Circolari

Circ. n. 39/2021

Legge 28 maggio 2021, n. 76 di conversione del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44

Con riferimento al provvedimento in oggetto segnaliamo che, in sede di conversione, sono state introdotte alcune parziali modifiche che interessano le cooperative attive in ambito sanitario così riassumibili:

  • da un lato, all’art. 4, è stato ulteriormente puntualizzato il campo di applicazione del personale medico e sanitario per il quale vige la disciplina in materia di obbligo vaccinale: in aggiunta ai soggetti esercenti le professioni sanitarie, il riferimento agli operatori di interesse sanitario che svolgono le attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e studi professionali (già presente), è stato completato con il richiamo all’art. 1, comma 2, della legge 43/2006 riguardante la conferma della competenza delle Regioni nell’individuazione dei profili di tali operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie disciplinate a livello nazionale;

  • dall’altro, è stata rafforzata la tutela giuridica per il personale medico e sanitario occupato in questa fase di emergenza con l’introduzione dell’art. 3-bis che prevede una parziale attenuazione della loro responsabilità in determinati casi e a specifiche condizioni.

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  1. OBBLIGO VACCINALE PROFESSIONI SANITARIE/OPERATORI INTERESSE SANITARIO (art. 4)

Nel rinviare ai nostri precedenti approfondimenti sul tema(1) per una articolata declinazione di tutta la disciplina prevista da questo articolo in merito all’obbligo vaccinale in capo al personale medico e sanitario - inclusa la descrizione di tutta la dettagliata procedura per la sua operatività e verifica nonché per le relative conseguenze in caso di inottemperanza (assegnazione a diverse mansioni ovvero se non possibile sospensione della retribuzione) – ci concentriamo sulla modifica apportata in sede di conversione che come anticipato riguarda la formulazione di OPERATORI DI INTERESSE SANITARIO per i quali vige l’obbligo (in aggiunta ai soggetti esercenti le professioni sanitarie).

Già in sede di emanazione del decreto avevamo avuto modo di rilevare come tale formulazione potesse risultare imperfetta o comunque fonte di incomprensioni, anche alla luce della campagna vaccinale attivata da mesi nelle diverse regioni italiane.

Fatta salva la pubblicazione di una specifica sezione sul sito del Ministero della Salute dedicata agli operatori di interesse sanitario(2), si precisa che, in base all’art. 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43 – ora espressamente richiamato dal legislatore – tali operatori sono identificabili nei profili individuati dalle Regioni che mantengono tale competenza, anche per i relativi requisiti formativi, laddove non si tratti di soggetti riconducibili alle professioni sanitarie disciplinate a livello nazionale.

 

  1. RESPONSABILITA’ PENALE PER PERSONALE MEDICO SANITARIO (art. 3-bis)

In via preliminare ricordiamo che la nuova norma non va confusa con l’art. 3 già presente che prevede, come noto, l’esclusione di responsabilità penali per i delitti di omicidio colposo e di lesioni personali colpose (artt. 589 e 590 c.p.) in capo al personale medico e sanitario incaricato della vaccinazione, laddove la stessa sia operata in applicazione scrupolosa delle indicazioni delle autorità sanitarie competenti e del Ministero della Salute.

Non limitato quindi solo ai soggetti impiegati operativamente nella somministrazione del vaccino anti-COVID, è stato aggiunto l’art. 3-bis che, in termini più generali, limita la PUNIBILITA’ a titolo di omicidio colposo o di lesioni personali (artt. 589 e 590 c.p.), per i fatti commessi nell’esercizio di una professione sanitaria e che trovino causa e si collochino nella situazione di emergenza SOLO NEI CASI DI COLPA GRAVE, anche qui però con effetti retroattivi validi dal 31 gennaio 2020, data in cui come si ricorderà lo stesso è stato inizialmente dichiarato.

Tale tutela è valida peraltro per qualsiasi attività di professione sanitaria anche se non inerenti il COVID-19.

Rimandando sempre al portale del Ministero della Salute per un elenco di tali professioni sanitarie, precisiamo che in tale ambito debbano essere compresi in linea generale i soggetti iscritti agli albi professionali degli ordini: dei medici-chirurghi e degli odontoiatri, dei veterinari, dei farmacisti, dei biologi, dei fisici e dei chimici, delle professioni infermieristiche, della professione di ostetrica, dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, degli psicologi.

Ai fini della valutazione del grado di colpa, il comma 2 prevede che il giudice dovrà tener conto tra i fattori che ne possono escludere la gravità:

  • la limitatezza delle conoscenze scientifiche sulle patologie derivanti dall’infezione da SARS-Cov-2 e sulle terapie appropriate;

  • la scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare;

  • il minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza.

Per comprendere al meglio il regime introdotto per attenuare la punibilità in caso di colpa grave, preme ricordare come la punibilità per le medesime fattispecie - omicidio colposo o lesioni personali colpose - collegate all’esercizio della professione sanitaria sia già prevista in termini generali dal codice penale all’articolo 590-sexies, norma che tuttavia è stata oggetto di ulteriori precisazioni a livello giurisprudenziale(3).










(1) Da ultimo Circolare Servizio Sindacale Giuslavoristico n. 19 del 3 aprile 2021 - prot. n. 1237.

(3) L’art. 590-sexies c.p. prevede l’esclusione della colpa grave quando l’evento si sia verificato a causa di imperizia (e quindi non per negligenza o imprudenza) e siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida, adeguate alle specificità del caso concreto, come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero in mancanza di esse, le buone pratiche clinico-assistenziali. La sentenza delle sezioni unite penali della Corte di Cassazione n. 8770 depositata il 22 febbraio 2018 ha interpretato tale norma nel senso che essa non esclude i casi di imperizia contraddistinta da colpa grave (da parametrarsi in funzione del rischio e della difficoltà degli atti medici in questione), oltre che i casi di imperizia verificatasi in assenza di linee guida o buone pratiche applicabili ovvero con individuazione delle stesse in maniera inadeguata (da parte del reo) e in generale i casi di negligenza o imprudenza.

 

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