Con il provvedimento in oggetto - in vigore dal 3 dicembre p.v. – sono introdotte modifiche
strutturali al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (Dlgs. 198/2006).
Frutto di un lungo iter parlamentare e di una unificazione di molte proposte di
legge presenti in Parlamento, compresa quella presentata dal CNEL, la legge n. 162
revisiona il Codice e introduce alcune significative novità che impattano
direttamente sulle imprese:
-
art. 2 - integrazione della nozione di
discriminazione diretta e indiretta in ambito lavorativo soggetta, come
noto, a specifico divieto;
-
art. 3 - riformulazione per i datori di lavoro che
superino un determinata soglia di dipendenti – ridotta ora da 100 a 50
dipendenti – dell’obbligo di redigere ogni 2 anni il RAPPORTO PERIODICO sulla
situazione del personale maschile e femminile;
-
art. 4 - introduzione dal 2022 della CERTIFICAZIONE
DI PARITÀ DI GENERE per imprese che obbligatoriamente o volontariamente
adottino il rapporto biennale di cui sopra (rinvio a successivi DPCM per aspetti
attuativi);
-
art. 5 – previsione di una premialità di parità per
le imprese in possesso di tale certificazione, che comporta: i) a regime l’attribuzione di punteggi
aggiuntivi per l’assegnazione di bandi e finanziamenti; ii) la concessione di uno specifico sgravio
contributivo per il solo anno 2022 (ad oggi).
-
NOZIONE
DISCRIMINAZIONE DIRETTA O INDIRETTA IN AMBITO LAVORATIVO (art. 2)
All’art.
25 del Codice delle pari opportunità relativo alla nozione di discriminazione
in ambito lavorativo, assolutamente vietata come noto in base a quanto previsto
dal medesimo decreto legislativo n. 198/2006, si apportano le seguenti
modifiche:
-
nel concetto di discriminazione diretta
rientra anche l’ipotesi che la stessa discriminazione riguardi le candidate e i
candidati in fase di selezione del personale.
Si
ricorda che sono già riconducibili a tale nozione qualsiasi disposizione,
criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l’ordine di realizzare un
atto o un comportamento che produca un effetto pregiudizievole, discriminando
lavoratrici e lavoratori in funzione del loro sesso e, comunque, un trattamento
meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un lavoratore in
situazione analoga;
-
nel concetto di discriminazione
indiretta rientra anche l’ipotesi che la stessa discriminazione riguardi le
candidate e i candidati in fase di selezione del personale, nonché eventuali
profili di natura organizzativa o comunque incidenti sull’orario di lavoro
Si
ricorda che viene definita come discriminazione indiretta una disposizione, un
criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente
neutri che mettano o possano mettere i lavoratori di un determinato sesso in
una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso,
salvo che tali atti o comportamenti riguardino requisiti essenziali per lo
svolgimento dell’attività lavorativa purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi
impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;
-
costituisce comunque discriminazione,
non solo ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza,
di maternità o paternità (anche adottive) ovvero in ragione della titolarità e dell'esercizio dei relativi
diritti – passaggio già previsto dal legislatore – ma anche un aspetto dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di
lavoro che in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura
personali o familiari, ponga o possa porre un lavoratore in una tra le seguenti
condizioni:
-
posizione
di svantaggio rispetto ad altri lavoratori;
-
limitazione
delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;
-
limitazioni
dell’accesso dei meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.
-
RAPPORTO
BIENNALE SITUAZIONE DEL PERSONALE MASCHILE E FEMMINILE (art. 3)
All’art.
46 del Codice delle pari opportunità relativo alla presentazione del Rapporto
biennale sulla situazione del personale declinato, come noto,
rispetto a diverse dimensioni (professioni, assunzioni, formazione, livelli e
passaggi di categoria o qualifica, ammortizzatori, licenziamenti,
pensionamenti, retribuzione, etc.) si introducono le seguenti modifiche:
-
si allarga il perimetro delle imprese OBBLIGATE riducendo da
100 a 50 dipendenti la soglia dimensionale oltre la quale scatta questa
prescrizione;
-
si offre la possibilità per le imprese sotto
questa soglia di presentarlo volontariamente;
-
si stabilisce perentoriamente una
cadenza del rapporto biennale, mentre fino ad oggi la norma
stabiliva una cadenza “almeno” biennale, lasciando aperta anche l’eventualità
di restringere l’orizzonte temporale di riferimento dell’obbligo;
-
fermo
restando che il rapporto va trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali
ove presenti, se ne estende l’accesso
già previsto per la consigliera regionale di parità, anche alla consigliera di parità provinciale o della città
metropolitana, e ai dipendenti per
consentire loro di fruire della tutela giudiziaria in caso di discriminazione
come già prevista dal medesimo decreto;
-
si
prevede che il Ministero del Lavoro
pubblicherà in un’apposita sezione del suo sito web l’elenco delle imprese che
hanno trasmesso il rapporto e di quelle che non lo hanno trasmesso. La rete delle consigliere di parità
avrà a disposizione l’elenco, articolato su base regionale, delle imprese
soggette all’obbligo, così come riformulato;
-
fermo
restando l’invio del rapporto in modalità telematica attraverso la compilazione
del modello pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del Lavoro, si rinvia per la definizione delle
modalità applicative della disciplina in questione (fino ad oggi
disciplinate dal D.M. 3 maggio 2018) ad
un prossimo Decreto attuativo che dovrà essere emanato tenuto conto delle
novità normative e delle ulteriori richieste in termini di informazioni e dati ora
introdotte al comma 3 dell’art. 46;
-
DAL
PUNTO DI VISTA SANZIONATORIO:
-
si
prevede la sospensione per un anno dei
benefici contributivi eventualmente fruiti dall’impresa non più soltanto nei
casi più gravi, ma semplicemente qualora non si dia seguito entro 12 mesi
all’invito ad adempiere avanzato dall’Ispettorato del lavoro territorialmente
competente (resta ferma l’applicazione delle sanzioni pecuniarie, comprese
tra 516,46 € e 2.582,28 €, già dopo 60 giorni dalla ricezione di tale invito);
-
si
introduce una nuova sanzione amministrativa
compresa tra 1.000 e 5.000 euro in caso di rapporto mendace o incompleto, come
risultante da un controllo sulla sua veridicità che viene, d’ora in poi, espressamente
attribuito all’INL (con importi sanzionatori peraltro oltremodo più elevati
rispetto a quelli di cui sopra in presenza di una totale mancanza nella
redazione e trasmissione del rapporto).
-
CERTIFICAZIONE
DI PARITA’ DI GENERE (art. 4)
Con
l’introduzione di un nuovo articolo 46-bis nel Codice delle pari opportunità,
si istituisce a partire dal 2022 questo
nuovo strumento
“al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai
datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità
di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle
politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità”.
La certificazione è riservata
a quelle imprese che, come visto al paragrafo precedente, obbligatoriamente
(sopra 50 addetti) o in maniera facoltativa (sotto 50 addetti) abbiano
presentato il loro Rapporto biennale sulla situazione del personale con
parametri minimi per il rilascio, definiti con successivi decreti, con
particolare riferimento alla retribuzione corrisposta, alle opportunità di
progressione in carriera e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro,
anche con riguardo ai lavoratori occupati di sesso femminile in stato di
gravidanza.
La
decretazione attuativa servirà anche a specificare l’attività di acquisizione
dei dati e di monitoraggio, le modalità di coinvolgimento delle rappresentanze
sindacali aziendali e della rete delle consigliere di parità ai fini della
verifica dei requisiti posti alla base della certificazione nonché le forme di
pubblicità della medesima certificazione.
Contestualmente
verrà istituito presso il
Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio, un Comitato tecnico permanente sulla certificazione
di genere delle imprese partecipato anche da rappresentanti sindacali ed
esperti individuati secondo modalità da definirsi con un prossimo
provvedimento.
-
PREMIALITA’
DI PARITA’ (art. 5)
Sebbene
in questo caso non si tratti di una modifica normativa introdotta nel Codice
delle pari opportunità, si dispone IN
FAVORE DEI DATORI DI LAVORO IN POSSESSO DELLA CERTIFICAZIONE DI PARITA’ DI
GENERE di cui sopra, l’accesso ai seguenti benefici:
-
solo per il prossimo anno 2022, nel limite complessivo di 50
MILIONI di euro, un ESONERO CONTRIBUTIVO per la parte di versamento a carico del datore di
lavoro da determinarsi in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di
50 mila euro per azienda (riparametrato e applicato su base mensile) attraverso apposito decreto
interministeriale (Lavoro-MEF-Pari opportunità) atteso entro il 31 gennaio
2022. Al momento si parla solo del 2022, ma la norma potrebbe essere
rifinanziata per gli anni successivi in presenza di adeguate coperture.
-
l’attribuzione di punteggi aggiuntivi per l’assegnazione di Fondi
europei nazionali e regionali e per la valutazione di proposte progettuali ai
fini della concessione di aiuti di Stato. Questa premialità
potrà essere fatta valere ogni anno con
riferimento a quelle imprese che risultano essere in possesso della
certificazione di parità di genere alla data del 31 dicembre dell’anno
precedente.
Dovrebbero essere le pubbliche
amministrazioni ad indicare nei bandi di gara quei criteri premiali che
intendono applicare fermo restando che, come già previsto dal legislatore (art.
47, legge 108/2021), la parità di genere compare già tra gli obblighi e i
criteri premiali che le medesime P.A. dovranno aver cura di considerare laddove
si impieghino risorse riconducibili al Piano nazionale di ripresa e
resilienza (PNRR).
* * *
A completamento di quanto detto, segnaliamo che il
provvedimento riformula anche la disciplina sulla relazione biennale al
Parlamento (art. 1) circa il
monitoraggio sull’applicazione della legislazione in materia di parità e pari
opportunità in ambito lavorativo di competenza diretta della Consigliera
nazionale di parità e non più del Ministero del Lavoro.
Inoltre, con l’art. 6 si estende alle società
controllate da pubbliche amministrazioni e non quotate, le norme per la parità
di genere già previste per la composizione degli organi collegiali di
amministrazione di società quotate ai sensi dell’art. 147-ter, comma 1-ter, del
decreto legislativo n. 58/1998.
Rinviando al provvedimento allegato per ulteriori
dettagli e rimanendo a disposizione per ogni eventuale chiarimento, ricordiamo
che il tema del rispetto della persona e del lavoro dignitoso (obiettivi per
lo sviluppo sostenibile 5 e 8) nonché l’importanza di prevenire,
contrastare e non tollerare comportamenti discriminatori basati sulle
diversità, sono al centro dell’Accordo Interconfederale del 30 gennaio 2020
sottoscritto con CGIL, CISL e UIL in materia di contrasto alle discriminazioni,
molestie e violenze di genere nei luoghi di lavoro(1).
(1) Circolare Servizio Sindacale Giuslavoristico
n. 3 del 30 gennaio 2020 – prot. n. 255.