Come noto, l’ISTAT elabora da diversi anni l’indice inflattivo IPCA che rappresenta L’INDICATORE CUI FARE RIFERIMENTO PER IL RINNOVO DEI CCNL.
Nell’Accordo interconfederale di riforma degli assetti contrattuali cooperativi siglato tra Centrali Cooperative e CGIL, CISL e UIL il 12 dicembre 2018 tuttora in vigore, si continua a far riferimento a questo parametro, sottolineando però alcune specifiche modalità da utilizzare in sede di rinnovo contrattuale qui richiamate:
- aumento dei minimi tabellari da negoziare secondo le regole condivise nel singolo settore e in funzione, ma non esclusivamente, degli scostamenti registrati nel tempo dall’IPCA al netto degli energetici importati, evitando quindi che con esso si identifichino in modo automatico e meccanico le dinamiche complessive e gli andamenti specifici di ogni settore. Ogni CCNL, infatti, potrà modificare i valori minimi tabellari anche in ragione di altri fattori quali, ad esempio, i processi di trasformazione o di innovazione organizzativa;
- al momento non utilizziamo nessun meccanismo automatico di verifica dell’andamento di tale indice una volta decorsa la vigenza contrattuale.
Ciò detto, l’ISTAT con la comunicazione di questa mattina (allegata) certifica:
- l’inflazione reale dell’anno 2021 e il suo scostamento da quella programmata precedentemente;
- la nuova previsione dell’inflazione per il periodo 2022-2025;
Nella tabella che segue abbiamo evidenziato i nuovi tassi dell’inflazione programmata, lasciando tra parentesi le stime precedenti riferite a giugno 2021.
IPCA al netto energetici importati (variazione %)
2018
2019
2020
2021
2022
2023
2024
2025
Inflazione programmata
0,9
0,9
0,4
0,5
4,7 (1,0)
2,6 (1,2)
1,7 (1,2)
1,7
Inflazione realizzata
0,8
0,7
0,5
0,8
Scostamento
-0,1
-0,2
0,1
0,3
Dai dati messi a disposizione, è possibile evidenziare:
- un leggero scostamento dell’inflazione reale del 2021 rispetto alla programmata pari ad un + 0,3% (si è verificato uno 0,8 a fronte dello 0,5 previsto un anno fa);
- un indicatore previsionale per il 2022 significativamente più alto rispetto a quello previsto dalla stima dell’anno scorso (4,7% in luogo dell’1%);
- un indicatore previsionale per il 2023 anch’esso più elevato rispetto alla stima dell’anno scorso (2,6% contro 1,2%);
- un indicatore previsionale per il 2024 di poco superiore (+0,5%) rispetto alla stima dell’anno scorso (1,7% a fronte dell’1,2% previsto a giugno 2021);
- una nuova proiezione sull’inflazione programmata per il 2025 pari all’1,7% (naturalmente non c’è alcun dato di previsione con cui confrontarlo).
Sintetizzando, rispetto alle stime dell’inflazione dell’anno scorso nel periodo 2021-2024 riscontriamo complessivamente un differenziale inflattivo in aumento per un totale di 5,9 punti percentuali, un valore piuttosto anomalo rispetto a quello degli ultimi anni di comunicazione ISTAT per questo specifico indicatore, ma prevedibile alla luce delle dinamiche sui mercati messe in atto soprattutto in questo anno 2022 dalla crisi Ucraina.
Proprio per questo motivo, alla luce dell’attuale fase di crescita esponenziale dei beni energetici, l’Istituto nella sua comunicazione dichiara la necessità di un ulteriore confronto con le parti sociali per una revisione concordata della metodologia, pur avendo per le previsioni ora pubblicate mantenuto lo stesso approccio utilizzato in passato.
In questo senso, come ampiamente anticipato in premessa, ribadiamo che questi valori rappresentano un punto di riferimento cui rapportarsi in modo non automatico, stante la necessità che la dinamica retributiva legata ai rinnovi contrattuali risulti, comunque, coerente con gli andamenti specifici di ogni settore, nonché con le tendenze macro-economiche generali e del mercato del lavoro.
Nostra circolare n. 30 del 14 dicembre 2018 – prot. n. 5137