del motivo alla base del licenziamento;
· l’introduzione ai sensi dell’art. 6 di una nuova procedura di conciliazione “rapida”, ferme restando quelle già esistenti, che tende a prevenire impugnazioni e contenziosi facendo leva soprattutto sul fatto che l’importo offerto al lavoratore tramite assegno circolare sia sgravato fiscalmente (defiscalizzazione che tuttavia non si applica per le eventuali ulteriori somme pattuite contestualmente per chiudere altri contenziosi derivanti dal medesimo rapporto di lavoro);
· con specifico riferimento ai licenziamenti disciplinari si viene a creare una situazione per cui viene meno ogni legame di proporzionalità tra la gravità di quanto imputato al lavoratore e la decisione di licenziamento, essendo peraltro eliminato il richiamo a quanto specificato nei CCNL.
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Considerata la natura tecnica del provvedimento, si rimanda alle slide in allegato per un’analisi puntuale delle disposizioni qui richiamate e per un approfondimento di ulteriori aspetti contenuti nel decreto.