Circolari

Circ. n. 38/2015

Decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015 Disciplina organica dei CONTRATTI DI LAVORO e revisione della normativa in tema di MANSIONI in attuazione della legge 183/2014 (G.U. n. 144 del 24 giugno 2015 – S.O. n. 34).

Con la pubblicazione del decreto in oggetto, IN VIGORE dal 25 GIUGNO 2015, nonché terzo atto attuativo della legge delega cd. JOBS ACT, il Governo ha raccolto in un testo organico – quasi un Testo Unico - tutta la normativa sulle diverse formule contrattuali cui i datori di lavoro possono ricorrere per instaurare correttamente un rapporto di lavoro.

Il Governo indica esplicitamente che, la forma comune di riferimento, è il rapporto di lavoro a tempo indeterminato (art. 1).

Si concentrano, infatti, su questa tipologia di rapporto di lavoro le ultime norme approvate sia con il Dlgs. n. 23/2015 sul contratto a tutele crescenti, sia la legge di stabilità 2015 in relazione al cd. bonus occupazione. Tutte norme di sostegno al rapporto a tempo indeterminato.

L’intervento legislativo in commento, che rappresenta uno degli assi portanti di questa Riforma, si configura come un opera di SISTEMATIZZAZIONE della DISCIPLINA ESISTENTE rispetto alle norme fin qui prodotte, ma con l’introduzione di significative novità su alcune fattispecie di tipologia contrattuale.

Infatti, la tecnica usata è quella di riscrittura di tutti gli articoli che vengono fatti salvi e, contestualmente, sono abrogate una serie importante di leggi comprese, a mero titolo d’esempio, la riforma Biagi n. 276/2003, il Dlgs. n.368/2001 sul contratto a termine, il Dlgs. n. 61/2000 sul contratto di part-time, il TU sull’apprendistato Dlgs. 167/2011 (art. 55).

In termini abrogativi generali, registriamo la fine del rapporto di COCOPRO, del lavoro ripartito (job sharing) e dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro.

In questa sede, diamo un primo commento del testo normativo, corredato di apposite slide che semplificano e aiutano la lettura di questo nuovo quadro normativo.

 

  1. COLLABORAZIONI

Dedichiamo subito un focus specifico al capitolo delle collaborazioni che è stato profondamente rivisto.

Infatti, fatte salve quelle già in essere alla data di entrata in vigore del decreto, si cancellano le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 276/2003 (articoli 61-69-bis).

Pertanto, ai sensi dell’art. 52, vengono eliminate le collaborazioni a progetto e le regole di presunzione verso il contratto di lavoro subordinato – applicabili peraltro anche alle Partite IVA - introdotte nel 2012 con la legge n. 92 Riforma Fornero.

Ciò detto, RIMANE LA POSSIBILITA’ di instaurare le COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE, senza il vincolo del progetto e secondo la disciplina antecedente alla legge n. 276/2003.

Queste collaborazioni sono quelle riconducibili all’art. 409 c.p.c. esplicitamente richiamato dal decreto in commento all’art. 52, comma 2.

Tale norma legittima la collaborazione SOLO nel caso di una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”.

In attesa di specifiche indicazioni ministeriali, appare opportuno richiamare gli orientamenti giurisprudenziali consolidati rispetto alle caratteristiche che DEVE AVERE LA PRESTAZIONE per essere correttamente svolta attraverso una CO.CO.CO.:

1.    Continuità: quando la prestazione perdura nel tempo e comporta l’impegno costante del prestatore a favore del committente (Cass. n. 9067/1990, e n. 2906/1976);

2.    Coordinazione: in presenza di una connessione funzionale derivante dal protratto inserimento nell’organizzazione aziendale, o, più in generale, nelle finalità perseguite dal committente (Cass. n. 14722/1999, e n. 8229/2001);

3.    Personalità: se c’è una netta prevalenza del lavoro personale del collaboratore rispetto ad altri fattori (Cass. n. 5698/2002).

Risulta chiara l’importanza di rispettare tali parametri per esser sicuri di aver instaurato una COLLABORAZIONE GENUINA.

Questo passaggio rileva ancora di più dal 1° gennaio 2016 perché, a decorrere da quella data, il Decreto introduce una nuova figura di collaboratore cui si applicherà tutta la disciplina del rapporto di lavoro subordinato: le cd. COLLABORAZIONI ORGANIZZATE DAL COMMITTENTE (art. 2).

Queste collaborazioni si concretizzeranno in lavoro subordinato qualora le prestazioni lavorative risultino essere contemporaneamente:

  • esclusivamente personali;

  • continuative;

  • organizzate dal committente, anche rispetto a tempi/luogo di lavoro.

Alla luce dei connotati che le caratterizzano, le collaborazioni organizzate dal committente sono riconducibili secondo il legislatore alla sfera del lavoro subordinato in quanto non rappresentano effettive collaborazioni coordinate (vista in altro modo, è come se dal 2016 sulle nuove collaborazioni pendesse una nuova presunzione di lavoro subordinato che fa leva sull’organizzazione della collaborazione da parte del committente – eterodirezione - e non solo sull’esercizio del suo potere direttivo – eterodirezione).

Come si nota, la differenza tra queste e le CO.CO.CO. di cui sopra è rintracciabile in primo luogo proprio nel parametro dell’organizzazione delle collaborazioni da parte del committente (etero-direzione).

In sostanza, d’ora in poi bisognerà prestare particolare attenzione al modo in cui viene organizzato il lavoro e lo svolgimento delle prestazioni da parte dei collaboratori, con riferimento ad esempio ai tempi e ai luoghi di lavoro.

Risulta, anche in questo caso, opportuno riferirsi agli indici giurisprudenziali maturati in materia di subordinazione, in particolar modo con riferimento al c.d. potere organizzativo: tra questi rientra ad esempio l’osservanza di un orario predeterminato, che quindi può costituire prova della mancanza in capo al lavoratore della facoltà di determinare autonomamente la prestazione (Cass. n. 8659/2004) o la sistematica presenza del lavoratore con una propria postazione fissa presso una delle sedi del committente (parametro peraltro utilizzato anche dalla legge Fornero nel costruire le sue presunzioni – come detto non più valide).

Altro nodo critico, nonché altra differenza con le CO.CO.CO. è il carattere esclusivamente personale (e non solo prevalentemente personale) che identifica le collaborazioni organizzate dal committente, per cui la collaborazione rientrerà nella sfera del lavoro subordinato solo se la prestazione farà esclusivamente leva sull’apporto personale del collaboratore.

Dalla disciplina delle collaborazioni organizzate dal committente, sono ESCLUSI alcuni CASI tassativamente elencati, ovvero:

  • in presenza di indicazioni specifiche date dalla CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NAZIONALE;

  • per l’esercizio di professioni intellettuali per cui è necessaria l’iscrizione negli appositi albi nazionali;

  • di funzioni in qualità di componenti di organi di amministrazione e controllo delle società e di partecipanti a collegi e commissioni;

  • alle collaborazioni rese per fini istituzionali nelle associazioni e società sportive dilettantistiche.

In alternativa, per non incorrere nell’istituto delle collaborazioni organizzate dal committente facendo scattare la presunzione del lavoro subordinato, le parti contraenti potranno sempre e comunque richiedere la certificazione dell’assenza dei parametri individuati dal legislatore presso le commissioni di certificazione disciplinate dall’art. 76 del decreto legislativo 276/03. Ricordiamo che la certificazione non mette completamente al riparo dal contenzioso perché, pur invertendo l'onere della prova, può - comunque – essere messa in discussione in sede giudiziaria.

Alla luce e in funzione delle nuove indicazioni, sempre dal 2016, l’art. 53 introduce una PROCEDURA DI STABILIZZAZIONE AGEVOLATA (una sorta di sanatoria) per i datori di lavoro che assumeranno a tempo indeterminato i loro precedenti collaboratori, con l’effetto di estinzione di eventuali illeciti amministrativi, contributivi e fiscali (procedura valida con le stesse regole anche per stabilizzare Partite IVA).

 

  1. LE ALTRE TIPOLOGIE CONTRATTUALI.

Approfondite le novità introdotte sul fronte delle collaborazioni, che appaiono forse essere quelle più rilevanti, si richiamano le diverse tipologie contrattuali disciplinate dal decreto. Oltre a queste, restano in vita, seppur non trattate dal nuovo Dlgs., anche Partite Iva e Tirocini (solo incidentalmente sono richiamate le partite IVA, in quanto interessate anch’esse dalla procedura di stabilizzazione messa in piedi a partire dal 2016 per le collaborazioni).

 

  • TEMPO INDETERMINATO (art. 1)

  • quale forma comune di rapporto di lavoro subordinato;

     

  • PART-TIME (artt. 4-12)

  • Significative le modifiche del quadro vigente, in un’ottica di semplificazione e maggiore fruibilità dello strumento, tra cui meritano attenzione:

    • l’eliminazione della tripartizione normativa in orizzontale, verticale e misto;

    • il nuovo concetto di clausole elastiche, comprensivo delle previgenti clausole flessibili ed elastiche (rispettivamente modifica collocazione temporale della prestazione e variazione in aumento della stessa);

    • l’agibilità delle clausole elastiche e del lavoro supplementare, anche se non risultino disciplinati dalla contrattazione collettiva.

       

  • LAVORO INTERMITTENTE (artt. 13-18)

  • mantenimento totale della previgente disciplina;

     

  • TEMPO DETERMINATO (artt. 19-29)

  • viene ribadito il quadro regolatorio venutosi a determinare con il D.L. 34/2014 (no causale, tetto durata 36 mesi, massimo 5 proroghe) con l’aggiunta di utili chiarimenti, ad esempio per quanto riguarda l’applicazione della sola sanzione amministrativa, senza la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto, se si supera il limite di utilizzo già previsto dal legislatore e pari al 20%, derogabile come noto da parte della contrattazione collettiva, a tutti i livelli;

     

  • SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO (artt. 30-40)

  • sostanziale riproduzione del quadro previgente, insieme ad una maggiore praticabilità di quella a tempo determinato (cd. staff leasing), ora ammessa in tutti i settori e per qualsiasi attività, senza causale, ma utilizzabile per un massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato. Nell'articolo 38 relativo ai diritti sindacali e alle garanzie collettive dei lavoratori somministrati, è scomparso il precedente inciso “Ferme restando le disposizioni specifiche per il lavoro in cooperativa...”. E' un tema da approfondire, ma anche da valutare nella sua portata perchè si può riferire soltanto ai soci-lavoratori.

     

  • APPRENDISTATO (artt. 41-47)

  • confermata la disciplina sulla tipologia professionalizzante – c.d. di 2° livello (quello fino ad oggi più utilizzato dalla imprese) salvo un richiamo ai CCNL e non ai contratti collettivi in generale,  quale unici contratti legittimati a disciplinare la durata dell’apprendistato, nonché la durata/modalità di svolgimento della formazione, compreso l’apprendistato stagionale (art. 44);

  • significativamente modificati e semplificati il 1° e il 3° livello, tipologie di apprendistato funzionali rispettivamente al raggiungimento di una qualifica, diploma o specializzazione professionale o ad un percorso di alta formazione e ricerca. Su questi segnaliamo, tra le diverse modifiche intervenute, il nuovo vantaggio per i datori di non retribuire in linea generale gli apprendisti per le ore di formazione svolte fuori dall’impresa e di pagarli solo in una misura del 10% per le ore di formazione a carico del datore;

     

     

     

  • LAVORO ACCESSORIO/VOUCHER (artt. 48-50)

  • innalzata da 5 a 7 mila € la soglia massima percepibile dal prestatore in un anno civile (non più solare) in maniera cumulativa – rimane per il resto quasi inalterata la previgente disciplina, compreso il tetto ad hoc di 2 mila € se il committente è imprenditore/professionista e la disciplina speciale già in vigore sul settore agricolo.

 

  1. LE MANSIONI

Un altro tema affrontato dal provvedimento, importante e complementare a quello delle tipologie contrattuali, riguarda la DISCIPLINA DELLE MANSIONI (art. 3), anch’essa contemplata tra i capitoli di delega del JOBS ACT, e che viene significativamente rivista attraverso una riformulazione dell’art. 2013 del Codice Civile.

In particolare, con le modifiche apportate, oltre a specificare che il lavoratore è impiegabile per qualunque mansione riconducibile allo stesso livello di inquadramento, (con contestuale eliminazione del concetto di “mansioni equivalenti”), emerge ANCHE la POSSIBILITA’ PER il DATORE, in presenza di specifiche condizioni, di UTILIZZARLO ANCHE SU MANSIONI NON RICONDUCIBILI ALLO STESSO LIVELLO DI INQUADRAMENTO, pur restando nell’ambito della medesima «categoria legale», intesa come categoria di operaio, impiegato, quadro o dirigente ex art. 2095 c.c..

Ciò può avvenire, previa apposita comunicazione scritta del datore, SENZA che – tuttavia - il LAVORATORE perda il suo inquadramento e il suo TRATTAMENTO ECONOMICO, tranne che per gli elementi retributivi (es. indennità varie) legati alla precedente mansione, con un INQUADRAMENTO di un 1 LIVELLO INFERIORE SOLO SE:

  • il datore modifica i propri assetti organizzativi con effetti sulla posizione del lavoratore;

  • sia previsto dai contratti collettivi, anche quelli di 2° livello.

Per una legittima modifica delle mansioni, della categoria legale, dell’inquadramento e ANCHE DEL TRATTAMENTO ECONOMICO, senza alcun limite, ma comunque nell’interesse del lavoratore (mantenimento occupazione, acquisizione nuova professionalità o miglioramento condizioni di vita), si rende invece necessaria, come unica soluzione praticabile ora introdotta dal legislatore, la STIPULA DI ACCORDI INDIVIDUALI TRA LE PARTI nella sede c.d. “protetta”, vale a dire presso le sedi richiamate dall’art. 2113 c.c.: sindacale, davanti al giudice, o Commissione Provinciale Conciliazione, o presso gli organi di certificazione dei contratti ex art. 76 del Dlgs. n. 276/03.

Per simmetria, altro rilevante cambiamento riguarda il caso in cui il lavoratore venga assegnato a MANSIONI SUPERIORI.

Oltre alla conferma al diritto alla retribuzione corrispondente alle mansioni svolte, viene modificato il periodo minimo di svolgimento delle stesse attraverso il quale l’assegnazione può diventare definitiva.

Si passa da 3 mesi a 6 mesi continuativi. Ciò non vale se si sostituisce un altro lavoratore in servizio.

Sono fatte salve le disposizioni dei contratti collettivi che, fino ad oggi, potevano intervenire solo riducendo il periodo legale, ma non ampliandolo.

   

Un ultimo passaggio degno di nota è l’ARTICOLO 51 sulle NORME DI RINVIO AI CONTRATTI COLLETTIVI.

Con riferimento a tutte le disposizioni contenute nel decreto in oggetto che rinviano alla contrattazione collettiva, in linea con diversi passaggi normativi già vigenti e la prassi da tempo in uso, si dovrà tener conto esclusivamente dei contratti collettivi, stipulati a qualsiasi livello (nazionale, territoriale e aziendale), dalle ASSOCIAZIONI SINDACALI COMPARATIVAMENTE PIU’ RAPPRESENTATIVE SUL PIANO NAZIONALE E DALLE LORO RSA/RSU.

Ciò vale, ad esempio, con riferimento alle disposizioni sul contratto a tempo determinato o per l’apprendistato, ma in generale per tutti i rinvii operati dal legislatore nel disciplinare le diverse tipologie o il tema delle mansioni.

   

Considerata la natura tecnica del provvedimento, si rimanda alle slide in allegato per un’analisi puntuale delle disposizioni qui richiamate e per un approfondimento di ulteriori aspetti contenuti nel decreto.