Con riferimento al provvedimento in oggetto segnaliamo
che, in sede di conversione, sono state introdotte alcune parziali modifiche che interessano le cooperative attive in
ambito sanitario così riassumibili:
-
da un lato, all’art. 4, è stato ulteriormente puntualizzato il campo di applicazione del personale
medico e sanitario per il quale vige la
disciplina in materia di obbligo vaccinale: in aggiunta ai soggetti
esercenti le professioni sanitarie, il riferimento agli operatori di
interesse sanitario che svolgono le attività nelle strutture sanitarie,
sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie,
parafarmacie e studi professionali (già presente), è stato completato con il richiamo all’art. 1, comma 2, della
legge 43/2006 riguardante la conferma della competenza delle Regioni
nell’individuazione dei profili di tali operatori di interesse sanitario
non riconducibili alle professioni sanitarie disciplinate a livello nazionale;
-
dall’altro, è stata rafforzata la tutela giuridica per il
personale medico e sanitario occupato in questa fase di emergenza con
l’introduzione dell’art. 3-bis che
prevede una parziale attenuazione della loro responsabilità in determinati casi
e a specifiche condizioni.
* * *
-
OBBLIGO VACCINALE PROFESSIONI
SANITARIE/OPERATORI INTERESSE SANITARIO (art.
4)
Nel rinviare ai nostri precedenti approfondimenti sul
tema(1) per una
articolata declinazione di tutta la disciplina prevista da questo articolo in
merito all’obbligo vaccinale in capo al
personale medico e sanitario - inclusa la descrizione di tutta la dettagliata
procedura per la sua operatività e verifica nonché per le relative conseguenze in
caso di inottemperanza (assegnazione a diverse mansioni ovvero se non possibile
sospensione della retribuzione) – ci concentriamo sulla modifica apportata in
sede di conversione che come anticipato riguarda la formulazione di OPERATORI
DI INTERESSE SANITARIO per i quali vige l’obbligo (in aggiunta ai soggetti
esercenti le professioni sanitarie).
Già in sede di emanazione
del decreto avevamo avuto modo di rilevare come tale formulazione potesse
risultare imperfetta o comunque fonte di incomprensioni, anche alla luce della
campagna vaccinale attivata da mesi nelle diverse regioni italiane.
Fatta salva la pubblicazione
di una specifica sezione sul sito del Ministero della Salute dedicata agli
operatori di interesse sanitario(2),
si precisa che, in base all’art. 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006,
n. 43 – ora espressamente richiamato dal legislatore – tali operatori sono identificabili nei profili individuati
dalle Regioni che mantengono tale competenza, anche per i relativi requisiti formativi, laddove non si
tratti di soggetti riconducibili alle professioni sanitarie disciplinate a
livello nazionale.
-
RESPONSABILITA’ PENALE PER PERSONALE
MEDICO SANITARIO (art. 3-bis)
In via preliminare
ricordiamo che la nuova norma non va confusa con l’art. 3 già
presente che prevede, come noto, l’esclusione
di responsabilità penali per i delitti di omicidio colposo e di lesioni
personali colpose (artt. 589 e 590 c.p.) in capo al personale medico e
sanitario incaricato della vaccinazione, laddove la stessa sia operata in
applicazione scrupolosa delle indicazioni delle autorità sanitarie competenti e
del Ministero della Salute.
Non limitato quindi solo ai soggetti impiegati
operativamente nella somministrazione del vaccino anti-COVID, è stato aggiunto l’art. 3-bis che, in termini più generali, limita la
PUNIBILITA’ a titolo di omicidio colposo o di lesioni personali (artt. 589
e 590 c.p.), per i fatti commessi nell’esercizio di una professione
sanitaria e che trovino causa e si collochino nella situazione di emergenza
SOLO NEI CASI DI COLPA GRAVE, anche qui però con effetti retroattivi
validi dal 31 gennaio 2020, data in cui come si ricorderà lo stesso è stato
inizialmente dichiarato.
Tale tutela è valida
peraltro per qualsiasi attività di professione sanitaria anche se non
inerenti il COVID-19.
Rimandando sempre al portale
del Ministero della Salute per un elenco di tali professioni sanitarie,
precisiamo che in tale ambito debbano essere compresi in linea generale i soggetti
iscritti agli albi professionali degli ordini: dei medici-chirurghi e degli odontoiatri,
dei veterinari, dei farmacisti, dei biologi, dei fisici e dei chimici, delle
professioni infermieristiche, della professione di ostetrica, dei tecnici sanitari
di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione
e della prevenzione, degli psicologi.
Ai fini della valutazione
del grado di colpa, il comma 2 prevede che il giudice dovrà tener conto tra
i fattori che ne possono escludere la gravità:
-
la limitatezza delle conoscenze scientifiche
sulle patologie derivanti dall’infezione da SARS-Cov-2 e sulle terapie
appropriate;
-
la scarsità delle risorse umane e materiali
concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare;
-
il minor grado di esperienza e conoscenze
tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza.
Per comprendere al meglio il
regime introdotto per attenuare la punibilità in caso di colpa grave, preme
ricordare come la punibilità per le medesime fattispecie - omicidio colposo o
lesioni personali colpose - collegate all’esercizio della professione sanitaria
sia già prevista in termini generali dal codice penale all’articolo 590-sexies,
norma che tuttavia è stata oggetto di ulteriori precisazioni a livello
giurisprudenziale(3).
(1)
Da ultimo Circolare Servizio Sindacale
Giuslavoristico n. 19 del 3 aprile 2021 - prot. n. 1237.
(3)
L’art. 590-sexies c.p. prevede l’esclusione della colpa grave quando
l’evento si sia verificato a causa di imperizia (e quindi non per negligenza o
imprudenza) e siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee
guida, adeguate alle specificità del caso concreto, come definite e pubblicate
ai sensi di legge, ovvero in mancanza di esse, le buone pratiche
clinico-assistenziali. La sentenza delle sezioni unite penali della Corte di Cassazione
n. 8770 depositata il 22 febbraio 2018 ha interpretato tale norma nel senso che
essa non esclude i casi di imperizia contraddistinta da colpa grave (da
parametrarsi in funzione del rischio e della difficoltà degli atti medici in
questione), oltre che i casi di imperizia verificatasi in assenza di linee
guida o buone pratiche applicabili ovvero con individuazione delle stesse in
maniera inadeguata (da parte del reo) e in generale i casi di negligenza o
imprudenza.