Con la presente Circolare commentiamo il 4°,
ed ultimo, provvedimento a completamento della riforma del mercato del lavoro.
Tra
i decreti attuativi della legge delega JOBS
ACT, quello in oggetto risulta essere uno
dei più rilevanti perché, oltre
a riordinare tutta la materia in un
corpo normativo unico, sostitutivo delle precedenti disposizioni stratificatesi
nel tempo, realizza una significativa
revisione degli AMMORTIZZATORI SOCIALI già cominciata con la riforma del
2012, ma non completata.
Anche in questo caso, considerata la natura
tecnica dell’intervento, riteniamo utile allegare alla presente la Circolare predisposta da UNICAF area
lavoro e previdenza, al fine di fornire un prodotto il più possibile
esaustivo.
La logica di fondo che sottende al
provvedimento è di rendere gli AMMORTIZZATORI SOCIALI universali, estendendone il campo di applicazione a tutti i settori
produttivi fino ad oggi fuori dal sistema ordinario e, contestualmente,
stabilire regole e meccanismi per evitare un uso distorto degli strumenti.
Il
primo passaggio in questa direzione è la legittimazione all’uso solo in presenza
di una prosecuzione dell’attività dell’impresa (strumenti appunto
validi in costanza di rapporto di lavoro), con una parallela rivisitazione della durata in base alla
tipologia d’intervento di ammortizzazione.
L’intervento è di natura strutturale, visto
che comporta anche una modifica delle
aliquote contributive – quindi con effetti diretti per i datori di lavoro –
e va letto alla luce della progressiva
scomparsa degli ammortizzatori in deroga cancellati interamente dal 2017.
Inoltre, si tenta anche un rilancio dei CONTRATTI DI SOLIDARIETA’, sia di tipo
difensivo per il mantenimento dell’occupazione, sia di quelli espansivi
che, sebbene poco praticati fino ad ora, rappresentano
una strada per attuare un turn over generazionale nell’impresa.
Infatti, la riduzione delle ore/lavoro è
finalizzata all’inserimento di nuovi
lavoratori a tempo indeterminato e accompagnata da un meccanismo che
incentiva il pensionamento parziale dei
lavoratori senior che sono a 2 anni dalla pensione. Il loro rapporto di
lavoro si trasformerà in part-time con una riduzione del 50% e riceveranno
contestualmente parte della pensione a compensazione della retribuzione persa.
Sono necessari accordi collettivi aziendali per
praticare questa possibilità (art. 41).
≈ ≈ ≈
Rispetto alla sua impostazione il decreto,
composto da 44 articoli, declina la materia distinguendo tra gli strumenti di
integrazione salariale canonici ormai consolidati (CIGO e CIGS) e i cd. FONDI di SOLIDARIETA’, introdotti con la legge
92/2012 proprio per i soggetti non coperti dalle casse ordinarie, ma ora profondamente
ridisegnati, anche alla luce del loro mancato ed effettivo avvio.
Nulla
cambia
rispetto al settore agricolo perché nel
decreto (art. 18), trovano conferma
le disposizioni sulla CISOA per gli
operai agricoli a tempo indeterminato (così come stabilite dall’art. 8 e
seguenti della legge 457/1972).
Il decreto è entrato IN VIGORE il 24 SETTEMBRE 2015, fatta salva una diversa entrata in
vigore di singole norme, laddove specificato.
Ciò significa che, in linea generale, le nuove disposizioni valgono per gli ammortizzatori
richiesti a partire dall’entrata in vigore (art. 43, comma 2), sebbene
l’INPS con un suo primo messaggio (1) ha già precisato
che le domande per gli eventi di sospensione/riduzione dell’attività lavorativa
fino al 23 settembre u.s. potranno continuare ad essere presentate dalle
imprese secondo le modalità previste dalla previgente disciplina (non
rileverebbero quindi in questi casi i nuovi termini di presentazione più
stringenti). Rinvia, comunque, ad una successiva circolare l’esame
complessivo del provvedimento.
Il provvedimento, anche in termini di
coperture/quadrature finanziarie, opera alcune
modifiche/aggiustamenti su aspetti non strettamente connessi con il tema degli
ammortizzatori sociali, attraverso alcune disposizioni finali:
-
art. 43, comma 2: la piena messa a regime anche per gli anni successivi al 2015 delle novità in materia di conciliazione previste
in attuazione del JOBS ACT dal decreto
legislativo 80/2015 (2), tra cui in particolare ricordiamo la frazionabilità
oraria nel godimento dei congedi parentali e l’elevazione dell’età del bambino
entro cui si possono richiedere;
-
art. 43, comma 3: il riconoscimento
della NASpI per una durata massima di 2 anni – e non 1 anno e mezzo – anche dal
2017, eliminando una precedente formulazione in questo senso del decreto
legislativo 22/2015 (3);
-
art. 43, comma 4: una previsione
ad hoc in materia di NASpI per i lavoratori stagionali del settore turismo, facendo
in modo che, fino al 2015, per la durata
dei relativi trattamenti – rapportati come noto alle settimane di contribuzione
– si possa tener conto anche dei periodi che hanno già dato luogo a precedenti
prestazioni (indennità di disoccupazione a requisiti ridotti o mini-ASpI);
-
art. 43, comma 5: il riconoscimento
dell’ASDI anche oltre il 2015, che quindi perde il suo carattere di
sperimentazione (come noto si tratta dell’indennità di disoccupazione di ultima
istanza introdotta sempre dal decreto legislativo 22/2015 in favore di soggetti
disoccupati che hanno già beneficiato interamente della NASpI – lo strumento ad
oggi, tuttavia, non è ancora operativo in attesa di appositi decreti
attuativi);
-
art. 43, comma 6: la destinazione
di maggiori risorse economiche – generate dai risparmi di spesa indotti
dall’intervento di riforma sugli ammortizzatori sociali – al Fondo per le politiche attive del lavoro,
che ai sensi del decreto legislativo 150/2015 (4) avrà in particolare
il compito di finanziare l’assegno di ricollocazione (per il 2016 le risorse
passano da 20 a 52 milioni e stanziamenti ancora più significativi riguardano
gli anni successivi anni).
Tornando al tema degli ammortizzatori,
offriamo in questa sede un primo esame del decreto, seguendo l’ordine
degli articoli e facendo un focus sulle
norme che risultano maggiormente significative per le imprese, e per le quali
sono necessarie maggiori delucidazioni. Ulteriori chiarimenti seguiranno anche
in coincidenza delle attese istruzioni INPS.
-
PRINCIPI GENERALI PER CIGO E CIGS (artt. 1-8)
Una prima novità riguarda i destinatari (art. 1): il riferimento generale ai lavoratori subordinati
(esclusi dirigenti e lavoratori a domicilio) viene integrato ricomprendendo anche i soggetti assunti
con contratto di APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE (2° livello), per i
quali è dovuta la contribuzione.
Per gli apprendisti vigono tuttavia regole di
applicazione particolare visto che, ai sensi dell’art. 2, gli stessi beneficeranno esclusivamente della CIGS e, comunque,
solo della causale per crisi aziendale qualora il loro datore non rientri nel
campo di applicazione della CIGO.
Inoltre, per i datori di lavoro fino a 9
addetti la contribuzione va versata ugualmente, prescindendo dalla
decontribuzione stabilita in via generale per le assunzioni di apprendisti
effettuate fino al 2016.
L’art.
1 stabilisce anche il requisito di
accesso agli ammortizzatori in
termini di anzianità posseduta dai lavoratori, fissata a livello generale
in almeno 90 giorni di effettivo
lavoro – dalla data di presentazione della domanda - presso l’unità produttiva. Si tratta:
-
per la CIGO di una novità assoluta: non c’era prima alcun requisito;
-
per la CIGS di una riformulazione in chiave restrittiva: ci si riferiva genericamente
all’anzianità – non effettiva – presso l’impresa.
Inoltre, coerentemente con una formulazione analoga
contenuta nel decreto legislativo 23/2015 relativo al contratto di lavoro a
tutele crescenti (5), in caso di cambio appalto l’anzianità effettiva del lavoratore che passa alle
dipendenze dell’impresa subentrante sarà conteggiata tenendo conto del periodo
in cui è stato complessivamente impiegato nell’attività appaltata.
Dal punto di vista degli importi - art. 3 – la nuova normativa ricalca sostanzialmente quella precedente confermando
un’integrazione pari all’80% della retribuzione globale non percepita dal
lavoratore e rapportata alle ore non prestate, fatto salvo un leggero
aggiornamento in aumento dei massimali, soggetti come noto a rivalutazione
annua sulla base degli andamenti inflattivi.
Come già anticipato, una modifica
sostanziale – art. 4 – riguarda la DURATA MASSIMA complessiva, considerata come somma di CIGO e CIGS,
che viene ridotta da 36 a 24 MESI
nell’arco di 5 anni (ora non più calcolati come quinquennio fisso,
ma mobile, da calcolarsi cioè a partire
dal primo evento di sospensione/riduzione).
Rispetto alla durata massima ci preme
segnalare alcuni aspetti significativi:
-
i periodi richiesti e fruiti fino al 23 settembre u.s.
non concorrono al raggiungimento del limite di 2 anni, per cui si
computerà eventualmente solo la quota parte goduta dopo l’entrata in vigore del
provvedimento (art. 44, comma 2);
-
ai fini del conteggio i periodi di CIGS connessi a contratti
di solidarietà fino a 24 mesi valgono metà (art. 22, comma 5) – anche in questo si estrinseca l’obiettivo di
favorire come detto i CdS e ciò significa che in presenza di CdS la durata
potrà arrivare fino a 3 anni;
-
per settore edile/lapideo il tetto è elevato a 30 mesi – (art. 4, comma 2).
Insieme ad una rivisitazione delle aliquote
ordinarie – di cui si dirà più avanti – l’art.
5 contiene un meccanismo bonus-malus con una rimodulazione in aumento del CONTRIBUTO
ADDIZIONALE a CARICO delle IMPRESE, unificato e non più distinto tra CIGO e
CIGS, e rapportato all’EFFETTIVO UTILIZZO degli ammortizzatori:
E’ chiara l’intenzione di rendere più costosa
la CIG in base all’uso con un contributo crescente nel tempo.
L’aumento di costo non è basato solo sulla
percentuale crescente ma anche sulla base
di calcolo che non è più l’integrazione salariale corrisposta al
lavoratore, ma la retribuzione globale persa dallo stesso, ben più alta
della prima.
Sono confermati sia il riconoscimento dei contributi
figurativi (art. 6) sia i meccanismi
di erogazione anticipata dei trattamenti da parte del datore di lavoro (art. 7), mentre, coerentemente con quanto disposto dal decreto legislativo 150/2015
sulle politiche attive (6), l’art. 8 richiama le norme di condizionalità per poter mantenere il diritto ai
trattamenti.
-
CIGO (artt. 9-18)
Registrata una sostanziale conferma delle
imprese che rientrano nel campo di applicazione (art. 10), delle causali (art.
11) e della durata massima di utilizzo per 13 settimane, prorogabili fino a
52 (art. 12) della procedura di
informazione/consultazione sindacale (art.
14), segnaliamo quali novità:
-
un TETTO MASSIMO di ORE AUTORIZZABILI pari
a 1/3 delle ore ordinarie lavorabili in
2 anni (biennio mobile), considerando i lavoratori mediamente occupati
nell’unità produttiva nel semestre precedente la presentazione della domanda (art. 12, comma 5);
-
una RIDUZIONE del 10% del CONTRIBUTO ORDINARIO
(art. 13). Tale sconto, a parziale bilanciamento
dell’aumento del contributo addizionale, determina una nuova aliquota pari
all’1,70% per le imprese fino a 50 dipendenti e pari al 2% per quelle sopra
tale soglia (per gli operai edili l’aliquota scende al 4,7%);
-
un TERMINE PIU’ BREVE per la PRESENTAZIONE
DELLE DOMANDE, ridotto, ai sensi dell’art.
15, a 15 giorni dall’inizio della
sospensione/riduzione (le norme precedenti davano tempo 25 giorni dalla
fine del mese in cui era iniziata la sospensione/riduzione);
-
a partire dal 2016, l’autorizzazione dei trattamenti direttamente
dalle sedi territoriali INPS, sulla base di criteri indicati con un
prossimo DM Lavoro, e NON più ad opera della Commissione provinciale per la
CIGO, che era stata istituita
presso le stesse sedi e partecipata dalle parti sociali (cfr. art. 16).
-
CIGS (artt. 19-25)
Nell’art.
20 si osserva una tendenziale conferma del precedente campo di
applicazione, con la messa a regime di alcune categorie di imprese già
disposta dalla legge 92/2012 (es. imprese commerciali con più di 50
dipendenti).
Rispetto alle CAUSALI DI INTERVENTO (art.
21), ne sono individuate 3:
-
RIORGANIZZAZIONE aziendale, con durata massima per ciascuna
unità produttiva di 24 mesi (fattispecie che ricomprende anche, seppur non
espressamente citate, le precedenti ipotesi di ristrutturazione e
riconversione);
-
CRISI aziendale, fino a 12 mesi, anche continuativi
(con possibilità di nuova autorizzazione dopo un periodo pari a 2/3 di quello
goduto) – in questo caso la novità che più rileva è l’aver ESCLUSO dal 2016 i casi di CESSAZIONE
dell’ATTIVITA’ (dell’impresa o di un suo ramo);
-
CONTRATTO DI SOLIDARIETÀ per una durata
massima di 24 mesi, anche continuativi, che, fatta eccezione per il settore
edile, possono arrivare a 36 nella misura in cui, come detto in precedenza,
fino a 24 mesi i periodi sono conteggiati per metà.
Rispetto alla durata degli interventi, così
come disciplinate dall’art. 22, però,
vanno richiamate le norme contenute nell’art.
42, che determinano il mantenimento
della durata prevista a fronte di procedure di consultazione sindacale già
concluse alla data di entrata in vigore del provvedimento (sebbene, in base
alla regola generale, i periodi di fruizione decorrenti dal 24 settembre u.s.
rilevano ai fini della durata massima).
Rispetto al caso della cessazione, l’art. 21,
comma 4, in realtà lascia in vita la possibilità
di un intervento CIGS in deroga alla disciplina generale, purché ciò sia
funzionale a concrete prospettive di ripresa e al riassorbimento del personale
e venga ratificato con accordo sottoscritto presso il Ministero del Lavoro. Tale
possibilità, nel limite di 50 milioni annui, vale per adesso solo nel triennio
2016-2018 rispettivamente per un massimo di 12, 9 e 6 mesi.
Come per la CIGO, anche per la CIGS (art. 22, comma 4), limitatamente alle causali di riorganizzazione e crisi esiste
un tetto massimo di ore autorizzabili, pari in questo caso all’80% delle ore lavorabili in un arco di
tempo coerente con l’intervento autorizzato, MA in vigore tra 2 anni, per effetto dell’art. 44, comma 3.
Per le imprese rientranti nel campo di
applicazione della CIGS, il ricorso ai
CdS di tipo A, diventa ora una specifica causale di intervento CIGS,
con applicazione di tutta la relativa disciplina, compreso il contributo addizionale a carico
dell’impresa e l’applicazione dei massimali sui trattamenti.
Un’altra modifica sui CdS prevede, accanto al
limite di riduzione oraria - media per la generalità dei lavoratori interessati
del 60% (già presente), l’introduzione
ex novo di un limite di riduzione massima d’orario (70%) in capo a ciascun
addetto (art. 21, comma 5).
Rispetto alla contribuzione (art. 23), richiamato quanto già detto in
precedenza sul contributo addizionale, registriamo il mantenimento delle precedenti aliquote ordinarie, pari allo 0,90%,
di cui 0,30% a carico del lavoratore.
In merito alla consultazione sindacale
(art. 24), viene meno la necessità di
comunicare i criteri alla base della scelta dei lavoratori da sospendere e
della rotazione (resta l’indicazione delle cause, l’entità e la durata
prevedibile della CIGS e il numero dei lavoratori coinvolti).
Ciò non toglie che, i criteri di scelta dei
lavoratori, restano come oggetto dell’esame congiunto con le OOSS e dovranno
risultare coerenti (novità) con le motivazioni di richiesta dell’intervento. Da
verificare in quella sede anche la non praticabilità di altri strumenti di
riduzione di orario. Sarà stabilita con DM una sanzione (incremento del
contributo addizionale) per l’impresa che non rispetterà le modalità di
rotazione individuate.
La domanda di CIGS deve essere presentata
entro 7 giorni dalla data di conclusione della procedura o di firma
dell'accordo. La sospensione o la riduzione dell’orario non potrà decorre prima
del 30° giorno successivo alla data di presentazione della domanda. Questa
disposizione si applica ai trattamenti straordinari di integrazione salariale
richiesti a decorrere dall'1-11-2015.
La scansione dei tempi è una questione
problematica perché, sommando la tempistica dei diversi passaggi,
l'integrazione salariale scatta dopo un paio di mesi dall'apertura della
procedura durante i quali, l'azienda, deve sopperire con liquidità propria.
La domanda di CIGS deve essere presentata
contestualmente al Ministero del lavoro e alle DTL competenti per territorio.
La concessione del trattamento avviene con decreto del Ministero per l’intero
periodo richiesto. Salvo sospensioni del procedimento, il decreto è adottato
entro 90 giorni dalla presentazione della domanda da parte dell’impresa.
-
FONDI DI SOLIDARIETA’ (artt. 26-40)
Con il Titolo II dedicato ai Fondi di
Solidarietà bilaterali, alternativi, residuali cui si aggiunge il Fondo di
integrazione salariale, si completa il nuovo disegno degli ammortizzatori
sociali.
Questi Fondi, introdotti dalla legge n.
92/2012 riforma Fornero, vengono ridefiniti e disciplinati in modo pressoché
completo. Questa parte del decreto entra in vigore dal 1 gennaio 2016.
Come si
ricorderà, già con la precedente riforma, è stato stabilito l’obbligo di
istituire questi Fondi di solidarietà per dare copertura alle imprese sopra ai
15 lavoratori ed escluse dagli ammortizzatori ordinari.
Il movimento cooperativo di Alleanza optò per
non costruire uno strumento bilaterale dedicato, ma di confluire verso il FONDO
DI SOLIDARIETA’ RESIDUALE presso l’Inps. La scelta fu determinata sia dell’incertezza dei costi per la
costituzione di fondi bilaterali paritetici, sia dalla necessità di fare massa
critica e garantire le prestazioni ai lavoratori, nonché il pareggio di
bilancio indicato dalla legge.
A questo Fondo, le cooperative hanno
cominciato a versare la contribuzione già dal 2014, ma fino ad oggi non ha
erogato nessuna prestazione di sostegno salariale. Peraltro, nonostante le
richieste delle Parti sociali, non hanno mai costituito il Consiglio di
Amministrazione rinviando - conseguentemente - l’avvio operativo fino ad oggi
che, con il nuovo decreto in commento (art.
28), il Fondo assume la denominazione di FONDO DI INTEGRAZIONE SALARIALE ed è soggetto ad una nuova
disciplina.
Gli aspetti principali sono i seguenti:
-
rientrano nell’ambito
di applicazione del Fondo di integrazione Salariale i datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti rispetto
ai 15 attuali, compresi gli apprendisti;
-
sono in arrivo anche
modifiche all'aliquota contributiva che, dal 2016, sarà differenziata in
relazione alla dimensione aziendale (rimane ferma la suddivisione tra azienda e
lavoratore di 2/3 e 1/3). Questo il quadro.
Fino
a 31-12-2015
|
TOTALE
|
IMPRESA
|
LAVORATORE
|
|
|
|
|
Imprese sopra i 15 dip.
|
0,50
|
0,33
|
0,17
|
|
|
|
|
Dal
1 gennaio 2016
|
|
|
|
Imprese 5-15 dip.
|
0,45
|
0,30
|
0,15
|
Imprese sopra i 15 dip.
|
0,65
|
0,43
|
0,22
|
|
|
|
|
Pur comprendendo la logica di estendere le
coperture anche alle imprese tra 5 e 15 – in vista della eliminazione degli
ammortizzatori in deroga – riesce più difficile capire l'aumento introdotto
per le imprese con più di 15 dipendenti.
Perché,
pur avendo incassato la contribuzione per quasi due anni non ha erogato
prestazioni e, quindi, manca totalmente il parametro di spesa a nostro avviso
fondamentale per valutare se e quando alzare l’aliquota.
A questo si aggiunge il pagamento di una
contribuzione addizionale a carico dei datori di lavoro connessa all'utilizzo
degli istituti previsti pari al 4% della retribuzione persa.
Per i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti, il fondo garantisce per una durata massima di 26 settimane
in un biennio mobile un “assegno ordinario” (art. 30)
in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa
previste dalla normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie, ad
esclusione delle intemperie stagionali, e straordinarie, limitatamente alle
causali per riorganizzazione e crisi aziendale.
All'assegno ordinario si applicano le
disposizioni in materia di CIGO, in particolare quelle sull'importo della
prestazione e sull'obbligo di anticipazione da parte di datore di lavoro.
Si prevede che la domanda di accesso
all’assegno ordinario debba essere presentata non prima di 30 giorni
dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa
eventualmente programmata e non oltre il termine di 15 giorni dall’inizio della
sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
Dal 1
gennaio 2016 il Fondo erogherà anche una nuova prestazione: l’assegno di
solidarietà (art.31).
In questo caso la prestazione è a favore
anche dei lavoratori delle imprese tra 5 e 15 dipendenti.
Si tratta di una integrazione salariale
corrisposta - per un periodo massimo di 12 mesi in un biennio mobile - ai
dipendenti di datori di lavoro che stipulano con le organizzazioni sindacali
accordi collettivi aziendali che stabiliscono una riduzione dell’orario di
lavoro, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale o di evitare
licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo. Questa
nuova prestazione sostituisce i contratti di solidarietà di tipo b), ossia
quelli stipulati dalle imprese non rientranti nell’ambito di applicazione della
CIGS.
I datori di lavoro tra 5 e 15 dipendenti
possono richiedere l’assegno di solidarietà per gli eventi di sospensione o
riduzione di lavoro verificatisi a
decorrere dal 1 luglio 2016. Per la misura dell'assegno si fa riferimento
all'articolo 3 che detta le regola comuni a CIGO e CIGS.
La riduzione media oraria non può essere
superiore al 60% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori
interessati. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva
dell’orario di lavoro non può essere superiore al 70% nell’arco dell’intero
periodo per il quale l’accordo di solidarietà è stipulato. Anche qui la domanda
è telematica e deve essere presentata all'Inps entro 7 giorni dalla firma
dell'accordo sindacale.
La riduzione dell’attività lavorativa deve
avere inizio entro il 30° giorno successivo alla data di presentazione della
domanda. Anche all’assegno di solidarietà si applica, per quanto compatibile,
la normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie.
≈ ≈ ≈
(1) Messaggio INPS n. 5919 del 24 settembre
2015: in allegato.
(2) Nostra circolare n. 39 del 2 luglio 2015
– prot. n. 3138
(3) Nostra circolare n. 9 del 9 marzo 2015 –
prot. n. 969
(4) Nostra circolare n. 49 del 25 settembre
2015 – prot. n. 4244
(5) Nostra circolare n. 8 del 9 marzo 2015 –
prot. n. 967
(6) Nostra circolare n. 49 del 25 settembre
2015 – prot. n. 4244