Circolari

Circ. n. 7/2017

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO - COMMISSIONE CENTRALE PER LE COOPERATIVE – Riunione del 13 gennaio 2017 – Approvazione pareri

Si comunica che, in data 13 gennaio 2017, la Commissione Centrale per le Cooperative ha approvato dei PARERI su una serie di quesiti (all.), riguardanti:

 

·        le cooperative sociali di tipo b);

·        l’individuazione della categoria cui devono iscriversi i consorzi Basevi, ex articolo 27, D.lgs. C.P.S. n. 1577/47;

·        l’individuazione del soggetto competente a svolgere la revisione in relazione al momento temporale in cui la cooperativa aderisce ad una Centrale;

·        l’inquadramento della posizione dell’amministratore unico in relazione allo scambio mutualistico in una cooperativa di lavoro.

 

Con i pareri in commento, si fa chiarezza su alcune questioni da tempo controverse.

 

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1.Quesiti relativi alle cooperative sociali di tipo b).

 

    1. Individuazione del momento esatto in cui deve sussistere il requisito del 30% delle persone svantaggiate.

       

      Il primo quesito portato all’attenzione della Commissione Centrale, ha avuto ad oggetto la determinazione del momento temporale in cui deve sussistere la percentuale del 30% dei soggetti svantaggiati: cioè se fin dal momento della costituzione (i) ovvero, come sostenuto da sempre dalle Centrali cooperative, dal momento in cui la cooperativa inizia concretamente la propria attività (ii).

      La Commissione ha confermato che la percentuale va calcolata sul numero dei lavoratori in forza; che in sede di costituzione non esiste alcun rapporto di lavoro; e che dunque, solo nel momento in cui la cooperativa inizia la propria attività è possibile comparare i lavoratori normodotati e i lavoratori svantaggiati, siano essi soci o non soci.

      All’atto della costituzione e dell’iscrizione all’Albo nazionale e agli Albi regionali, l’unico requisito necessario è l’esplicitazione dell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate negli scopi sociali della cooperativa.

       

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    2. Procedura in ipotesi di assenza fin dalla costituzione del requisito del 30% delle persone svantaggiate; distinzione dall’ipotesi di perdita successiva del requisito.

       

      La Commissione distingue l’ipotesi in cui le persone svantaggiate non siano mai state presenti nella compagine sociale (i) da quella in cui la percentuale sia venuta meno successivamente e non sia stata ricostituita entro il termine di un anno (ii).

      Posto che in entrambi i casi la sanzione applicabile è lo scioglimento con Atto dell’Autorità, i presupposti per l’applicazione sono, però, diversi.

  1. Nel primo caso, infatti, a parere della Commissione, trattasi di una cooperativa spuria che, malgrado lo scopo statutario tipico delle cooperative sociali di tipo b), ha avviato la propria attività senza perseguire il suo scopo istituzionale (da più di 1 anno). Tale circostanza è ritenuta sufficiente a legittimare il revisore a proporre immediatamente, senza diffida, lo scioglimento della società.

  2. Nel caso in cui, invece, il requisito sia venuto meno nel corso della vita della cooperativa e questa non lo abbia ripristinato nel termine di un anno, il revisore procederà alla diffida.

     

    Solo qualora la cooperativa non ottemperi, si potrà attivare la procedura ai fini dello scioglimento per atto dell’Autorità, per la manifesta incapacità di perseguire gli scopi mutualistici per cui è stata costituita.

     

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    1. Ai fini del calcolo del 30% dei soggetti svantaggiati, per “lavoratori” della cooperativa devono intendersi i soli lavoratori, soci o non soci, effettivamente utilizzati dalla cooperativa.

       

      Secondo la Commissione Centrale, il numero complessivo dei “lavoratori” (su cui calcolare la percentuale del 30% dei soggetti svantaggi) è costituito dai soli lavoratori, soci o non soci, con cui la cooperativa ha in essere un rapporto di lavoro (in altre parole, i soci con cui la cooperativa ha stipulato un contratto di lavoro). Naturalmente, sono esclusi dal computo i soggetti svantaggiati, così come già affermato più volte sia dall’INPS, sia dal Ministero del lavoro.

      Nel parere è evidenziato che l’esclusione delle persone svantaggiate è un criterio generale già ampiamente utilizzato per il calcolo dei soggetti in questione nelle assunzioni obbligatorie dalle amministrazioni pubbliche e dalle imprese private e che determinerebbe un’ingiusta discriminazione a danno delle cooperative sociali di tipo b), se non fosse applicato anche nel caso di specie.

      Non vanno, altresì, computati né i soci finanziatori di cui alla legge n. 59/92 e 2526 c.c., né i soci volontari.

      Si avverte altresì che il fatto che debbano essere computati i lavoratori con i quali la cooperativa ha in essere un rapporto di lavoro, non implica che l’inattività dei soci lavoratori possa essere irragionevolmente procrastinata nel tempo senza alcuna giustificazione.

       

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    2. Nelle cooperative sociali cd. “miste” – che svolgono cioè sia le attività di tipo a), sia quelle di tipo b) – la percentuale del 30% va calcolata esclusivamente in relazione ai lavoratori, soci o non soci, impiegati nell’attività di tipo b), escludendo i lavoratori impiegati nelle attività di tipo a).

       

      Anche in questo caso, la Commissione ha confermato quanto sostenuto da tempo dalle Centrali cooperative e dal Ministero del Lavoro sia con circolare n. 153/96, sia con parere ad interpello del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro il 15 maggio 2009, affermando che la percentuale del 30% va calcolata considerando esclusivamente i lavoratori (soci o non soci) impiegati nell’attività di tipo b).

      Inoltre, il parere precisa che qualora il revisore si trovi innanzi ad una cooperativa il cui statuto contempli sia le attività di tipo a), sia quelle di tipo b), ma che di fatto esplichi solo le attività di a), il medesimo revisore non debba diffidare la cooperativa, né ai fini dell’inserimento delle persone svantaggiate né ai fini della modifica dello statuto.

       

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      2. Individuazione della categoria di iscrizione dei consorzi Basevi, ex articolo 27, D.lgs. C.P.S. N. 1577/47, presso l’Albo nazionale delle cooperative.

       

      Nel corso dell’attività di vigilanza, i revisori hanno riscontrato che molti consorzi di cooperative di produzione e lavoro risultano iscritti nella categoria “Produzione e lavoro”.

      La Commissione, non reputa corretta tale iscrizione, tenuto conto di quanto dispone l’articolo 23 della legge Basevi secondo cui: “ I soci delle cooperative di lavoro devono essere lavoratori ed esercitare l’arte o il mestiere corrispondenti alla specialità delle cooperative di cui fanno parte o affini”.

       In sintesi, a parere della Commissione, il legislatore ha voluto identificare i soci delle cooperative PL come persone fisiche e non anche persone giuridiche.

      Conseguentemente, un consorzio di cooperative (o cooperativa di II grado) cui partecipano esclusivamente persone giuridiche, non può iscriversi nella citata categoria, ma deve essere iscritto nella categoria “consorzi cooperativi” ovvero in quella “altre cooperative”, considerata la peculiarità dello scambio mutualistico che vede i consorzi ottenere commesse da privati o aggiudicarsi appalti pubblici per poi distribuire il lavoro tra le cooperative socie.

       

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      3. Individuazione del soggetto competente allo svolgimento della revisione nel caso di cooperative che hanno manifestato la loro volontà di aderire ad una Centrale cooperativa.

       

      La Commissione ha affrontato, inoltre, l’ipotesi in cui è stata avviata la revisione e nel frattempo la cooperativa ha deciso di aderire ad una Associazione di rappresentanza.

      Dopo una lunga discussione, il principio generale sancito è che il soggetto che ha iniziato la revisione abbia il diritto-dovere di portarla a termine, anche se sopraggiunge l’adesione ad una Centrale cooperativa. Tuttavia, per l’approfondimento di tutte le altre questioni emerse e collegate a tale fattispecie, la Commissione ha disposto la costituzione di un gruppo di lavoro specifico.

       

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      4. Inquadramento della posizione dell’amministratore unico in relazione allo scambio mutualistico.

       

      Con l’ultimo parere, la Commissione ha affrontato una serie di questioni concernenti la fattispecie del socio amministratore unico di cooperativa di produzione e lavoro. Ci si è soffermati, in particolare, sull’ipotesi del socio-amministratore unico che non svolga ulteriori attività all’interno della cooperativa e dunque si limiti all’amministrazione societaria in senso stretto.

      Ebbene, la Commissione ha concluso che:

  •     in assenza di altro scambio mutualistico, la retribuzione corrisposta al socio amministratore unico di una cooperativa di lavoro concreti uno scambio mutualistico e, per l’effetto, assuma rilevanza sia ai fini del calcolo della prevalenza mutualistica, sia ai fini della determinazione dei ristorni;

  •    nella medesima ipotesi, ove la carica non sia retribuita, la posizione del socio amministratore unico sia da ritenere non regolare e illegittima;

  •    in ultimo, irregolare e illegittima – in assenza di adeguate e specifiche motivazioni – la posizione di chi assume l’incarico di amministratore unico in più cooperative.

     

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