Circolari

Circ. n. 80/2021

NUOVE DISPOSIZIONI SU PARI OPPORTUNITA’ TRA UOMO E DONNA SUL LAVORO-NOZIONE DI DISCRIMINAZIONE -RAPPORTO BIENNALE-CERTIFICAZIONE PARITA’ DI GENERE

Con il provvedimento in oggetto - in vigore dal 3 dicembre p.v. – sono introdotte modifiche strutturali al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (Dlgs. 198/2006). Frutto di un lungo iter parlamentare e di una unificazione di molte proposte di legge presenti in Parlamento, compresa quella presentata dal CNEL, la legge n. 162 revisiona il Codice e introduce alcune significative novità che impattano direttamente sulle imprese:

  • art. 2 - integrazione della nozione di discriminazione diretta e indiretta in ambito lavorativo soggetta, come noto, a specifico divieto;

  • art. 3 - riformulazione per i datori di lavoro che superino un determinata soglia di dipendenti – ridotta ora da 100 a 50 dipendenti – dell’obbligo di redigere ogni 2 anni il RAPPORTO PERIODICO sulla situazione del personale maschile e femminile;

  • art. 4 - introduzione dal 2022 della CERTIFICAZIONE DI PARITÀ DI GENERE per imprese che obbligatoriamente o volontariamente adottino il rapporto biennale di cui sopra (rinvio a successivi DPCM per aspetti attuativi);

  • art. 5 previsione di una premialità di parità per le imprese in possesso di tale certificazione, che comporta: i) a regime l’attribuzione di punteggi aggiuntivi per l’assegnazione di bandi e finanziamenti; ii) la concessione di uno specifico sgravio contributivo per il solo anno 2022 (ad oggi).

  1. NOZIONE DISCRIMINAZIONE DIRETTA O INDIRETTA IN AMBITO LAVORATIVO (art. 2)

    All’art. 25 del Codice delle pari opportunità relativo alla nozione di discriminazione in ambito lavorativo, assolutamente vietata come noto in base a quanto previsto dal medesimo decreto legislativo n. 198/2006, si apportano le seguenti modifiche:

  • nel concetto di discriminazione diretta rientra anche l’ipotesi che la stessa discriminazione riguardi le candidate e i candidati in fase di selezione del personale.

    Si ricorda che sono già riconducibili a tale nozione qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l’ordine di realizzare un atto o un comportamento che produca un effetto pregiudizievole, discriminando lavoratrici e lavoratori in funzione del loro sesso e, comunque, un trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un lavoratore in situazione analoga;

  • nel concetto di discriminazione indiretta rientra anche l’ipotesi che la stessa discriminazione riguardi le candidate e i candidati in fase di selezione del personale, nonché eventuali profili di natura organizzativa o comunque incidenti sull’orario di lavoro

    Si ricorda che viene definita come discriminazione indiretta una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri che mettano o possano mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, salvo che tali atti o comportamenti riguardino requisiti essenziali per lo svolgimento dell’attività lavorativa purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;

  • costituisce comunque discriminazione, non solo ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, di maternità o paternità (anche adottive) ovvero in ragione della  titolarità e dell'esercizio dei relativi diritti – passaggio già previsto dal legislatore – ma anche un aspetto dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personali o familiari, ponga o possa porre un lavoratore in una tra le seguenti condizioni:

  • posizione di svantaggio rispetto ad altri lavoratori;

  • limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;

  • limitazioni dell’accesso dei meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.

     

  1. RAPPORTO BIENNALE SITUAZIONE DEL PERSONALE MASCHILE E FEMMINILE (art. 3)

    All’art. 46 del Codice delle pari opportunità relativo alla presentazione del Rapporto biennale sulla situazione del personale declinato, come noto, rispetto a diverse dimensioni (professioni, assunzioni, formazione, livelli e passaggi di categoria o qualifica, ammortizzatori, licenziamenti, pensionamenti, retribuzione, etc.) si introducono le seguenti modifiche:

  • si allarga il perimetro delle imprese OBBLIGATE riducendo da 100 a 50 dipendenti la soglia dimensionale oltre la quale scatta questa prescrizione;

  • si offre la possibilità per le imprese sotto questa soglia di presentarlo volontariamente;

  • si stabilisce perentoriamente una cadenza del rapporto biennale, mentre fino ad oggi la norma stabiliva una cadenza “almeno” biennale, lasciando aperta anche l’eventualità di restringere l’orizzonte temporale di riferimento dell’obbligo;

  • fermo restando che il rapporto va trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali ove presenti, se ne estende l’accesso già previsto per la consigliera regionale di parità, anche alla consigliera di parità provinciale o della città metropolitana, e ai dipendenti per consentire loro di fruire della tutela giudiziaria in caso di discriminazione come già prevista dal medesimo decreto;

  • si prevede che il Ministero del Lavoro pubblicherà in un’apposita sezione del suo sito web l’elenco delle imprese che hanno trasmesso il rapporto e di quelle che non lo hanno trasmesso. La rete delle consigliere di parità avrà a disposizione l’elenco, articolato su base regionale, delle imprese soggette all’obbligo, così come riformulato;

  • fermo restando l’invio del rapporto in modalità telematica attraverso la compilazione del modello pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del Lavoro, si rinvia per la definizione delle modalità applicative della disciplina in questione (fino ad oggi disciplinate dal D.M. 3 maggio 2018) ad un prossimo Decreto attuativo che dovrà essere emanato tenuto conto delle novità normative e delle ulteriori richieste in termini di informazioni e dati ora introdotte al comma 3 dell’art. 46;

  • DAL PUNTO DI VISTA SANZIONATORIO:

    • si prevede la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente fruiti dall’impresa non più soltanto nei casi più gravi, ma semplicemente qualora non si dia seguito entro 12 mesi all’invito ad adempiere avanzato dall’Ispettorato del lavoro territorialmente competente (resta ferma l’applicazione delle sanzioni pecuniarie, comprese tra 516,46 € e 2.582,28 €, già dopo 60 giorni dalla ricezione di tale invito);

    • si introduce una nuova sanzione amministrativa compresa tra 1.000 e 5.000 euro in caso di rapporto mendace o incompleto, come risultante da un controllo sulla sua veridicità che viene, d’ora in poi, espressamente attribuito all’INL (con importi sanzionatori peraltro oltremodo più elevati rispetto a quelli di cui sopra in presenza di una totale mancanza nella redazione e trasmissione del rapporto).

  1. CERTIFICAZIONE DI PARITA’ DI GENERE (art. 4)

    Con l’introduzione di un nuovo articolo 46-bis nel Codice delle pari opportunità, si istituisce a partire dal 2022 questo nuovo strumento

    al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità”.

    La certificazione è riservata a quelle imprese che, come visto al paragrafo precedente, obbligatoriamente (sopra 50 addetti) o in maniera facoltativa (sotto 50 addetti) abbiano presentato il loro Rapporto biennale sulla situazione del personale con parametri minimi per il rilascio, definiti con successivi decreti, con particolare riferimento alla retribuzione corrisposta, alle opportunità di progressione in carriera e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche con riguardo ai lavoratori occupati di sesso femminile in stato di gravidanza.

    La decretazione attuativa servirà anche a specificare l’attività di acquisizione dei dati e di monitoraggio, le modalità di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e della rete delle consigliere di parità ai fini della verifica dei requisiti posti alla base della certificazione nonché le forme di pubblicità della medesima certificazione.

    Contestualmente verrà istituito presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio, un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere delle imprese partecipato anche da rappresentanti sindacali ed esperti individuati secondo modalità da definirsi con un prossimo provvedimento.

  2. PREMIALITA’ DI PARITA’ (art. 5)

    Sebbene in questo caso non si tratti di una modifica normativa introdotta nel Codice delle pari opportunità, si dispone IN FAVORE DEI DATORI DI LAVORO IN POSSESSO DELLA CERTIFICAZIONE DI PARITA’ DI GENERE di cui sopra, l’accesso ai seguenti benefici:

  • solo per il prossimo anno 2022, nel limite complessivo di 50 MILIONI di euro, un ESONERO CONTRIBUTIVO per la parte di versamento a carico del datore di lavoro da determinarsi in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50 mila euro per azienda (riparametrato e applicato su base mensile) attraverso apposito decreto interministeriale (Lavoro-MEF-Pari opportunità) atteso entro il 31 gennaio 2022. Al momento si parla solo del 2022, ma la norma potrebbe essere rifinanziata per gli anni successivi in presenza di adeguate coperture.

  • l’attribuzione di punteggi aggiuntivi per l’assegnazione di Fondi europei nazionali e regionali e per la valutazione di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato. Questa premialità potrà essere fatta valere ogni anno con riferimento a quelle imprese che risultano essere in possesso della certificazione di parità di genere alla data del 31 dicembre dell’anno precedente.

    Dovrebbero essere le pubbliche amministrazioni ad indicare nei bandi di gara quei criteri premiali che intendono applicare fermo restando che, come già previsto dal legislatore (art. 47, legge 108/2021), la parità di genere compare già tra gli obblighi e i criteri premiali che le medesime P.A. dovranno aver cura di considerare laddove si impieghino risorse riconducibili al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

    *  *  *

A completamento di quanto detto, segnaliamo che il provvedimento riformula anche la disciplina sulla relazione biennale al Parlamento (art. 1) circa il monitoraggio sull’applicazione della legislazione in materia di parità e pari opportunità in ambito lavorativo di competenza diretta della Consigliera nazionale di parità e non più del Ministero del Lavoro.

Inoltre, con l’art. 6 si estende alle società controllate da pubbliche amministrazioni e non quotate, le norme per la parità di genere già previste per la composizione degli organi collegiali di amministrazione di società quotate ai sensi dell’art. 147-ter, comma 1-ter, del decreto legislativo n. 58/1998.

Rinviando al provvedimento allegato per ulteriori dettagli e rimanendo a disposizione per ogni eventuale chiarimento, ricordiamo che il tema del rispetto della persona e del lavoro dignitoso (obiettivi per lo sviluppo sostenibile 5 e 8) nonché l’importanza di prevenire, contrastare e non tollerare comportamenti discriminatori basati sulle diversità, sono al centro dell’Accordo Interconfederale del 30 gennaio 2020 sottoscritto con CGIL, CISL e UIL in materia di contrasto alle discriminazioni, molestie e violenze di genere nei luoghi di lavoro(1).




(1) Circolare Servizio Sindacale Giuslavoristico n. 3 del 30 gennaio 2020 – prot. n. 255.