Circolari

Circ. n. 40/2020

Manuale illustrativo sulla disciplina in materia di rifiuti – Nozioni di riferimento e schede sintetiche adempimenti tracciabilità

Si fa seguito alla circolare n.27/2020 del Servizio Ambiente ed Energia con cui sono state analizzate le novità introdotte dal decreto legislativo n.116 del 2020 - che, nel recepire la direttiva UE 851/2018 in materia di rifiuti e di economia circolare ha modificato molteplici disposizioni del codice ambientale - per fornire una analisi ragionata della Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, con riferimento, in particolare, alle principali nozioni, agli adempimenti autorizzatori, amministrativi e gestionali (manuale in Parte 1).  

In considerazione, inoltre, dell’avvenuto completo riordino delle disposizioni in materia di tracciabilità e dell’istituzione del Registro elettronico nazionale di tracciabilità dei rifiuti (che rappresenterà l’evoluzione dell’abrogato sistema SISTRI), si allegano anche alcune schede sintetiche relative agli adempimenti di tracciabilità posti a carico di enti ed imprese (schede in Parte 2).

All.: c.s.



MANUALE IN MATERIA DI RIFIUTI

INDICE

 

1. CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI RIFIUTI 1

1.1. DEFINIZIONE DI PRODOTTO, DI RESIDUO, DI RIFIUTO E DI SOTTOPRODOTTO   1

1.2. DEFINIZIONE DI RIFIUTO   3

1.3. ESCLUSIONI DAL CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI RIFIUTI 5

1.3.1. Focus sull’esclusione delle materie fecali 7

1.3.2. Focus sull’esclusione di “sfalci e potature”  8

1.4. DEFINIZIONE DI SOTTOPRODOTTO   10

1.4.1. Origine da un processo di produzione  12

1.4.2. Certezza dell’utilizzo  12

1.4.3. Utilizzo senza trattamenti diversi dalla normale pratica industriale  14

1.4.4. Legalità dell’utilizzo  15

1.4.5. Scheda tecnica del DM 264 del 2016  16

1.4.6. Schema di sintesi per la distinzione tra rifiuti e sottoprodotti 17

1.5. DEFINIZIONE DI END OF WASTE (cd. materia prima seconda) 18

2. CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI 21

2.1. RIFIUTI URBANI 21

2.1.1. Focus sui rifiuti della manutenzione del verde pubblico  21

2.1.2. Focus sui rifiuti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici 22

2.2. RIFIUTI SPECIALI 25

3. ADEMPIMENTI AUTORIZZATORI 27

3.1. AUTORIZZAZIONE AL RECUPERO O ALLO SMALTIMENTO   27

3.1.1. Le operazioni di recupero  28

3.1.2. Le operazioni di smaltimento  30

3.2. PROCEDURE SEMPLIFICATE E COMUNICAZIONE DI INIZIO ATTIVITÀ   30

3.3. ISCRIZIONE ALL’ALBO DEI GESTORI 31

4. ADEMPIMENTI GESTIONALI 33

4.1.STOCCAGGIO   33

4.2. DEPOSITO PRELIMINARE  33

4.3. MESSA IN RISERVA   34

4.4. DEPOSITO TEMPORANEO   34



 

5. ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI 36

5.1. FORMULARIO DI IDENTIFICAZIONE DEI RIFIUTI 36

5.1.1. Trasporto dei rifiuti di manutenzione  39

5.1.2. Trasporto intermodale  39

5.2. REGISTRO CRONOLOGICO DI CARICO E SCARICO   40

5.3. COMUNICAZIONE AL CATASTO DEI RIFIUTI 43

6. REGISTRO ELETTRONICO NAZIONALE DI TRACCIABILITÀ   45

7. LA DISCIPLINA DEGLI ACCORDI DI PROGRAMMA E DEI CIRCUITI ORGANIZZATI DI RACCOLTA   47

7.1. ACCORDI DI PROGRAMMA   47

7.2. CIRCUITO ORGANIZZATO DI RACCOLTA   48

8. SCHEDE SINTETICHE DEGLI ADEMPIMENTI IN MATERIA DI TRACCIABILITÀ   50

8.1. RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI 50

8.2. RIFIUTI SPECIALI PERICOLOSI 53



 



1. CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI RIFIUTI

 

1.1. DEFINIZIONE DI PRODOTTO, DI RESIDUO, DI RIFIUTO E DI SOTTOPRODOTTO

riferimenti normativi:

-     Articoli 183, 184-bis d.lgs. n.152/06;

-     DM 13 ottobre 2016, n. 264, Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti;

-     Comunicazione COM (2007) 59 def., del 21 febbraio 2007

-     Commissione europea – Direzione generale Ambiente (2013): Guidance on the interpretation of key provisions of Directive 2008/98/EC on waste (di seguito: Linee guida europee)

      (http://ec.europa.eu/environment/waste/framework/pdf/guidance_doc.pdf)

 

L’articolo 183, comma 1, lettera a) del d.lgs. n.152/06, definisce rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi”.

Preliminarmente, occorre distinguere un prodotto da un residuo di produzione.

Con la comunicazione COM (2007) 59 def., la Commissione europea aveva pubblicato delle Linee guida con lo scopo di fornire alcuni elementi di riferimento, utili per garantire una corretta applicazione della direttiva in materia di rifiuti e, in particolare, agevolare la distinzione tra i rifiuti ed i cosiddetti sottoprodotti.

Nella Comunicazione si distinguono i concetti di:

- prodotto, inteso come ogni materiale che si ottiene deliberatamente nell'ambito di un processo di produzione;

- residuo di produzione, inteso come materiale che non è ottenuto deliberatamente nell'ambito di un processo di produzione, ma che può costituire un rifiuto;

- sottoprodotto, inteso come un residuo di produzione che non costituisce un rifiuto.

La Commissione precisa che, al momento di decidere se un materiale costituisce un rifiuto o meno, occorre, innanzitutto, chiedersi se il fabbricante ha deliberatamente scelto di produrlo. Infatti, se il fabbricante avesse potuto fabbricare il prodotto principale senza ottenere detto materiale, ma ha, comunque, scelto di farlo, è evidente che non si tratta di un residuo di produzione, ma di un prodotto vero e proprio.

Una prova del fatto che il materiale può essere il risultato di una scelta tecnica è data, a titolo di esempio, dalla modifica del processo di produzione, per conferire a tale materiale caratteristiche tecniche specifiche.

Una volta accertato che il materiale non rappresenta un prodotto, ma un residuo di produzione, deve essere valutato se tale “scarto” possa essere considerato come sottoprodotto o se, invece, debba essere gestito come rifiuto.

Le linee guida pubblicate nel 2012, quindi (documento in Allegato 1), a seguito della pubblicazione della direttiva 2008/98/CE confermano gli stessi principi, distinguendo tra:

-       prodotto: tutto il materiale creato deliberatamente in un processo di produzione. In molti casi è possibile identificare uno (o più) prodotti "primari", questo o questi essendo il materiale/i principale/i prodotto/i;

-       residuo di produzione: un materiale che non è prodotto deliberatamente in una produzione processo, ma può o non può essere un rifiuto.

Alla domanda se un materiale o una sostanza sia un residuo di produzione o un prodotto la Comunicazione europea fornisce la seguente risposta:

Un residuo di produzione è qualcosa di diverso dal prodotto finale che il processo di produzione cerca direttamente di produrre. Quando la produzione del materiale in questione è il risultato di una scelta tecnica, non può essere un residuo di produzione ed è considerato un prodotto.  Se il produttore avesse potuto produrre il prodotto primario senza produrre il materiale in questione ma ha scelto di non farlo, questo può essere la prova che il materiale in questione lo è un prodotto e non un residuo di produzione. Inoltre, una modifica del processo di produzione al fine di fornire al materiale in questione caratteristiche tecniche specifiche potrebbe indicare che la produzione del materiale in questione è stata una scelta tecnica”.

Le distinzioni indicate sono chiaramente riportate anche nell’articolo 2 del DM n.264 del 2016 che definisce:

a)  prodotto: ogni materiale o sostanza che è ottenuto deliberatamente nell'ambito di un processo di produzione o risultato di una scelta tecnica. In molti casi è possibile identificare uno o più prodotti primari;

b) residuo di produzione: ogni materiale o sostanza che non è deliberatamente prodotto in un processo di produzione e che può essere o non essere un rifiuto;

c) sottoprodotto: un residuo di produzione che non costituisce un rifiuto ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.

 

 

1.2. DEFINIZIONE DI RIFIUTO

riferimenti normativi:

- Articolo 183 d.lgs. n.152/06

 

L’articolo 183, comma 1, lettera a) del d.lgs. n.152/06, definisce rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi”.

Nella giurisprudenza comunitaria e nelle linee guida europee è chiarito che il termine chiave della definizione di rifiuto è "disfarsi", utilizzato nelle tre alternative: qualsiasi sostanza o oggetto di cui il detentore:

a)    si disfa: descrive un'azione o un'attività del titolare della sostanza o dell’oggetto;

b)    intende disfarsi: descrive una intenzione del titolare.  La giurisprudenza comunitaria ha chiarito che l'intenzione del titolare, che deve essere dedotta dalle sue azioni alla luce degli obiettivi della direttiva e dei criteri forniti dalla Corte di giustizia, va svolta caso per caso, non potendo essere valutata a priori ed è quindi, alla fine, un test oggettivo (cfr. meglio paragrafo 1.4. per la qualifica come sottoprodotto);

c)    è obbligato a disfarsi: c’è un obbligo legale di disfarsi della sostanza o dell’oggetto, in considerazione di una specifica disciplina della particolare natura della sostanza.

Per una serie di situazioni quotidiane, l'attribuzione delle azioni e delle attività di un titolare ad una delle tre alternative di "disfarsi" e quindi la classificazione di una sostanza o di un oggetto come un rifiuto è un compito facile.

Come chiarito dalle Linee guida comunitarie, ad esempio, un oggetto gettato in un bidone della spazzatura o comunque conferito ad un sistema di recupero o di smaltimento di rifiuti è chiaramente scartato e così è considerato rifiuto.

D'altra parte, per un numero di casi e in una gamma molto ampia di circostanze, rimane incertezza.

In merito, la Corte di giustizia, in più occasioni, ha evidenziato come, sostanzialmente, il campo di applicazione della nozione di rifiuto dipenda dal significato del termine “disfarsi” e come tale valutazione vada effettuata, non in via generale o per categorie di prodotti, ma di volta in volta, avendo riguardo alle concrete specifiche circostanze del caso in esame.

In particolare, <st1:personname w:st="on" productid="la Corte">la Corte di giustizia ha, nel corso di diversi interventi, elaborato alcuni principi:

-       il verbo “disfarsi” deve essere interpretato alla luce della finalità della direttiva – quali la tutela della salute umana e dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei rifiuti - ma anche alla luce dell'art. 174, n. 2, CE, secondo il quale la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata in particolare sui principi della precauzione e dell'azione preventiva. Ne consegue che la nozione di rifiuto non può essere interpretata in senso restrittivo;

-       l’uso, da parte del legislatore nazionale, di modalità di prova come le presunzioni iuris et de iure, che abbiano l’effetto di restringere l’ambito di applicazione della direttiva escludendone sostanze, materie o prodotti che rispondono alla definizione del termine “rifiuti” ai sensi della direttiva potrebbe pregiudicare l’efficacia dell’art.130 R del Trattato e della direttiva;

-       non è rilevante la riutilizzazione economica di una sostanza al fine di escludere la sua inclusione tra i rifiuti neanche se i materiali di cui trattasi possono costruire oggetto di un contratto, ovvero di una quotazione in listini commerciali pubblici o privati;

-       la questione di stabilire se una determinata sostanza sia un rifiuto deve essere risolta alla luce del complesso delle circostanze; 

-  il sistema di sorveglianza e di gestione istituito dalla direttiva rifiuti intende riferirsi a tutti gli oggetti e le sostanze di cui il proprietario si disfa, anche se essi hanno un valore commerciale e sono raccolti a titolo commerciale a fini di riciclo, di recupero o di riutilizzo;

-       la direttiva sui rifiuti si applica anche allo smaltimento ed al recupero di rifiuti ad opera dell'impresa che li ha prodotti, nei luoghi di produzione;

-       gli allegati della direttiva sono volti a ricapitolare le operazioni di smaltimento e di recupero così come esse sono effettuate in pratica. Tuttavia, dal fatto che nei detti allegati vengano descritti metodi di smaltimento o di recupero dei rifiuti non consegue necessariamente che qualunque sostanza trattata con uno di tali metodi debba essere considerata un rifiuto. Infatti, benché le descrizioni di taluni dei metodi facciano riferimento esplicito a rifiuti, altre sono invece formulate in termini più astratti, potendo quindi essere applicate a materie prime che non sono rifiuti. Pertanto, dal semplice fatto che su una sostanza venga eseguita un'operazione menzionata negli allegati della direttiva che elencano le operazioni di recupero o di smaltimento, non discende automaticamente che l'operazione consiste nel disfarsene e che pertanto la detta sostanza vada considerata un rifiuto ai sensi della direttiva;

-       anche se un rifiuto è stato oggetto di un'operazione di recupero completo che comporti che la sostanza di cui trattasi ha acquisito le stesse proprietà e caratteristiche di una materia prima, ciò nondimeno tale sostanza può essere considerata un rifiuto se, conformemente alla definizione della direttiva, il detentore della sostanza se ne disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsene;

-       non vi è alcuna giustificazione per assoggettare alle disposizioni che sono destinate a prevedere lo smaltimento o il recupero dei rifiuti, beni, materiali o materie prime che dal punto di vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente da qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla normativa applicabile a tali prodotti. Tuttavia, tenuto conto dell'obbligo di interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuto, per limitare gli inconvenienti o i danni dovuti alla loro natura, occorre circoscrivere tale argomentazione, relativa ai sottoprodotti, alle situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare e nel corso del processo di produzione. Oltre al criterio derivante dalla natura o meno di residuo di produzione di una sostanza, il grado di probabilità di riutilizzo di tale sostanza, senza operazioni di trasformazione preliminare, costituisce un secondo criterio utile ai fini di valutare se essa sia o meno un rifiuto. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di tale riutilizzo è alta. In un'ipotesi del genere la sostanza in questione non può più essere considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di «disfarsi», bensì un autentico prodotto.

Questi principi fondamentali, enunciati dalla Corte di Giustizia, non consentono un’indicazione statica, chiara a precisa del confine tra ciò che è rifiuto e ciò che non lo è, ma rappresentano, per stessa ammissione della Corte, niente più che una serie di “indizi”, suscettibili di diversa lettura in relazione all’eventuale differente contesto di riferimento. Né potrebbe essere altrimenti, se si considera che dei parametri individuati per distinguere un rifiuto da un non rifiuto il criterio “tabellare”, vale a dire l’inclusione della sostanza o dell’oggetto negli allegati delle direttive di riferimento ha natura indicativa, mentre assume valore determinante la valutazione sull’elemento “soggettivo” della definizione (il fatto, l’obbligo, la volontà di disfarsi).

Alla domanda su quale sia il rapporto tra la definizione di rifiuto e l'Elenco dei rifiuti le Linee guida europee forniscono la seguente risposta: l'articolo 7 della direttiva quadro chiarisce che solo perché una sostanza o un oggetto compare nell'elenco della decisione sui rifiuti (2000/532/CE), ciò non significa che si tratti di rifiuti in tutte le circostanze. È rifiuto solo se la definizione “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfa, o intende disfarsi o di cui è necessario disfarsi” è soddisfatta.

L’articolo 184, comma 5 del decreto legislativo n.152 del 2006, quindi, chiarisce espressamente che: l’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all’ articolo 183”.

 

1.3. ESCLUSIONI DAL CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI RIFIUTI

riferimenti normativi:

- Articoli 183 e 185 d.lgs. n.152/06

 

L’articolo 185 disciplina due tipologie di esclusioni dal campo di applicazione della disciplina in materia di rifiuti:

-      le esclusioni tout court,

-      le esclusioni condizionate dalla presenza di un’altra disciplina di riferimento.

Ai sensi dell’articolo 185 del codice ambientale sono esclusi dal campo di applicazione della disciplina in materia di rifiuti:

a)  le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera e il biossido di carbonio catturato e trasportato ai fini dello stoccaggio geologico e stoccato in formazioni geologiche prive di scambio di fluidi con altre formazioni (a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio);

b)  il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto relativamente alla bonifica di siti contaminati;

c)  il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato. Per il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, deve essere valutato se sia integrata, nell’ordine, la nozione di rifiuto, la nozione di sottoprodotto o quella di end of waste;

d)  i rifiuti radioattivi;

e)  i materiali esplosivi in disuso;

f)  le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), del medesimo articolo, la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana;

g) i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali o nell'ambito delle pertinenze idrauliche ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi;

 

Sono esclusi dall’ambito di applicazione della normativa in materia di rifiuti, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:

a)  le acque di scarico;

b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;

c)  le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002;

d)  i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave (decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117);

d-bis) le sostanze destinate a essere utilizzate come materie prime per mangimi di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera g), del regolamento (CE) n. 767/2009 e che non sono costituite né contengono sottoprodotti di origine animale.

Quest’ultima categoria rappresenta una novità recente, essendo stata inserita nell’articolo 185 ad opera del decreto legislativo n.116 del 2020.

 

1.3.1. Focus sull’esclusione delle materie fecali

Con specifico riferimento ai rifiuti in esame, l'articolo 185, comma 1 del decreto legislativo n.152/06 prevede che non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del decreto, tra l'altro, le materie fecali, quando non contemplate dal comma 2 del medesimo articolo.

Il comma 2 citato stabilisce che sono esclusi dal campo di applicazione della parte IV del decreto sui rifiuti, soltanto in quanto disciplinati da altre disposizioni comunitarie, tra le altre sostanze, i sottoprodotti di origine animale contemplati nel Regolamento CE n.1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas e compostaggio.

Al riguardo, il regolamento 1774/2002, ora abrogato e sostituito dal regolamento 1069/2009, contiene le norme sanitarie e non ambientali che disciplinano la gestione dei sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, tra i quali lo stallatico, vale a dire gli escrementi e/o l'urina di animali di allevamento, con o senza lettiera, o il guano non trattati oppure trattati conformemente al capitolo III dell'allegato VIII o altrimenti trasformati in un impianto di produzione di biogas o in un impianto di compostaggio. 

Sul significato di questa esclusione è intervenuto il regolamento comunitario n.142/2011 che, nel disciplinare nel dettaglio le fattispecie di gestione dei sottoprodotti animali, chiarisce che l'articolo 2, paragrafo 2, lettera b) della direttiva 2008/98/CE “esclude dal suo campo di applicazione taluni elementi qualora essi siano già contemplati da altre normative dell'Unione, tra cui i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002 … fatta eccezione per quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio. Tale regolamento è stato abrogato e sostituito con il regolamento (CE) n. 1069/2009 con decorrenza dal 4 marzo 2011. Nell'interesse della coerenza della legislazione dell'Unione, i processi volti a trasformare sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati in biogas o in compost devono essere conformi alle norme sanitarie del presente regolamento, nonché alle misure di tutela ambientale di cui alla direttiva 2008/98/CE”.

Pertanto, deve ritenersi che la qualificazione delle materie fecali come rifiuti, o come materiali esclusi, o come sottoprodotti deve essere effettuata nel rispetto delle disposizioni ambientali contenute nella Parte IV, valutando, di volta n volta, se sussistano o meno le condizioni per la qualifica come sottoprodotti, o come rifiuti.

La Corte di Cassazione penale è intervenuta di recente in argomento fissando alcuni principi di riferimento (cfr. Cass. Sez. III Pen. 2 novembre 2020, n. 30299) e precisando, in particolare che: “la esclusione delle materie fecali dalla disciplina dei rifiuti di cui al d.lgs. n. 152 del 2006 è subordinata alla condizione che esse provengano da attività agricola e che siano effettivamente riutilizzate nella stessa attività. L’utilizzo dei liquami rivenienti dai materiali fecali di origine agricola (ed è il caso di precisare che la origine agricola è tale da comprendere ogni origine che sia derivante da un uso agricolo, anche connesso al loro allevamento, degli animali terricoli) è tale da far escludere per gli stessi la qualificazione in termini di rifiuti in quanto gli stessi siano utilizzati sotto forma di concime sia attraverso il loro generico spandimento, sia attraverso la pratica della fertirrigazione (in relazione alla quale pratica, onde definirne il contenuto, si precisa che essa consiste nella concimazione dei campi utilizzando quale vettore del fertilizzante, anche naturale - id est: il letame, cioè la materia fecale agricola - l’acqua); in ambedue i casi, tuttavia, la esclusione di cui sopra si verifica in quanto ricorrano le seguenti condizioni: che vi sia una coltivazione effettivamente in atto; che per qualità, per quantità e per le modalità della loro l’applicazione l’uso degli effluenti risulti congruo rispetto allo scopo”.

Occorre precisare che, nell’ipotesi in cui non sia possibile dimostrare la sussistenza dei requisiti per l’esclusione dal campo di applicazione ai sensi del citato articolo 185, rimane comunque possibile dimostrare la sussistenza dei requisiti richiesti dall’articolo 184-bis per la qualifica come sottoprodotto.

Diversamente, il materiale deve essere considerato come rifiuto.

 

1.3.2. Focus sull’esclusione di “sfalci e potature”

La direttiva 2008/98 esclude dal campo di applicazione dei rifiuti ….”paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati nell’attività agricola, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”.

Questa esclusione, riportata nel codice ambientale all’articolo 185, è stata interpretata, in passato, da alcune Province nel senso che l’esclusione fosse applicabile soltanto ai materiali derivanti da attività agricola, mentre in tutti gli altri casi gli stessi materiali erano da considerarsi rifiuti. Si è, quindi, determinato un equivoco interpretativo anche a seguito di un parere non completo rilasciato dal Ministero dell’ambiente alla Provincia di Mantova.  In particolare, con la nota prot. 8890/TRI/DI del 18 marzo 2011, la allora competente Direzione generale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha fornito alcuni chiarimenti sul regime degli sfalci di potatura, indicando in quali ipotesi la gestione di tali residui debba essere effettuata ai sensi della normativa rifiuti. Segnatamente, nel parere veniva precisato come la norma in materia di esclusioni dovesse ritenersi applicabile soltanto a sfalci, potature ed altri materiali provenienti da attività agricola o forestale e destinati agli utilizzi descritti, non comprendendo, invece, i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi quali giardini, parchi e aree cimiteriali, da ritenere soggetti alle disposizioni della Parte IV del codice ambientale e da classificare come rifiuti urbani.

Con riferimento a tali materiali, non risultando essere stata precisata espressamente, nel parere, la possibilità, indipendentemente dalla provenienza, di dimostrare la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa per la qualifica degli stessi come sottoprodotti e non come rifiuti - possibilità comunque riconosciuta dall’articolo 5 della direttiva quadro 2008/98/CE e dall’articolo 184-bis del decreto legislativo n.152 cit. di recepimento – il Ministero dell’ambiente è intervenuto con un ulteriore parere di chiarimento, formulato in risposta ad un espresso quesito della Fiper (Federazione italiana produttori di energia da fonti rinnovabili).

Nel dettaglio, con nota 6038/RIN del 27 maggio 2015, il Ministero è intervenuto per completare le conclusioni della precedente comunicazione, precisando che anche per i residui derivanti da attività di sfalcio e di potatura che non rientrino nell'esclusione dell'articolo 185 citato, è comunque possibile dimostrare la sussistenza dei requisiti per la qualifica degli stessi come sottoprodotti ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo n.152 del 2006.

Nel frattempo, l’articolo 185 è stato modificato nel 2016 (art. 41, comma 1, L. 28 luglio 2016, n. 154) e nel 2019 (art. 20, comma 1, L. 3 maggio 2 019, n. 37), includendo nell’esclusione, espressamente, anche i residui di manutenzione del verde pubblico dei comuni.

La norma è stata oggetto di richiesta di chiarimenti da parte della Commissione europea.

Con il decreto 116 del 2020 di recepimento della direttiva rifiuti n.851/2018, sono state, quindi, apportate alcune modifiche, eliminando l’inciso riferito alle manutenzioni del verde urbano. Parallelamente, le manutenzioni del verde urbano sono state inserite nell’elenco dei rifiuti urbani (articolo 183 del codice ambientale).

La versione vigente dell’articolo 185 del codice ambientale prevede così:

Sono esclusi……”la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana”.

Deve quindi ritenersi che:

-                 sono esclusi dal campo di applicazione della normativa in materia di rifiuti gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana;

-     rimane possibile dimostrare la sussistenza dei requisiti richiesti dall’articolo 184-bis per la qualifica come sottoprodotti, per i materiali che non rientrano nell’esclusione e per i quali non vi sia un obbligo di conferimento ad un sistema di gestione dei rifiuti.

Considerate, infatti, le disposizioni contenute nell’articolo 7 della direttiva quadro e nell’articolo 184 del codice ambientale - che precisano che “l’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi” e che “una sostanza o un oggetto è considerato un rifiuto solo se rientra nella definizione di” rifiuto -   nonché le precisazioni effettuate nel parere del Ministero dell’ambiente, l’inclusione dei residui di manutenzione del verde nell’elenco dei rifiuti urbani non comporta che questi debbano essere necessariamente sempre considerati tali, potendo comunque essere dimostrata la natura di sottoprodotto. A tale conclusione non osta il fatto che i residui siano prodotti nell’ambito di una attività di servizio o di manutenzione, in quanto la circolare ministeriale esplicativa del D.M. n.264 del 2016, in materia di sottoprodotti, chiarisce espressamente che anche tali tipologie di attività rientrano nell’ambito delle attività produttive.

                 

1.4. DEFINIZIONE DI SOTTOPRODOTTO

riferimenti normativi:

-     Articoli 183 e 184-bis d.lgs. n.152/06

-     DM 13 ottobre 2016, n. 264, Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti;

-     Circolare Ministero dell’ambiente 30 maggio 2017 prot.n. 7619  (in Allegato 2)

 

Alcuni materiali possono essere gestiti come non rifiuti, quando sia possibile dimostrare che ricorrono le condizioni per qualificarli quali sottoprodotti.

L’articolo 5 della direttiva rifiuti risulta recepito, in Italia, con l’articolo 184-bis del d. lgs. n. 152 del 2006, che al comma 1 prevede che, al fine di considerare i residui dei processi produttivi sottoprodotti anziché rifiuti, è necessario dimostrare la sussistenza delle seguenti condizioni:

a) «la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante ed il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto»;

b) «è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi»;

c) «la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale»;

d) «l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana».

Con decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 ottobre 2016, n. 264 sono stati adottati «Criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti». 

Il Decreto rappresenta uno strumento a disposizione di tutti i soggetti interessati (operatori, altre Amministrazioni, organi di controllo, etc.) per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa vigente per la qualifica di un residuo di produzione come sottoprodotto anziché come rifiuto e non contiene né un “elenco” di materiali senz’altro qualificabili alla stregua di sottoprodotti, né un elenco di trattamenti ammessi sui medesimi in quanto senz’altro costituenti “normale pratica industriale”, dovendo comunque essere rimessa la valutazione del rispetto dei criteri indicati ad una analisi caso per caso, in conformità con quanto previsto dalla giurisprudenza comunitaria.

L’articolo 1 del DM, infatti, chiarisce che i requisiti e le condizioni richiesti per escludere un residuo di produzione dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti sono valutati ed accertati alla luce del complesso delle circostanze e devono essere soddisfatti in tutte le fasi della gestione dei residui, dalla produzione all'impiego nello stesso processo o in uno successivo.

La circolare ministeriale 7619 del 2017 chiarisce che la qualifica di sottoprodotto non potrà mai essere acquisita in un tempo successivo alla generazione del residuo, non potendo un materiale qualificato inizialmente come rifiuto divenire successivamente un sottoprodotto.

L’articolo 4 del Regolamento n. 264 precisa, quindi, che le condizioni indicate dall’articolo 184-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 devono poter essere dimostrate e sussistere, tutte, in ogni fase della gestione del residuo, dalla produzione, fino all’impiego del medesimo. Il Decreto intende mettere a disposizione degli operatori strumenti in grado di sostenerli nel fornire la relativa prova.

Nel caso in cui un sottoprodotto perda le caratteristiche che lo rendono tale ai sensi dell’articolo 184-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, la responsabilità della gestione del residuo come rifiuto ricadrà sul soggetto che si trova in possesso del medesimo immediatamente prima che diventi rifiuto.

L’utilizzo degli strumenti probatori disciplinati dal decreto ministeriale è facoltativa, essendo data la possibilità di dimostrare la sussistenza dei requisiti dei sottoprodotti anche con altri mezzi.

 

1.4.1. Origine da un processo di produzione

Ai sensi dell’articolo 184-bis, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 152 del 2006, la sostanza o l’oggetto deve essere originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto.

La norma è volta a sottolineare, innanzitutto, la necessità che la sostanza o l’oggetto da qualificare come sottoprodotto sia un residuo di produzione e non, invece, un prodotto (cfr. par. 1.1.).

Con riferimento alla nozione di processo di produzione, la circolare ministeriale esplicativa del DM n.264 chiarisce che la nozione si riferisce ad un processo che trasforma i fattori produttivi in risultati, i quali ben possono essere rappresentati da prodotti tangibili o intangibili, di talché anche la produzione può riguardare non solo i beni, ma anche i servizi e comprende non solo i processi tecnologici di fabbricazione dei componenti del prodotto e il loro successivo assemblaggio, ma anche processi di supporto all’attività di trasformazione, come manutenzione, controllo di processo, gestione della qualità, movimentazione dei materiali, ecc..

 

1.4.2. Certezza dell’utilizzo

Ai sensi dell’articolo 184-bis, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 152 del 2006, perché un residuo sia un sottoprodotto deve essere certo che esso «sarà utilizzato» nel corso dello stesso o di un successivo processo produttivo o di utilizzazione.

L’articolo 5 del D.M. n.264 e la relativa circolare esplicativa forniscono i seguenti chiarimenti:

-  la certezza dell'utilizzo è dimostrata dall'analisi delle modalità organizzative del ciclo di produzione, delle caratteristiche, o della documentazione relative alle attività dalle quali originano i materiali impiegati ed al processo di destinazione, valutando, in particolare, la congruità tra la tipologia, la quantità e la qualità dei residui da impiegare e l'utilizzo previsto per gli stessi;

- la certezza dell'utilizzo è valutata caso per caso, analizzando le specifiche circostanze di fatto;

- il requisito della certezza dell'utilizzo è dimostrato dal momento della produzione del residuo fino al momento dell'impiego dello stesso;

- è esclusa la possibilità di allestire depositi a tempo indeterminato di materiali in vista di un loro possibile utilizzo futuro. Un lungo tempo di deposito rende meno certo l’utilizzo, in ragione dell’incertezza legata al mero scorrere del tempo. L’adeguatezza del tempo di deposito va valutata con riguardo a diversi altri fattori, quali le caratteristiche del residuo, le modalità di conservazione dello stesso, le caratteristiche che esso deve avere per la successiva utilizzazione;

- il produttore ed il detentore assicurano, ciascuno per quanto di propria competenza, l'organizzazione e la continuità di un sistema di gestione, ivi incluse le fasi di deposito e trasporto che, per tempi e per modalità, consente l'identificazione e l'utilizzazione effettiva del sottoprodotto;

- fino al momento dell'impiego del sottoprodotto, il deposito ed il trasporto sono effettuati nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 8, vale a dire:

a)  la separazione dei sottoprodotti da rifiuti, prodotti, o oggetti, o sostanze con differenti caratteristiche chimico fisiche, o destinati a diversi utilizzi;

b)  l'adozione delle cautele necessarie ad evitare l'insorgenza di qualsiasi problematica ambientale, o sanitaria, nonché fenomeni di combustione, o la formazione di miscele pericolose, o esplosive;

c)  l'adozione delle cautele necessarie ad evitare l'alterazione delle proprietà chimico-fisiche del sottoprodotto, o altri fenomeni che possano pregiudicarne il successivo impiego;

d)  la congruità delle tempistiche e delle modalità di gestione, considerate le peculiarità e le caratteristiche del sottoprodotto, nel rispetto di quanto indicato nella scheda tecnica

- resta ferma l'applicazione della disciplina in materia di rifiuti, qualora, in considerazione delle modalità di deposito o di gestione dei materiali o delle sostanze, siano accertati l'intenzione, l'atto o il fatto di disfarsi degli stessi;

- la certezza dell'utilizzo di un residuo in un ciclo di produzione diverso da quello da cui è originato presuppone che l'attività o l'impianto in cui il residuo deve essere utilizzato sia individuato o individuabile già al momento della produzione dello stesso. L’espressione “individuabilità” fa riferimento alle tipologie di impianti o di attività nel cui ambito il residuo può essere impiegato. Pertanto, se potrebbe esservi, all’origine, incertezza sul soggetto destinatario del residuo, non deve esservi, invece, alcun dubbio circa la tipologia di impianto o di attività in cui il residuo può essere e sarà impiegato in considerazione delle sue caratteristiche tecniche, e sulla circostanza che, in virtù di queste caratteristiche, l’impiego è possibile in quei determinati tipi di impianti o attività senza il ricorso a trattamenti diversi dalla normale pratica industriale. D’altra parte, quando il destinatario sia individuato, il decreto richiede, comunque, una verifica di congruità, evidentemente sotto il profilo qualitativo e quantitativo, tra il materiale residuale e l’impianto o l’attività di destinazione, che deve avere caratteristiche e dimensioni adeguate ad assicurare l’effettivo impiego del residuo stesso;

- in caso di cessione del residuo per l’impiego in altro ciclo produttivo non è necessario ottenere un guadagno economico e, d’altra parte, non è sufficiente la “mera presenza” di un contratto di cessione a titolo oneroso.

Costituiscono elementi probatori:

- l'esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra il produttore del residuo, eventuali intermediari e gli utilizzatori, dai quali si evincano le informazioni relative alle caratteristiche tecniche dei sottoprodotti, alle relative modalità di utilizzo e alle condizioni della cessione che devono risultare vantaggiose e assicurare la produzione di una utilità economica o di altro tipo;

-  la predisposizione di una scheda tecnica contenente le informazioni indicate all'allegato 2 del DM, necessarie a consentire l'identificazione dei sottoprodotti dei quali è previsto l'impiego e l'individuazione delle caratteristiche tecniche degli stessi, nonché del settore di attività o della tipologia di impianti idonei ad utilizzarli. Nella scheda tecnica sono, altresì, indicate tempistiche e modalità congrue per il deposito e per la movimentazione dei sottoprodotti, dalla produzione del residuo, fino all'utilizzo nel processo di destinazione. In caso di modifiche sostanziali del processo di produzione o di destinazione del sottoprodotto, tali da comportare variazioni delle informazioni rese, deve essere predisposta una nuova scheda tecnica. Le schede tecniche sono numerate, vidimate e gestite con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli oneri connessi alla tenuta delle schede si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente vidimata e numerata. Le schede sono vidimate, senza oneri economici, dalle Camere di commercio territorialmente competenti.

Sulla scheda tecnica vedi par. 1.4.5.

 

1.4.3. Utilizzo senza trattamenti diversi dalla normale pratica industriale

L’articolo 184-bis, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 152 del 2006, indica, tra le condizioni necessarie per la qualifica di un residuo come sottoprodotto, che la sostanza o l’oggetto possa essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale.

L’articolo 6 del D.M.n.264 del 2016 chiarisce che:

-       non costituiscono normale pratica industriale i processi e le operazioni necessari per rendere le caratteristiche ambientali della sostanza o dell'oggetto idonee a   soddisfare, per   l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e a  non  portare  a  impatti complessivi negativi  sull'ambiente,  salvo  il  caso  in  cui  siano effettuate nel medesimo ciclo produttivo;

-       rientrano nella normale  pratica  industriale  le attività e le operazioni  che  costituiscono  parte  integrante  del ciclo di produzione del residuo, anche  se  progettate  e  realizzate allo specifico  fine  di  rendere  le  caratteristiche  ambientali  o sanitarie  della  sostanza  o  dell'oggetto  idonee  a  consentire  e favorire, per l'utilizzo  specifico,  tutti  i  requisiti  pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e a non portare ad impatti complessivi negativi sull'ambiente.

Scopo della disposizione è quello di evitare che, inquadrando come “normale pratica industriale” un’attività, ad esempio, finalizzata a ridurre la concentrazione di sostanze inquinanti o pericolose, possano essere sostanzialmente eluse le disposizioni in materia di gestione dei rifiuti e le relative necessarie cautele ed autorizzazioni. Per tali ragioni si riconosce la possibilità di qualificare come “normale pratica industriale” eventuali operazioni necessarie per rendere il residuo idoneo all’utilizzo, anche sotto il profilo ambientale e sanitario, ma alla condizione che siano svolte all’interno del medesimo ciclo produttivo.

Al fine della prova della riconducibilità dell’operazione alla “normale pratica industriale” l’operatore potrebbe dimostrare, a mero titolo di esempio che:

-     il trattamento non incide o non fa perdere al materiale la sua identità, le caratteristiche merceologiche, o la qualità ambientale, non determina un mutamento strutturale delle componenti chimico-fisiche della sostanza o una sua trasformazione radicale;

-     il trattamento corrisponde a quelli ordinariamente effettuati nel processo produttivo nel quale il materiale viene utilizzato ed in particolare a quelli ordinariamente effettuati sulla materia prima che il sottoprodotto va a sostituire.

Sebbene sia riconosciuta la possibilità che il trattamento sia effettuato anche da soggetti intermediari, l’eventuale eccessiva molteplicità di passaggi e di operatori lungo la filiera potrebbe rendere maggiormente complicata la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge.

 

1.4.4. Legalità dell’utilizzo

L’articolo 184-bis, richiede, tra le condizioni da soddisfare per poter qualificare un residuo come sottoprodotto, che l’ulteriore utilizzo sia legale, ossia che la sostanza o l’oggetto soddisfi, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e che non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

Si possono distinguere due ipotesi:

a)    c’è una normativa di riferimento che definisce modalità o requisiti di impiego per un determinato utilizzo: la mancata rispondenza dello stesso ai requisiti richiesti dalla norma o l’aver effettuato un impiego difforme rispetto a quanto previsto, ne determina la qualifica come rifiuto, per mancanza del requisito;

b)   non c’è una normativa di riferimento che definisce modalità o requisiti di impiego per un determinato utilizzo: rimane comunque ferma la necessità di dimostrare che l’impiego dello stesso non porterà ad impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.

In presenza di una documentazione contrattuale – o, comunque, di un destinatario già individuato – sarà possibile fornire la prova della legalità dell’utilizzo anche facendo riferimento al contenuto del provvedimento autorizzatorio di quest’ultimo.

 

1.4.5. Scheda tecnica del DM 264 del 2016

Una adeguata compilazione della scheda tecnica – non obbligatoria, ma facoltativa – consente agli operatori di fornire la dimostrazione della sussistenza di tutti i requisiti richiesti. Di tale strumento, quindi, ben potrebbe giovarsi anche l’operatore che disponga di una documentazione contrattuale.  La scheda tecnica rappresenta, dunque, un elemento di ausilio sotto il profilo probatorio per coloro che intendano avvalersi delle procedure previste dal Regolamento.

Nel caso in cui l’operatore intenda avvalersi dello strumento probatorio della scheda tecnica, la compilazione deve essere riferita a specifici lotti di residuo, caratterizzati da unitarietà sotto il profilo funzionale e della destinazione. Pur essendo rimessa alla discrezionalità degli operatori la scelta delle modalità di indicazione e di identificazione dei lotti, la codifica degli stessi deve comunque assicurare la possibilità di risalire al momento di produzione dei residui.

La circolare esplicativa del D.M. n.264 fornisce un utile schema di riferimento.

REQUISITO DA DIMOSTRARE

CAMPI DELLA SCHEDA TECNICA DA RIEMPIRE

CARATTERISTICA DI “RESIDUO DI PRODUZIONE”

(articolo 184-bis, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 152/06)

È necessario fornire informazioni sull’impianto di produzione e sul sottoprodotto.

In particolare, rileva la compilazione dei seguenti campi della scheda tecnica:

-   Descrizione e caratteristiche del processo di produzione;

-   Indicazione dei materiali in uscita dal processo di produzione;

-   Tipologia e caratteristiche del sottoprodotto e modalità di produzione;

CERTEZZA DELL’UTILIZZO

(articolo 184-bis, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 152/06)

È necessario fornire informazioni sulla destinazione del sottoprodotto, su tempi e modalità di deposito e movimentazione, nonché sull’organizzazione e continuità del sistema di gestione.

In particolare, rileva la compilazione dei seguenti campi della scheda tecnica:

-                Tipologie di attività o impianti di utilizzo idonei ad utilizzare il residuo;

-                Impianto o attività di destinazione (la compilazione di questo campo, comportando l’individuazione anche sotto il profilo soggettivo del destinatario, può essere effettuata anche in un momento successivo rispetto alla produzione del residuo);

-                Riferimenti di eventuali intermediari (la compilazione di questo campo è eventuale e può essere effettuata in un momento successivo rispetto alla produzione del residuo);

-                Modalità di raccolta e deposito del sottoprodotto;

-                Indicazione del luogo e delle caratteristiche del deposito e di eventuali depositi intermedi;

-                Tempo massimo previsto per il deposito, a partire dalla produzione fino all’impiego definitivo;

-                Descrizione delle tempistiche e delle modalità di gestione finalizzate ad assicurare l’identificazione e l’utilizzazione effettiva del sottoprodotto;

UTILIZZO DIRETTO, SENZA TRATTAMENTI DIVERSI DALLA NORMALE PRATICA INDUSTRIALE

(articolo 184-bis, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 152/06)

È necessario fornire informazioni sul sottoprodotto e sui trattamenti necessari a consentirne l’impiego.

In particolare, rileva la compilazione dei seguenti campi della scheda tecnica:

-                Conformità del sottoprodotto rispetto all’impiego previsto (in questo campo vanno descritti i trattamenti eventualmente necessari al fine dell’impiego e va fornita la dimostrazione della non estraneità dei medesimi rispetto alla “normale pratica industriale”, nonché delle condizioni in cui si trova, al termine del ciclo produttivo, il residuo rispetta tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e che l’impiego dello stesso non comporta impatti complessivi negativi sull'ambiente;

LEGALITÀ DELL’UTILIZZO

(articolo 184-bis, comma 1, lett. d) d.lgs. n.152/06)

È necessario fornire informazioni sulle caratteristiche del sottoprodotto e sulla conformità dello stesso rispetto all’impiego previsto, sotto il profilo sia tecnico che del rispetto dei requisiti e dei parametri stabiliti da norme di settore, laddove esistenti.

In particolare, rileva la compilazione dei seguenti campi della scheda tecnica:

- Conformità del sottoprodotto rispetto all’impiego previsto.

 

1.4.6. Schema di sintesi per la distinzione tra rifiuti e sottoprodotti

Fonte: Comunicazione COM - (2007) 59 def, del 21 febbraio 2007

 

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Sebbene lo schema proposto sia un po’ datato, risulta comunque uno schema utile per distinguere un rifiuto da un sottoprodotto.

1.5. DEFINIZIONE DI END OF WASTE (cd. materia prima seconda)

Riferimenti normativi:

- Articolo 184-ter d.lgs. n.152/06

- D.M. 5 febbraio 1998;

-              D.M.  12 giugno 2002, n. 161;

- D.M. 17 novembre 2005, n. 269

 

Ai sensi dell’articolo 184-ter del d.lgs. n.152 del 2006, la disciplina in materia di rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto. Un rifiuto cessa di essere tale (e può essere computato ai fini del raggiungimento degli obiettivi) quando è sottoposto ad una operazione di recupero “completa” (incluso il riciclaggio) e soddisfa i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:

a)              la sostanza o l'oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici;

b)             esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c)              la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d)             l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà ad impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

I criteri di cui al comma 1 sono adottati:

- in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria;

- in mancanza di criteri comunitari, caso per caso, per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

- in mancanza di criteri specifici adottati a livello nazionale, mediante indicazione di criteri dettagliati, definiti in fase di rilascio o rinnovo delle autorizzazioni per il recupero dei rifiuti (artt.208, 209 e 211 o titolo III-bis della parte seconda del codice ambientale). In questo caso è prevista una procedura di verifica e controllo tramite ISPRA e l’inserimento delle autorizzazioni specifiche nel Registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni istituito con DM 21 aprile 2020.  Le autorizzazioni devono indicare:

a)   materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell'operazione di recupero;

b)   processi e tecniche di trattamento consentiti;

c) criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall'operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;

d)   requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l'automonitoraggio e l'accreditamento, se del caso;

e)   un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

In mancanza di criteri specifici adottati a livello nazionale continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui ai seguenti decreti:

-            D.M 5 febbraio 1998;

-            D.M.  12 giugno 2002, n. 161

-            D.M. 17 novembre 2005, n. 269

Tale richiamo, in sostanza, consente, nelle more dell’attuazione dell’articolo 184-ter, di prendere come riferimento gli allegati dei decreti ministeriali citati che, per alcune categorie di rifiuto, individuano i circuiti di provenienza, le attività di recupero effettuabili e le caratteristiche dei materiali ottenuti dalle operazioni di recupero.

Va evidenziato che, a differenza dei sottoprodotti, che rappresentano una categoria aperta, in quanto qualsiasi residuo di produzione, ricorrendo le condizioni indicate dall’articolo 184-bis del d.lgs. n.152/06 può essere considerato un sottoprodotto, gli end of waste rappresentano una categoria chiusa, dovendo essere espressamente individuati in un provvedimento normativo (comunitario o nazionale) o in specifiche autorizzazioni.

Il decreto legislativo n.116 del 2020 ha inserito nell’articolo 184-ter il comma 5-bis. che prevede che: “La persona fisica o giuridica che utilizza, per la prima volta, un materiale che ha cessato di essere considerato rifiuto e che non è stato immesso sul mercato o che immette un materiale sul mercato per la prima volta dopo che cessa di essere considerato rifiuto, provvede affinché il materiale soddisfi i pertinenti requisiti ai sensi della normativa applicabile in materia di sostanze chimiche e prodotti collegati”. Le condizioni di cui al comma 1 devono essere soddisfatte prima che la normativa sulle sostanze chimiche e sui prodotti si applichi al materiale che ha cessato di essere considerato un rifiuto.

Di seguito schema dei regolamenti end of waste (a dicembre 2020) approvati o in corso.



 

2. CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI

Ai sensi dell’articolo 184 del d.lgs. n.152/06, i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

 

2.1. RIFIUTI URBANI

Riferimenti normativi:

- Articolo 183, comma 1 lettera b-ter d.lgs. n.152/06

 

Sono rifiuti urbani:

1.   i rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;

2.  i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell'allegato L-quinquies;

3.  i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti;

4.  i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;

5.  i rifiuti della manutenzione del verde pubblico, come foglie, sfalci d'erba e potature di alberi, nonché i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati;

6.   i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui ai punti 3, 4 e 5.

 

2.1.1. Focus sui rifiuti della manutenzione del verde pubblico

Riferimenti normativi:

- Articolo 183, comma 1 lettera b-ter, punto 5, d.lgs. n.152/06

 

L’articolo 183, comma 1, lettera b-ter, punto 5 del codice ambientale, come modificato dal decreto legislativo n.116 del 2020, include nell’elenco dei rifiuti urbani “i rifiuti della manutenzione del verde pubblico, come foglie, sfalci d'erba e potature di alberi, nonché i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati”.

La norma va coordinata con l’articolo 185 comma 1, lettera f), che esclude dal campo di applicazione dei rifiuti la paglia ed altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell'ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana e con l’articolo 184-bis che individua i requisiti per la qualifica di un residuo come sottoprodotto.

Rinviando alla lettura del paragrafo 1.3.2., per maggiori dettagli, si precisa che nell’articolo 7 della direttiva quadro e nell’articolo 184 del codice ambientale – è espressamente chiarito che “l’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi” e che “una sostanza o un oggetto è considerato un rifiuto solo se rientra nella definizione di” rifiuto.

Considerate, inoltre, le precisazioni effettuate nel parere del Ministero dell’ambiente, l’inclusione dei residui di manutenzione del verde nell’elenco dei rifiuti urbani non comporta che questi debbano essere necessariamente sempre considerati tali, potendo comunque essere dimostrata la natura di sottoprodotto. A tale conclusione non osta il fatto che i residui siano prodotti nell’ambito di una attività di servizio o di manutenzione, in quanto la circolare ministeriale esplicativa del D.M. n.264 del 2016, in materia di sottoprodotti, chiarisce espressamente che anche tali tipologie di attività rientrano nell’ambito delle attività produttive.

 

2.1.2. Focus sui rifiuti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici

Riferimenti normativi:

- Articolo 183 d.lgs. n.152/06

- Articolo 195 d.lgs. n.152/06

- Articolo 198 d.lgs. n.152/06

 

Fino alle modifiche apportate con il decreto legislativo n. 116 del 2020, nella Parte IV del codice ambientale era inserita la categoria dei rifiuti speciali non pericolosi assimilati, per qualità e quantità, ai rifiuti urbani, ai fini della gestione. All’assimilazione dei rifiuti speciali in urbani conseguiva, quindi, l’applicazione del regime tariffario previsto per tali tipologie di rifiuti. 

Il d.lgs. n.152/06 prevedeva che la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, ai fini della raccolta e dello smaltimento, rientrasse tra le competenze dello Stato, mentre riservava ai Comuni la gestione di tali rifiuti e l'emanazione dello specifico provvedimento di assimilazione, secondo i criteri stabiliti dallo Stato.

Con le modifiche introdotte nelle definizioni a seguito del decreto legislativo n.116 del 2020, vengono inclusi tra i rifiuti urbani anche i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell'allegato L-quinquies.

La previsione di specifici allegati in materia (allegati L-quater e L-quinques) ha reso inutile il rinvio ad ulteriori provvedimenti, sicché nel resto dell’articolato del codice ambientale risultano abrogate le norme previgenti in materia di competenze che rinviavano ad appositi regolamenti comunali l’assimilazione per specifiche quantità e tipologie di rifiuti, sulla base di criteri che dovevano essere definiti dal Ministero (modifiche agli articoli 195 e 198).

La norma precisa che i rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione.

Le nuove definizioni vanno lette, quindi, in combinato con i due allegati di seguito riportati, di nuova introduzione nel codice ambientale. A fronte della formulazione generica dell’articolato (rifiuti speciali simili per natura e composizione ai rifiuti domestici), il legislatore ha, quindi, voluto elencare di quali rifiuti si tratta aggiungendo anche il parametro della attività di produzione.

Si rilevano alcuni elementi di novità:

-   la nuova classificazione dei rifiuti “simili” agli urbani non esclude che possano essere considerati rifiuti urbani anche quelli  provenienti da altre fonti, considerata la possibilità di qualificazione di rifiuti provenienti da attività analoghe a quelle indicate  in allegato;

-   la classificazione del rifiuto come “simile” all’urbano, a differenza di quelli che prima erano “assimilati” prescinde dalla presenza di un apposito regolamento comunale che ne definisca attività di provenienza, tipologia e limiti, essendo già indicati negli allegati alla Parte IV;

-   i rifiuti non provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione, ritenuti simili, per natura e composizione ai rifiuti domestici, sono urbani a tutti gli effetti e pertanto devono essere gestiti dai Comuni, senza che essi possano imporre, come oggi avviene, limiti quantitativi modulati sulla loro reale capacità di gestione.

Si segnala che, ai sensi dell’articolo 6, comma 5, d.lgs. n. 116 del 2020, al fine di consentire ai soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti il graduale adeguamento operativo delle attività alla definizione di rifiuto urbano, le disposizioni di cui agli articoli 183, comma 1, lettera b ter) e 184, comma 2 e agli allegati L-quater e L-quinquies, si applicano a partire dal 1° gennaio 2021 (salve eventuali proroghe).

Con riferimento alla tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, disciplinata nell’articolo 238 del codice ambientale,  il comma 10 del citato articolo precisa che : “ Le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all'articolo 183 comma 1, lettera b-ter) punto 2, che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell'utenza non domestica, di riprendere l'erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale.

Di seguito gli allegati che definiscono l’elenco dei rifiuti che possono essere considerati simili agli urbani e le relative attività di provenienza.

Allegato L -quater - Elenco dei rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b -ter), punto 2)

Rimangono esclusi i rifiuti derivanti da attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile.

 

Allegato L -quinquies - Elenco attività che producono rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b -ter), punto 2)

1. Musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto.

2. Cinematografi e teatri.

3. Autorimesse e magazzini senza alcuna vendita diretta.

4. Campeggi, distributori carburanti, impianti sportivi.

5. Stabilimenti balneari.

6. Esposizioni, autosaloni.

7. Alberghi con ristorante.

8. Alberghi senza ristorante.

9. Case di cura e riposo.

10. Ospedali.

11. Uffici, agenzie, studi professionali.

12. Banche ed istituti di credito.

13. Negozi abbigliamento, calzature, libreria, cartoleria, ferramenta, e altri beni durevoli.

14. Edicola, farmacia, tabaccaio, plurilicenze.

15. Negozi particolari quali filatelia, tende e tessuti, tappeti, cappelli e ombrelli, antiquariato.

16. Banchi di mercato beni durevoli.

17. Attività artigianali tipo botteghe: parrucchiere, barbiere, estetista.

18. Attività artigianali tipo botteghe: falegname, idraulico, fabbro, elettricista.

19. Carrozzeria, autofficina, elettrauto.

20. Attività artigianali di produzione beni specifici.

21. Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, pub.

22. Mense, birrerie, hamburgerie.

23. Bar, caffè, pasticceria.

24. Supermercato, pane e pasta, macelleria, salumi e formaggi, generi alimentari.

25. Plurilicenze alimentari e/o miste.

26. Ortofrutta, pescherie fiori e piante, pizza al taglio.

27. Ipermercati di generi misti.

28. Banchi di mercato generi alimentari.

29. Discoteche, night club.

Rimangono escluse le attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile.

 

Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe.

(Omissis)

 

2.2. RIFIUTI SPECIALI

Riferimenti normativi:

- Articolo 184, comma 3, d.lgs. n.152/06

 

Sono rifiuti speciali:

a)  i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2135 del codice civile, e della pesca;

b)  i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis in materia di sottoprodotti;

c)  i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli urbani;

d)  i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni artigianali se diversi da quelli urbani;

e)  i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività commerciali se diversi da quelli urbani;

f)  i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività di servizio se diversi da quelli urbani;

g)  i rifiuti derivanti dall'attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie;

h)  i rifiuti derivanti da attività sanitarie se diversi da quelli urbani;

i)  i veicoli fuori uso.

 

 



 

3. ADEMPIMENTI AUTORIZZATORI

Si tratta di atti necessari per poter iniziare o esercitare un’attività di gestione dei rifiuti, che è definita dall’articolo 183, comma 1, lettera n) come: “la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari. Non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, selezione e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati”.

 

3.1. AUTORIZZAZIONE AL RECUPERO O ALLO SMALTIMENTO

riferimenti normativi:

- articolo 208 d.lgs. n.152/06

 

I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute, di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica.

Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente.

I termini per il rilascio dell’autorizzazione restano sospesi fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del codice ambientale.

Per le installazioni soggette ad autorizzazione integrata ambientale (installazioni che svolgono attività di cui all'Allegato VIII alla Parte Seconda e modifiche sostanziali ai medesimi impianti), l'autorizzazione integrata ambientale sostituisce l'autorizzazione prevista dall’articolo 208.

L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei principi di responsabilità estesa del produttore e contiene almeno i seguenti elementi:

a)  i tipi ed i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati;

b)  per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti e alla modalità di verifica, monitoraggio e controllo della conformità dell'impianto al progetto approvato;

c)  le misure precauzionali e di sicurezza da adottare;

d)  la localizzazione dell'impianto autorizzato;

e)  il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione;

f)  le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa successivi che si rivelino necessarie;

g)  le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell'avvio effettivo dell'esercizio dell'impianto; le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall'articolo 14 della disciplina in materia di discariche (decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36);

h)  la data di scadenza dell'autorizzazione;

i)  i limiti di emissione in atmosfera per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico.

Salva l'applicazione delle disposizioni in materia di rinnovo delle autorizzazioni integrate ambientali, l'autorizzazione è concessa per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile.

 

3.1.1. Le operazioni di recupero

Riferimenti normativi:

- Articolo 183, comma 1, lettera t), d.lgs. n.152/06

- Allegato C, Parte IV d.lgs. n.152/06

 

È definito come recupero: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale.

Il recupero, attività che necessita di autorizzazione o è subordinata a comunicazione nelle procedure semplificate, va tenuto distinto dal riutilizzo, definito come qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti.

Tra le operazioni di recupero sono invece incluse, tra le altre attività:

-       il recupero di materia (articolo 183, comma 1, lettera t-bis): qualsiasi operazione di recupero diversa dal recupero di energia e dal ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o altri mezzi per produrre energia. Esso comprende, tra l'altro la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il riempimento;

-       il riciclaggio (articolo 183, comma 1, lettera u): qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;

-       il riempimento (articolo 183, comma 1, lettera u-bis): qualsiasi operazione di recupero in cui rifiuti non pericolosi idonei ai sensi della normativa UNI sono utilizzati a fini di ripristino in aree escavate o per scopi ingegneristici nei rimodellamenti morfologici. I rifiuti usati per il riempimento devono sostituire i materiali che non sono rifiuti, essere idonei ai fini summenzionati ed essere limitati alla quantità strettamente necessaria a perseguire tali fini.

L'allegato C della Parte IV del codice ambientale riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero.

R1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia

R2 Rigenerazione/recupero di solventi

R3 - Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche (**)

R4 - Riciclaggio /recupero dei metalli e dei composti metallici (***)

R5 - Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche (****)

R6 Rigenerazione degli acidi o delle basi

R7 Recupero dei prodotti che servono a ridurre l’inquinamento

R8 Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori

R9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli

R10 Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia

R11 Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R1 a R10

R12 Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11

R13 Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)

 

3.1.2. Le operazioni di smaltimento

- Articolo 183, comma 1, lettera z), d.lgs. n.152/06

- Allegato B, Parte IV d.lgs. n.152/06

 

È definito come smaltimento: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia.

L’Allegato B alla parte IV del codice ambientale riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento.

D1 Deposito sul o nel suolo (ad esempio discarica).

D2 Trattamento in ambiente terrestre (ad esempio biodegradazione di rifiuti liquidi o fanghi nei suoli).

D3 Iniezioni in profondità (ad esempio iniezioni dei rifiuti pompabili in pozzi, in cupole saline o faglie geologiche naturali).

D4 Lagunaggio (ad esempio scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni o lagune, ecc.).

D5 Messa in discarica specialmente allestita (ad esempio sistematizzazione in alveoli stagni, separati, ricoperti o isolati gli uni dagli altri e dall’ambiente).

D6 Scarico dei rifiuti solidi nell’ambiente idrico eccetto l’immersione.

D7 Immersione, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino.

D8 Trattamento biologico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12.

D9 Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (ad esempio evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.)

D10 Incenerimento a terra.

D11 Incenerimento in mare.

D12 Deposito permanente (ad esempio sistemazione di contenitori in una miniera).

D13 Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D12. (In mancanza di un altro codice D appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti allo smaltimento, incluso il pretrattamento come, tra l’altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l’essiccazione, la triturazione, il condizionamento o la separazione prima di una delle operazioni indicate da D1 a D12)

D14 Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D13.

D15 Deposito preliminare prima di uno delle operazioni di cui ai punti da D1 a D14 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti).

 

3.2. PROCEDURE SEMPLIFICATE E COMUNICAZIONE DI INIZIO ATTIVITÀ

riferimenti normativi:

- articoli 214-216, d.lgs. n.152/06

 

L’articolo 214 del d.lgs. n.152/06 prevede la possibilità che alcune attività di auto smaltimento nel luogo di produzione e di recupero siano assoggettate ad una procedura autorizzatoria semplificata, previa emanazione di un apposito decreto ministeriale per l’individuazione delle tipologie e delle quantità di rifiuti ammessi a tale regime e per la definizione delle relative modalità di gestione.

In particolare, gli articoli 215 e 216 del decreto citato dispongono che, a condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche indicate nel decreto ministeriale di attuazione dell’articolo 214, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi e le attività di recupero dei rifiuti non pericolosi e pericolosi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente.  A seguito della comunicazione, fatta salva la possibilità che venga richiesta l’integrazione della documentazione o vengano formulate specifiche prescrizioni per l’esercizio dell’attività, <st1:personname w:st="on" productid="la Provincia">la Provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività.

Nelle ipotesi di rifiuti elettrici ed elettronici, di veicoli fuori uso e di impianti di coincenerimento, l'avvio delle attività è subordinato all'effettuazione di una visita preventiva, da parte della provincia competente per territorio, da effettuarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della comunicazione.

Si segnala come il decreto ministeriale di individuazione delle attività di auto smaltimento e delle relative condizioni di esercizio suscettibili di accedere alla procedura di autorizzazione semplificata non sia stato mai emanato e come, quindi, al momento, non sia possibile effettuare tale tipo di attività, se non secondo le ordinarie procedure di autorizzazione.

Con riferimento, invece, alle attività di recupero, l’articolo 214, comma 4 prevede che, sino all'emanazione del decreto di attuazione dell’articolo 214 stesso, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998 e 12 giugno 2002, n.161 che individuano, rispettivamente,  i rifiuti non pericolosi e quelli pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero, mediante l’invio di semplice comunicazione, in luogo della ordinaria autorizzazione.

 

3.3. ISCRIZIONE ALL’ALBO DEI GESTORI

riferimenti normativi:

- articolo 212  d.lgs .n.152/06

Ai sensi dell’articolo 212, comma 5, del d.lgs. n.152/06 sono obbligati ad iscriversi all’Albo nazionale dei gestori ambientali, tra gli altri, coloro che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi e pericolosi, indipendentemente dal fatto che si tratti di rifiuti propri o di rifiuti prodotti da terzi. Il decreto prevede, quindi, un obbligo generalizzato  di iscrizione all’Albo per tutte le imprese che trasportano i propri rifiuti, indipendentemente dalla dimostrazione - che prima delle modifiche disposte dal d.lgs. n.4/08, invece, era possibile fornire ai fini dell’esonero dall’adempimento - di ordinarietà e regolarità nello svolgimento dell’attività di trasporto.

Ai sensi dell’articolo 212, comma 8 del medesimo decreto possono, comunque, beneficiare di una procedura di iscrizione semplificata, a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti:

a) i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti

b) i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di trenta chilogrammi o trenta litri al giorno dei propri rifiuti pericolosi.

Tali imprese non sono tenute alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritte in un’apposita sezione dell’Albo, in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l’interessato deve attestare sotto la propria responsabilità:

a) la sede dell’impresa, l’attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti;

b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;

c) gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo;

d) il versamento del diritto annuale di registrazione, che in fase di prima applicazione, è determinato nella somma di 50 euro all’anno, ed è rideterminabile.

Sono esclusi dall'obbligo di iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, produttori iniziali di rifiuti, per il trasporto dei propri rifiuti effettuato all'interno del territorio provinciale o regionale dove ha sede l'impresa ai fini del conferimento degli stessi nell'ambito del circuito organizzato di raccolta di cui alla lettera pp) del comma 1 dell'articolo 183 del codice ambientale.

L’iscrizione all’Albo nazionale rappresenta una autorizzazione ed ha natura abilitante per lo svolgimento delle attività di trasporto di rifiuti.

 



 

4. ADEMPIMENTI GESTIONALI

Gli adempimenti gestionali rappresentano prescrizioni che devono essere rispettate nel normale svolgimento dell’attività di gestione. Alle diverse modalità di gestione corrisponde un differente regime autorizzatorio.

 

4.1.STOCCAGGIO

riferimenti normativi:

- articolo 183, comma 1, lettera aa), d.lgs. n.152/06

- allegati B e C Parte IV d.lgs. n.152/06

 

L’articolo 183 definisce come stoccaggio:

-     le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti (di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del codice ambientale),

-     le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali (di cui al punto R13 dell'allegato C alla medesima parte quarta).

Le attività di stoccaggio, quindi, in quanto considerate attività di recupero o smaltimento dei rifiuti, devono essere autorizzate.

 

4.2. DEPOSITO PRELIMINARE

riferimenti normativi:

- Articolo 183 d.lgs. n.152/06

- Allegato B Parte IV d.lgs. n.152/06

 

Il deposito di rifiuti che precede un’operazione di smaltimento e che, per le modalità con cui viene effettuato non integra la nozione di deposito temporaneo, è definito come deposito preliminare ed è considerato quale attività di smaltimento.

Pertanto, il suo esercizio richiede la specifica autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti, contemplata dall’articolo 208 del d.lgs. n.152/06.

 

4.3. MESSA IN RISERVA

riferimenti normativi:

- Articolo 183 d.lgs. n.152/06

- Allegato C Parte IV d.lgs.152/06

 

Il deposito di rifiuti che precede un’operazione di recupero e che, per le modalità con cui viene effettuato non integra la nozione di deposito temporaneo, è definito come messa in riserva ed è considerato quale attività di recupero.

Pertanto, il suo esercizio richiede la specifica autorizzazione al recupero dei rifiuti, contemplata dall’articolo 208 del d.lgs. n.152/06 o l’effettuazione della comunicazione di inizio attività, ai sensi dell’articolo 216 del medesimo decreto, qualora l’operazione di messa in riserva, per la tipologia di rifiuti oggetto di gestione, sia contemplata dal decreto ministeriale di attuazione dell’articolo 214 (attualmente, nelle more dell’approvazione del nuovo decreto, come già indicato, nel d.m. 5 febbraio 1998, per i rifiuti non pericolosi e nel d.m. 2 giugno 2002, n.161, per i rifiuti pericolosi).

 

 4.4. DEPOSITO TEMPORANEO

riferimenti normativi:

- Articolo 183, comma 1, lettera bb), d.lgs. n.152/06

- Articolo 185-bis, d.lgs. n.152/06

 

L’articolo 183 del d.lgs. n.152/06, definisce la nozione di deposito temporaneo prima della raccolta: il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento, effettuato, prima della raccolta ai sensi dell'articolo 185-bis.

il deposito temporaneo è quella forma di deposito dei rifiuti che, se effettuata nel rispetto delle modalità tecniche e delle tempistiche previste dalla norma di riferimento, non necessita di autorizzazione.

Il deposito temporaneo deve rispettare le seguenti condizioni ed essere effettuato:

1) nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti, da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci;

2) esclusivamente per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa del produttore, Al fine di attivare la raccolta di alcune tipologie di rifiuti direttamente presso i punti vendita è stata inserita la possibilità di effettuare il deposito preliminare alla raccolta presso i locali del punto vendita dei distributori esclusivamente per specifiche categorie di rifiuti assoggettate a responsabilità estesa e, solo per i rifiuti da costruzione e demolizione, presso le aree di pertinenza dei punti di vendita;

3) per i rifiuti da costruzione e demolizione, nonché per le filiere di rifiuti per le quali vi sia una specifica disposizione di legge, il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato presso le aree di pertinenza dei punti di vendita dei relativi prodotti.

Si evidenzia che la possibilità di effettuare il deposito presso i locali del punto vendita dei distributori esclusivamente per specifiche categorie di rifiuti assoggettate a responsabilità estesa (punto 2) rappresenta una importante novità introdotta dalla nuova definizione.

Con riferimento alle tempistiche di rimozione dei rifiuti, la norma prevede che per potersi qualificare un’attività come deposito temporaneo (per il quale non vi è necessità di alcuna autorizzazione), i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore:

-     con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;

-     quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi (massimo 10 metri cubi nel caso di rifiuti pericolosi e <st1:metricconverter w:st="on" productid="20 metri cubi">20 metri cubi nel caso di rifiuti non pericolosi).  In ogni caso il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno.

Il mancato rispetto delle condizioni e delle modalità di gestione descritte comporta l’impossibilità di qualificare il raggruppamento dei rifiuti come deposito temporaneo e, conseguentemente, di poter beneficiare dell’esenzione dall’obbligo di autorizzazione.

Le attività di deposito che non integrino un’ipotesi di deposito temporaneo sono classificate come operazioni di deposito preliminare o di messa in riserva (a seconda che i rifiuti stoccati siano destinati ad operazioni di smaltimento o di recupero) ed assoggettati al relativo regime autorizzatorio.

 

 



 

5. ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI

Gli adempimenti amministrativi sono atti ed oneri burocratici che devono essere eseguiti con diverse modalità e tempistiche nel corso dello svolgimento delle attività  di gestione dei rifiuti.

 

5.1. FORMULARIO DI IDENTIFICAZIONE DEI RIFIUTI

riferimenti normativi:

- articolo 193 d.lgs. n.152/06

 

L’articolo 193 del d.lgs. n.152/06 prevede che durante il trasporto i rifiuti devono essere accompagnati dal formulario di identificazione firmato e datato dal produttore (o detentore) e controfirmato dal trasportatore.

Il FIR è redatto in quattro esemplari: una copia rimane al produttore o detentore, le altre tre, sottoscritte e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario, e due dal trasportatore che provvede a trasmetterne una al produttore.

I dati da riportare nel FIR:

-     nome e indirizzo del produttore e del detentore

-     origine, tipologia e quantità del rifiuto

-     impianto di destinazione

-     data e percorso

-     nome e indirizzo del destinatario

Fino all’entrata in vigore dei decreti di attuazione dell’articolo 188-bis del codice ambientale per la definizione dei nuovi modelli di formulario, anche in formato digitale al fine della trasmissione dei dati al Registro elettronico nazionale, rimane in vigore il modello attualmente in uso (D.M. 1 aprile 1998, n.145).

 

Casi di esonero

·      trasporto di rifiuti urbani e assimilati verso:

-  i centri di raccolta di cui all'articolo 183 (centri comunali), effettuato dal produttore iniziale degli stessi;

-  il soggetto che gestisce il servizio pubblico

·      trasporti di rifiuti speciali non pericolosi, effettuati dal produttore dei rifiuti stessi in modo occasionale e saltuario (sono considerati occasionali e saltuari i trasporti effettuati per non più di cinque volte l'anno, che non eccedano la quantità giornaliera di trenta chilogrammi o di trenta litri);

·      trasporto di rifiuti speciali prodotti da attività agricole o agroindustriali o della pesca effettuato dal produttore in modo occasionale e saltuario, per il conferimento al gestore del servizio pubblico di raccolta, ovvero al circuito organizzato di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera pp), con i quali sia stata stipulata apposita convenzione.

 

Cosa è cambiato con il Dlgs 116/2020

    è riconosciuta la possibilità di trasmissione della quarta copia del formulario mediante posta elettronica certificata sempre che il trasportatore assicuri la conservazione del documento originale ovvero provveda, successivamente, all'invio dello stesso al produttore;

    è prevista la diminuzione dei tempi di conservazione dei formulari da 5 anni a 3 anni;

    è prevista una fase transitoria, applicabile fino alla data di entrata in vigore dei nuovi modelli di formulario, prevedendo che, in alternativa alle modalità di vidimazione ordinaria, il formulario di identificazione del rifiuto possa essere prodotto in format esemplare identificato da un numero univoco, tramite apposita applicazione raggiungibile attraverso i portali istituzionali delle Camere di Commercio, da stamparsi e compilarsi in duplice copia. La medesima applicazione rende disponibile, a coloro che utilizzano propri sistemi gestionali per la compilazione dei formulari, un accesso dedicato al servizio anche in modalità telematica al fine di consentire l'apposizione del codice univoco su ciascun formulario. Una copia rimane presso il produttore e l'altra accompagna il rifiuto fino a destinazione. Il trasportatore trattiene una fotocopia del formulario compilato in tutte le sue parti. Gli altri soggetti coinvolti ricevono una fotocopia del formulario completa in tutte le sue parti. Anche in questo caso, le copie del formulario devono essere conservate per tre anni;

    è introdotta precisazione, ai fini dell’applicazione dell’esonero dalla tenuta dal formulario per i trasporti occasionali o saltuari, che sono considerati occasionali e saltuari i trasporti effettuati per non più di cinque volte l'anno, che non eccedano la quantità giornaliera di trenta chilogrammi o di trenta litri;

    è introdotto il chiarimento che per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, il formulario è sostituito dai documenti previsti dall'articolo 194, riferiti alla spedizione transfrontaliera, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale;

    per il trasporto dei fanghi di depurazione, è introdotto il chiarimento del rapporto tra il formulario di identificazione ed il documento speciale previsto dal decreto legislativo 99/92 per l’utilizzazione agronomica dei fanghi di depurazione, precisando che il documento ordinario di trasporto rimane quello previsto dalla disciplina speciale e che il formulario di identificazione può sostituire il documento di previsto dal decreto fanghi a condizione che siano espressamente riportate in maniera chiara e leggibile le specifiche informazioni previste in allegato III A del decreto, nonché le sottoscrizioni richieste, ancorché non previste nel modello del formulario;

    è inserita la precisazione che la micro-raccolta, intesa come raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori, svolta con lo stesso automezzo, ovvero presso diverse unità locali dello stesso produttore, deve essere effettuata nel termine massimo di 48 ore e che nei formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate tutte le tappe intermedie effettuate. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni deve essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato;

    è inserita la precisazione che gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo, ivi compresi quelli effettuati con cassoni e dispositivi scarrabili, o con altre carrozzerie mobili che proseguono il trasporto, non rientrano nelle attività di stoccaggio, purché le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le 72 ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione.

    è inserita la precisazione che il formulario di identificazione sostituisce a tutti gli effetti il modello F di cui al decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392 e la scheda di cui all'allegato IB del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 aprile 2008 (centri di raccolta);

    è introdotto un chiarimento sulla responsabilità delle informazioni inserite, precisando che nella compilazione del formulario di identificazione ogni operatore è responsabile delle informazioni inserite e sottoscritte nella parte di propria competenza e che il trasportatore non è responsabile per quanto indicato nel formulario di identificazione dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili in base alla comune diligenza;

    rimane chiarita l’applicazione delle semplificazioni già previste per i rifiuti agricoli e per i trasporti effettuati verso la sede della cooperativa o del consorzio di cui si è soci, nonché esonero alla tenuta dal formulario per l’ipotesi di trasporto verso il gestore del servizio pubblico di raccolta, o verso il circuito organizzato di raccolta con i quali sia stata stipulata apposita convenzione (articolo 193, commi 7, 8 e 12);

    si innalza da 10 a 15 km la distanza percorribile tra fondi nella disponibilità della medesima azienda agricola senza formulario.

 

5.1.1. Trasporto dei rifiuti di manutenzione

Risulta introdotto un importante chiarimento sulle modalità di trasporto dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione e di assistenza sanitaria (articolo 193, commi 18, 19 e 20).

Le nuove disposizioni disciplinano in modo parzialmente diverso le varie fattispecie. In particolare:

    rifiuti provenienti da assistenza sanitaria domiciliare

- si precisa che si considerano prodotti presso l'unità locale, sede o domicilio dell'operatore che svolge tali attività;

- la movimentazione di quanto prodotto, dal luogo dell'intervento fino alla sede di chi lo ha svolto, non comporta l'obbligo di tenuta del formulario di identificazione del rifiuto e non necessita di iscrizione all'Albo ai sensi dell'articolo 212;

    rifiuti derivanti da attività di manutenzione e piccoli interventi edili, ivi incluse le attività di pulizia e sanificazione

- si considerano prodotti presso l'unità locale, sede o domicilio del soggetto che svolge tali attività. Nel caso di quantitativi limitati che non giustificano l'allestimento di un deposito dove è svolta l'attività, il trasporto dal luogo di effettiva produzione alla sede, in alternativa al formulario di identificazione, è accompagnato dal documento di trasporto (DDT) attestante il luogo di effettiva produzione, tipologia e quantità dei materiali, indicando il numero di colli o una stima del peso o volume, il luogo di destinazione;

    attività di manutenzione delle infrastrutture e delle reti e movimentazione del materiale tolto d'opera prodotto

- al fine di consentire le opportune valutazioni tecniche e di funzionalità dei materiali riutilizzabili, il trasporto è accompagnato dal documento di trasporto (DDT) attestante il luogo di effettiva produzione, tipologia e quantità dei materiali, indicando il numero di colli o una stima del peso o volume, il luogo di destinazione.

 

5.1.2. Trasporto intermodale

Riferimento normativo

-       Articolo 193-bis, d.lgs. 152/06

 

La fattispecie era disciplinata sia dall’articolo 193, che dall’articolo 2 del DM 24 aprile 2014, Disciplina delle modalità di applicazione a regime del SISTRI del trasporto intermodale nonché specificazione delle categorie di soggetti obbligati ad aderire, ex articolo 188-ter, comma 1 e 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (DM abrogato a seguito dell’abrogazione del SiSTRI disposta con l’articolo 6 del DL 135/2018).

    il deposito di rifiuti nell'ambito di attività intermodale di carico e scarico, di trasbordo e di soste tecniche all'interno di porti, scali ferroviari, interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci, effettuato da soggetti ai quali i rifiuti sono affidati in attesa della presa in carico degli stessi da parte di un'impresa navale o ferroviaria o che effettua il successivo trasporto, non costituisce attività di stoccaggio a condizione che non superi il termine finale di trenta giorni e che i rifiuti siano presi in carico per il successivo trasporto entro sei giorni dalla data d'inizio dell'attività di deposito;

    risultano disciplinate le rispettive responsabilità.

 

5.2. REGISTRO CRONOLOGICO DI CARICO E SCARICO

riferimenti normativi:

- articolo 190 d.lgs. n.152/06

 

L’articolo 190 del codice ambientale prevede l’obbligo di tenere un registro cronologico di carico e scarico, in cui sono indicati per ogni tipologia di rifiuto:

-          la quantità prodotta,

-          la natura e l'origine di tali rifiuti

-          la quantità dei prodotti e materiali ottenuti dalle operazioni di trattamento quali preparazione per riutilizzo, riciclaggio e altre operazioni di recupero

-          gli estremi del formulario di identificazione di cui all'articolo 193, laddove previsto

Soggetti obbligati

    chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti,

    i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione,

    le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti,

    i Consorzi e i sistemi riconosciuti, istituiti per il recupero e riciclaggio degli imballaggi e di particolari tipologie di rifiuti,

    le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi

    le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) del codice ambientale (lavorazioni industriali, artigianali, fanghi dalla potabilizzazione delle acque)

Soggetti esonerati

    gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila,

    le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all'articolo 212, comma 8 (iscritti all’Albo nazionale gestore in procedura semplificata),

    per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti.

Tempistiche per le annotazioni

a) per i produttori iniziali, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo;

b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla data di consegna dei rifiuti all'impianto di destino;

c) per i commercianti, gli intermediari e i consorzi, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla data di consegna dei rifiuti all'impianto di destino;

d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento, entro due giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti.

Cosa è cambiato con il Dlgs 116/2020

    il registro di carico e scarico è denominato “registro cronologico di carico e scarico” (in analogia alla direttiva 2018/851);

    i soggetti obbligati ed i soggetti esonerati sono indicati per esteso, senza un richiamo (come in precedenza) all’articolo 189, comma 3 (in passato il richiamo aveva creato dubbi interpretativi nel rapporto tra soggetti obbligati e soggetti esonerati);

    vengono inserite anche le indicazioni relative alla quantità dei prodotti e materiali ottenuti dalle operazioni di trattamento quali preparazione per riutilizzo, riciclaggio ed altre operazioni di recupero (espressamente previsto nella nuova direttiva);

    risulta chiarito con maggiore precisione il momento a decorrere dal quale si computano i giorni previsti per le annotazioni sul registro;

    per i Consorzi risulta chiarito che i soggetti e le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234 e 236, possono adempiere all'obbligo di tenuta del registro cronologico tramite i documenti contabili, con analoghe funzioni, tenuti ai sensi delle vigenti normative;

    risulta riportata in maniera più chiara la semplificazione che era stata introdotta nel collegato ambientale - art.69 L.221/2015 - per parrucchieri, tatuatori, estetiste, imprenditori agricoli (per analogia sono aggiunti manicure e pedicure):

·         gli imprenditori agricoli produttori iniziali di rifiuti pericolosi, nonché i soggetti esercenti attività ricadenti nell'ambito dei codici ATECO 96.02.01, 96.02.02, 96.02.03 e 96.09.02 che producono rifiuti pericolosi, compresi aghi, siringhe e oggetti taglienti usati ed i produttori di rifiuti pericolosi non rientranti in organizzazione di ente o impresa, quando obbligati alla tenuta del registro cronologico, possono adempiere all'obbligo con una delle seguenti modalità:

-       con la conservazione progressiva per tre anni del formulario;

-       con la conservazione per tre anni del documento di conferimento rilasciato dal soggetto che provvede alla raccolta di detti rifiuti nell'ambito del circuito organizzato di raccolta

Tali modalità sono valide anche ai fini della comunicazione al catasto.

La norma (arrt.190) al momento presenta un refuso, in quanto questa ultima frase (che doveva essere riferita ad entrambe le fattispecie indicate risulta per errore inserita soltanto sotto la lettera b), sembrando applicabile, quindi, la semplificazione, soltanto ai circuiti organizzati di raccolta che sono normalmente effettuati per la raccolta dei rifiuti agricoli.

Nelle more della rettifica normativa, bisogna comunque considerare che questa disposizione va letta in combinato disposto con l’articolo 69 della legge 221 del 2015 (che non è abrogato) e, quindi, è comunque possibile considerare la semplificazione applicabile a tutte le fattispecie lì previste (tutti i soggetti indicati ed anche con riferimento alle attività di trasporto conto proprio di rifiuti) anche se non riportate integralmente nel nuovo articolo 190;

    viene estesa la possibilità di adempiere tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro società di servizi che è prevista per i soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le venti tonnellate di rifiuti non pericolosi (prima erano 10) e le quattro tonnellate di rifiuti pericolosi (prima erano 2);

    viene inserita semplificazione per operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all'articolo 183 che sono escluse dagli obblighi di registro limitatamente ai rifiuti non pericolosi. È chiarito che per i rifiuti pericolosi la registrazione del carico e dello scarico può essere effettuata contestualmente al momento dell'uscita dei rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per ciascun codice dell'elenco dei rifiuti;

    vengono definite con maggiore precisione le modalità di conservazione dei registri che vanno tenuti, o resi accessibili, presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti, ovvero per le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto e per i commercianti e gli intermediari, presso la sede operativa;

    viene diminuita la durata dell’obbligo di conservazione che passa da 5 anni a 3 anni, fermo restando l’obbligo di conservazione a tempo indeterminato dei registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica;

    viene chiarito che i registri relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione delle infrastrutture e delle reti (di cui all'articolo 230) possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti, così come definito dal medesimo articolo. Per rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione di impianti e infrastrutture a rete e degli impianti a queste connessi, i registri possono essere tenuti anche presso le sedi di coordinamento organizzativo del gestore, o altro centro equivalente, previa comunicazione all'ARPA territorialmente competente ovvero al Registro Elettronico nazionale.

Nelle more della definizione del nuovo modello di registro, rimangono comunque utilizzabili i modelli precedentemente in vigore (DM 148 del 01 aprile 1998)

 

5.3. COMUNICAZIONE AL CATASTO DEI RIFIUTI

riferimenti normativi:

- articolo 189  d.lgs. n.152/06

 

I soggetti obbligati hanno l’obbligo di comunicare annualmente alle Camere di Commercio (entro il 30 aprile) con le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività, dei materiali prodotti all’esito delle attività di recupero nonché i dati relativi alle autorizzazioni ed alle comunicazioni inerenti le attività di gestione dei rifiuti.

Il modello della comunicazione è approvato annualmente con appositi DPCM.

Soggetti obbligati

      chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti,

    i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione,

    le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti,

    i Consorzi e i sistemi riconosciuti istituiti per il recupero e riciclaggio degli imballaggi e di particolari tipologie di rifiuti,

    le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi,

    le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3 lettere c), d) e g) (lavorazioni industriali, artigianali, fanghi dalla potabilizzazione delle acque)

Soggetti esonerati

    gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila,

    le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8 (iscritti all’Albo nazionale in procedura semplificata),

    per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti.

A seguito del decreto legislativo n.116 del 2020

    non ci sono novità sostanziali rispetto ai soggetti obbligati ed ai soggetti esonerati;

    è aggiunta (comma 4), la possibilità per i produttori di rifiuti speciali di far fare la comunicazione MUD, oltre che per mezzo del gestore del servizio pubblico di raccolta competente per territorio a cui è effettuato il conferimento dei rifiuti, anche per mezzo del gestore del circuito organizzato di raccolta previa apposita convenzione;

    è disciplinato il percorso per garantire il coordinamento tra la Sezione nazionale del catasto dei rifiuti e il REN delegando a decreto le modalità di coordinamento tra le comunicazioni al Catasto e gli adempimenti trasmessi al REN, garantendone la precompilazione automatica.

6. REGISTRO ELETTRONICO NAZIONALE DI TRACCIABILITÀ

riferimenti normativi:

- Articolo 6 d.l. n.135 del 2018

- Articolo 188-bis d.lgs. n.152 del 2006

 

Tra le novità introdotte dalla direttiva 2018/851/UE, sotto il profilo della di tracciabilità, rientra l’obbligo per gli Stati di istituire, a livello nazionale, un Registro elettronico nazionale o registri coordinati.

Il Registro elettronico nazionale di tracciabilità è stato istituito in Italia con l’articolo 6, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, contestualmente all’abrogazione del sistema di tracciabilità SISTRI.

L’articolo 188-bis del codice ambientale, quindi, definisce i principi di riferimento della disciplina attuativa del Registro, da adottare con apposito decreto.

In particolare, il decreto di natura regolamentare dovrà stabilire i modelli ed i formati relativi ai registri di carico e scarico ed al formulario di identificazione del rifiuto di cui agli articoli 190 e 193 con l’indicazione delle modalità di compilazione, vidimazione e tenuta in formato digitale degli stessi, le modalità di iscrizione al Registro da parte dei soggetti obbligati e di coloro che intendano aderirvi in maniera volontaria. Il nuovo decreto stabilirà, inoltre, tempi e modalità per la trasmissione dei dati contenuti nei registri e nei formulari al Registro Elettronico nazionale.

La norma citata definisce la struttura del Registro quale piattaforma digitale, gestita dalla Direzione competente del Ministero dell’ambiente attraverso l’Albo Gestori Ambientali.

La piattaforma digitale è articolata in una sezione anagrafica che contiene le informazioni anagrafiche dei soggetti iscritti, con riferimento alle autorizzazioni all’esercizio delle specifiche attività di gestione dei rifiuti ed una sezione tracciabilità ove confluiscono i dati ambientali relativi agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193, da inviare in forma telematica.

L’introduzione del Registro elettronico (quando sarà a regime) comporterà, quindi, per le imprese diversi tipi di obblighi:

-          un obbligo di iscrizione al Registro elettronico;

-          un obbligo, nei soli casi che saranno stabiliti dal decreto ministeriale in corso di definizione, di adottare i modelli digitali di registri di carico e scarico e dei formulari di identificazione dei rifiuti;

-          un obbligo di trasmissione dei dati dei registri di carico e scarico e dei formulari al Registro elettronico, con le modalità e le tempistiche che saranno indicate nel decreto ministeriale in corso di definizione;

-          un obbligo di dotare i mezzi di trasporto dei rifiuti di idonei strumenti di geolocalizzazione, nei casi che saranno indicate nel decreto ministeriale in corso di definizione;

-          un obbligo di trasmissione dei dati relativi ai percorsi dei mezzi di trasporto dei rifiuti con le modalità e le tempistiche che saranno indicate nel decreto ministeriale in corso di definizione.

Con riferimento all’iscrizione al Registro, l’articolo 6 del decreto legge n.135 del 2018 prevede un obbligo di iscrizione a carico di:

·         enti ed imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti (pericolosi e non pericolosi),

·         produttori di rifiuti pericolosi,

·         enti ed imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale o che operano in qualità di commercianti ed intermediari di rifiuti pericolosi;

·         Consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti,

·         imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), vale a dire produttori di rifiuti derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali e di rifiuti derivanti dall'attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie.

La disposizione citata, con riferimento agli obblighi di iscrizione, per i rifiuti non pericolosi contiene un rinvio ai “soggetti di cui all’articolo 189, comma 3”. Dovrebbero quindi restare esonerati dall’obbligo di iscrizione al Registro elettronico i soggetti che risultano esonerati, ai sensi dell’articolo 189, comma 3, dalla presentazione della comunicazione MUD (ma anche dal registro cronologico di carico e scarico, essendo indicati in modo identico nell’articolo 190). Sebbene non sia espressamente indicato, il complesso normativo e la ratio delle disposizioni sembrerebbero orientare per tale interpretazione.

 



 

7. LA DISCIPLINA DEGLI ACCORDI DI PROGRAMMA E DEI CIRCUITI ORGANIZZATI DI RACCOLTA

 

7.1. ACCORDI DI PROGRAMMA

riferimenti normativi:

- articolo 206 d.lgs. n.152/06

 

In generale, gli accordi di programma, nella logica di superamento delle obsolete politiche di command and control, rappresentano un elemento di flessibilità nelle relazioni istituzionali tra amministrazione pubblica ed organizzazioni di rappresentanza, assicurando il dialogo, l’approfondimento e la determinazione delle politiche di tutela ambientale.

L’accordo volontario rappresenta, normalmente, uno strumento in grado di  favorire lo sviluppo di approcci di condivisione delle responsabilità per la salvaguardia dell’ambiente tra soggetti pubblici e privati, attraverso l’integrazione di considerazioni di tipo ambientale nell’ambito di processi decisionali, sia a livello di impresa, che di settore pubblico.

Con specifico riferimento agli accordi di programma per la prevenzione della produzione dei rifiuti, si evidenzia come questi possano costituire un meccanismo giuridico idoneo ed adeguato ad affrontare, in un leale spirito di collaborazione tra Pubblica amministrazione ed associazioni di categoria, le molteplici problematiche connesse ad una corretta politica integrata in materia di rifiuti, nell’ottica di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente,  controlli efficaci e la riduzione dei flussi di rifiuti.

A partire dal d.lgs. n.22/97, attraverso gli accordi di programma, elaborati a livello locale, è stato possibile creare virtuosi circuiti di raccolta e sistemi integrati di gestione dei rifiuti speciali, con lo scopo di stimolare un’applicazione concreta e convinta della normativa, di aumentare l’efficacia dei controlli pubblici, di  semplificare gli oneri burocratici a carico delle imprese e di  favorire la raccolta differenziata.  Nel corso degli ultimi anni, quindi,  gli accordi di programma hanno svolto un ruolo fondamentale, avendo consentito la prevenzione e la riduzione della quantità e pericolosità dei rifiuti, il loro recupero, riutilizzo e riciclaggio e, infine, il conseguimento di livelli ottimali di utenza raggiunta dai servizi di recupero e smaltimento.

In merito, si ricorda come  la materia abbia subito, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 16 gennaio 2008, n.4, profonde modifiche.

In particolare, con il decreto legislativo citato, erano stati modificati gli articoli 181 e 206 del d.lgs. n.152/06 ed è stato statuito testualmente, tra l’altro, il divieto di stabilire, per mezzo di accordi e contratti di programma, deroghe alla normativa comunitaria ed alla normativa nazionale primaria vigente, pur essendo contemplata la possibilità di integrare e modificare norme tecniche e secondarie in conformità con quanto previsto dalla normativa nazionale primaria.

A seguito dell’entrata in vigore di tale disposizione, alcune amministrazioni hanno sollevato dubbi circa la conformità alla disciplina di riferimento delle intese precedentemente sottoscritte, con il conseguente arresto di molti circuiti di raccolta, da tempo operativi ed efficaci.

Con la l. n.210/08, di conversione del d.l. n. 172/08, è stata quindi disposta la perdurante efficacia degli accordi di programma sottoscritti prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 4/08, anche se contenenti previsioni derogatorie alla legge nazionale vigente, purché conformi alla disciplina comunitaria.

A seguito di diverse interrogazioni parlamentari sul punto, con la legge di conversione del d.l. n.208/08, è stata disposta la modifica dell’articolo 206, comma 3 del d.lgs. n.152/06, contemplando la possibilità che con tali strumenti, pur nel rispetto delle norme comunitarie, sia possibile introdurre specifiche semplificazioni amministrative.

La norma, quindi, eliminando il divieto espresso di introdurre agevolazioni burocratiche in deroga alla normativa vigente, consente alle imprese di concordare con la pubblica amministrazione la realizzazione di circuiti di raccolta dei rifiuti e le modalità per l’effettuazione delle operazioni di trasporto e conferimento nelle isole ecologiche appositamente allestite, assicurando il pieno controllo e l’efficacia del sistema.

D’altra parte, rimane aperta la possibilità di valutare adeguate semplificazioni negli adempimenti burocratici che, quando non siano strettamente funzionali alla tutela ambientale, rischiano di moltiplicare inutilmente i costi, anche economici, a carico delle imprese, aprendo la via all’evasione ed all’illegalità.

 

7.2. CIRCUITO ORGANIZZATO DI RACCOLTA

riferimenti normativi:

- articolo 183, comma 1, lettera pp), d.lgs. n.152/06

 

Il codice ambientale subordina diverse semplificazioni alla condizione che il conferimento dei rifiuti sia effettuato nell’ambito di un circuito organizzato di raccolta.

Ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera pp) del codice ambientale per avere circuito organizzato di raccolta occorre che il circuito sia organizzato:

-          da Consorzi di cui ai titoli II e III della parte quarta del decreto e alla normativa settoriale;

ovvero

-          sulla base di un accordo di programma stipulato tra la pubblica amministrazione ed associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni territoriali;

ovvero

-          sulla base di una convenzione-quadro stipulata tra associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni territoriali ed i responsabili della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva dei rifiuti.

All’accordo di programma o alla convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto di servizio tra il singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della predetta convenzione.

Tra le semplificazioni accordate dal codice ambientale in caso di conferimento ad un circuito organizzato di raccolta si segnalano:

-          articolo 189, comma 4: nel caso in cui i produttori di rifiuti speciali conferiscano i medesimi al servizio pubblico di raccolta competente per territorio, ovvero ad un circuito organizzato di raccolta la comunicazione al catasto dei rifiuti è effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantità conferita;

-          articolo 190, comma 6: possibilità per gli imprenditori  agricoli e per i soggetti esercenti attività ricadenti nell'ambito dei codici ATECO 96.02.01, 96.02.02, 96.02.03 e 96.09.02 che producono rifiuti pericolosi, compresi quelli aventi codice EER 18.01.03*, relativi ad aghi, siringhe e oggetti taglienti usati di adempiere all’obbligo di tenuta del registro cronologico di carico e scarico e di invio della comunicazione MUD con la conservazione progressiva per tre anni del formulario di identificazione o del documento di conferimento rilasciato dal soggetto che provvede alla raccolta di detti rifiuti nell'ambito del circuito organizzato di raccolta;

-          articolo 193, comma 8: esonero dall’obbligo di formulario di identificazione nel caso di trasporto di rifiuti speciali derivanti da attività agricola o agroindustriale o della pesca effettuato dal produttore in modo occasionale e saltuario, per il conferimento al gestore del servizio pubblico di raccolta, ovvero al circuito organizzato di raccolta;

-          articolo 212, comma 19-bis: esonero dall’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali per gli imprenditori agricoli, per il trasporto dei propri rifiuti effettuato all'interno del territorio provinciale o regionale dove ha sede l'impresa ai fini del conferimento degli stessi nell'ambito del circuito organizzato di raccolta.



8. SCHEDE SINTETICHE DEGLI ADEMPIMENTI IN MATERIA DI TRACCIABILITÀ

 

8.1. RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI

RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI

ATTIVITÀ

ADEMPIMENTI

Produzione di rifiuti non pericolosi

·  Iscrizione al Registro elettronico nazionale

Si per produttori con più di 10 dipendenti di rifiuti derivanti da attività artigianali, industriali e da fanghi e potabilizzazione delle acque

-          Esonerati imprenditori agricoli e produttori rifiuti derivanti da attività diverse da quelle indicate sopra (es. commerciali, di servizio ecc)

-          Esonerati soggetti non rientranti in enti o imprese (es. studi professionali non organizzati in forma di impresa)

·  Comunicazione al Catasto dei rifiuti

Si per produttori con più di 10 dipendenti di rifiuti derivanti da attività artigianali, industriali e da fanghi e potabilizzazione delle acque

-          Esonerati imprenditori agricoli e produttori rifiuti derivanti da attività diverse da quelle indicate sopra (es. commerciali, di servizio ecc)

-          Esonerati soggetti non rientranti in enti o imprese (es. studi professionali non organizzati in forma di impresa)

N.B.

- in caso di conferimento a circuito organizzato di raccolta o a servizio pubblico, la comunicazione è effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantità conferita

- imprenditori agricoli, parrucchieri, tatuatori, estetiste, quando obbligati, possono adempiere all’obbligo mediante conservazione ordinata dei formulari o del documento di conferimento del circuito organizzato di raccolta

·  Registro cronologico di carico e scarico

Si per produttori con più di 10 dipendenti di rifiuti derivanti da attività artigianali, industriali e da fanghi e potabilizzazione delle acque

-          Esonerati imprenditori agricoli e produttori rifiuti derivanti da attività diverse da quelle indicate sopra (es. commerciali, di servizio ecc)

-          Esonerati soggetti non rientranti in enti o imprese (es. studi professionali non organizzati in forma di impresa)

N.B.

- imprenditori agricoli, parrucchieri, tatuatori, estetiste, manicure e pedicure, quando obbligati, possono adempiere all’obbligo mediante conservazione ordinata dei formulari o del documento di conferimento del circuito organizzato di raccolta

·  Formulario di trasporto

Sì, all’atto della movimentazione del rifiuto, con obbligo di conservazione per 3 anni

In caso di trasporto effettuato direttamente dal produttore dei propri rifiuti:

Si

-          Esonerati trasporti saltuari e occasionali (non più di 5 volte l’anno e non più di 30Kg o 30 l al giorno)

-          Esonerati imprenditori agricoli per 15 km di distanza tra fondi nella propria disponibilità

-          Esonerati imprenditori agricoli verso il sito della cooperativa o del consorzio di cui si è soci

-          Esonerati imprenditori agricoli per trasporti occasionali o saltuari di propri rifiuti, finalizzati al conferimento a gestore di servizio pubblico o circuito organizzato di raccolta

·  Iscrizione Albo nazionale gestori

No come produttori di rifiuti

Si in caso di trasporto effettuato direttamente dal produttore dei propri rifiuti, con possibilità di iscrizione semplificata (art.212, comma 8).

Rimangono comunque esonerati imprenditori agricoli che trasportano verso circuito organizzato di raccolta nell’ambito del territorio regionale

Trasporto conto proprio di rifiuti non pericolosi

·   Iscrizione al Registro elettronico nazionale

No (quando iscritti all’Albo ai sensi dell’art.212, comma 8 e salvo che obbligati ad iscriversi come produttori di rifiuti)

·   Comunicazione al Catasto dei rifiuti

No

·   Registro cronologico di carico e scarico

No

·   Formulario di identificazione

Si

-          Esonerati trasporti saltuari ed occasionali (non più di 5 volte l’anno e non più di 30Kg o 30 l al giorno)

-          Esonerati imprenditori agricoli per 15 km di distanza tra fondi nella propria disponibilità

-          Esonerati imprenditori agricoli verso il sito della cooperativa o del consorzio di cui si è soci

-          Esonerati imprenditori agricoli per trasporti occasionali o saltuari di propri rifiuti, finalizzati al conferimento a gestore di servizio pubblico o circuito organizzato di raccolta

N.B. Per alcune attività di manutenzione il formulario può essere sostituito con un DDT limitatamente alla movimentazione dal luogo in cui è eseguita l’attività fino alla sede di chi ha svolto l’intervento

 

·   Iscrizione Albo nazionale gestori

Si in caso di trasporto effettuato direttamente dal produttore dei propri rifiuti, con possibilità di iscrizione semplificata (art.212, comma 8).

Rimangono comunque esonerati imprenditori agricoli che trasportano verso circuito organizzato di raccolta nell’ambito del territorio regionale

Trasporto conto terzi

di rifiuti non pericolosi

·   Iscrizione al Registro elettronico nazionale

·   Comunicazione al Catasto dei rifiuti

·   Registro cronologico di carico e scarico

·   Formulario di identificazione

·   Iscrizione Albo nazionale gestori

N.B: gli enti e le imprese iscritte all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerate dall’obbligo di iscrizione per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che tale ultima attività non comporti variazione della classe

Trattamento (recupero-smaltimento) di rifiuti non pericolosi

·   Iscrizione al Registro elettronico nazionale

·   Comunicazione al Catasto dei rifiuti

·   Registro cronologico di carico e scarico

·   Formulario di identificazione

·   Iscrizione Albo nazionale gestori

No

 



8.2. RIFIUTI SPECIALI PERICOLOSI

RIFIUTI SPECIALI PERICOLOSI

ATTIVITÀ

ADEMPIMENTI

Produzione di rifiuti pericolosi

·   Iscrizione al Registro elettronico nazionale

Si

·   Comunicazione al Catasto dei rifiuti

Si

-          Esonerati imprenditori agricoli con meno di 8000 euro di reddito

-          Esonerati soggetti non rientranti in enti o imprese (es. studi professionali non organizzati in forma di impresa)

N.B.

- in caso di conferimento a circuito organizzato di raccolta o a servizio pubblico, la comunicazione è effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantità conferita

- imprenditori agricoli, parrucchieri, tatuatori, estetiste, possono adempiere all’obbligo mediante conservazione ordinata dei formulari o del documento di conferimento del circuito organizzato di raccolta

·   Registro cronologico di carico e scarico

Si

-          Esonerati imprenditori agricoli con meno di 8000 euro di reddito

-          Esonerati soggetti non rientranti in enti o imprese (es. studi professionali non organizzati in forma di impresa)

N.B.

- in caso di conferimento a circuito organizzato di raccolta o a servizio pubblico, la comunicazione è effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantità conferita

- imprenditori agricoli, parrucchieri, tatuatori, estetiste, manicure e pedicure possono adempiere all’obbligo mediante conservazione ordinata dei formulari o del documento di conferimento del circuito organizzato di raccolta

·   Formulario di trasporto

Sì, all’atto della movimentazione del rifiuto, con obbligo di conservazione per 3 anni

In caso di trasporto effettuato direttamente dal produttore dei propri rifiuti:

-          Esonerati imprenditori agricoli per 15 km di distanza tra fondi nella propria disponibilità

-          Esonerati imprenditori agricoli verso il sito della cooperativa o del consorzio di cui si è soci

-          Esonerati imprenditori agricoli per trasporti occasionali o saltuari di propri rifiuti, finalizzati al conferimento a gestore di servizio pubblico o circuito organizzato di raccolta

·   Iscrizione Albo nazionale gestori

No (come produttori)

Trasporto conto proprio si rifiuti pericolosi

·   Iscrizione al Registro elettronico nazionale

·   Comunicazione al Catasto dei rifiuti

·   Registro cronologico di carico e scarico

·   Formulario di identificazione

In caso di trasporto effettuato direttamente dal produttore dei propri rifiuti:

-          Esonerati imprenditori agricoli per 15 km di distanza tra fondi nella propria disponibilità

-          Esonerati imprenditori agricoli verso il sito della cooperativa o del consorzio di cui si è soci

-          Esonerati imprenditori agricoli per trasporti occasionali o saltuari di propri rifiuti, finalizzati al conferimento a gestore di servizio pubblico o circuito organizzato di raccolta

N.B. Per alcune attività di manutenzione il formulario può essere sostituito con un DDT limitatamente alla movimentazione dal luogo in cui è eseguita l’attività fino alla sede di chi ha svolto l’intervento

·   Iscrizione Albo nazionale gestori

Si (con possibilità di iscrizione semplificata (212, c.8) in caso di trasporto fino 30Kg o 30 litri al giorno

-          Esonerati imprenditori agricoli che trasportano verso circuito organizzato di raccolta nell’ambito del territorio regionale

Trasporto conto terzi di rifiuti pericolosi

·   Iscrizione al Registro elettronico nazionale

·   Comunicazione al Catasto dei rifiuti

·   Registro cronologico di carico e scarico

·   Formulario di identificazione

·   Iscrizione Albo nazionale gestori

N.B. gli enti e le imprese iscritte all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerate dall’obbligo di iscrizione per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che tale ultima attività non comporti variazione della classe

Trattamento (recupero-smaltimento) di rifiuti pericolosi

·   Iscrizione al Registro elettronico nazionale

·   Comunicazione al Catasto dei rifiuti

·   Registro cronologico di carico e scarico

·   Formulario di identificazione

·   Iscrizione Albo nazionale gestori

No