Riteniamo utile segnalare e commentare la
sentenza in oggetto con cui, ancora una
volta, la giurisprudenza conferma l’orientamento ormai assunto da anni in
materia di rispetto dei minimi contrattuali nazionali nel settore cooperativo.
Si tratta di un nuovo tassello di cui tener conto nelle azioni di contrasto al dumping
contrattuale e ai CCNL pirata portate avanti da Confcooperative, ad esempio
nell’ambito degli Osservatori territoriali della Cooperazione.
Nella sentenza, depositata il 20 febbraio
scorso e qui allegata, la Suprema Corte ribadisce che:
-
le
società cooperative sono tenute ad applicare
al socio-lavoratore un trattamento economico complessivo non inferiore ai
minimi previsti dal CCNL del settore o della categoria in cui esse operano
(ai sensi dell’art. 3, comma 1, legge 142/2001);
-
in presenza di una
pluralità di contratti collettivi riconducibili al medesimo settore o categoria
- sempre
in materia di trattamenti economici complessivi da riconoscere come minimo ai
soci lavoratori - si debba far riferimento al CCNL stipulato dalle associazioni sindacali e datoriali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (art. 7, comma 4,
legge 31/2008).
Secondo la Sentenza
l’applicazione di tali regole non lede affatto i principi di libertà e pluralismo
sindacale, ma il legislatore opera una scelta ben precisa fissando standard
minimi inderogabili validi sul territorio nazionale. Infatti, nulla impedirebbe
teoricamente ad una cooperativa di individuare un altro CCNL da applicare,
fatto salvo appunto il rispetto dei minimi retributivi.
La vicenda da cui
muove la sentenza riguarda un appalto di vigilanza e guardianato per il quale (una
socia-lavoratrice) contesta l’applicazione del CCNL Portieri e Custodi (firmato
da Confedilizia per parte datoriale e non riconducibile al sistema cooperativo)
in luogo del CCNL Pulizie Multiservizi (contratto firmato come noto da
Confcooperative Lavoro e Servizi e dalle altre centrali cooperative e a cui la
cooperativa in questione avrebbe dovuto secondo i giudici far riferimento sin dall’inizio).
La Suprema Corte
richiama a più riprese la Sentenza della Corte Costituzionale n. 51 del 2015(1), in cui – come noto
– la Consulta aveva dichiarato infondata la questione di legittimità posta con
riferimento all’art. 7, comma 4, della
legge 31/2008, che qui riportiamo a vantaggio di chi legge.
“Fino
alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di
società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della
medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese
nell’ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri
soci lavoratori, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001,
n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai
contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali
comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria”.
Nel ricordare il
pronunciamento della Consulta, la Corte di Cassazione sottolinea come
l’esistenza di una simile disciplina si giustifichi proprio con la finalità di
contrastare forme di competizione salariale al ribasso, per cui si è reso
strettamente necessario utilizzare i CCNL stipulati dalle parti sociali (sindacali
e datoriali) comparativamente più rappresentative a livello nazionale per
determinare il trattamento economico minimo dovuto nel settore cooperativo ad
un socio-lavoratore.
Anche perché la
retribuzione concordata nei CCNL leader, quale fonte collettiva, viene ritenuta
conforme ai requisiti della proporzionalità e della sufficienza (articolo 36
Cost.) come ormai affermato dalla giurisprudenza costante
E per CCNL leader - come più
volte chiarito Ministero del Lavoro e dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro – è
evidente che bisogna riferirsi a quelli sottoscritti da
AGCI-CONFCOOPERATIVE-LEGACOOP e CGIL-CISL-UIL.
Infine, segnaliamo che
anche la Corte di Cassazione, come fece la Consulta nella sentenza del 2015,
nelle sue argomentazioni a sostegno richiama espressamente il Protocollo
d’intesa del 10 ottobre 2007 tra Ministero del Lavoro, Ministero dello Sviluppo
Economico, AGCI, Confcooperative, Legacoop e CGIL, CISL e UIL, che determinò la
nascita degli Osservatori della Cooperazione. Si riconosce e si rafforza in tal
modo il loro operato.
(1)
Nostra
circolare n. 30 aprile 2015 – prot. n. 2115.