Con atto n.156 (in allegato), il Governo ha sottoposto al
Parlamento, per il relativo parere, lo schema di decreto legislativo di
recepimento della direttiva (UE) 2018/410 che modifica la direttiva 2003/87/CE,
in materia di Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas ad effetto
serra (sistema ETS).
In considerazione della particolare complessità della
materia, è stato ritenuto utile predisporre il dossier di approfondimento
specifico di seguito allegato che, a partire dagli impegni assunti in materia
climatica a livello internazionale, analizza la disciplina comunitaria e
nazionale di riferimento, alcune pronunce della Corte di giustizia ed il
dettaglio del decreto in corso di definizione.
Al riguardo, si segnala come la riscrittura della disciplina
di riferimento costituisca l’occasione per richiedere l’introduzione di eventuali
profili di miglioramento e di adeguamento delle norme che, negli anni, possono
aver determinato appesantimenti o criticità applicative o interpretative.
In tale prospettiva, si invitano gli Uffici in indirizzo a
voler segnalare al Servizio Ambiente ed Energia della Confederazione (ambiente@confcooperative.it)
particolari esigenze di settore da tenere in considerazione nell’ambito dei
lavori in corso.
Con specifico riferimento allo schema di decreto proposto, si
evidenzia come il termine per il recepimento della direttiva UE 2018/410 in
realtà sia scaduto il 9 ottobre 2019. Il mancato rispetto di tale scadenza ha
condotto all’apertura, in data 22 novembre 2019, della procedura di infrazione
n.2019/0329. Per tale ragione si ritiene che, verosimilmente, vi sarà
l’esigenza di procedere con speditezza alla definizione conclusiva del testo.
In merito alle novità del sistema, la direttiva UE 2018/410 oggetto
del recepimento è destinata a regolare il funzionamento dell'EU-ETS nel periodo
2021-2030 (c.d. fase 4 dell'EU ETS) ed introduce una serie di novità, tra le
quali merita soprattutto ricordare:
l'innalzamento del cd. "fattore di
riduzione lineare", al fine di determinare una riduzione annuale del
volume totale di emissioni del 2,2% (rispetto al livello di 1,74% fissato per
il periodo 2013-2020) vale a dire del fattore che determina il ritmo di
riduzione delle emissioni nell’ambito del sistema EU ETS;
la riscrittura delle modalità di assegnazione
gratuita delle quote ed il raddoppio temporaneo (fino al 2023) del numero di
quote da immettere nella riserva stabilizzatrice del mercato;
la modifica delle regole per gli impianti
"nuovi entranti" e per la concessione di finanziamenti da parte
dell'UE.
La delega per il recepimento della direttiva UE 2018/410,
alla base del nuovo testo proposto, è contenuta nella legge 4 ottobre 2019, n.
117 (legge di delegazione europea 2018) che, all’articolo 13, contiene i seguenti
principi e i criteri direttivi:
a) razionalizzazione e
rafforzamento della struttura organizzativa dell'autorità nazionale competente
(vale a dire il Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e
per il supporto nella gestione delle attività di progetto del Protocollo di
Kyoto), in considerazione del miglioramento, della complessità e della
specificità dei compiti da svolgere, che richiedono la disponibilità di
personale dedicato e tenuto conto della rilevanza, anche in termini economici,
dei provvedimenti decisori adottati dalla stessa autorità;
b) ottimizzazione ed
informatizzazione delle procedure rientranti nel Sistema europeo di scambio di
quote di emissione di gas a effetto serra allineando ed integrando tali
procedure con altre normative e politiche dell'UE e nazionali;
c) revisione e razionalizzazione
del sistema sanzionatorio al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate
e dissuasive e di consentire una maggior efficacia nella prevenzione delle
violazioni;
d) riassegnazione al Ministero
dell'ambiente dei proventi derivanti dalle eventuali sanzioni amministrative di
nuova istituzione e destinazione degli stessi al miglioramento delle attività
istruttorie, di vigilanza, di prevenzione e di monitoraggio nonché alla
verifica del rispetto delle condizioni previste dai procedimenti rientranti
nell'EU ETS;
e) abrogazione espressa delle
disposizioni incompatibili e coordinamento delle residue disposizioni del decreto
legislativo n.30 del 2013, assicurando la neutralità sui saldi di finanza
pubblica nell'attribuzione delle quote dei proventi derivanti dalle aste delle
quote di emissione.
Le previsioni su indicate (quelle contenute nella direttiva
e quelle riportate nella legge delega) rappresentano vincoli da rispettare
nell’ambito del recepimento.
Al riguardo, sebbene le modifiche imposte dalla nuova
direttiva avrebbero consentito di operare solo con modifiche di carattere
puntuale, il Ministero dell’ambiente ha ritenuto opportuno procedere
all’abrogazione ed alla sostituzione integrale del decreto attualmente vigente
(decreto legislativo n.30 del 2013).
Il provvedimento all’esame del Parlamento, perciò (per i cui
dettagli di analisi si rinvia, quindi, al dossier allegato), si compone di 47
articoli e 4 allegati ed opera una riscrittura completa dell'attuale disciplina
dello scambio di quote di emissione di gas a effetto serra recata dal decreto
legislativo 13 marzo 2013, n.30, recependo le indicazioni della nuova direttiva
comunitaria ed i principi imposti dalla lege di delega.
Per qualsiasi chiarimento o informazione e per eventuali
segnalazioni di possibili integrazioni o modifiche allo schema di decreto in
discussione è possibile rivolgersi a Maria Adele Prosperoni, responsabile del
Servizio Ambiente ed Energia (ambiente@confcooperative.
Cordiali saluti
IL SEGRETARIO GENERALE
(Marco Venturelli)
Dossier di approfondimento
normativo
EMISSION TRADING SYSTEM (ETS Ue)
(aggiornamento al 30
marzo 2020)
Dossier di approfondimento normativo
Emission Trading System (ETS Ue)
INDICE
1. RIFERIMENTI NORMATIVI 4
1.1.
NORMATIVA INTERNAZIONALE 4
1.2.
NORMATIVA COMUNITARIA 4
1.3.
NORMATIVA NAZIONALE 5
2. EVOLUZIONE
DEI NEGOZIATI SUL CLIMA E LA CONVENZIONE DELLE NAZIONI UNITE SUI CAMBIAMENTI
CLIMATICI (UNFCCC) 6
3. IL
PROTOCOLLO DI KYOTO E L’ACCORDO DI PARIGI 8
3.1. Il Protocollo di Kyoto 8
3.1.1. Modalità di attuazione
del Protocollo 9
3.2. L’Accordo di Parigi ed il
Pacchetto “Clima-energia” 11
4. IL SISTEMA ETS 13
4.1. Quadro generale 13
4.2. Evoluzione della
disciplina di riferimento 13
4.3. Settori e gas interessati 14
4.4. Come funziona il sistema
EU ETS 14
4.5. I periodi di trading:
le fasi 16
4.5.1. La Fase 1 dell'Ets
(anni 2005-2007) 16
4.5.2. La Fase 2 dell'Ets
(anni 2008-2012) 16
4.5.3. La Fase 3 dell'Ets
(anni 2013-2020) 17
4.5.4. La Fase 4 dell'Ets
(anni 2021-2030) 18
4.6. Il Registro dell'Unione 19
4.7. Il monitoraggio delle
emissioni 20
4.8. Il sistema delle aste
delle quote 20
5. ANALISI
DELLA NORMATIVA ITALIANA 22
5.1. Il decreto legislativo 4
aprile 2006, n. 216 22
5.2. Il decreto legislativo 13
marzo 2013, n.30 22
5.2.1. Il Campo di
applicazione 22
5.2.2. L’Autorità nazionale
competente 27
5.2.3. Disciplina degli
impianti fissi 28
5.2.4. Disposizioni
applicabili al trasporto aereo e agli impianti fissi 32
6. QUESTIONI INTERPRETATIVE
ALL’ESAME DELLA CORTE DI GIUSTIZIA 40
6.1. Questione pregiudiziale
in Corte di Giustizia (Causa C-617/19) 40
6.2. Giurisprudenza
Comunitaria di riferimento 41
7. LA NUOVA DIRETTIVA
2018/410/UE ED IL RECEPIMENTO IN CORSO 43
7.1. LA DIRETTIVA 2018/410/UE 43
7.2. ITER PER IL RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA
N.2018/410/UE 44
7.3. LO SCHEMA DI DECRETO DI
RECEPIMENTO 45
7.3.1. Disposizioni generali -
Oggetto, campo di applicazione e definizioni 45
7.3.2. Autorità nazionale competente 47
7.3.3. Trasporto aereo 47
7.3.4. Disciplina degli impianti fissi 48
7.3.5. Disposizioni comuni per impianti fissi ed operatori
aerei 54
7.3.6. Disposizioni Transitorie e finali 57
7.3.7. Allegati (campo di applicazione, controllo e
comunicazioni, criteri di verifica) 58
Dossier di approfondimento normativo
Emission Trading System (ETS Ue) [1]
-
direttiva 2003/87/CE, Direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema per lo scambio di
quote di emissioni dei gas a effetto serra nell'Unione e che modifica la
direttiva 96/61/CE del Consiglio
-
direttiva 2009/29/CE del Parlamento
Europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva
2003/87/CE
-
regolamento 1031/2010/UE, del 12 novembre
2010, relativo ai tempi, alla gestione e ad altri aspetti della vendita
all'asta delle quote di emissioni dei gas a effetto serra a norma della
direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un
sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra
nell'Unione
-
regolamento 601/2012/CE del 21 giugno
2012, Regolamento della Commissione concernente il monitoraggio e la
comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva
2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
-
decisione 2014/746/UE del 27 ottobre
2014, Decisione della Commissione che determina, a norma della direttiva
2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, un elenco dei settori e dei
sottosettori ritenuti esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle
emissioni di carbonio per il periodo dal 2015 al 2019
-
direttiva 2018/410/UE, del 14 marzo 2018,
Direttiva Del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva
2003/87/CE per sostenere una riduzione delle emissioni più efficace sotto il
profilo dei costi e promuovere investimenti a favore di basse emissioni di carbonio
e la decisione (UE) 2015/1814
-
regolamento di esecuzione 2018/2066/UE
del 19 dicembre 2018 concernente il monitoraggio e la comunicazione delle
emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87 /CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, che modifica il regolamento (UE) 601/2012
della Commissione
-
regolamento di esecuzione 2018/2067/UE
del 19 dicembre 2018 concernente la verifica dei dati e l'accreditamento dei
verificatori a norma della direttiva 2003/87 /CE del Parlamento europeo e del
Consiglio
-
decisione delegata 2019/708/UE del 15
febbraio 2019 che integra la direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio per quanto concerne la determinazione dei settori e sottosettori
considerati a rischio di rilocalizzazione delle emissioni di C02 per
il periodo dal2021 al 2030
-
regolamento delegato 2019/1122/UE, del 12
marzo 2019 che integra la direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio per quanto riguarda il funzionamento del registro dell'Unione
-
regolamento
2019/1868/UE, del 28 agosto 2019, recante modifica del regolamento
(UE) n. 1031/2010 per allineare la vendita all'asta delle quote alle norme
dell'EU ETS per il periodo 2021-2030 e al riconoscimento delle quote quali
strumenti finanziari ai sensi della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo
e del Consiglio
-
regolamento 2019/311/UE del 19 dicembre
2018 che stabilisce norme transitorie per l'insieme dell'Unione ai fini
dell'armonizzazione delle procedure di assegnazione gratuita delle quote di
emissioni ai sensi dell'articolo 1O-bis della direttiva 2003/87/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio
-
decreto legislativo 4 aprile 2006, n.216,
Attuazione delle direttive 2003/87 e 2004/101/CE in materia di scambio di
quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, con riferimento ai
meccanismi di progetto del Protocollo di Kyoto (provvedimento abrogato
dall’art. 43, comma 1, D.Lgs. 13 marzo 2013 n. 30, a decorrere dal 5 aprile
2013, ad eccezione dell’allegato A che è abrogato a partire dal 1° maggio 2013)
-
decreto legislativo 13 marzo 2013, n.30, Attuazione
della direttiva 2009/29/CE che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di
perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di
emissione di gas a effetto serra
-
legge 4 ottobre 2019, n.117, Delega al
Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti
dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2018 (in particolare,
articolo 13)
La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change –
in sigla UNFCCC o FCCC), adottata a New York il 9 maggio 1992 ed approvata dai
delegati di 150 Paesi, è un Trattato ambientale internazionale.
La Convenzione è stata presentata ai Governi per la firma
nell’ambito della Conferenza sull'Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite
(United Nations Conference on Environment and Development – in sigla
UNCED) - informalmente conosciuta come Summit della Terra - tenutasi a
Rio de Janeiro nel giugno del 1992. La
Convenzione, sottoscritta a Rio da 154 Paesi, più l'Unione europea, è entrata
in vigore il 21 marzo 1994, vale a dire, secondo quanto previsto, novanta
giorni dopo la cinquantesima ratifica.
La Convenzione definisce un obiettivo di stabilizzazione
delle concentrazioni di gas-serra per la protezione del sistema climatico e
promuove interventi a livello nazionale ed internazionale per il raggiungimento
di questo obiettivo.
Il Trattato, come stipulato originariamente, non prevede
impegni vincolanti per la riduzione delle emissioni di gas-serra, ma
l’obiettivo di “raggiungere la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas
serra in atmosfera a un livello abbastanza basso per prevenire interferenze
antropogeniche dannose per il sistema climatico”.
Il Trattato, sotto questo profilo legalmente non vincolante,
include previsioni di aggiornamenti (denominati "Protocolli") per la
definizione di limiti obbligatori di emissioni, quale, a titolo di esempio, per
quanto si dirà oltre, il Protocollo di Kyoto.
Con l’approvazione del Protocollo di Kyoto, in particolare,
è iniziato un lungo e complesso processo di determinazione di regole
internazionali legalmente vincolanti per attuare e verificare le politiche
nazionali di riduzione delle emissioni di gas-serra.
Tra gli strumenti previsti dalla Convenzione ha un rilievo
essenziale la Conferenza delle parti, istituita come organo supremo,
competente ad esaminare l'attuazione della Convenzione stessa e di qualsiasi
relativo strumento giuridico adottato, nonché ad assumere decisioni necessarie
per promuoverne l'effettiva attuazione.
A tali scopi, alla Conferenza delle parti sono riconosciute,
tra le altre, le seguenti funzioni:
-
esaminare periodicamente gli obblighi delle
parti e gli accordi istituzionali;
-
promuovere e facilitare lo scambio di
informazioni sui provvedimenti adottati dalle parti per fronteggiare i
cambiamenti climatici ed i loro effetti, nonché facilitare il coordinamento dei
provvedimenti adottati;
-
promuovere e dirigere l'elaborazione ed il
perfezionamento periodico di metodologie comparabili, intese, fra l'altro, a
preparare inventari di emissioni di gas ad effetto serra suddivise per fonti e
di eliminazioni di tali gas suddivise per pozzi ed a valutare l'efficacia di
provvedimenti volti a limitare le emissioni ed incrementare le eliminazioni di
questi gas;
-
valutare, sulla base di tutte le informazioni ad
essa comunicate in conformità delle disposizioni della Convenzione,
l'attuazione della stessa, gli effetti globali dei provvedimenti adottati, in
particolare gli effetti ambientali, economici e sociali, nonché i relativi
impatti cumulativi e la misura in cui si ottengono progressi nel raggiungimento
dell'obiettivo previsti.
Nell’ambito della COP-3 (KYOTO (GIAPPONE) 1997), è stato
adottato, dopo intensi negoziati, il Protocollo di Kyoto con cui sono
stati fissati, per la prima volta, obiettivi vincolanti per le emissioni
di gas a effetto serra in 37 paesi industrializzati per il periodo
2008-2012. Il Protocollo è entrato
in vigore il 16 febbraio 2005.
Dagli obblighi fissati con il Protocollo sono stati esclusi
i Paesi in via di sviluppo, con lo scopo di evitare di ostacolarne la crescita
economica. Tale scelta trova ancora oggi
il disaccordo di alcuni stati, tra cui gli Stati Uniti soprattutto per
l'esclusione dagli impegni dei grandi paesi emergenti dell'Asia, India e Cina.
In particolare, con il Protocollo di Kyoto i paesi
industrializzati si sono impegnati a ridurre entro il 2012 le emissioni di gas
serra del 5,2% rispetto al 1990.
Il Protocollo di Kyoto impegnava i Paesi sottoscrittori (le
Parti) ad una riduzione quantitativa delle proprie emissioni di gas ad effetto
serra (i gas climalteranti, che riscaldano il clima terrestre) rispetto ai
propri livelli di emissione del 1990 (baseline), in percentuale diversa da
Stato a Stato: per fare questo alle Parti è stato richiesto di realizzare un
sistema nazionale di monitoraggio delle emissioni ed assorbimenti di gas ad
effetto serra ("Inventario Nazionale delle emissioni e degli assorbimenti
dei gas a effetto serra") da aggiornare annualmente, insieme alla
definizione delle misure per la riduzione delle emissioni stesse.
Il Protocollo di Kyoto è articolato in tre elementi
chiave:
1) La definizione di obiettivi di riduzione delle
emissioni. Tali obiettivi imposti ai Paesi firmatari sono diversi, in
relazione all'Allegato cui appartengono e cambiano da Paese a Paese. In
particolare:
a) Paesi dell’Allegato I: i Paesi
industrializzati e le economie in transizione hanno l'obiettivo di riportare
singolarmente, o per gruppi cooperanti, le emissioni ai livelli del 1990 entro
il quinquennio 2008-2012;
b) Paesi dell’Allegato II: ai
Paesi industrializzati si richiede una riduzione delle emissioni del 5,2%
rispetto ai valori assunti nel 1990, da raggiungere anche in modo congiunto da
gruppi di Paesi, all'interno dei quali alcuni assumono impegni di riduzione
maggiori per compensare gli impegni minori di altri;
c) Paesi non in Allegato: i Paesi
in via di sviluppo non sono soggetti ad alcun obbligo di riduzione.
2) La previsione di una scadenza temporale per la
verifica del raggiungimento degli obiettivi da parte dei Paesi industrializzati.
E’ previsto che i Paesi appartenenti all'Allegato I raggiungano gli obiettivi
fissati, in termini di riduzione delle emissioni rispetto all'anno di
riferimento scelto (baseline), il 1990, nel periodo 2008-2012.
3) Il ricorso a strumenti di mercato per garantire il
raggiungimento degli obiettivi. I meccanismi flessibili previsti dal
Protocollo sono quattro, ovvero il Commercio di Emissioni (Emission
Trading), il Meccanismo di Sviluppo Pulito (Clean Development
Mechanism), l'Attuazione Congiunta (Joint Implementation)
e l'uso dei Carbon Funds. Sono interventi di mitigazione del cambiamento
climatico che coinvolgono la comunità internazionale e che consentono di
intervenire minimizzando i costi.
Al fine di verificare il raggiungimento degli impegni
assunti, il Protocollo prevede per i Paesi firmatari l'obbligo di compilare inventari
nazionali delle emissioni antropiche, i cui dati devono essere certificati
da appositi organi di controllo.
I gas climalteranti (GHG - GreenHouse Gases) oggetto
degli obiettivi di riduzione sono:
-
CO2 (anidride carbonica), prodotta
dall'impiego dei combustibili fossili in tutte le attività energetiche e
industriali oltre che nei trasporti;
-
CH4 (metano), prodotto dalle
discariche dei rifiuti, dagli allevamenti zootecnici e dalle coltivazioni di
riso;
-
N2O (protossido di azoto), prodotto
nel settore agricolo e nelle industrie chimiche;
-
HFC (idrofluorocarburi), impiegati nelle
industrie chimiche e manifatturiere;
-
PFC (perfluorocarburi), impiegati nelle
industrie chimiche e manifatturiere;
-
SF6 (esafluoruro di zolfo), impiegato
nelle industrie chimiche e manifatturiere.
Ciascuno di questi gas ha un proprio e specifico GWP (Global
Warming Potential), che sostanzialmente corrisponde alla sua "capacità
serra" in relazione a quella della CO2, convenzionalmente posta
=1, lungo un intervallo temporale che normalmente è a 100 anni.
Se tutti gli altri gas hanno un "potere
climalterante" molto più alto di quello della CO2, attualmente
la CO2 è comunque il principale e più rilevante gas ad effetto
serra.
Quando si parla, quindi, degli obiettivi di riduzione
emissiva si fa sempre riferimento a valori espressi in termini di CO2eq
(CO2 equivalente), una unità di misura che considera la somma
ponderata della capacità serra di tutti i 6 diversi gas (o famiglie di gas)
oggetto del Protocollo di Kyoto [2].
Con la ratifica del Protocollo di Kyoto, l'Unione europea si
è impegnata a ridurre in maniera congiunta, nel periodo 2008-2012, le proprie
emissioni di gas serra dell'8% rispetto ai livelli del 1990 con una
distribuzione dell'onere complessivo di riduzione in percentuali diverse tra
gli Stati.
Per l’attuazione degli impegni, il
protocollo di Kyoto prescrive azioni “domestiche”, ovvero misure da realizzare
in ambito nazionale da ciascun Paese destinatario del protocollo stesso (Paesi
Allegato I) ed azioni “internazionali”, da effettuarsi attraverso la
cooperazione sia fra gli stessi Paesi dell’Allegato I, sia tra Paesi
dell’Allegato I e Paesi non-Allegato I.
Per tale cooperazione internazionale, il
Protocollo di Kyoto prevede specifici meccanismi di cooperazione, definiti
“meccanismi flessibili”. Tuttavia, le azioni domestiche devono essere
considerate prioritarie e le azioni internazionali devono assumere, invece, un
ruolo supplementare a quelle nazionali.
Gli interventi di riduzione delle emissioni
di gas serra da attuare a livello nazionale sono esplicitati nell'articolo 2
del Protocollo di Kyoto. Ciascun Paese può scegliere quale degli interventi
previsti privilegiare per raggiungere i propri obiettivi di riduzione. I
principali settori delle attività umane da considerare per la realizzazione di
interventi di contenimento e di abbattimento delle emissioni di gas serra sono
i seguenti:
-
l'energia, intesa sia come uso di
combustibili fossili nella produzione ed utilizzazione dell'energia (impianti
energetici, industria, trasporti, ecc…), che come emissioni non controllate di
fonti energetiche di origine fossile (carbone, metano, petrolio e i suoi
derivati, ecc…);
-
i processi industriali, intesi come quelli
esistenti nell'industria chimica, nell'industria metallurgica, nella produzione
di prodotti minerali, di idrocarburi alogenati, di esafluoro di zolfo, nella
produzione ed uso di solventi, ecc.;
-
l'agricoltura, intesa come zootecnia e
fermentazione enterica, uso dei terreni agricoli, coltivazione di riso,
combustione di residui agricoli, ecc.;
-
gestione dei rifiuti, intesa come gestione
delle discariche sul territorio, gestione dei rifiuti liquidi, impianti di
trattamento ed incenerimento, ecc.
Oltre agli interventi domestici, per
facilitare il raggiungimento degli obblighi, il Protocollo di Kyoto ha
introdotto alcuni meccanismi flessibili, che sono essenzialmente strumenti
economici finalizzati a ridurre il costo complessivo d'abbattimento dei gas
serra, permettendo di ridurre le emissioni lì dove sia economicamente più
conveniente pur nel rispetto degli obiettivi ambientali.
Durante la Conferenza di Marrakech, in
occasione della quale sono stati approvati nel dettaglio i meccanismi
flessibili, è stata ribadita la caratteristica di supplementarietà degli stessi,
sottolineando che l’adozione di tali strumenti da parte dei Paesi inseriti
nell’Allegato I è possibile solo se in precedenza sono stati realizzati
“notevoli sforzi” di riduzione dei gas serra attraverso politiche e misure
domestiche. Non è previsto, in ogni caso, alcun valore di soglia massimo per il
loro utilizzo vista la forte disomogeneità nella struttura produttiva dei Paesi
aderenti al Protocollo.
Rientrano tra i meccanismi flessibili l’Emission
Trading, la Joint Implementation, il Clean Development Mechanism. Alcuni considerano anche la contabilizzazione
dei carbon sinks tra i
meccanismi flessibili, di tipo non economico.
In particolare, l’Emission Trading
Scheme ovvero Scambio di quote di emissioni (ETS) è il meccanismo che
consente a ciascun Paese dell’Allegato I, che ha ridotto le emissioni in misura
maggiore rispetto ai propri targets, di vendere tale surplus in un mercato
internazionale creato ad hoc ad altri Paesi dello stesso Allegato che
non sono riusciti a raggiungere i propri obiettivi.
La Joint Implementation
ovvero Attuazione Congiunta (JI) è il meccanismo che consente a ciascun Paese
dell’Allegato I di realizzare progetti di abbattimento delle emissioni in un
altro Paese del proprio Allegato di appartenenza, acquisendo così unità di
riduzione delle emissioni (Emission Reduction Units, ERU) che possono
essere usate in detrazione delle emissioni nazionali dal 2008;
Il Clean Development Mechanism
ovvero Meccanismo per lo sviluppo pulito (CDM) è il meccanismo che consente ai
Paesi dell’Allegato I di attuare progetti di sviluppo socio-economico “pulito”,
basati cioè sull’innovazione tecnologica e le nuove tecnologie ad alta
efficienza e a bassa emissione di gas serra), acquisendo così delle riduzioni
di emissioni certificate (Certified Emission Reduction, CER) che possono
essere usate in detrazione delle emissioni nazionali dal 2005;
I Paesi che intendono partecipare ai
meccanismi flessibili devono, innanzitutto, aver ratificato il Protocollo di
Kyoto e devono avere già stabilito a livello nazionale un archivio contenente
gli inventari delle loro emissioni e dei loro sinks, certificati in
appositi registri. Inoltre, devono aver stabilito i permessi di emissione o le
quote di emissioni massime consentite, definite Assigned Amount Units
(AAU) in base ai loro impegni di riduzione ed aver definito come queste quote
sono suddivise nei diversi settori produttivi del loro Paese.
Il rispetto di tale procedura è
assolutamente necessario perché con la partecipazione ai meccanismi flessibili
si crea un mercato di trasferimenti e di transazioni di permessi o quote di
emissione fra industrie e settori produttivi di diversi Paesi che devono essere
accuratamente documentati, registrati e certificati. Inoltre, dal punto di
vista formale, in fase preventiva è necessario dimostrare al Segretariato della
Convenzione quadro di possedere i requisiti di eleggibilità per l’utilizzazione
dei meccanismi e, in fase attuativa e conclusiva, gli organi di controllo della
Convenzione possono procedere alle verifiche sulla regolarità delle azioni
svolte e delle transazioni effettuate nella cessione o nella acquisizione di
quote di emissione.
La 18° sessione negoziale della Conferenza di
Doha, al fine di assicurare una seconda stagione al Protocollo di Kyoto (in
scadenza lo stesso anno) ne ha esteso l’efficacia fino al 2020.
Nel dicembre 2015, alla conferenza sul
clima di Parigi (COP21), 195 paesi hanno adottato il primo accordo mondiale sul
clima, universale e giuridicamente vincolante. Tale accordo definisce un piano
d’azione globale volto a mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale
ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli pre-industriali. Il 5 ottobre l’UE
ha formalmente ratificato l’Accordo di Parigi, consentendo la sua entrata in
vigore il 4 novembre 2016 ed impegnandosi a ridurre le emissioni di gas ad
effetto setta di almeno il 40% entro il 2030 (anno base 1990).
In tale contesto, anche il quadro
legislativo del sistema ETS dell’UE per il prossimo periodo di scambio (fase 4)
è stato rivisto all’inizio del 2018, in linea con il quadro delle politiche per
il clima e l’energia per il 2030 e come parte del contributo dell’UE
all’accordo di Parigi del 2015.
Nella XXI Conferenza delle Parti (COP21) (conclusa
a Parigi il 12 dicembre 2015) è stato definito l’Accordo per regolare il
periodo post-2020.
L’Accordo, adottato con la decisione
1/CP21, è entrato in vigore il 4 novembre 2016 (ovvero 30 giorni dopo il
deposito degli strumenti di ratifica da parte di almeno 55 Parti della
Convenzione che rappresentano almeno il 55% delle emissioni mondiali di
gas-serra) e si applica dal 2021.
L’Accordo definisce come obiettivo di lungo
termine il contenimento dell'aumento della temperatura ben al di sotto dei 2°C
e il perseguimento degli sforzi di limitare l'aumento a 1.5°C rispetto ai
livelli pre-industriali.
L'Italia ha ratificato l'accordo con la
legge n. 204/2016. In base a quanto chiarito con il Comunicato del Ministero
degli affari esteri pubblicato nella G.U. del 6 dicembre 2016, l'Accordo è
entrato in vigore per l'Italia l'11 dicembre 2016.
L'Accordo prevede che ogni Paese, al
momento dell'adesione, comunichi il proprio "contributo determinato a
livello nazionale" (INDC – Intended Nationally Determined Contribution)
con l'obbligo di perseguire misure domestiche per la sua attuazione. Ogni
successivo contributo nazionale (da comunicare ogni cinque anni) rappresenta un
avanzamento rispetto allo sforzo già rappresentato con il primo contributo.
Dopo la presentazione della Comunicazione
sul "Quadro Clima-Energia 2030", il Consiglio europeo del
23-24 ottobre 2014 ha approvato le Conclusioni che contengono i nuovi obiettivi
per il periodo 2021-2030, che costituiscono l'INDC dell'UE.
L'elemento centrale del nuovo Quadro
Clima-Energia 2030 è l'obiettivo di riduzione dei gas serra del 40%a livello
europeo rispetto all'anno 1990.
Nell’ambito delle misure indicate sono
previsti, inoltre:
-
obiettivi vincolanti a livello europeo per
i consumi finali di energia da fonti rinnovabili;
-
un target indicativo di efficienza
energetica;
-
la ripartizione dell'obiettivo relativo ai
gas-serra tra i settori ETS e non-ETS, rispettivamente, in misura pari al 43% e
al 30% rispetto al 2005.
Al fine di raggiungere tali obiettivi sono
stati approvati numerosi provvedimenti legislativi, tra cui:
-
la revisione della direttiva ETS (direttiva
n. 2018/410/UE)
-
il regolamento per i settori non-ETS
(Regolamento n. 2018/842/UE)
-
il regolamento LULUCF (Regolamento n.
2018/841/UE) relativo all'inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di
gas-serra risultanti dall'uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e
dalla silvicoltura.
Si ricordano, quindi:
-
la direttiva (UE) 2018/2002 sull'efficienza
energetica, che prevede un obiettivo di efficienza energetica al 2030 pari al
32,5%
-
la direttiva (UE) 2018/2001 sulle fonti
rinnovabili, che prevede che la quota di energia da fonti rinnovabili nel
consumo finale lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%.
Il Sistema per lo
scambio delle quote di emissione dell'Unione Europea (EU ETS) è uno dei
principali strumenti su cui si fonda la politica dell'UE per contrastare i
cambiamenti climatici e uno strumento essenziale per ridurre in maniera
economicamente efficiente le emissioni di gas a effetto serra (GHG).
L’EU ETS è un sistema
internazionale per lo scambio di quote di emissione.
Istituito nel 2005, è
attivo in 31 paesi (i 28 dell’UE, più l’Islanda, il Liechtenstein e la
Norvegia).
Tale sistema limita le
emissioni prodotte da oltre 11.000 impianti ad alto consumo di energia e dalle
compagnie aeree che operano nello spazio economico europeo (SEE), coprendo
circa il 40% delle emissioni totali di gas ad effetto serra prodotte nell’UE.
Il sistema di scambio di quote di emissioni (Emission
trading) è stato attuato a livello comunitario con l'emanazione della direttiva
2003/87/CE (istitutiva di un sistema per lo scambio di quote di emissioni
nell'UE, c.d. EU ETS), recepita integralmente nell'ordinamento nazionale con il
D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 216. L'impegno per una riduzione delle
emissioni per il periodo post-2012 è stato assunto solamente da un gruppo
ristretto di Paesi, oltre all'UE, che hanno approvato il c.d. emendamento di
Doha al Protocollo. Nelle more dell'entrata in vigore dell'emendamento, l'UE si
è impegnata, comunque, a dare attuazione già a partire dal 1° gennaio 2013 agli
impegni in esso previsti. Per farlo sono stati adottati diversi strumenti
normativi, tra i quali la direttiva 2009/29/UE che ha modificato la
precedente direttiva 2003/87/UE e che è stata recepita nell'ordinamento
nazionale con il D.Lgs. 30/2013, che ha abrogato e sostituito il
D.Lgs. 216/2006.
Il regolamento 1031/2010/Ue disciplina il sistema
delle aste delle quote di emissione (vedi infra).
In seguito alla firma dell'Accordo di Parigi, destinato a
regolare lo scenario emissivo internazionale nel periodo post-2020 e
coerentemente con i nuovi obiettivi per il 2030 delineati con il "Quadro
Clima-Energia 2030", l'UE ha emanato un nuovo pacchetto di
provvedimenti legislativi comprendente anche la direttiva 2018/410/UE
(in fase di recepimento: il 29 gennaio 2020 è stato licenziato in via preliminare dal Consiglio
dei Ministri uno schema di Dlgs di recepimento della direttiva 2018/410/Ue che
modifica l'Emission Trading System Ue disciplinato dalla direttiva
2003/87/Ce per il periodo 2021-2030).
La revisione introdotta con la direttiva 2018/410/UE per il
prossimo periodo di scambio (fase 4), in linea con il quadro delle politiche
per il clima e l’energia per il 2030, quindi, si incentra sui seguenti aspetti:
-
rafforzare l’EU-ETS come stimolo agli
investimenti, aumentando il tasso di riduzione delle emissioni al 2,2% annuo a
partire dal 2021;
-
rafforzare la riserva stabilizzatrice del
mercato (il meccanismo istituito dall’UE nel 2015 per ridurre l’eccedenza di
quote di emissioni nel mercato del carbonio e migliorare la resilienza dell’EU
ETS agli shock futuri);
-
proseguire con l’assegnazione gratuita di quote
a garanzia della competitività internazionale dei settori industriali esposti
al rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (carbon leakage),
garantendo al tempo stesso che le regole per determinare l’assegnazione
gratuita siano mirate e riflettano il progresso tecnologico;
-
aiutare l’industria ed il settore energetico a
rispondere alle sfide dell’innovazione e degli investimenti richiesti dalla
transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio attraverso vari
meccanismi di finanziamento.
L’EU ETS copre i gas
riportati di seguito con particolare attenzione alle emissioni che possono
essere misurate e verificate con un alto grado di precisione:
Anidride carbonica (CO2) derivante da:
-
produzione
di energia elettrica e di calore;
-
settori
industriali ad alta intensità energetica, comprese raffinerie di petrolio,
acciaierie e produzione di ferro, metalli, alluminio, cemento, calce, vetro,
ceramica, pasta di legno, carta, cartone, acidi e prodotti chimici organici su
larga scala;
-
aviazione
civile.
Ossido di azoto (N2O) derivante dalla produzione di acido
nitrico, adipico e gliossilico e gliossale
Perfluorocarburi
(PFC) derivanti dalla
produzione di alluminio
La partecipazione
all'EU ETS è obbligatoria per le imprese che operano in
questi settori, ma in alcuni settori sono inclusi soltanto gli
impianti al di sopra di una certa dimensione.
Inoltre, alcuni
impianti dimensioni ridotte possono essere esclusi qualora le amministrazioni
mettano in atto misure fiscali o di altro genere che ne riducano le emissioni
di un quantitativo equivalente.
L’EU ETS opera secondo
il principio del “Cap and Trade”: è fissato un tetto
massimo complessivo alle emissioni consentite sul territorio europeo nei
settori interessati (cap) cui corrisponde un equivalente numero “quote”
(1 ton di CO2 eq. = 1 quota) che possono essere acquistate/vendute
su un apposito mercato (trade).
Viene quindi fissato
un tetto o limite che stabilisce la quantità massima che può essere emessa
dagli impianti che rientrano nel sistema. Entro questo limite, le imprese
possono acquistare o vendere quote in base alle loro esigenze. Le quote
rappresentano la valuta centrale del sistema: una quota dà al suo titolare
il diritto di emettere una tonnellata di CO2 o
l’ammontare equivalente di un altro GHG.
Una volta l’anno,
tutte le imprese che partecipano all’UE ETS devono restituire una quota di
emissione per ogni tonnellata di CO2 eq emessa. Un numero limitato di quote di emissione viene
assegnato a titolo gratuito ad alcune imprese sulla base di regole armonizzate
di assegnazione applicate in tutta Europa. Le imprese che non ricevono quote di
emissione a titolo gratuito o in cui le quote ricevute non sono sufficienti a
coprire le emissioni prodotte devono acquistare le quote di emissione all’asta
o da altre imprese. Viceversa, chi ha quote di emissioni in eccesso rispetto
alle emissioni prodotte, può venderle. Se una società non adempie agli obblighi
di conformità (Compliance), sono applicate
sanzioni.
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Fig. Schema del
funzionamento del Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell'Unione
Europea
Le imprese che
incontrano difficoltà nel coprire le emissioni prodotte possono scegliere tra
diverse opzioni:
-
adottare
misure per ridurre le proprie emissioni, investendo in tecnologie più
efficienti e a basso rilascio di CO2;
-
acquistare
le quote necessarie e/o i crediti internazionali (ERU/CER) derivanti da
progetti di Sviluppo Pulito (CDM) o di Applicazione Congiunta (JI) istituiti
nell’ambito del Protocollo di Kyoto;
-
usare una
combinazione delle due opzioni precedenti.
Questa flessibilità
garantisce che le emissioni siano ridotte nel modo economicamente più
conveniente.
In considerazione
delle modifiche introdotte con la direttiva (UE) 2018/410, nel periodo di
scambio che inizia il 1° gennaio 2021 sarà rivista la possibilità di ricorrere
a crediti internazionali ai fini del sistema EU ETS.
4.5.
I periodi di trading: le fasi
Il sistema EU ETS, a
partire dalla sua introduzione, ha subito numerosi cambiamenti ed è stato
suddiviso in distinti periodi di trading, noti come “fasi”:
-
fase 1:
anni 2005-2007
-
fase 2:
anni 2008-2012
-
fase 3:
anni 2013-2020
-
fase 4:
anni 2021-2030
L’attuale fase dell’EU
ETS (la terza) è iniziata nel 2013 e terminerà nel 2020.
Si trattava di un progetto pilota triennale finalizzato a
prepararsi alla fase 2, in previsione di un successivo efficace funzionamento
dell'Ets dell'Ue a supporto del raggiungimento degli obiettivi del Protocollo
di Kyoto.
Le principali caratteristiche della Fase 1
possono essere così riassunte:
-
copertura solo delle emissioni di CO2
dei generatori di energia e delle industrie ad alta intensità energetica. Le
indennità sono state quasi tutte concesse gratuitamente alle imprese;
-
sanzione
per inadempienza di € 40 per tonnellata.
Nell’ambito della Fase 1 sono stati ottenuti i seguenti
risultati:
La Fase 2 dell'Ets ha coinciso con il primo periodo di
impegno del Protocollo di Kyoto del 1997, in cui i Paesi dell'Ets Ue avevano
obiettivi concreti di riduzione delle emissioni da raggiungere.
Le caratteristiche e gli effetti principali
della Fase 2 possono essere così sintetizzati:
-
diminuzione della percentuale di assegnazione
gratuita delle quote a circa il 90%;
-
abbassamento massimo delle indennità (circa il
6,5% in meno rispetto al 2005);
-
ingresso di 3 nuovi Paesi: Islanda,
Liechtenstein e Norvegia;
-
emissioni di ossido di azoto dalla produzione di
acido nitrico incluse in numerosi Paesi;
-
avvio delle aste delle quote di emissione in diversi
Paesi;
-
aumento a € 100 per tonnellata della sanzione per
inadempienza;
-
autorizzazione delle imprese per l’acquisto di crediti
internazionali per un totale di circa 1,4 miliardi di tonnellate di CO2
equivalente;
-
sostituzione dei registri nazionali con il registro
dell’Unione e sostituzione del registro delle transazioni indipendenti della
Comunità (Citi) con il registro delle transazioni dell'Unione europea (Eutl);
-
introduzione nell'Emission Trading System dal
1°
gennaio 2012 (anche se con successive proroghe) del settore dell'aviazione.
La Fase 3 è quella attualmente in corso del sistema Ets Ue e
presenta significative novità rispetto alle Fasi 1 e 2.
In particolare, le principali differenze rispetto alle
precedenti fasi sono:
-
applicazione di un unico tetto alle emissioni
per tutta l'Unione anziché tetti nazionali come in precedenza;
-
la vendita all'asta è il metodo comune di
assegnazione delle quote (anziché l'assegnazione a titolo gratuito), mentre
alle quote ancora assegnate gratuitamente si applicano norme armonizzate;
-
applicazione ad un maggior numero di settori e
di gas;
-
finanziamento della diffusione di tecnologie
innovative per le energie rinnovabili e la cattura e l'immagazzinamento della
CO2 mediante il programma Ner 300 (che finanzia progetti
dimostrativi a basse emissioni di carattere innovativo) e accantonamento nella
riserva per i nuovi entranti di 300 milioni di quote.
Le novità del sistema Ets Ue nell’ambito della fase 3
sono legate all’applicazione della direttiva 2009/29/Ce (recepita con il
decreto legislativo n.30 del 2013) che ha modificato la direttiva 2003/87/Ce.
Tra le principali innovazioni introdotte dalla direttiva
2009/29/Ce si segnalano:
-
campo di applicazione
-
definizioni più puntuali per gli impianti di
combustione;
-
estensione del sistema ad altri gas diversi
dalla CO2;
-
esclusione per i piccoli impianti (meno di
25mila tonnellate di CO2 l'anno e, nel caso di impianti di
combustione, potenza termica inferiore ai 35 MW) purché le emissioni di tali
impianti siano regolamentate con misure che comportano uno sforzo di riduzione
"equivalente";
-
possibilità di stabilire regole semplificate per
monitoraggio, rendicontazione e verifica degli impianti che nel 2008-2010 hanno
emesso meno di 5mila tonnellate di CO2 l'anno.
-
metodo di assegnazione delle quote mediante
asta: "full auctioning" — e quindi niente assegnazione
gratuita — per gli impianti termoelettrici e per quelli di cattura e stoccaggio
del carbonio (Css), ad eccezione di quelli di cogenerazione che possono
ricevere quote gratuite per l'energia termica destinata al teleriscaldamento e
anche degli impianti industriali e di produzione di energia elettrica che
utilizzano gas residui di acciaieria la cui produzione risulta inevitabile. Per
gli altri impianti è invece prevista una transizione graduale verso il full
auctioning: dall'80% di quote assegnate gratuitamente nel 2013 si scenderà
fino al 30% nel 2020 (assegnazione gratuita media del 55%);
-
gestione delle aste: a livello nazionale con
regole armonizzate dall'Ue. I proventi delle aste sono destinati ad interventi
di mitigazione per favorire gli adattamenti ai cambiamenti climatici;
-
maggiore flessibilità tra i settori Eu Ets e non
Eu Ets, con il possibile rilascio di quote per realizzazione progetti in
settori non regolati dall'Ets;
-
istituzione di riserva di quote gratuite per i
"nuovi entranti" e per quelli che effettuano significativi
ripotenziamenti.
Il quadro legislativo dell'Emission Trading System Ue per
il prossimo periodo di scambio (Fase 4 - 2021-2030) è stato rivisto all'inizio
del 2018 con l’approvazione della direttiva 2018/410/Ue per poter
conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni dell'Ue per il 2030, in
linea con il quadro delle politiche per il clima e l'energia per il 2030 e come
parte del contributo dell'Unione all'Accordo di Parigi del 2015.
Tra i principali aspetti della Fase 4 si segnalano:
-
il rafforzamento del sistema Ets Ue come stimolo
agli investimenti e l'innalzamento del cd. "fattore di riduzione
lineare" delle quote di emissioni annualmente messe all'asta (da 1,74% a
2,2%) a partire dal 2021;
-
la riscrittura delle modalità di assegnazione
gratuita delle quote, con la prosecuzione dell’assegnazione gratuita di quote a
garanzia della competitività internazionale dei settori industriali esposti al
rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, garantendo al tempo
stesso che le regole per determinare l'assegnazione gratuita siano mirate e
riflettano il progresso tecnologico;
-
il ritocco al funzionamento della "riserva
stabilizzatrice" (dove le quote vengono integrate nel caso di ingente
eccedenza sul mercato o svincolate nel caso di ingente disavanzo);
-
l'aggiornamento delle regole per gli impianti
"nuovi entranti" e per la concessione di finanziamenti da parte
dell'Ue e l'aiuto all'industria e al settore energetico per rispondere alle
sfide dell'innovazione e degli investimenti richiesti dalla transizione verso
un'economia a basse emissioni di carbonio attraverso vari meccanismi di
finanziamento.
L'articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2003/87/CE
stabilisce che le quote di emissioni rilasciate a decorrere dal 1° gennaio 2012
siano conservate in un registro dell'Unione su conti di deposito gestiti dagli
Stati membri, mentre l'articolo 20 della direttiva 2003/87/CE stabilisce
l'istituzione di un catalogo indipendente (“catalogo delle operazioni
dell'Unione europea” o EUTL, European Union Transaction Log) nel quale
sono registrati gli atti di rilascio, trasferimento e cancellazione delle quote
di emissioni.
Le operazioni riguardanti le quote che avvengono all'interno
del registro dell'Unione devono essere effettuate attraverso un collegamento
con l'EUTL, mentre le operazioni riguardanti le unità di Kyoto devono essere
effettuate tramite un collegamento con l'EUTL e il catalogo internazionale
delle operazioni dell'UNFCCC (“ITL”, International Transaction Log).
Il registro è stato inizialmente istituito dal regolamento
(UE) n. 920/2010 della Commissione, successivamente abrogato dal regolamento
(UE) n. 389/2013 che ha stabilito le disposizioni generali e i requisiti
relativi alla gestione e alla tenuta del registro dell'Unione per il periodo di
scambio che ha inizio il 1° gennaio 2013 e per i periodi successivi, del
catalogo indipendente delle operazioni di cui all'articolo 20, paragrafo 1,
della direttiva 2003/87/CE, nonché dei registri di cui all'articolo 6 della
decisione n. 280/2004/CE.
Il registro dell'Unione consente l'accurata
contabilizzazione delle operazioni nell'ambito del sistema per lo scambio di
quote di emissioni dei gas a effetto serra nell'Unione (EU ETS) ed è una banca
dati elettronica standardizzata e sicura contenente elementi di dati comuni che
consentono di controllare, se del caso, il rilascio, il possesso, il trasferimento
e la cancellazione delle quote di emissioni, nonché di assicurare l'accesso al
pubblico e la riservatezza, ove necessario. Dovrebbe assicurare che ogni
trasferimento sia compatibile con gli obblighi risultanti dalla direttiva
2003/87/CE.
Il Registro è, quindi, una banca dati on-line organizzata
in una struttura di conti elettronici intestati ai partecipanti all'Eu Ets
(gestori di impianti stazionari, operatori aerei, trader) e assimilabile a un
sistema di internet banking: a seguito dell'accesso al sistema, gli
utenti hanno la possibilità di visualizzare i propri conti, ricevere da e/o
trasferire verso altri conti le unità elettroniche a bilancio.
Il Registro dell'Unione serve a garantire la
contabilizzazione delle quote di emissioni e dei crediti da attività di
progetto generati e rilasciati nell'ambito dell'Eu Ets o in quello del
Protocollo di Kyoto, mantenendo traccia della loro proprietà e dei loro
trasferimenti. Serve inoltre a iscrivere le emissioni annuali verificate di
ciascun operatore Ets e ad accertare che questi adempiano ai propri obblighi di
compensazione delle stesse.
Il Registro non è una piattaforma di scambio, quindi
le contrattazioni esulano dal Registro.
La disciplina del Registro è stata modificata con il regolamento
n. 2019/1122/UE del 12 marzo 2019, che integra la direttiva 2003/87/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il funzionamento del
registro dell'Unione.
Le modifiche alla disciplina del Registro unico europeo si
sono rese necessarie viste le novità legislative nel frattempo intervenute in
materia (in particolare le modifiche alla direttiva 2003/87/Ce a seguito della
direttiva 2009/29/Ce) che hanno portato al passaggio dalle vecchie disposizioni
del regolamento 920/2010/Ue e relativo alle quote di emissioni rilasciate a
decorrere dal 1° gennaio 2012, alle nuove.
Il Regolamento 2019/1122/UE precisa che tutte le transazioni
necessarie in relazione al terzo periodo di scambio del sistema EU ETS,
compreso tra il 2013 e il 2020, dovrebbero essere concluse nel rispetto delle
disposizioni del regolamento (UE) n. 389/2013. Poiché la direttiva 2003/87/CE
prevedeva l'utilizzo dei crediti internazionali generati nell'ambito del
protocollo di Kyoto, il suddetto regolamento si continua ad applicare a tali
transazioni. Le disposizioni del regolamento (UE) n.389/2013 si continuano ad
applicare, perciò alle transazioni connesse al terzo periodo di scambio dopo
l'entrata in vigore del nuovo regolamento.
Gli impianti industriali e gli operatori aerei interessati
dall'Emission Trading System Ue devono disporre di un piano di
monitoraggio approvato per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni
annuali.
Il Piano è inoltre parte integrante della licenza di
esercizio richiesta per gli impianti industriali.
Ogni anno gli operatori devono presentare una
relazione sulle emissioni. I dati di un determinato anno devono essere
verificati da un verificatore accreditato entro il 31 marzo dell'anno
successivo. Una volta effettuata la verifica, gli operatori devono restituire
il numero equivalente di quote di emissioni entro il 30 aprile dell'anno in
questione.
Il monitoraggio emissioni è disciplinato in due regolamenti:
-
il regolamento n. 601/2012/Ue del 21
giugno 2012, sul monitoraggio e la comunicazione delle emissioni. A
decorrere dal 1° gennaio 2021, il regolamento 601/2012/Ue sarà
sostituito dal regolamento 2018/2066/Ue. Già dal 1° gennaio 2019 sono
invece immediatamente vigenti alcune modifiche al regolamento 601/2012/Ue
soprattutto in relazione agli obblighi per gli operatori aerei;
-
il regolamento n. 2018/2067/Ue del 19
dicembre 2018, concernente la verifica dei dati e l'accreditamento dei
verificatori che ha sostituito 600/2012/Ue.
Le modalità con cui è effettuata la vendita all'asta delle
quote di emissioni dei gas a effetto serra a norma della direttiva 2003/87/Ce
sono definite nel regolamento 1031/2010/UE [4] che
prevede un sistema di aste armonizzato a livello europeo. L'obiettivo del
sistema è quello è garantire una maggiore trasparenza e semplicità nel sistema
di assegnazione delle quote e favorire maggiore efficienza nella formazione del
prezzo.
Il regolamento 1032/2010/Ue ha previsto la selezione
di una piattaforma d'asta comune europea (EEX — European Energy
Exchange, gestita attraverso il Joint Procurement Steering Committee),
sulla quale vengono messe all'asta le quote degli Stati membri che ne fanno
parte, mentre alcuni Stati Membri hanno optato per una propria piattaforma, cosiddetta
"opt out" (es. Germania, Regno Unito e Polonia). EEX è stata
selezionata come piattaforma d'asta dalla Germania, la scelta del Regno Unito è
ricaduta su ICE — InterContinental Exchange, mentre la Polonia deve
ancora ultimare la procedura di selezione e aderisce temporaneamente alla
piattaforma comune. È previsto anche un "sorvegliante unico d'asta"
che ha il compito di monitorare l'andamento delle aste su tutte le piattaforme
europee.
Possono partecipare direttamente alle aste sulle
diverse piattaforme i soggetti che siano legittimati a norma dell'articolo 15
del regolamento 1031/2010/Ue e ne facciano richiesta secondo le modalità di
ciascuna piattaforma.
Il decreto legislativo
n. 216 del 2006 reca Attuazione delle direttive 2003/87 e 2004/101/CE in
materia di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità,
con riferimento ai meccanismi di progetto del Protocollo di Kyoto.
Il Dlgs 216/2006 ha quindi recepito la
direttiva 2003/87/Ce nel nostro ordinamento ed è stato abrogato il 4 aprile
2013 dall’art. 43, comma 1, decreto legislativo 13 marzo 2013 n. 30, con
decorrenza 5 aprile 2013, ad eccezione dell’allegato A che è abrogato a partire
dal 1° maggio 2013.
Con riferimento alle autorizzazioni già
rilasciate nella vigenza del decreto legislativo n.216 del 2006, l’articolo 15,
comma 4 del decreto legislativo 30 del 2013 prevede che fatto salvo il caso di riesame,
restano valide le autorizzazioni ad emettere gas ad effetto serra rilasciate ai
sensi del decreto legislativo n. 216 del 2006 o ai sensi della deliberazione n.
22/2011.
Il decreto legislativo 13 marzo 2013, n.30,
reca Attuazione della direttiva 2009/29/CE che modifica la direttiva
2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo
scambio di quote di emissione di gas a effetto serra ed è stato adottato
per recepire le modifiche al sistema ed alla direttiva 2003/87, apportate con
la direttiva 2009/29/CE.
Il decreto abroga il decreto legislativo n.216
del 2006 (e le successive modifiche di cui al decreto legislativo
n. 51 del 2008 ed al decreto legislativo n. 257 del 2010).
Rif.: articoli 1, 2, 37, 38 e allegati 1 e 2
Il decreto legislativo n. 30 del 2013 si applica alle
emissioni di gas serra elencati nell'allegato II del decreto medesimo, vale a
dire:
Il decreto si applica alle emissioni prodotte da tutte le
categorie di attività elencate nell'allegato I dello stesso provvedimento, vale
a dire, in estrema sintesi, varie tipologie di impianti fissi di combustione e
voli aerei in partenza o in arrivo nell'Ue.
Al fine di valutare se l’impianto rientra nel campo di
applicazione della disciplina occorre considerare quanto segue:
-
gli impianti o le parti di impianti utilizzati
per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi e
gli impianti che utilizzano esclusivamente biomassa non rientrano nel
decreto;
-
i valori limite riportati nella tabella si
riferiscono alle capacità produttive. Qualora varie unità rientranti
nella medesima attività siano svolte in uno stesso impianto, si sommano le
capacità di tali unità;
-
in sede di calcolo della potenza termica
nominale totale di un impianto al fine di decidere in merito alla sua
inclusione nel campo di applicazione del decreto legislativo, si sommano le
potenze termiche nominali di tutte le unità tecniche che ne fanno parte e che
utilizzano combustibili all’interno dell’impianto.
Tali unità possono comprendere, in particolare, tutti i tipi
di caldaie, bruciatori, turbine, riscaldatori, altiforni, inceneritori, forni
vari, essiccatoi, motori, pile a combustibile, unità di «chemical looping
combustion», torce e dispositivi post-combustione termici o catalitici.
Le unità con una potenza termica nominale inferiore a 3
MW e le unità che utilizzano esclusivamente biomassa non sono prese in
considerazione ai fini del calcolo. Tra le «unità che utilizzano
esclusivamente biomassa» rientrano quelle che utilizzano combustibili fossili
solo in fase di avvio o di arresto.
Nel caso in cui l’impianto ricade nel campo di applicazione
del decreto legislativo anche le unità con una potenza termica nominale
inferiore ai 3 MW e le unità che utilizzano esclusivamente biomassa devono
essere oggetto di domanda o di aggiornamento dell’autorizzazione ad emettere
gas ad effetto serra e le loro emissioni monitorate
Se una unità serve per un'attività per la quale la soglia
non è espressa come potenza termica nominale totale, la soglia espressa come
capacità di produzione di tale attività è prioritaria per la decisione in
merito all'inclusione nel campo di applicazione del decreto.
Quando in un impianto si supera la soglia di capacità di
qualsiasi attività prevista, tutte le unità in cui sono utilizzati
combustibili, diverse dalle unità per l’incinerazione di rifiuti pericolosi o
domestici, sono incluse nell’autorizzazione ad emettere gas a effetto serra.
Sono esclusi dal campo di applicazione del decreto gli
impianti di incenerimento che trattano annualmente, per più del 50 per cento in
peso rispetto al totale dei rifiuti trattati, le seguenti tipologie di rifiuti:
a) rifiuti urbani;
b) rifiuti
pericolosi;
c) rifiuti speciali non pericolosi prodotti da impianti di
trattamento, alimentati annualmente con rifiuti urbani per una quota superiore
al 50 per cento in peso.
Al fine della verifica delle condizioni di esonero, i
gestori di impianti di incenerimento di potenza termica superiore a 20 MW devono
trasmettere una apposita comunicazione che va rinnovata, successivamente, ad
ogni rinnovo del provvedimento di Autorizzazione integrata ambientale
dell'impianto.
Elenco degli impianti che rientrano nel campo di
applicazione del decreto
(allegato I al decreto legislativo n.30 del 2013)
ATTIVITÀ
|
GAS SERRA
|
Combustione
di carburanti in impianti di potenza termica nominale totale superiore a 20
MW (tranne negli impianti per l’incenerimento di rifiuti pericolosi o urbani)
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Biossido
di carbonio
|
Raffinazione
di petrolio
|
Biossido
di carbonio
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Produzione
di coke
|
Biossido
di carbonio
|
Arrostimento
o sinterizzazione, compresa la pellettizzazione, di minerali metallici (tra
cui i minerali solforati)
|
Biossido
di carbonio
|
Produzione
di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa
colata continua di capacità superiore a 2,5 tonnellate all’ora
|
Biossido
di carbonio
|
Produzione
o trasformazione di metalli ferrosi (incluse le ferro-leghe), ove siano in
funzione unità di combustione di potenza termica nominale totale superiore a
20 MW. La trasformazione comprende, tra l’altro, laminatoi, riscaldatori,
forni di ricottura, impianti di forgiatura, fonderie, impianti di
rivestimento e impianti di decapaggio
|
Biossido
di carbonio
|
Produzione
di alluminio primario
|
Biossido
di carbonio e perfluorocarburi
|
Produzione
di alluminio secondario ove siano in funzione unità di combustione di potenza
termica nominale totale superiore a 20 MW
|
Biossido
di carbonio
|
Produzione
o trasformazione di metalli non ferrosi, compresa la fabbricazione di leghe,
l’affinazione, la formatura in fonderia, ecc., ove siano in funzione unità di
combustione di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW (tra cui i
combustibili utilizzati come agenti riducenti)
|
Biossido
di carbonio
|
Produzione
di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500
tonnellate al giorno oppure in altri tipi di forni aventi una capacità di
produzione di oltre 50 tonnellate al giorno
|
Biossido
di carbonio
|
Produzione
di calce viva o calcinazione di dolomite o magnesite in forni rotativi o
altri tipi di forni con capacità di produzione superiore a 50 tonnellate al
giorno
|
Biossido
di carbonio
|
Fabbricazione
del vetro, tra cui le fibre di vetro, con capacità di fusione superiore a 20
tonnellate al giorno
|
Biossido
di carbonio
|
Fabbricazione
di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni,
mattoni refrattari, piastrelle, gres, porcellane, con capacità di produzione
superiore a 75 tonnellate al giorno
|
Biossido
di carbonio
|
Fabbricazione
di materiale isolante in lana minerale a base di vetro, roccia o scorie con
capacità di fusione superiore a 20 tonnellate al giorno
|
Biossido
di carbonio
|
Essiccazione
o calcinazione del gesso o produzione di pannelli di cartongesso e altri
prodotti a base di gesso, ove siano in funzione unità di combustione di
potenza termica nominale totale superiore a 20 MW
|
Biossido
di carbonio
|
Fabbricazione
di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose
|
Biossido
di carbonio
|
Fabbricazione
di carta o cartoni con capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al
giorno
|
Biossido
di carbonio
|
Produzione
di nerofumo, compresa la carbonizzazione di sostanze organiche quali oli,
bitumi, residui del cracking e della distillazione, ove siano in funzione
unità di combustione di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW
|
Biossido
di carbonio
|
Produzione
di acido nitrico
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Biossido
di carbonio e protossido di azoto
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Produzione
di acido adipico
|
Biossido
di carbonio e protossido di azoto
|
Produzione
di gliossale e acido gliossilico
|
Biossido
di carbonio e protossido di azoto
|
Produzione
di ammoniaca
|
Biossido
di carbonio
|
Produzione
di prodotti chimici organici su larga scala mediante cracking, reforming,
ossidazione parziale o totale o processi simili, con una capacità di
produzione superiore a 100 tonnellate al giorno
|
Biossido
di carbonio
|
Produzione
di idrogeno (H2) e di gas di sintesi mediante reforming o mediante
ossidazione parziale, con una capacità di produzione superiore a 25
tonnellate al giorno
|
Biossido
di carbonio
|
Produzione
di carbonato di sodio (Na2CO3) e di bicarbonato di
sodio (NaHCO3)
|
Biossido
di carbonio
|
Cattura
dei gas a effetto serra provenienti da impianti disciplinati dalla presente
direttiva ai fini del trasporto e dello stoccaggio geologico in un sito di
stoccaggio autorizzato a norma della direttiva 2009/31/CE
|
Biossido
di carbonio
|
Trasporto
dei gas a effetto serra mediante condutture ai fini dello stoccaggio
geologico in un sito di stoccaggio autorizzato a norma della direttiva
2009/31/CE
|
Biossido
di carbonio
|
Stoccaggio
geologico dei gas a effetto serra in un sito di stoccaggio autorizzato a
norma della direttiva 2009/31/CE
|
Biossido
di carbonio
|
Trasporto
aereo
|
Biossido
di carbonio
|
Voli
in partenza da o in arrivo a un aerodromo situato nel territorio della Unione
europea, ad esclusione dei:
|
|
a)
i voli effettuati esclusivamente per trasportare, nell’ambito di un viaggio
ufficiale, il monarca regnante o i membri più prossimi della sua famiglia, i
capi di Stato, i capi di governo, i ministri del governo, di un Paese diverso
da uno Stato membro, a condizione che tale situazione sia comprovata da un
adeguato indicatore attestante tale status nel piano di volo;
|
|
b)
i voli militari effettuati da aeromobili militari e i voli delle autorità
doganali e di polizia;
|
|
c)
i voli effettuati a fini di ricerca e soccorso, i voli per attività
antincendio, i voli umanitari e i voli per servizi medici d’emergenza
autorizzati dall’autorità competente responsabile;
|
|
d)
i voli effettuati esclusivamente secondo le regole del volo a vista definite
nell’allegato 2 della convenzione di Chicago;
|
|
e)
i voli che terminano presso l’aerodromo dal quale l’aeromobile è decollato e
durante i quali non è stato effettuato alcun atterraggio intermedio;
|
|
f)
i voli di addestramento effettuati al solo fine di ottenere un brevetto o,
nel caso di un equipaggio di cabina, un’abilitazione (rating), qualora questa
situazione sia comprovata da una menzione inserita nel piano di volo, a
condizione che il volo non sia destinato al trasporto di passeggeri e/o merci
o al posizionamento o al trasferimento dell’aeromobile;
|
|
g)
i voli effettuati al solo fine della ricerca scientifica o verificare,
collaudare o certificare aeromobili o apparecchiature sia a bordo che a
terra;
|
|
h)
i voli effettuati da un aeromobile con una massa massima al decollo
certificata inferiore a 5.700 kg;
|
|
i)
voli effettuati nel quadro di obblighi di servizio pubblico imposti ai sensi
del regolamento (CEE) n. 1008/2008 su rotte all’interno di regioni
ultraperiferiche di cui all’articolo 299, paragrafo 2, del trattato, o su
rotte per le quali la capacità offerta non supera i 30.000 posti all’anno; e
|
|
l)
i voli che, se non fosse per questo, rientrerebbero in questa attività e sono
effettuati da un operatore di trasporto aereo commerciale che opera:
|
|
-
meno di 243 voli per periodo per tre periodi di quattro mesi consecutivi; o
|
|
-
voli con emissioni annue totali inferiori a 10.000 tonnellate l’anno.
|
|
I
voli effettuati esclusivamente per trasportare, nell’ambito di un viaggio
ufficiale, un monarca regnante o i membri più prossimi della sua famiglia, un
capo di Stato, i capi di governo, i ministri del governo di uno Stato membro
non possono essere esclusi a titolo del presente punto.
|
|
|
|
L’elenco indicato può subire variazioni sulla base delle
valutazioni del Comitato nazionale. In particolare, ai sensi dell’articolo 37
del decreto Il Comitato può applicare, su propria iniziativa o su richiesta di
uno o più gestori, lo scambio di quote di emissioni ad attività ed a gas a
effetto serra che non figurano all'allegato I, tenuto conto di tutti i criteri
pertinenti, in particolare le ripercussioni sul mercato interno, la potenziale
distorsione della concorrenza, l'integrità ambientale del sistema comunitario e
l'affidabilità del sistema di monitoraggio e di comunicazione previsto, purché
l'inclusione di tali attività e gas a effetto serra sia approvata dalla
Commissione europea.
Ai sensi dell’articolo 38 del decreto il Comitato nazionale
può deliberare l’esclusione di impianti di dimensioni ridotte
subordinata all'adozione di misure equivalenti.
In particolare, a richiesta dell'interessato il Comitato può
escludere dal sistema:
a) gli impianti che in ciascuno degli anni 2008,
2009, 2010 hanno comunicato al Comitato emissioni inferiori a 25.000 tonnellate
di CO2 equivalente;
b) gli impianti che, nel caso svolgano
l'attività di combustione di carburanti in impianti di potenza termica nominale
totale superiore a 20 MW di cui all'allegato I, hanno una potenza termica
nominale inferiore a 35 MW, escluse le emissioni da biomassa;
c) gli impianti termici asserviti a strutture
ospedaliere a determinate condizioni.
Gli impianti eventualmente esclusi che, sulla base della
comunicazione annuale delle emissioni, risulti che in uno degli anni del
periodo 2013-2020 emettano più di 25000 tCO2eq.rientrano nel sistema
e non possono essere oggetto di ulteriore esclusione.
Il gestore dell'impianto escluso ha comunque l'obbligo di:
-
monitorare le emissioni rilasciate;
-
comunicare al Comitato le eventuali modifiche
dell'identità del gestore ed alla natura o al funzionamento dell'impianto;
-
comunicare al Comitato ampliamenti o riduzioni
di capacità superiori al 20 per cento della capacità produttiva al fine di
permettere allo stesso Comitato la revisione della quantità di emissione che
possono essere emesse a titolo gratuito.
Rif.: articolo 4
L'articolo 4 del decreto legislativo istituisce il "Comitato
nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e per il supporto nella
gestione delle attività di progetto del Protocollo di Kyoto” che svolge la
funzione di autorità nazionale competente ed è composto da un Consiglio
direttivo (organo deliberante) e da una Segreteria tecnica. Il Consiglio
direttivo è composto di base da nove membri nominati per 4 anni (otto di nomina
ministeriale e uno, con funzione consultiva, nominato dalla Conferenza
Stato-Regioni), mentre la Segreteria tecnica è composta da 22 membri "di
elevata qualifica professionale, con comprovata esperienza in materia
ambientale e nei settori interessati dal presente decreto". Quando si
discute di trasporti aerei, il Consiglio viene integrato da altri 3 membri (due
devono appartenere all'Enac, Ente nazionale per l'aviazione civile)
Il Comitato ha sede presso il Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare che ne assicura l'adeguato supporto
logistico e organizzativo.
Il Comitato ha il compito, tra l’altro, di:
-
determinare l'elenco degli impianti che ricadono
nel campo di applicazione del decreto e le quote preliminari eventualmente
assegnate a titolo gratuito e notificare alla Commissione queste informazioni;
-
deliberare l'assegnazione finale a ciascuno
degli impianti ricompresi nell'elenco;
-
determinare l'assegnazione di quote agli
impianti nuovi entranti;
-
rilasciare, riesaminare, revocare o aggiornare
le autorizzazioni ad emettere gas a effetto serra;
-
rilasciare annualmente una parte delle quote
assegnate a titolo gratuito;
-
adottare eventuali disposizioni interpretative
in materia di monitoraggio delle emissioni;
-
definire i contenuti e le modalità per l'invio
delle informazioni e delle comunicazioni;
-
definire i contenuti e le modalità per l'invio
della domanda di assegnazione di quote a titolo gratuito da parte dei gestori
degli impianti nuovi entranti, valutare l'eleggibilità della richiesta,
determinare il quantitativo annuo preliminare di quote e comunicare il medesimo
alla Commissione europea;
-
avanzare richiesta, presso la Commissione
europea, di integrazione dell'elenco dei settori o dei sottosettori esposti ad
un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio;
-
valutare le richieste di rilascio di quote o di
crediti per progetti che riducono le emissioni di gas ad effetto serra sul
territorio nazionale;
-
adottare i provvedimenti necessari per
assicurare la cancellazione delle quote;
-
applicare il presente decreto ad attività e a
gas a effetto serra che non figurano all'allegato 1 e dare attuazione alle
disposizioni per l'esclusione di impianti di dimensioni ridotte.
Il Comitato, inoltre, ha funzioni di proposta al Ministero
dell'ambiente per azioni da svolgere a livello internazionale, tra cui:
-
promuovere le attività progettuali legate ai
meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto;
-
favorire la diffusione dell'informazione, la promozione
e l'orientamento con riferimento al settore privato e pubblico a livello
nazionale;
-
valorizzare e rafforzare, attraverso la rete
diplomatica italiana, i canali informativi ed operativi per fornire adeguati
punti di riferimento al sistema industriale ed imprenditoriale italiano;
-
valorizzare e rafforzare le attività pianificate
e le risorse allocate per lo sviluppo di programmi di cooperazione bilaterale
in attuazione di accordi intergovernativi legati ai meccanismi di progetto del
Protocollo di Kyoto;
-
fornire il supporto tecnico ai Paesi destinatari
delle attività progettuali per lo svolgimento di attività di formazione, per
l'assistenza nella creazione delle necessarie istituzioni competenti, per la
messa a punto di procedure decisionali per l'approvazione dei progetti, per la
semplificazione dei percorsi amministrativi autorizzatori e per ogni altra
necessaria attività funzionale alla facilitazione dei progetti JI e CDM;
-
supportare le aziende italiane nella
preparazione di progetti specifici corrispondenti alle priorità di sviluppo
sostenibile del Paese destinatario;
-
valorizzare il potenziale dei vari settori
tecnologico industriali italiani nello sviluppo di progetti internazionali per
la riduzione delle emissioni.
Rif.: Capo IV - articoli 12-27
Impianti
fissi
Il Capo IV del decreto legislativo n. 30 del 2013 disciplina
le autorizzazioni ad emettere gas ad effetto serra e l'assegnazione ed il
rilascio di quote per le attività elencate all'allegato I diverse dalle
attività di trasporto aereo.
La regola è che il gestore di un impianto che esercita le
attività elencate nell'allegato I che comportino emissioni di gas ad effetto
serra specificati nel medesimo allegato non può esercitare l’attività senza l'autorizzazione
ad emettere gas ad effetto serra rilasciata dal Comitato nazionale.
Ad eccezione degli impianti già autorizzati (ai sensi del
Dlgs 216 del 2006 e della deliberazione 22/2011), la domanda (comprensiva
del Piano di monitoraggio predisposto in conformità alle disposizioni sul
monitoraggio e sulla comunicazione delle emissioni) va presentata almeno 90
giorni prima della data di entrata in esercizio dell'impianto.
Il Comitato ne verifica la completezza e correttezza e
rilascia l'autorizzazione, entro 45 giorni dal ricevimento della domanda
(termine sospendibile sine die nel caso di richiesta di ulteriori
informazioni da parte del Comitato), dopo aver accertato che il gestore è in
grado di monitorare e comunicare le emissioni.
Tra le varie prescrizioni, l’autorizzazione prevede l’obbligo
di restituire quote di emissioni, diverse dalle quote rilasciate a norma del Capo
III, pari alle emissioni complessivamente rilasciate dall'impianto durante
ciascun anno civile, entro il 30 aprile dell'anno successivo.
Il Comitato deve riesaminare l'autorizzazione almeno ogni 5
anni, apportando le modifiche opportune.
Nel caso di modifiche dell'identità del gestore o della
natura o del funzionamento dell'impianto, il gestore deve informare il
Comitato almeno 90 giorni prima della data in cui la modifica ha effetto. Se
del caso, il Comitato procede all'aggiornamento dell'autorizzazione entro 45
giorni (anche questo termine si può sospendere per ulteriori informazioni).
Nel caso di modifiche al sistema di monitoraggio il
gestore deve presentare la proposta di aggiornamento del Piano di monitoraggio,
che può essere approvata dal Comitato senza modificare l'autorizzazione.
Nel caso di cessazione di attività, l'autorizzazione
è revocata.
La cessazione dell'attività e la riduzione sostanziale della
capacità deve essere comunicata entro 10 giorni dall'avvenuta cessazione e,
comunque, non oltre il 31 dicembre dell'anno in cui è avvenuta.
Ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo n.30 del
2013, si considera che un impianto abbia cessato le sue attività quando:
a) l'autorizzazione ambientale integrata è
revocata e l'impianto è chiuso;
b) l'esercizio delle attività è tecnicamente
impossibile;
c) l'impianto non esercita le attività in via
definitiva;
d) l'impianto interrompe le attività per un
periodo superiore a 6 mesi, ad eccezione degli impianti che funzionano in base
ad un calendario stagionale, quando il gestore è titolare di un'autorizzazione
ad emettere gas a effetto serra e di tutte le altre autorizzazioni necessarie, è
tecnicamente possibile riprendere le attività senza apportare modifiche fisiche
all'impianto e l'impianto è oggetto di una manutenzione periodica.
Deve essere comunicata entro la fine dell'anno anche l’eventuale
cessazione parziale di attività che si verifica quando uno dei
sottoimpianti, che contribuisce almeno per il 30 per cento o con l'assegnazione
di oltre 50mila quote di emissioni al quantitativo annuo finale di quote di
emissioni assegnate a titolo gratuito all'impianto, riduce il suo livello di
attività in un determinato anno civile di almeno il 50 per cento rispetto al
livello di attività iniziale.
Il decreto prevede anche un obbligo di comunicazione a
carico del gestore per l’ipotesi della riduzione sostanziale di capacità (cfr.
articolo 26 decreto legislativo n.30 del 2013), che si verifica nel caso di una
o più modifiche fisiche che determinano una riduzione sostanziale della
capacità installata iniziale di un sottoimpianto e del suo livello di attività
la cui entità comporta:
a) una riduzione di almeno il 10 per cento
rispetto alla capacità installata iniziale del sottoimpianto prima della
modifica;
b) una riduzione del livello di attività che porta
ad una riduzione di assegnazione al sottoimpianto di oltre 50.000 quote di
emissioni l'anno, che rappresentano almeno il 5 per cento del numero annuo
preliminare di quote di emissioni assegnate a titolo gratuito per questo
sottoimpianto prima delle modifiche.
Assegnazione di quote
L'assegnazione delle quote può avvenire a titolo oneroso
o a titolo gratuito.
Con riferimento all’assegnazione a titolo oneroso,
l’articolo 19 del decreto disciplina la messa all'asta delle quote che,
allo stato, è regolamentata dal Regolamento n.1031/2010/Ue.
I produttori di energia elettrica e gli impianti che si
occupano di cattura, trasporto e stoccaggio di CO2 (CCS), quindi,
devono approvvigionarsi sul mercato delle quote necessarie per coprire il
proprio fabbisogno di emissioni. Manifattura ed aviazione ricevono parte delle
quote a titolo gratuito e ricorrono alle aste per la parte rimanente. I
soggetti finanziari invece (banche, società di investimento e intermediari
finanziari) partecipano alle aste contribuendo ad aumentare la liquidità del
mercato primario e secondario.
In tale ambito, il GSE svolge il ruolo di responsabile per
il collocamento e pone in essere tutte le attività necessarie.
I proventi delle aste sono versati al GSE in un apposito
conto corrente dedicato "Trans-European Automated Real-time Gross Settlement
Express Transfer System" ("TARGET2"). Il GSE trasferisce i
proventi delle aste ed i relativi interessi maturati su un apposito conto
acceso presso la Tesoreria dello Stato. I proventi sono successivamente versati
all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati ad appositi
capitoli per spese di investimento, con vincolo di destinazione in quanto
derivante da obblighi comunitari.
Le aste si svolgono su piattaforme individuate tramite gara
d'appalto e gestite nelle modalità previste dal Regolamento 1031/2010
(Regolamento Aste).
Secondo quanto riportato sul sito del GSE, le piattaforme
operative sono tre:
1. CAP2: una piattaforma
centralizzata a livello europeo che raccoglie le quote di proprietà di 25 Stati
membri, inclusa l'Italia. Una volta completate le procedure di adesione, la
CAP2 accoglierà anche le quote di Islanda, Norvegia e Liechtenstein. Pur
utilizzando la CAP2, la Polonia si avvale di una sessione d'asta separata in
attesa di individuare una piattaforma nazionale al pari di Germania e Regno
Unito.
2. EEX-DE: la piattaforma
definitiva tedesca che collocale le quote della Germania.
3. ICE UK: la piattaforma
definitiva britannica che colloca le quote del Regno Unito.
I soggetti obbligati all'EU ETS, siano essi impianti fissi o
operatori aerei, possono approvvigionarsi di quote su tutte le piattaforme a
prescindere della propria nazionalità.
Con riferimento all’assegnazione a titolo gratuito,
l’articolo 20 del decreto n.30 del 2013 ne disciplina i criteri prevedendo che
il Comitato determina il quantitativo annuo di quote da assegnare a titolo
gratuito ai gestori eleggibili conformemente alle misure comunitarie per
l'assegnazione.
In particolare, le quote a titolo gratuito:
a) non sono assegnate per la produzione
di elettricità, fatta eccezione per l'elettricità prodotta dai gas residui;
b) non sono assegnate agli impianti
deputati alla cattura di CO2, alle condutture per il trasporto di CO2
o ai siti di stoccaggio di CO2;
c) sono assegnate al teleriscaldamento e
per la generazione di energia per il riscaldamento o il raffreddamento da
cogenerazione, in conformità con le misure comunitarie per l'assegnazione;
d) non sono assegnate agli impianti la
cui autorizzazione è stata revocata successivamente all'invio alla Commissione del
relativo elenco (articolo 21, comma 1) e prima dell'adozione dell'assegnazione (articolo
21, comma 1);
e) non sono assegnate agli impianti per i
quali la Commissione respinge l'iscrizione nell'elenco di cui all'articolo 21,
comma 1.
Le quote rilasciate a titolo gratuito possono essere riviste
in caso di cessazione parziale di attività o quando un impianto è stato oggetto
di una riduzione sostanziale della capacità.
Fatti salvi i casi in cui la Commissione europea abbia
respinto l'iscrizione di un impianto nell'elenco, o in cui l’'impianto abbia
cessato l'attività o l'abbia interrotta temporaneamente per un termine non
superiore ai sei mesi, il Comitato rilascia le quote assegnate ai gestori entro
il 28 febbraio di ogni anno.
Sono poi previste misure possibili a favore dei settori o
sottosettori esposti ad un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni
di carbonio (cd. "carbon leakage"):
-
il Comitato può avanzare richiesta alla
Commissione Ue per integrare l'elenco dei settori o dei sottosettori in
questione (elenco attualmente stabilito a livello europeo dalla decisione
2014/746/Ue). La richiesta è corredata da una relazione analitica volta a
dimostrare che il settore o il sottosettore in questione soddisfa i criteri di
cui all'articolo 10-bis, paragrafi da 14 a 17, della direttiva 2003/87/CE
-
il Ministero dello sviluppo economico ha
istituito un “Fondo per la transizione energetica nel settore industriale”
per sostenere la transizione energetica di settori o di sottosettori
considerati esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di
carbonio a causa dei costi connessi alle emissioni di gas a effetto serra
trasferiti sui prezzi dell'energia elettrica, dando priorità a interventi di
riconversione sostenibili, caratterizzati da processi di decarbonizzazione che
escludono l'utilizzo di ulteriori combustibili fossili diversi dal carbone (la
norma è stata così modificata da art. 13, comma 2, D.L. 3 settembre 2019, n.
101).
Rif.: Capo V - articoli 28-38
Il Capo V del decreto legislativo n. 30 del 2013 contiene
disposizioni "comuni" ai due grandi settori di riferimento dell'Eu
Ets: le emissioni degli impianti fissi e quelle degli operatori aerei (entrate
nell'Emission trading a seguito della decisione 2008/101/Ce).
Registro
nazionale delle emissioni e delle quote di emissioni
Il decreto dispone un obbligo di iscrizione al Registro a
carico:
a) del gestore di un impianto e dell'operatore
aereo amministrato dall'Italia che esercita le attività soggette al regime ETS;
b) di qualsiasi persona che
intenda trasferire, restituire o cancellare quote.
L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale (Ispra) svolge funzioni di amministratore della sezione italiana del
Registro dell'Unione, nonché le funzioni di amministratore del Registro
nazionale per la contabilizzazione delle quote rilasciate, possedute,
trasferite, restituite e cancellate.
Il Registro dell'Unione è accessibile al pubblico. Qualsiasi persona può possedere quote di
emissioni. Il Registro dell'Unione contiene separata contabilità delle quote di
emissioni possedute da ciascuna persona. Nei casi in cui una stessa persona
rivesta il ruolo di gestore di più impianti o di più operatori aerei amministrati
dall'Italia, il Registro dell'Unione contiene una contabilità separata per
ciascun impianto o per ciascun operatore aereo amministrato dall'Italia.
Assegnazione
delle quote
Una novità importante del decreto legislativo n.30 del 2013
è rappresentata dall'articolo 31 ("Norme armonizzate applicabili ai
progetti di riduzione delle emissioni"), che autorizza il Comitato a
rilasciare quote o crediti per determinati progetti di riduzione delle
emissioni sul territorio nazionale che non sono disciplinati dall'Emission
trading.
La norma concede al Comitato 90 giorni di tempo, a partire
dalla presentazione della richiesta da parte dei soggetti interessati, per
verificare la conformità della stessa alle misure stabilite dalla Commissione
in materia, ed esprimersi sul rilascio delle quote o crediti.
Trasferimento, restituzione e cancellazione di quote di emissioni
(Rif. articoli 32 e 33)
Le quote di emissioni possono essere trasferite:
a) tra persone all'interno della Unione europea;
b) tra persone all'interno della Unione europea
e persone nei Paesi terzi, quando tali quote di emissioni sono riconosciute nel
rispetto delle procedure adottate in conformità alla direttiva.
Il trasferimento delle quote è libero (e sono utilizzabili
anche le quote rilasciate da altri Stati membri), a condizione che l'operazione
venga annotata nel registro in conformità alle seguenti procedure:
-
per il gestore: entro il 30 aprile di ogni anno restituisce
un numero di quote di emissioni, diverse dalle quote rilasciate gratuitamente
agli operatori aerei, pari alle emissioni totali di tale impianto nel corso
dell'anno civile precedente, come verificate conformemente alle disposizioni
sulle verifiche. Il Comitato dispone che tali quote siano successivamente
cancellate.
-
per il Comitato: entro il 30 aprile di ogni anno
accerta che ciascun operatore aereo restituisca un numero di quote
corrispondente alle emissioni complessive prodotte nell'anno civile precedente
dalle attività di trasporto aereo elencate all'allegato I per le quali
l'operatore in questione è l'operatore aereo, come verificate conformemente
alle disposizioni sulle verifiche, e che tali quote siano successivamente
cancellate.
L'obbligo di restituzione non sussiste per le emissioni di
cui sono stati verificati la cattura e il trasporto ai fini dello stoccaggio
permanente presso un impianto autorizzato ai sensi del Dlgs 162/2011 (Attuazione
della direttiva 2009/31/Ce in materia di stoccaggio geologico del biossido di
carbonio).
Le quote rilasciate nel periodo 2008-2012 sono valide per le
emissioni prodotte nel medesimo periodo e a tal fine entro il prossimo 30
aprile il Comitato dovrà disporre la cancellazione delle quote non più valide e
che sono state restituite o cancellate.
Le quote rilasciate a partire dal 1° gennaio 2013 sono
valide per le emissioni prodotte durante un periodo di otto anni, e quindi fino
al 2020, dopodiché saranno anch'esse cancellate entro la fine di aprile del
2020. A partire dal 2013, il Comitato rilascia quote di emissioni valide alle
persone le cui quote siano state cancellate, in sostituzione di queste ultime.
I gestori degli impianti e gli operatori aerei hanno
l’obbligo di monitorare le emissioni rilasciate durante ciascun anno civile
secondo quanto stabilito dalle disposizioni sul monitoraggio e sulla
comunicazione delle emissioni e conformemente al Piano di monitoraggio
approvato dal Comitato (a livello Ue, si veda da ultimo il regolamento
601/2012/Ue che sarà sostituito dal regolamento 18 dicembre 2018, n.
2018/2066/Ue a decorrere dal 1° gennaio 2021).
Il gestore dell’impianto ha l’obbligo di inviare la
dichiarazione sulle emissioni dell'impianto relative all’anno solare precedente
entro il 3 1marzo di ogni anno. In caso
di mancata comunicazione e iscrizione, di comunicazione incompleta, ovvero
qualora il Comitato accerti che le emissioni comunicate non sono state
monitorate conformemente alle disposizioni sul monitoraggio e sulla
comunicazione delle emissioni, lo stesso Comitato procede ad effettuare una
stima conservativa delle emissioni entro il 15 aprile di ciascun anno e il
gestore o l'operatore aereo amministrato dall'Italia adempie all'obbligo di
restituzione sulla base di tale stima conservativa.
Nel 1° periodo di riferimento (2005-2008),
i gestori degli impianti hanno potuto utilizzare liberamente le Cer mediante
uno scambio alla pari (una Cer/una quota di emissioni).
A partire dal 2008, gli stessi gestori stessi
hanno potuto utilizzare sia le Cer, sia le Eru (unità di riduzione delle
emissioni) fino a una percentuale della quota di emissioni assegnata ad ogni
impianto nel Pna; lo scambio rimane alla pari.
A partire dalla fase 3 le CER (riduzioni
certificate delle emissioni) e le ERU (unità di riduzione delle emissioni) non
costituiscono più unità utilizzabili per conformarsi agli obblighi nell'ambito
dell'ETS e devono essere scambiate con quote UE. I gestori devono chiedere di
scambiare le CER e le ERU con quote di emissione fino al limite dei loro
diritti individuali indicato nel registro.
I crediti rilasciati a seguito di riduzioni
delle emissioni nel primo periodo d'impegno del Protocollo di Kyoto (2008-2012)
dovevano essere scambiati con quote di emissione entro il 31 marzo 2015.
Ai fini dell'adempimento dell'obbligo di
restituzione per il periodo 2013-2020 i gestori degli impianti esistenti, degli
impianti nuovi entranti e gli operatori aerei amministrati dall'Italia possono
utilizzare crediti, Cer ed Eru che rispettano i criteri qualitativi sanciti
dall'articolo 11-bis della direttiva 2003/87/Ce (paragrafi 2-4), fino alla
quantità stabilita con delibera del Comitato e sulla base di quanto stabilito
dal citato articolo 11-bis e, in particolare, dalle misure adottate dalla
Commissione europea ai sensi dello stesso.
Attività di attuazione congiunta e attività di meccanismo
pulito
(fonte ISPRA)
I crediti internazionali sono strumenti finanziari che
rappresentano dei certificati negoziabili, ovvero dei titoli equivalenti ad una
tonnellata di CO2 rimossa o ridotta dall'atmosfera a seguito
della realizzazione di un progetto nazionale o internazionale di tutela
ambientale con l’obiettivo di ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra.
I crediti di emissione sono uno strumento istituito per
consentire ai governi e alle aziende di raggiungere i loro obiettivi di
riduzione dei gas a effetto serra nel modo più flessibile ed economicamente
efficace.
L'accordo di Parigi ha istituito un nuovo meccanismo di
mercato per sostituire il CDM e la JI dopo il 2020.
Attualmente i crediti internazionali sono generati
attraverso due meccanismi istituiti dal Protocollo di Kyoto:
-
Clean Development Mechanism
Il Clean Development
Mechanism (CDM), disciplinato dall’art. 12 del Protocollo di Kyoto, permette
alle imprese dei Paesi industrializzati con vincoli di emissione (elencati
nell’Allegato I della Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti
Climatici) di investire in progetti che riducono le emissioni nei paesi in via
di sviluppo in alternativa a riduzioni più costose delle emissioni nei loro Paesi.
Il meccanismo di sviluppo pulito (CDM) prevede la creazione di riduzioni delle
emissioni certificate (CER).
-
Joint Implementation (JI)
Il meccanismo di Joint Implementation (JI) è
disciplinato dall’art. 6 del Protocollo di Kyoto.
Il meccanismo di JI permette alle imprese dei Paesi industrializzati con
vincoli di emissione (elencati nell’Allegato I della Convenzione delle Nazioni
Unite sui Cambiamenti Climatici) di ottemperare in parte all’obbligo di
riduzione delle emissioni di gas a effetto serra finanziando progetti che
riducono tali emissioni in altri Paesi industrializzati.
Lo scopo del meccanismo di JI è di ridurre il costo
complessivo derivante dall’adempimento degli obblighi di Kyoto permettendo
l'abbattimento delle emissioni laddove è economicamente più conveniente.
L'implementazione congiunta (JI) prevede la creazione di unità di riduzione
delle emissioni (ERU).
Le norme per la determinazione dei diritti dei singoli
operatori e degli operatori aerei fino al 2020 sono stabilite nel Regolamento
(UE) n. 1123/2013.
Uso di crediti internazionali nella 3^ Fase
I partecipanti al sistema di scambio di quote di emissioni
dell'UE (EU ETS) possono utilizzare i crediti internazionali di CDM e JI per
adempiere a una parte dei loro obblighi ai sensi dell'EU ETS fino al 2020, nel
rispetto di alcune condizioni qualitative e quantitative.
I crediti non devono essere generati da progetti:
-
nel settore dell’energia nucleare;
-
relativi ad attività di afforestazione o
riforestazione (LULUCF);
-
che comportano la distruzione di gas industriali
(HFC-23 e N2O).
I crediti derivanti da progetti idroelettrici che superano i
20 MW di capacità installata possono essere accettati solo a determinate
condizioni.
Inoltre, è vietato l'uso di nuovi crediti/CER per progetti
dopo il 2012, a meno che il progetto non sia registrato in uno dei paesi meno
sviluppati (LDC).
Le restrizioni qualitative sono monitorate e controllate
attraverso l'introduzione di controlli automatici nel Registro dell'Unione,
sulla base delle informazioni relative all'ID del progetto e all'identificatore
del periodo di impegno dei crediti internazionali pertinenti.
I limiti massimi di crediti internazionali ammissibili che
gli operatori possono utilizzare nell'ambito dell'EU ETS per ottemperare agli
obblighi di conformità nella fase 3, sono stabiliti dal Regolamento (UE) n.
1123/2013 della Commissione. In linea generale, il quantitativo di crediti
ammissibili che è possibile scambiare con quote Fase 3 è calcolato sulla base
del residuo del limite di restituzione concesso a ciascun impianto nella Fase 2
o, per gli impianti nuovi entranti e per gli operatori aerei, come percentuale
del quantitativo emesso.
Il quantitativo di crediti che ciascun operatore può
utilizzare è visualizzabile all’interno del Registro nella tabella presente
nella sezione Depositi sotto la voce Diritto residuo.
Un progetto in un LDC (incluso nell'elenco LDC delle Nazioni
Unite) può continuare a generare crediti fino al 2020 quando il progetto è
registrato dal Consiglio Direttivo del CDM, qualunque cosa accada all'elenco
LDC delle Nazioni Unite.
Uso di crediti internazionali nella 4^ Fase
L'UE ha un obiettivo di riduzione delle emissioni nazionali
e al momento non prevede di continuare ad utilizzare crediti internazionali
dopo il 2020.
Tuttavia, è importante che l'accordo di Parigi stabilisca
disposizioni sull'uso dei mercati per fornire un quadro chiaro e solido per
collegare i mercati del carbonio in futuro.
L'articolo 6 dell'Accordo prevede:
-
norme
contabili che impongono alle parti di applicare una contabilità rigorosa agli
approcci che ricorrono all'utilizzo dei "risultati della mitigazione
trasferiti a livello internazionale" per raggiungere i loro contributi
determinati a livello nazionale. Tali norme devono consentire di collegare i
diversi regimi pur garantendo l'integrità degli impegni.
-
un
meccanismo di mitigazione che sostituisca quelli esistenti (come CDM e JI) e
fornisca una certificazione delle riduzioni delle emissioni da utilizzare per
rispettare gli impegni stabiliti a livello nazionale. Ciò potrebbe agevolare la
partecipazione ai mercati internazionali della CO2 definiti sulla
base di un contributo alla mitigazione definito.
Tali disposizioni nei prossimi anni dovranno
essere implementate mediante apposite decisioni di attuazione.
In tale contesto, l’articolo 30 del decreto
legislativo n.30 del 2013 assegna al Ministero dell’ambiente una serie di
compiti al fine di garantire che:
-
le condizioni di riferimento per le
attività di progetto, definite da decisioni successive adottate a norma della
convenzione UNFCCC o del Protocollo di Kyoto, che vengono effettuate in Paesi
che abbiano firmato un Trattato di adesione con l'Unione europea, siano
pienamente conformi all'acquis comunitario;
-
non siano rilasciate ERUs per le riduzioni
o per le limitazioni delle emissioni di gas a effetto serra ottenute nelle
attività rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo nel caso
in cui sul territorio nazionale siano ospitate attività di attuazione congiunta;
-
la partecipazione ad attività di attuazione
congiunta e ad attività di meccanismo pulito autorizzata ad entità private o
pubbliche sia coerente con le relative linee guida, modalità e procedure
adottate a norma della convenzione UNFCCC e del Protocollo di Kyoto;
-
sia assicurato il rispetto dei criteri e
delle linee guida internazionali applicabili o delle disposizioni comunitarie
se adottate, nel caso di attività di attuazione congiunta e di attività di
meccanismo pulito per la produzione di energia idroelettrica con capacità di
generazione superiore ai 20 MW.
Sanzioni
Le
sanzioni peer la violazione delle disposizioni del decreto legislativo n.30 del
2013 sono irrogate dal Comitato ed al procedimento si applicano per quanto
compatibili le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
Nel
decreto sono previste le seguenti sanzioni (salvo che il fatto costituisca
reato):
CONDOTTA
|
SANZIONE
|
Esercizio di un'attività
elencata all'allegato I senza l'autorizzazione di cui all'articolo 13
|
sanzione amministrativa
pecuniaria da 25.000 euro a 250.000 euro aumentata:
- di 100 euro per ciascuna
tonnellata di biossido di carbonio equivalente emessa in mancanza di
autorizzazione;
- di un ammontare
corrispondente al costo di acquisto e di trasferimento sul Registro
dell'Unione, di una quantità di quote di emissione pari:
a) alla differenza tra le emissioni rilasciate
in atmosfera in assenza di autorizzazione e la quantità di quote che sarebbe
stata assegnata a titolo gratuito, nel caso in cui il gestore abbia
beneficiato di assegnazione di quote a titolo gratuito;
b) alle emissioni rilasciate in atmosfera in
assenza di autorizzazione, nel caso in cui il gestore non abbia beneficiato
di assegnazione di quote a titolo gratuito
|
mancata
presentazione delle comunicazione
entro il 31 marzo (art.34) o dichiarazioni false o incomplete da parte del gestore
dell'impianto munito di autorizzazione alle emissioni di gas ad effetto serra
o dell'operatore aereo amministrato dall'Italia
|
sanzione amministrativa
pecuniaria da 2.500 euro a 50.000 euro
|
Mancata
restituzione delle quote di emissione
entro il 30 aprile di ogni anno nella quantità di cui alla comunicazione o
alla stima conservativa da parte del gestore dell'impianto munito di
autorizzazione alle emissioni di gas ad effetto serra o dell'operatore aereo
amministrato dall'Italia
|
sanzione amministrativa
pecuniaria, per ogni quota non restituita di 100 euro.
All'accertamento della
violazione consegue, in ogni caso, l'obbligo per il gestore di restituire
quote di emissioni, non più tardi del 30 aprile dell'anno successivo, nella
quantità di cui alla comunicazione o alla stima conservativa.
Il Comitato rende pubblico
il nome del gestore che ha violato l'obbligo di restituzione.
|
Mancato
rilascio informazioni e comunicazioni
ai sensi degli articoli 16, 24, comma 3, 25 e 26 da parte del gestore
dell'impianto munito di autorizzazione alle emissioni di gas ad effetto serra
|
sanzione amministrativa
pecuniaria da 10.000 euro a 100.000 euro aumentata, per ciascuna quota
indebitamente rilasciata, di una somma pari a tre volte il valore medio della
quota di biossido di carbonio nel quadrimestre da gennaio ad aprile dell'anno
in corso fino ad un massimo di 100 euro per ciascuna quota. All'accertamento
della violazione consegue, in ogni caso, l'obbligo per il gestore di
trasferire nel conto unionale una quantità di quote di emissione pari alle
quote indebitamente rilasciate.
Resta ferma la sanzione
prevista per la mancata ottemperanza dell'obbligo di restituzione delle quote
|
Mancata
presentazione del piano di monitoraggio da parte dell'operatore aereo amministrato dall'Italia entro i
termini di cui all'articolo 10, comma 1:
|
sanzione amministrativa pecuniaria
da 25.000 euro a 250.000 euro aumentata, per ciascuna tonnellata di biossido
di carbonio equivalente emessa e non monitorata, di 100 euro, nonché di un
ammontare corrispondente al costo di acquisto e di trasferimento sul Registro
dell'Unione, di una ulteriore quantità di quote di emissione.
|
Emissione e mancato
monitoraggio quote di biossido di carbonio, in conseguenza di omissioni o
false informazioni
|
stessa sanzione prevista
per il mancato rilascio delle quote (sanzione amministrativa pecuniaria, per
ogni quota non restituita di 100 euro)
|
Rilascio di informazioni
delle misure comunitarie per l'assegnazione false o non veritiere da parte
del gestore dell'impianto
|
sanzione amministrativa
pecuniaria da 10.000 euro a 100.000 euro aumentata, per ciascuna quota
indebitamente rilasciata, di una somma pari a tre volte il valore medio della
quota di biossido di carbonio nel quadrimestre da gennaio ad aprile dell'anno
in corso fino ad un massimo di 100 euro per ciascuna quota.
All'accertamento della violazione
consegue, in ogni caso, l'obbligo per il gestore di trasferire nel conto
unionale una quantità di quote di emissione pari alle quote indebitamente
rilasciate.
Resta ferma la sanzione per
la mancata ottemperanza dell'obbligo di restituzione delle quote.
|
informazioni delle misure
comunitarie per l'assegnazione, incongruenti
|
sanzione amministrativa
pecuniaria da 10.000 euro a 100.000 euro aumentata, per ciascuna quota
indebitamente rilasciata, di una somma pari a tre volte il valore medio della
quota di biossido di carbonio nel quadrimestre da gennaio ad aprile dell'anno
in corso fino ad un massimo di 100 euro per ciascuna quota.
All'accertamento della
violazione consegue, in ogni caso, l'obbligo per il gestore di trasferire nel
conto unionale una quantità di quote di emissione pari alle quote
indebitamente rilasciate. Resta ferma la sanzione di cui al comma 6 in caso
di mancata ottemperanza dell'obbligo di restituzione delle quote.
|
violazione
dell'articolo 38, comma 4, con
riferimento alla quantità di emissioni emesse da impianti esclusi
|
sanzione amministrativa
pecuniaria da 1000 euro a 5000 euro, aumentata di 20 euro per ciascuna
tonnellata di biossido di carbonio emessa in eccesso, ciascun anno, rispetto
a quelle determinate con la metodologia, approvata dalla Commissione europea,
All'accertamento della
violazione consegue, in ogni caso, l'obbligo di corrispondere il pagamento o
la restituzione in EUA delle tonnellate di biossido emesse in eccesso.
|
A carico del gestore
dell'impianto di ridotte dimensioni:
Mancato
invio del Piano di monitoraggio entro
30 giorni dalla formale richiesta del Comitato
mancata
comunicazione al Comitato del Piano di monitoraggio
aggiornato entro 30 giorni dal verificarsi di modifiche dell'identità del
gestore, ampliamenti o riduzioni della capacità produttiva dell'impianto
superiori al 20 per cento, modifiche alla natura e al funzionamento
dell'impianto nonché modifiche significative al sistema di monitoraggio;
Mancato invio della
comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 30 aprile
|
sanzione pecuniaria da 1000
euro a 5000 euro
|
Rilascio di attestati di verifica per informazioni
risultate false o non veritiere o non congruenti da parte del verificatore
|
sanzione amministrativa
pecuniaria da 20 euro a 40 euro per ogni tonnellata effettivamente emessa
dall'impianto in eccesso alle emissioni dichiarate e verificate.
L'organismo di
accreditamento nazionale applicherà, nel rispetto dei propri regolamenti e delle
linee guida internazionali pertinenti, adeguate sanzioni, inclusa, nei casi
di particolare gravità, la revoca
|
Con ordinanza 24 luglio 2019, n. 9951, il T.a.r. per il
Lazio, sezione II-bis ha sottoposto alla Corte di giustizia UE la
normativa interna in tema di emissioni di gas serra al fine di accertare se le
emissioni rilasciate dal cogeneratore di uno stabilimento di produzione di
energia elettrica volta al soddisfacimento del proprio fabbisogno, debbano
essere sottratte dal computo del sistema EU ETS (European Union Emissions
Trading Scheme), nel caso in cui
l’imprenditore abbia ceduto l’impianto (insieme al ramo d’azienda) ad
altro imprenditore del settore dell’energia.
(Riferimento Pronuncia pregiudiziale: Corte di Giustizia,
causa C-617/19)
La questione pregiudiziale all’esame della Corte è la
seguente:
“Se l’art. 3 lett. e) della direttiva 2003/87/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo
scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che
modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, come modificata dalla direttiva
2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 20092 , debba
essere interpretato nel senso da ricomprendere nella nozione di “impianto”
anche una fattispecie come quella in esame, nella quale un cogeneratore
costruito dalla ricorrente nel suo sito industriale per assicurare energia al
suo stabilimento produttivo sia stato successivamente ceduto, tramite cessione
di ramo di azienda, ad altra società specializzata nel settore dell’energia,
con un contratto che preveda, da un lato, il trasferimento alla cessionaria
dell’impianto di cogenerazione di energia elettrica e calore, delle
certificazioni, dei documenti, delle dichiarazioni di conformità, licenze,
concessioni, autorizzazioni e permessi richiesti per l’esercizio dell’impianto
stesso e per lo svolgimento dell’attività, la costituzione in suo favore di un
diritto di superficie sull’area dello stabilimento adeguata e funzionale alla
gestione e manutenzione dell’impianto e dei diritti di servitù a favore del
manufatto ad uso cogeneratore, con circostante area esclusiva, e, dall’altro
lato, la fornitura dalla cessionaria alla cedente per 12 anni dell’energia
prodotta dall’impianto stesso, ai prezzi di cui al contratto.
Se, in particolare, nella nozione di “collegamento
tecnico” di cui al medesimo art. 3 lett. e) possa essere ricompreso un
collegamento tra un cogeneratore ed uno stabilimento produttivo tale che
quest’ultimo, appartenendo ad altro soggetto, pur godendo di un rapporto
privilegiato con il cogeneratore ai fini della fornitura di energia (collegamento
tramite rete di distribuzione di energia, specifico contratto di fornitura con
la società energetica cessionaria dell’impianto, impegno di questa ad erogare
un quantitativo minimo di energia allo stabilimento produttivo salvo il
rimborso di un importo pari alla differenza tra i costi di approvvigionamento
dell’energia sul mercato ed i prezzi previsti nel contratto, sconto sui prezzi
di vendita dell’energia a partire dal decimo anno e sei mesi di decorrenza del
contratto, concessione del diritto di opzione di riacquisto del cogeneratore in
ogni momento da parte della società cedente, necessità dell’autorizzazione
della cedente per lo svolgimento di lavori sull’impianto di cogenerazione)
possa continuare a svolgere la propria attività anche nel caso di interruzione
della somministrazione di energia o nel caso di malfunzionamento o cessazione
dell’attività da parte del cogeneratore.
Se, infine, nel caso di cessione effettiva di un impianto
di produzione di energia da parte del soggetto costruttore, titolare nello
stesso sito di uno stabilimento industriale, a diversa società specializzata
nel campo energetico, per ragioni di efficientamento, la possibilità di
scorporo delle relative emissioni dalla autorizzazione ETS del titolare dello
stabilimento industriale, a seguito della cessione[,] e l’eventuale effetto di
“fuoriuscita” delle emissioni dal sistema ETS determinato dal mancato
superamento da parte dell’impianto di produzione di energia, considerato da
solo, della soglia di qualificazione dei “piccoli emettitori”[,] rappresentino
una violazione della regola dell’aggregazione delle fonti di cui all’allegato I
della direttiva 2003/87/CE o, al contrario, una semplice e lecita conseguenza
delle scelte organizzative degli operatori, non vietata dal sistema ETS”.
Per completezza si segnalano alcune pronunce della Corte di
Giustizia di interesse:
-
sugli oneri amministrativi a carico delle
imprese del settore
Corte di giustizia UE, 8
settembre 2016, C- 461/15, E.ON KraftwerkeGmbH
E’ legittima una richiesta dello Stato rivolta alle
imprese soggette all’obbligo di scambio di quote di emissioni di gas a effetto
serra che beneficiano di un’assegnazione di tali quote a titolo gratuito, di
fornire informazioni sulla capacità, sul livello di attività e sul
funzionamento di un impianto, senza limitare tale richiesta alle sole
informazioni riguardanti le modifiche che possano avere un impatto su tale
assegnazione.
-
sulla esclusione dall’obbligo di monitoraggio
delle emissioni non rilasciate in atmosfera, di quelle utilizzate per produrre
elettricità e di quelle dovute alla produzione di calore per la cogenerazione
Corte di giustizia UE, 19
gennaio 2017, C-460/15, SchaeferKalkGmbH& Co. KG
La presunzione secondo cui “il CO2 trasferito ad
un impianto, come quello dove si produce il PCC, a prescindere che sia
rilasciato o meno nell’atmosfera, sia considerato come un’emissione
nell’atmosfera, […] non solo inficia la coerenza del sistema messo in atto alla
luce dello scopo della direttiva 2003/87, ma eccede anche quanto necessario per
conseguire tale scopo;
Corte di giustizia UE, 8
settembre 2016, C- 180/15, Borealis AB
(id. 28 aprile 2016,
C-191/14, BorealisPolyolefine)
L’articolo 10 bis della direttiva 2003/87, che
istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto
serra nella Comunità, come modificata dalla direttiva 2009/29, e l’articolo 10,
paragrafi da 1 a 3 e 8, della decisione 2011/278, che stabilisce norme
transitorie per l’insieme dell’Unione ai fini dell’armonizzazione delle
procedure di assegnazione gratuita delle quote di emissioni ai sensi
dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87, devono essere interpretati nel
senso che essi consentono, allo scopo di evitare doppie assegnazioni, di non
assegnare quote di emissioni di gas a effetto serra ad un sottoimpianto oggetto
di un parametro di riferimento di calore allorché questo esporta, verso utenze
private, calore recuperato da un sottoimpianto oggetto di un parametro di
riferimento di combustibili.
La direttiva 2018/410/UE (entrata in vigore l'8 aprile 2018),
è composta di sei articoli e due allegati che recano, principalmente, una serie
di modifiche alla direttiva 2003/87/CE che ha disciplinato a partire dal 2005
il sistema europeo di scambio di quote d'emissione (EU - Emission Trading
System - EU ETS), per gli impianti industriali, per il settore della
produzione di energia elettrica e termica e per gli operatori aerei.
La revisione del sistema ETS operata dalla direttiva è
motivata dalla necessità di contribuire efficacemente al raggiungimento
dell'obiettivo del 40% di abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra
entro il 2030, in coerenza con il Quadro 2030 delle Politiche per il clima e
l'energia della UE e come contributo all'Accordo di Parigi sul clima del 2015
(COP 21) e recepiti dall'UE con il "Quadro Clima-Energia 2030".
Al riguardo, il Consiglio europeo dell'ottobre 2014 ha
confermato nelle sue conclusioni che un sistema EU ETS riformato e ben
funzionante, con uno strumento di stabilizzazione del mercato, sarà il
principale strumento europeo impiegato per raggiungere l'obiettivo di riduzione
di almeno il 40 %, con un fattore annuale di riduzione del 2,2 % a decorrere
dal 2021.
La nuova direttiva, destinata a regolare il funzionamento
dell'EU-ETS nel periodo 2021-2030 (c.d. fase 4 dell'EU ETS), introduce una
serie di novità, tra le quali merita soprattutto ricordare:
-
l'innalzamento del cd. "fattore di
riduzione lineare", al fine di determinare una riduzione annuale del
volume totale di emissioni del 2,2%;
-
la riscrittura delle modalità di assegnazione
gratuita delle quote e il raddoppio temporaneo (fino al 2023) del numero di
quote da immettere nella riserva stabilizzatrice del mercato;
-
la modifica delle regole per gli impianti
"nuovi entranti" e per la concessione di finanziamenti da parte
dell'UE.
Con specifico riferimento al tema della vendita all’asta
delle quote, nei considerando della direttiva è precisato che la vendita
all'asta delle quote rimane la regola generale, con l'assegnazione gratuita
come eccezione. La valutazione d'impatto della Commissione specifica che la
percentuale di quote da mettere all'asta è del 57 % nel periodo dal 2013 al
2020.
Nella nuova direttiva è stabilito, in linea di principio, che
tale percentuale dovrebbe rimanere al 57%. Tale percentuale è costituita da
quote messe all'asta per conto degli Stati membri, comprese le quote
accantonate per i nuovi entranti ma non assegnate, da quote per la
modernizzazione della produzione di energia elettrica in alcuni Stati membri e
da quote destinate a essere messe all'asta in un secondo momento in ragione
della loro collocazione nella riserva stabilizzatrice del mercato istituita con
decisione (UE) 2015/1814. Tale percentuale dovrebbe includere 75 milioni di
quote utilizzate per sostenere l'innovazione. Nel caso in cui la domanda di
quote a titolo gratuito comporti la necessità di applicare un fattore di
correzione transettoriale uniforme prima del 2030, la percentuale di quote da
mettere all'asta nel corso del periodo di dieci anni a decorrere dal 1° gennaio
2021 dovrebbe essere ridotta fino al 3 % della quantità totale di quote.
Ai fini della solidarietà, della crescita e delle
interconnessioni, il 10 % delle quote che gli Stati membri mettono all'asta
dovrebbe essere distribuito fra gli Stati membri il cui prodotto interno lordo (PIL)
pro capite, a prezzi di mercato, non ha superato il 90 % della media
dell'Unione nel 2013 ed il resto delle quote dovrebbe essere distribuito fra
tutti gli Stati membri sulla base delle emissioni verificate. L'esenzione per
determinati Stati membri con un reddito medio pro capite che supera di oltre il
20 % la media dell'Unione in relazione a tale distribuzione nel periodo dal
2013 al 2020 dovrebbe venire a scadenza.
Il termine per il recepimento della direttiva 2018/410 è
scaduto il 9 ottobre 2019.
Ciò ha portato la Commissione europea ad aprire, in data 22
novembre 2019, la procedura di infrazione n. 2019/0329.
La delega per il recepimento della direttiva 2018/410/UE è nella
legge 4 ottobre 2019, n. 117 (legge di delegazione europea 2018) che
all’articolo 13 contiene inoltre i seguenti principi e i criteri direttivi:
a) razionalizzazione e
rafforzamento della struttura organizzativa dell'autorità nazionale competente
(vale a dire il Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e
per il supporto nella gestione delle attività di progetto del Protocollo di
Kyoto, d'ora in avanti indicato semplicemente come "Comitato",
previsto e disciplinato dall'art. 4 del D.Lgs. 30/2013), in considerazione del
miglioramento, della complessità e della specificità dei compiti da svolgere,
che richiedono la disponibilità di personale dedicato, e tenuto conto della rilevanza,
anche in termini economici, dei provvedimenti decisori adottati dalla stessa
autorità;
b) ottimizzazione e
informatizzazione delle procedure rientranti nel Sistema europeo di scambio di
quote di emissione di gas a effetto serra (European Union Emissions Trading
System - EU ETS) allineando ed integrando tali procedure con altre
normative e politiche dell'UE e nazionali;
c) revisione e razionalizzazione
del sistema sanzionatorio al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate
e dissuasive e di consentire una maggior efficacia nella prevenzione delle
violazioni;
d) riassegnazione al Ministero
dell'ambiente dei proventi derivanti dalle eventuali sanzioni amministrative di
nuova istituzione e destinazione degli stessi al miglioramento delle attività
istruttorie, di vigilanza, di prevenzione e di monitoraggio nonché alla
verifica del rispetto delle condizioni previste dai procedimenti rientranti
nell'EU ETS;
e) abrogazione espressa delle
disposizioni incompatibili e coordinamento delle residue disposizioni del
D.Lgs. 30/2013, assicurando la neutralità sui saldi di finanza pubblica
nell'attribuzione delle quote dei proventi derivanti dalle aste delle quote di
emissione.
Oltre a ciò, l'art. 13, comma 2, delega il Governo ad
adottare anche le disposizioni necessarie:
-
per l'adeguamento della normativa nazionale alle
disposizioni del regolamento (UE) 2017/2392, recante modifica della direttiva
2003/87/CE al fine di mantenere gli attuali limiti dell'ambito di applicazione
relativo alle attività di trasporto aereo e introdurre alcune disposizioni in
vista dell'attuazione di una misura mondiale basata sul mercato a decorrere dal
2021;
-
per l'attuazione della decisione (UE) 2015/1814
relativa all'istituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del
mercato nell'EU ETS e recante modifica della direttiva 2003/87/CE.
Lo schema di decreto di recepimento, alla data odierna (31
marzo 2020) risulta sottoposto a parere delle commissioni parlamentari (ATTO
n.156).
Lo schema di decreto proposto si compone di 47 articoli e 4
allegati ed opera una riscrittura completa dell'attuale disciplina dello
scambio di quote di emissione di gas a effetto serra recata dal D.Lgs. 30/2013.
Nella relazione illustrativa risulta chiarita l’opportunità
di una completa riscrittura del decreto legislativo 13 marzo 2013, n.30 "considerate
le profonde modifiche apportate dalla direttiva (UE) 2018/410 al sistema ETS…..
ed in linea con le nuove disposizioni europee ".
(Rif. Capo I, Artt. 1-3)
L'articolo 1 (Oggetto) definisce l'oggetto del
provvedimento in esame ed opera un mero aggiornamento dei riferimenti normativi
comunitari.
L'articolo 2 (Campo di applicazione), così come il
testo vigente, definisce il campo di applicazione facendo riferimento alle
categorie di attività indicate all'allegato I ed ai gas ad effetto serra
elencati all'allegato II.
Rispetto all’articolo 2 del decreto n.30 del 2013,
attualmente vigente, l’esclusione degli impianti di incenerimento prevista
dall’attuale articolo 2, risulta spostata nel punto 5 dell'allegato I.
Con riferimento al campo di applicazione, l’elenco degli
impianti è contenuto nell’allegato 1.
Le uniche modifiche apportate all'allegato I, rispetto a
quello vigente riguardano:
-
l'inserimento, all'interno del punto 5, della
disposizione finalizzata all'esclusione degli impianti di incenerimento dal
campo di applicazione (attualmente nell’articolo 2 del decreto legislativo 30
del 2013);
-
l'inserimento della lettera k) che prevede l'esclusione
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2030 dei voli effettuati da un operatore di
trasporto aereo non commerciale che opera voli con emissioni annue totali
inferiori a 1.000 tonnellate l'anno.
Con riferimento ai gas a effetto serra inclusi nel campo di
applicazione (elencati in Allegato II) non si registrano variazioni rispetto
alla disciplina vigente.
Rientrano quindi nel campo di applicazione della disciplina:
L’articolo 3 (Definizioni) introduce come novità la definizione
di "nuovo entrante" (lettera dd).
In linea con la riscrittura operata dalla direttiva, la
nuova definizione di nuovo entrante non fa più riferimento, come nel testo
vigente, a coloro che hanno ottenuto un'autorizzazione ad emettere gas serra
per la prima volta dopo il 30 giugno 2011 (termine introdotto dalla direttiva
2009/29/CE in relazione al funzionamento dell'EU ETS nel periodo post-2012), ma
a coloro che la ottengono per la prima volta nel periodo che inizia da tre mesi
prima della data di trasmissione dell'elenco quinquennale trasmesso dal
Comitato alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 25, comma 2, e termina
tre mesi prima della data di trasmissione del successivo elenco quinquennale.
Al riguardo, l’articolo 25 prevede che il Comitato trasmetta
alla Commissione europea ogni cinque anni, a partire dal 1° gennaio 2021, un
elenco di impianti soggetti alle disposizioni del decreto, aggiornandolo ogni
cinque anni.
Nell’articolo sono previste casistiche ulteriori rispetto a
quanto disposto in direttiva, inserendo nella nozione di “nuovo entrante”:
-
l'impianto che esercita per la prima volta
un'attività inclusa nel sistema comunitario o rientri nel sistema EU ETS a
norma degli articoli 31-32 (che disciplinano l'esclusione di impianti di
dimensioni o emissioni ridotte). Diversamente, il testo vigente fa riferimento
agli impianti non previsti dalla direttiva, ma inclusi unilateralmente dal
Comitato nel campo di applicazione, nonché agli ampliamenti sostanziali di
impianti già inclusi;
-
l'operatore aereo identificato dalla Commissione
europea previa pubblicazione dell'elenco degli operatori aerei a cui è
associato un nuovo codice identificativo (CRCO) e la cui attività di trasporto
aereo non è in alcun modo collegata ad altro operatore aereo precedentemente individuato.
Risulta introdotta (lettera pp) anche la definizione di
"portale ETS" (non prevista dalla direttiva) che è la "piattaforma
informatica che costituisce l'interfaccia telematica tra utente, gestore ovvero
operatore aereo e il Comitato".
L'art. 4, comma 8, dello schema stabilisce che il Portale
ETS è lo strumento utilizzato dal Ministero dell'ambiente e dal Comitato per lo
svolgimento delle rispettive attività, ai fini dell'interlocuzione con i
destinatari della disciplina, da connettere con le tecnologie telematiche delle
Camere di commercio.
Sono inoltre introdotte le definizioni di "analisi del
profilo di rischio" (lettera a)) e di "ispezioni" (lettera cc)),
funzionali alla comprensione delle disposizioni recate dall'art. 33.
Sono altresì introdotte alcune definizioni in materia di
trasporto aereo, nonché le definizioni di "piccolo emettitore" (lett.
nn)) e di "piccolissimo emettitore" (lett. oo)) con cui vengono
indicati, rispettivamente, gli impianti esclusi dall'EU ETS in virtù delle
norme recate, rispettivamente, dagli artt. 31 e 32 dello schema.
(Rif. Capo II, art. 4)
L'articolo 4 riscrive la disciplina relativa al Comitato
(recata dal corrispondente articolo del testo vigente del decreto legislativo
n.30 del 2013). Rimangono confermati:
Le modifiche principali introdotte si registrano nella
variazione dell'assetto organizzativo:
-
il Comitato diventa un organo collegiale
composto da 15 membri (10 con diritto di voto e 5 con funzioni consultive) mentre
il testo vigente del decreto legislativo n.30 del 2013 prevede che il Comitato
è composto da un Consiglio direttivo e da una Segreteria tecnica;
-
la preliminare attività istruttoria, ai fini
della stesura degli atti deliberativi del Comitato relativi agli impianti fissi
e agli operatori aerei, viene affidata ad una segreteria tecnica istituita
nell'ambito della Direzione Generale del Ministero dell'ambiente competente per
materia, composta da cinque funzionari di ruolo appartenenti alla stessa
Direzione (c. 6).
Sono inoltre inserite disposizioni (dai commi 6, 7 e 8)
volte a garantire al Ministero dell'ambiente un adeguato supporto specialistico
(da parte delle proprie società in house e di ISPRA e, per le attività inerenti
al trasporto aereo ed i piccoli emettitori, da parte, rispettivamente, di ENAC
e GSE) e l'interconnessione con le Camere di commercio.
(Rif. Capo III, artt. 5-12)
Il Capo III contiene disposizioni specifiche per il
trasporto aereo
L'articolo 5 disciplina l’ambito di applicazione
dell'EU ETS per il trasporto aereo.
L'articolo 6, che nella sostanza non risulta
modificato rispetto a quanto previsto dal vigente art. 6 del decreto legislativo n. 30 del 2013, prevede che la
messa all'asta della quantità di quote determinata con decisione della Commissione
europea, ai sensi dell'articolo 3-sexies, paragrafo 3, lettera b), della
direttiva 2003/87, è disciplinata dal regolamento unionale in materia di aste
(regolamento (UE) n. 1031/2010).
L'articolo 7 riproduce la modalità di assegnazione
delle quote di emissioni a titolo gratuito agli operatori aerei amministrati
dall'Italia.
L'articolo 8 risulta corrispondente all'articolo 8
del decreto legislativo n. 30 del 2013 e disciplina le Modalità per
l'assegnazione delle quote di emissioni di cui alla riserva speciale a titolo
gratuito agli operatori aerei amministrati dall'Italia
L'articolo 9 riguarda, come sottolineato nella
tabella di concordanza allegata al presente decreto, le attività svolte
dell'Autorità nazionale competente in materia di assegnazione e rilascio delle
quote di emissioni a titolo gratuito agli operatori aerei amministrati
dall'Italia
L'articolo 10 riscrive in modo dettagliato le
attività relative ai Piani di monitoraggio delle emissioni e la loro comunicazione,
previsti dall'art. 3-octies della direttiva 2003/87, di competenza del
Comitato, che non investono direttamente la Commissione.
L'articolo 11, che non presenta sostanziali modifiche
in merito rispetto all'art. 11 del decreto legislativo n. 30 del 2013, introduce
la specificazione, da indicarsi nella relazione da inviare alla Commissione
europea, per l'applicazione del divieto operativo a carico dell'operatore aereo
amministrato dall'Italia, che il mancato rispetto delle prescrizioni stabilite
dal presente decreto deve avvenire per almeno tre anni consecutivi nell'arco di
cinque anni.
Il nuovo articolo 12 viene introdotto al fine di
individuare le modalità per ottenere la chiusura di un conto di deposito di un
operatore aereo.
(Rif. Capo IV, artt. 13-33)
L'articolo 13 stabilisce che le disposizioni del Capo
IV del decreto in esame si applicano alle procedure relative agli impianti
fissi compresi nel regime EU-ETS, riproducendo nella sostanza quanto già
previsto dal testo vigente dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 30 del
2013.
L'articolo 14, Procedure per l'inclusione
unilaterale di altre attività e gas, reca disposizioni sostanzialmente
identiche al testo vigente dell'articolo 37 del decreto legislativo n. 30 del
2013.
L'articolo 15, Autorizzazione ad emettere gas ad
effetto serra, analogamente a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 13
del decreto legislativo n. 30 del 2013) prevede che gli impianti che sono
compresi nel regime EU-ETS devono acquisire la necessaria autorizzazione
rilasciata dall'Autorità nazionale competente e che ciò vale anche per gli
impianti inclusi unilateralmente. Il comma 3 ha carattere innovativo e precisa
che l'obbligo di autorizzazione non vige per gli impianti di dimensioni
ridotte (disciplinati dagli artt. 32 e 33 dello schema in esame), ai quali
è rilasciata un'autorizzazione semplificata.
Gli articoli 16-19 disciplinano la domanda, il rilascio,
la modifica e la revoca dell'autorizzazione.
L'articolo 16 precisa le modalità, i termini e la
documentazione necessaria per richiedere una nuova autorizzazione, mentre
l'articolo 17 definisce le condizioni e i termini per la richiesta di modifica,
da parte dei gestori di impianti, di un'autorizzazione esistente. Le citate
disposizioni riproducono nella sostanza il testo vigente degli articoli 14 e 16
del decreto legislativo n. 30 del 2013.
Si segnalano alcune differenze:
-
l’attuale disciplina affida al Comitato il
compito di disciplinare, con apposita deliberazione, le modalità per l'invio
della domanda, mentre il nuovo articolo 16 fa riferimento solo all’obbligo di
invio della domanda, declinandone i contenuti nell’articolato, con maggiore
dettaglio;
-
risulta ridotto da 90 a 60 giorni prima della
data in cui la modifica ha effetto il termine entro il quale il gestore è
tenuto ad inviare la domanda di modifica (il testo vigente parla di
informativa).
L'articolo 18 disciplina le modalità di rilascio e il
contenuto dell'autorizzazione. Risulta eliminato l’obbligo del Comitato di
riesaminare l'autorizzazione almeno ogni 5 anni.
L'articolo 19 individua i 2 casi di revoca
dell'autorizzazione: la cessazione dell'attività (già contemplato nella
disciplina vigente) e la revoca dell'AIA (autorizzazione ambientale integrata).
In merito la relazione illustrativa sottolinea che tale secondo caso "è
stato evidenziato in quanto nella pratica si è rilevata la stretta
interdipendenza tra autorizzazione AIA (Direttiva 2010/75/UE) e autorizzazione
ETS, come peraltro previsto dall'articolo 8 della Direttiva".
Gli articoli 20 e 21 disciplinano
l'effettuazione, da parte del gestore, rispettivamente, del piano di
monitoraggio delle emissioni dell'impianto (e dei suoi aggiornamenti) e del
piano della metodologia di monitoraggio (e dei suoi aggiornamenti). Rispetto a
tali articoli non si registrano modifiche sostanziali.
L'articolo 22 disciplina il coordinamento con le
procedure di AIA prevedendo, in linea con il disposto dell'art. 8 della
direttiva, che il Comitato metta in atto le opportune azioni volte ad attivare
un coordinamento con le attività indicate nell'Allegato I della direttiva
2010/75/UE (sostanzialmente corrispondenti a quelle assoggettate ad AIA ed
elencate nell'allegato VIII alla parte seconda del Codice ambientale di cui al
D.Lgs.152/2006). Tali azioni riguardano lo scambio di informazioni e di dati
informativi utili ai fini del coordinamento delle procedure per il rilascio
delle autorizzazioni ad emettere gas serra. Tale disposizione riproduce, nella
sostanza, quanto previsto dal testo dell'art. 18 del decreto legislativo n. 30
del 2013.
L'articolo 23 disciplina la messa all’asta delle
quote, vale a dire le modalità di assegnazione onerosa delle quote di CO2
equivalente attraverso la vendita all'asta, nonché le modalità di ripartizione
dei proventi tra i vari Ministeri e le relative finalità di spesa. In proposito
viene confermato quanto previsto dal testo vigente, vale a dire l'attribuzione:
del 50% dei proventi complessivamente ai Ministeri dell'ambiente e dello
sviluppo economico; del restante 50% al Fondo per l'ammortamento dei titoli di
Stato. Le uniche differenze meritevoli di nota rispetto alla normativa vigente
sono rintracciabili nell'inserimento, al comma 7 (che disciplina le finalità a
cui sono destinate le risorse attribuite ai Ministeri dell'ambiente e dello
sviluppo economico, e che corrisponde al comma 6 dell'art. 19 del D.Lgs.
30/2013), delle seguenti misure a cui è possibile destinare quota dei proventi
delle aste:
-
favorire sistemi di teleriscaldamento (lett.
m));
-
finanziare attività a favore del clima in paesi
terzi vulnerabili, tra cui l'adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici
(lett. p));
-
promuovere la creazione di competenze e il
ricollocamento dei lavoratori al fine di contribuire a una transizione equa
verso un'economia a basse emissioni di carbonio, in particolare nelle regioni
maggiormente interessate dalla transizione occupazionale, in stretto
coordinamento con le parti sociali (lett. q)).
Si fa notare che tali integrazioni recepiscono le integrazioni
apportate dalla direttiva 2018/410 alla direttiva 2003/87.
Gli articoli 24-27 disciplinano l’assegnazione ed
il rilascio di quote a titolo gratuito.
Si ricorda che l'assegnazione
gratuita di quote è disciplinata sia dall'art. 10-bis della direttiva 2003/87, che
dal regolamento n. 2019/331/UE "che stabilisce norme transitorie per
l'insieme dell'Unione ai fini dell'armonizzazione delle procedure di
assegnazione gratuita delle quote di emissioni ai sensi dell'articolo 10-bis
della direttiva 2003/87/CE".
L’articolo 24, comma 1 conferma, nella sostanza, quanto già
previsto dall'art. 20 del decreto legislativo n. 30 del 2013, prevedendo che il
Comitato determina il quantitativo annuo di quote da assegnare a titolo
gratuito. Il comma 2 individua gli impianti per i quali non è possibile
assegnare quote gratuite. E’ in particolare previsto che il Comitato:
a) non assegna quote a titolo gratuito per la
produzione di elettricità, fatta eccezione per l'elettricità prodotta a partire
dai gas di scarico;
b) non assegna quote a titolo gratuito agli impianti
deputati alla cattura di C02, alle condutture per il trasporto di C02
o ai siti di stoccaggio di C02;
c) assegna quote a titolo gratuito al
teleriscaldamento e alla cogenerazione ad alto rendimento definita dalla
direttiva 2012/27/UE, in caso di domanda economicamente giustificabile,
rispetto alla generazione di energia termica e frigorifera. Per ogni anno
successivo al 2013 le quote totali assegnate a tali impianti per la produzione
di calore sono adeguate, applicando il fattore lineare di riduzione, tranne che
per gli anni in cui dette assegnazioni sono adeguate in modo uniforme in
conformità con le norme unionali sull'assegnazione;
d) non assegna quote a titolo gratuito agli impianti
la cui autorizzazione è stata revocata successivamente all'invio alla
Commissione dell'elenco di cui all'articolo 25 e prima dell'adozione
dell'assegnazione finale delle quote di emissioni a titolo gratuito;
e) non assegna quote a titolo gratuito agli impianti
per i quali la Commissione respinge l'iscrizione nell'elenco di cui
all'articolo 25;
f) non assegna quote a titolo gratuito agli impianti
che hanno adottato il regime di cui agli articoli 31 e 32.
Con riferimento a quanto disposto alla lettera c), in merito
all'assegnazione di quote gratuite per il teleriscaldamento e la cogenerazione,
tale disposizione risulta integrata, rispetto al testo vigente (comma 2 dell'art.
20 del decreto legislativo n. 30 del 2013), al fine di precisare che
l'assegnazione a tali attività è consentita "in caso di domanda
economicamente giustificabile, rispetto alla generazione di energia termica e
frigorifera" e che, per ogni anno successivo al 2013, le quote totali
assegnate a tali impianti per la produzione di calore sono adeguate, applicando
il fattore lineare di riduzione, tranne che per gli anni in cui dette
assegnazioni sono adeguate in modo uniforme in conformità con le norme unionali
sull'assegnazione.
Tali modifiche e integrazioni recepiscono quanto disposto
dall’articolo 10-bis, paragrafo 4, della direttiva.
L’elenco degli impianti che non possono beneficiare del
regime di assegnazione gratuita risulta, inoltre, integrato attraverso
l'inserimento di un'ulteriore categoria di impianti, vale a dire gli impianti
di dimensioni (o con emissioni) ridotte che hanno adottato il regime previsto
dagli articoli 31 e 32 (lettera f)).
Ulteriori novità rispetto al testo vigente (art. 20 del decreto
legislativo n.20 del 2013) sono contenute nei commi successivi.
Il comma 3 elenca gli impianti per i quali il Comitato
determina e propone alla Commissione l'assegnazione di quote gratuite. Il comma
4 dispone che il Comitato, con le modalità e le forme previste dalle relative
norme unionali, determina e propone alla Commissione europea l'adeguamento
dell'assegnazione di quote gratuite in caso di impianti o sottoimpianti il cui
gestore abbia presentato rinuncia all'assegnazione che riguarda gli anni
successivi all'anno della domanda, o in caso di cessazione dell'attività
(l’attuale disciplina fa invece riferimento al caso di cessazione parziale
dell'attività). Il comma 5, recependo il paragrafo 20
dell'art. 10-bis della direttiva) prevede che il Comitato modifica la quantità
di quote assegnate a titolo gratuito agli impianti per i quali si ha una
variazione del livello di attività superiore al 15% (valutata sulla base della
media mobile dei due anni precedenti).
Il comma 6 dispone che gli adeguamenti previsti dai commi 3,
4 e 5 precedenti, sono effettuati con quote aggiunte o prelevate dal
quantitativo di quote accantonate ai sensi dell'articolo 10-bis, paragrafo 7,
della direttiva 2003/87/CE.
Il paragrafo 5 dell'art. 10-bis della direttiva dispone, tra
l'altro, che "per ogni anno in cui la somma delle assegnazioni gratuite
non raggiunge la quantità massima di quote destinate a essere messe all'asta,
la differenza tra le quote assegnate gratuitamente e tale quantità massima è
utilizzata per evitare o limitare la riduzione delle assegnazioni gratuite per
rispettare la parte di quote da mettere all'asta negli anni successivi",
mentre il paragrafo 7 dispone che le quote della citata quantità massima "che
non sono assegnate gratuitamente entro il 2020 sono accantonate per i nuovi
entranti, unitamente a 200 milioni di quote immesse nella riserva
stabilizzatrice del mercato".
L'articolo 25 - che rappresenta una novità e
recepisce l'art. 11 della direttiva - prevede la trasmissione alla Commissione
europea, da parte del Comitato, ogni cinque anni, di un elenco di impianti che individua
tutti gli impianti di produzione di energia elettrica, gli impianti di
dimensioni ridotte che possono essere esclusi dall'EU-ETS e gli impianti
inclusi unilateralmente nell'EU-ETS.
Non viene indicato un termine per l'effettuazione della
trasmissione, anche se l'art. 11, paragrafo 1, della direttiva prevede, come
termine per la presentazione dell'elenco, la data del 30 settembre 2019.
L'articolo 25 dispone altresì (al comma 6) che il Comitato
delibera l'assegnazione finale delle quote assegnate a titolo gratuito a
ciascuno degli impianti ricompresi in detto elenco, con l'esclusione degli
impianti di dimensioni ridotte e (al comma 7) che le quote a titolo gratuito
sono assegnate unicamente agli impianti ricompresi nell'elenco in questione.
Il successivo comma 8 dispone che l'elenco è inoltre
pubblicato sul sito web del Ministero dell'ambiente.
L'articolo 26 disciplina i casi di cessazione di
attività di un impianto, nonché di interruzione ed eventuale ripresa
dell'attività medesima.
Non sembrano riprodotte dallo schema in esame le norme relative
alla comunicazione della cessazione parziale di attività.
Rispetto al testo vigente si registrano alcune modifiche che
riguardano i termini di invio delle comunicazioni:
-
il gestore di un impianto deve comunicare al
Comitato la cessazione delle attività entro 30 giorni dall'avvenuta cessazione
(attualmente il termine è di 10 giorni) e, comunque, non oltre il 31 dicembre
dell'anno in cui è avvenuta la cessazione (termine identico a quello vigente);
-
la durata massima dell'interruzione, oltre la
quale si considera cessata l'attività, può essere estesa fino ad un massimo di
24 mesi (attualmente sono 18 mesi).
L'articolo 27 (così come
previsto dalla direttiva nonché dal testo vigente dell'art. 23 del decreto legislativo
n. 30 del 2013, dispone (al comma 1) che entro il 28 febbraio di ogni anno, il
Comitato provvede al rilascio, per l'anno in corso, delle quote assegnate agli
impianti aventi diritto, a norma dei relativi regolamenti. Lo stesso articolo
disciplina (al comma 2) i casi di sospensione, da parte del Comitato, del
rilascio delle quote.
Gli articoli 28 e 29
disciplinano le Misure transitorie per i settori a rischio di
rilocalizzazione delle emissioni di carbonio.
In particolare, l'articolo 28
(che si limita ad aggiornare l'articolo 27 del decreto legislativo n. 30 del
2013) prevede che il Comitato determina e propone alla Commissione europea
l'assegnazione di quote gratuite agli impianti compresi nella lista dei settori
e sottosettori esposti ad un rischio elevato di rilocalizzazione delle
emissioni di carbonio individuati con decisione delegata (UE) 2019/708.
Al riguardo, l’articolo 10-ter
della direttiva, nel disciplinare le misure di sostegno transitorie a favore di
determinate industrie a elevata intensità energetica nell'eventualità di una
rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, dispone, tra l'altro, che i
settori e sottosettori considerati a rischio di rilocalizzazione delle
emissioni di carbonio sono oggetto di assegnazioni gratuite per il periodo fino
al 2030 corrispondenti al 100% del quantitativo determinato a norma
dell'articolo 10-bis (che reca norme comunitarie transitorie per
l'armonizzazione delle procedure di assegnazione gratuita delle quote).
La relazione illustrativa ricorda
che "il Consiglio europeo dell'ottobre 2014 ha concluso che
l'assegnazione di quote gratuite non dovrebbe terminare e che le misure attuali
dovrebbero proseguire dopo il 2020 per evitare il rischio di rilocalizzazione
delle emissioni di CO2 dovuto alle politiche sul clima, fino a
quando non verranno compiuti sforzi analoghi nelle altre grandi economie"
e che i settori e sottosettori a rischio "sono stati determinati dopo
un lungo processo istruttorio con la decisione delegata (UE) 2019/708".
L'articolo 29, comma 1,
riproduce il testo vigente del comma 2 dell'articolo 27 del decreto legislativo
n. 30 del 2013 che disciplina l'istituzione del "Fondo per la
transizione energetica nel settore industriale" presso il Ministero
dello sviluppo economico e il relativo funzionamento.
Il comma 2 dell'articolo in
esame ripropone il testo del comma 2 dell'art. 27 del decreto legislativo n.30
del 2013 prima della riscrittura operata dal D.L. 101/2019. Tale disposizione recepisce
il paragrafo 6 dell'art. 10-bis della direttiva relativamente alle
misure finanziarie a favore di settori o di sottosettori considerati esposti a
un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio.
Il comma 3, in linea con il
secondo comma del paragrafo 6 dell'art. 10-bis della direttiva, prevede che i
Ministeri dell'ambiente, dello sviluppo economico e dell'economia e delle
finanze debbano motivare l'utilizzo, per le misure finanziarie in favore dei
citati settori a rischio di delocalizzazione, di più del 25% delle risorse dei
proventi delle aste relative ai soggetti impianti fissi. In particolare, il secondo
comma del paragrafo 6 dell'art. 10-bis della direttiva prevede che per le
misure finanziarie gli Stati membri debbano cercare di utilizzare non più del
25% dei proventi della vendita all'asta di quote e che a decorrere dal 2018,
per ogni anno in cui uno Stato membro utilizza più del 25% dei proventi della
vendita all'asta di quote per tali finalità, occorre pubblicare una relazione esponendo
i motivi che giustificano il superamento di tale percentuale.
L'articolo 30 dispone che
il Fondo per l'innovazione istituito dall'art. 10-bis, paragrafo 8, della
direttiva è direttamente gestito a livello unionale e che il Comitato mette in
atto le azioni di competenza volte all'attuazione delle previsioni del
regolamento unionale relativo al funzionamento del fondo.
Gli articoli 31 e 32
disciplinano l’esclusione di impianti di dimensioni (o con emissioni) ridotte
(artt. 31-32).
Segnatamente, l’esclusione
(sulla base di quanto previsto dagli articoli 27 e 27-bis della direttiva), può
essere:
-
su richiesta del gestore interessato, con
riferimento ad impianti di dimensioni ridotte, subordinata all'adozione di
misure equivalenti (art. 31);
-
facoltativa, con riferimento ad impianti con un
livello di emissioni inferiore a 2.500 tonnellate di CO2 equivalente
o con funzionamento inferiore a 300 ore annue (art. 32).
L'articolo 31 corrisponde, nella sostanza, all’articolo 38
del decreto legislativo n. 30 del 2013. L'articolo 32 introduce invece
disposizioni innovative volte al recepimento del nuovo art. 27-bis, introdotto
nel testo della direttiva 2003/87 dalla direttiva 2018/410.
Nel testo dell'articolo 31 vi sono alcuni elementi di
differenza rispetto al testo dell'art. 27 della direttiva (che non ha subito
modifiche sostanziali ad opera della direttiva 2018/410). Una prima differenza
riguarda le disposizioni relative agli ospedali e alle installazioni termiche
che forniscono principalmente servizi a una struttura ospedaliera. Mentre la
direttiva si limita a disporre che "anche gli ospedali possono essere
esclusi se adottano misure equivalenti" nel recepimento è aggiunto che
tale esclusione è applicata qualora anch'essi adottino le misure equivalenti,
indipendentemente dal fatto che siano o meno al di sotto della soglia emissiva
di 25.000 tonnellate di CO2.
Il comma 4 dell'art. 31 integra ulteriormente quanto
previsto in direttiva, disponendo che le installazioni termiche possono essere
escluse quando forniscono principalmente servizi a una struttura ospedaliera e
che, in tal caso, si provvede ad applicare i criteri aggiuntivi per la loro
selezione ed individuazione. Lo stesso comma dispone che una installazione
termica ospedaliera può essere esclusa dal sistema ETS a condizione che, in
qualsiasi anno del periodo, esporti non più del 15% del calore prodotto
dall'impianto in uno stabilimento diverso da un ospedale.
L'articolo 32, invece, recepisce fedelmente l'art. 27-bis
della direttiva.
L'articolo 33, analisi del profilo di rischio ed
ispezioni prevede che il Comitato può svolgere attività ispettive (anche
effettuando visite in loco) anche per determinare se un impianto fisso è
conforme ai requisiti dettati dalla normativa dell'UE.
Il concetto di "analisi del profilo di rischio"
è introdotto dall'art. 3, comma 1, lettera a), dello schema in esame e fa
riferimento all'attività svolta ai fini della determinazione del livello di
rischio di non conformità di un impianto fisso. L'articolo in esame provvede
inoltre (al comma 3) ad individuare gli impianti esclusi dalle ispezioni
(quelli esclusi ai sensi degli articoli 31 e 32), a prevedere una
programmazione e disciplina delle stesse da parte del Comitato (comma 2),
nonché a prevedere la possibilità per il Comitato di avvalersi di ISPRA, di
altri enti di ricerca e della collaborazione della Guardia di finanza (commi 4
e 5). I costi relativi alle attività previste dall'articolo in esame sono posti
a carico dei soggetti ispezionati.
Le citate disposizioni hanno carattere innovativo rispetto
alla normativa nazionale vigente.
(Rif. Capo V, artt. 34 - 42)
Come nella normativa vigente, il decreto contiene alcune
disposizioni specifiche per impianti fissi e per operatori aerei ed alcune
comuni. Il Capo V disciplina le norme comuni alle due tipologie di impianti.
L'articolo 34, Sistema di registri, stabilisce
che le quote rilasciate, a decorrere dal 1° gennaio 2012, siano conservate nel
registro dell'Unione ai fini della gestione dei conti di deposito aperti nella
sezione italiana e per l'effettuazione di attività quali l'assegnazione, la
restituzione e l'annullamento delle quote medesime. ISPRA svolge funzioni di
amministratore della sezione italiana del Registro dell'Unione e del registro
nazionale. L’individuazione di un amministratore nazionale è espressamente
prevista dall’art. 7 del regolamento 2019/1122/UE (che integra la direttiva
2003/87/CE per quanto riguarda il funzionamento del registro dell'Unione). Il registro
dell'Unione è accessibile al pubblico. Qualsiasi persona può possedere quote di
emissioni e di tali quote è tenuta, nel Registro, separata contabilità. Le
domande di iscrizione al Registro, di trasferimento, restituzione o
cancellazione delle quote devono essere presentate all'amministratore dal
gestore dell'impianto o dal gestore aereo.
Ispra, quindi, utilizza e gestisce le banche dati
elettroniche standardizzate per controllare le operazioni inerenti alle quote
ed attua le norme sul riconoscimento reciproco delle quote nell'ambito degli
accordi finalizzati al collegamento di sistemi di scambio di quote di
emissione.
L'articolo 35, Monitoraggio e comunicazione delle
emissioni, pone in capo al gestore gli obblighi di monitoraggio e di
comunicazione concernenti le emissioni di gas rilasciate. Le modalità per il
controllo e la comunicazione delle emissioni sono stabilite nell'Allegato III.
L'articolo 36, Trasferimento, restituzione e
cancellazione di quote di emissioni, recepisce l'articolo 12 della
direttiva 2003/87/CE e definisce le modalità per il trasferimento, la
restituzione e la cancellazione delle quote di emissione da parte dei gestori o
degli operatori aerei. Il gestore, dal 1° gennaio 2021 ed entro il 30 aprile di
ogni anno, dovrà restituire un numero di quote pari alle emissioni totali
prodotte nel corso dell'anno precedente dalle attività di trasporto aereo
elencate nell'allegato I o dall'impianto fisso. Il Comitato garantisce che le
quote restituite siano successivamente cancellate. Le quote potranno essere
trasferite sia tra persone all'interno dell'UE che tra persone all'interno
dell'UE e persone nei paesi terzi. Nel secondo caso potranno essere trasferite
quando sono riconosciute sulla base della procedura di cui all'articolo 25
della direttiva 2003/87CE, che disciplina la conclusione di accordi sullo
scambio di quote di emissione con Paesi al di fuori dell'UE. Le quote
rilasciate dal Comitato di un altro Stato membro potranno essere utilizzate ai
fini dell'adempimento degli obblighi di restituzione. Ai fini della tutela
dell'integrità ambientale del sistema ETS gli operatori aerei e gli altri
operatori non potranno utilizzare le quote rilasciate da uno Stato membro per
cui sussistono obblighi estinti per gli operatori aerei e gli altri operatori
(comma 4). L'articolo prevede poi che non dovranno essere restituite le quote
relative alle emissioni destinate alla cattura ed al trasporto verso impianti
che beneficiano di un'autorizzazione allo stoccaggio geologico del carbonio
(comma 5).
Nel caso di chiusura della capacità di generazione di
energia elettrica di un impianto a seguito di misure nazionali supplementari,
la norma stabilisce che il Comitato potrà cancellare le quote dal volume d'asta
totale. Tale possibilità è limitata ad un quantitativo corrispondente alle
emissioni medie rilasciate dall'impianto in questione nei cinque anni
precedenti alla chiusura.
L'articolo 37, uso di crediti, traspone
l'articolo 11-bis della direttiva 2003/87/ CE e prevede che, in attesa
dell'entrata in vigore di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici,
i gestori degli impianti esistenti e nuovi entranti e gli operatori aerei
amministrati dall'Italia possano usare i crediti internazionali CERs e ERUs per
adempiere agli obblighi di restituzione per il periodo 2021-2030.
Come già chiarito I CERs e gli ERUS sono attribuiti
mediante il meccanismo di sviluppo
pulito (CDM), disciplinato dall'articolo 12 del Protocollo di Kyoto, che permette
alle imprese dei Paesi industrializzati con vincoli di emissione (elencati
nell'Allegato I della Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti
Climatici) di investire in progetti che riducono le emissioni nei paesi in via
di sviluppo e in altri paesi specificati nel Protocollo, in alternativa a
riduzioni più costose delle emissioni nei loro paesi o mediante il meccanismo
di applicazione congiunta (JI), disciplinato dall'articolo 6 del Protocollo di
Kyoto, che permette alle imprese dei Paesi industrializzati con vincoli di emissione
di ottemperare in parte all'obbligo di riduzione delle emissioni di gas a
effetto serra finanziando progetti che riducono tali emissioni in altri paesi
industrializzati ugualmente soggetti a vincoli di emissione.
I crediti generati dai progetti sono pertanto sottratti
dall'ammontare di "permessi di emissione" inizialmente assegnati al
paese ospite. I CERs e gli ERUs possono essere scambiati con quote generali da
operatori e operatori aerei ma fino ad un certo limite.
L'accordo di Parigi ha istituito un nuovo meccanismo di
mercato, che sarà oggetto di misure di attuazione, che dopo il 2020 si
sostituirà ai due suddetti meccanismi. L'utilizzo dei crediti CERs e ERUs è
soggetto al rispetto dei criteri qualitativi sanciti nell'articolo 11-bis. Il
Comitato stabilirà la quantità di crediti da utilizzare, conformemente a quanto
previsto dal suddetto articolo e dalle misure adottate dalla Commissione
europea.
L'articolo 38, Attività di attuazione congiunta de
attività di meccanismo pulito che recepisce l'articolo 11-ter della
direttiva 2003/87/CE, disciplina il ruolo del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare in merito alle attività generate dai due
suddetti meccanismi.
Il Ministero dovrà provvedere affinché le condizioni di
riferimento per le attività di progetto che vengono effettuate in Paesi che
hanno firmato un trattato di adesione con l'UE siano pienamente conformi con
l'acquis comunitario (comma 1). Nel caso di attività di applicazione congiunta
(JI) nel territorio nazionale dovrà provvedere affinché non siano rilasciate
ERU per le riduzioni o le limitazioni delle emissioni di gas a effetto serra
ottenute nelle attività che rientrano nel campo di applicazione del decreto.
Nel caso, inoltre, che autorizzi enti pubblici o privati a
partecipare ad attività che rientrano nei due meccanismi, dovrà garantire che
tale partecipazione sia coerente con tutte le linee guida, modalità e procedure
adottate a norma dell'accordo di Parigi. Nel caso infine di attività di JI e
CDM che prevedono la produzione di energia idroelettrica per livelli superiori
a 20 MW dovrà garantire il rispetto dei criteri e delle linee guida
internazionali applicabili,
L'articolo 39, Norme armonizzate applicabili ai
progetti di riduzione delle emissioni riguarda le norme armonizzate
applicabili ai progetti di riduzione delle emissioni e conferisce al Comitato
la possibilità di rifiutare il rilascio di quote per i progetti che riducono le
emissioni sul territorio, come previsto dall'articolo 24-bis della direttiva
2003/87/CE (paragrafo 3).
A tal fine, il Comitato valuta le richieste pervenute e
verifica la conformità rispetto alle misure di attuazione adottate dalla
Commissione europea.
L'articolo 40, Validità delle quote,
stabilisce che quelle rilasciate dal 1° gennaio 2013 sono valide a tempo
indeterminato.
L'articolo 41, Verifica e accreditamento, recepisce
le prescrizioni in materia di verifica e accreditamento contenute nell'articolo
15 della direttiva. In particolare, prevede che i gestori e gli operatori aerei
amministrati dall'Italia trasmettano al Comitato le comunicazioni effettuate a
norma del decreto una volta verificate da un verificatore accreditato dal
pertinente organismo nazionale designato (comma 1). L'articolo vieta a detti
gestori e operatori aerei di trasferire quote di emissioni finché non sia stata
riconosciuta la conformità delle comunicazioni da parte del verificatore, sulla
base dei criteri definiti dall'Allegato III - che detta i principi in materia
di controllo e di comunicazione - e secondo le eventuali disposizioni della
Commissione europee).
L'articolo 42 recepisce l'articolo 16 della direttiva
europea e reca sanzioni.
Il livello delle sanzioni risultante dalle modifiche
proposte sembra più basso di quello stabilito dalla normativa vigente. Sulla
base di quanto riportato nella relazione illustrativa, l'attenuazione delle
sanzioni sarebbe dovuta al fatto che fino ad oggi un'eccessiva onerosità
avrebbe indotto i destinatari a mantenere condotte antigiuridiche suscettibili
di ingiunzioni piuttosto che a pagare e aprire crisi aziendali, nonché a
nascondere il più possibile gli inadempimenti invece che farli emergere e
regolarizzare le situazioni.
Sulla base di tale analisi, la diversificazione tra casi di
accertamenti delle violazioni effettuati d'ufficio e accertamenti su
dichiarazione spontanea del trasgressore mira, secondo la relazione
illustrativa, a favorire l'emersione delle irregolarità ed i ravvedimenti
operosi.
Si individua nel Comitato ETS l'autorità competente a
controllare l'osservanza delle disposizioni, ad accertare eventuali violazioni,
ad irrogare sanzioni e ad emettere ordinanze di ingiunzione.
Il comma 23 prevede che si applichino le disposizioni della
legge 24 novembre 1981, n. 689, nella misura in cui esse risultino compatibili.
Il comma 24, in osservanza del principio penalistico della retroattività della
legge più favorevole al reo, afferma l'applicabilità della disciplina più
favorevole anche in via retroattiva a tutti i procedimenti sanzionatori relativi
a violazioni per le quali al momento dell'entrata in vigore non siano decorsi i
termini per l'impugnazione dell'ordinanza di ingiunzione.
(Rif. Capo VI, artt.
43- 47)
L'articolo 43 reca disposizioni concernenti la
comunicazione e l'accesso alle informazioni, nonché la tutela del segreto
industriale, in attuazione dell'art. 15-bis della direttiva 2003/87/UE.
L'articolo 44 stabilisce l’obbligo del Comitato ETS di
relazione annuale alla Commissione europea e ne definisce i contenuti
principali.
L'articolo 45 pone in capo all'ISPRA la
realizzazione, la gestione e l'archiviazione dei dati dell'Inventario nazionale
dei gas serra, nonché la raccolta dei dati di base e la realizzazione di un
programma di controllo e di garanzia della qualità. Il Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare approva, annualmente, l'Inventario e
la trasmissione delle relative informazioni agli organismi nazionali della
Convezione quadro sui cambiamenti climatici e del Protocollo di Kyoto.
Inoltre, è previsto che ISPRA predisponga, aggiorni e
trasmetta, con cadenza annuale, al medesimo Ministero un progetto per
l'organizzazione del Sistema nazionale per la realizzazione dell'Inventario
Nazionale dei gas serra, conformemente a quanto stabilito dalla decisione
19/CMP.1 della conferenza delle parti della Convenzione quadro sui cambiamenti
climatici.
L'articolo 46 reca le disposizioni finanziarie
demandando, tra l'altro, ad un decreto ministeriale la definizione delle
tariffe versate da gestori ed operatori aerei - e delle relative modalità di
versamento - a fronte delle attività di cui all'art. 4, comma 8, e all'art. 33
(si tratta delle attività connesse all'interlocuzione con i soggetti interessati
mediante portale ETS nonché delle attività ispettive). Nelle more della
definizione di tale decreto, continua ad applicarsi la disciplina vigente, in
particolare il D.M. 25 luglio 2016, concernente "Tariffe a carico degli
operatori per le attività previste dal decreto legislativo n. 30/2013 per la
gestione del sistema UE-ETS".
L'articolo 47 reca l'abrogazione del decreto
legislativo n.30 del 2013, stabilendo le disposizioni, ivi elencate, che
continuano ad applicarsi ai fini del completamento delle attività del sistema
EU-ETS per il periodo 2013- 2020. Sono fatti salvi i provvedimenti del Comitato
nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e per il supporto nella
gestione delle attività di progetto del Protocollo di Kyoto (di cui all'art. 4
del d decreto legislativo n.30 del 2013) continua ad operare fino alla
costituzione del Comitato ETS (art. 4 dello schema di decreto).
(Rif. Allegati I, II;
III; IV)
Di seguito sono riportati il contenuto dei quattro allegati
e le modifiche più rilevanti rispetto al testo vigente del decreto legislativo
n.30 del 2013.
Relativamente al confronto con gli allegati della direttiva,
la relazione illustrativa di accompagnamento allo schema di decreto evidenzia
che "gli allegati sono quelli della direttiva, fatta esclusione del
II-bis, II-ter, che non riguardano direttamente l'Italia quale Stato membro,
pertanto il IV è diventato III e il V è diventato IV".
Non vengono invece riprodotti gli allegati VI e VII del decreto
legislativo n. 30 del 2013, in quanto contenenti disposizioni di dettaglio
connesse ai commi 3 e 4 dell'art. 38 che non risultano riproposte dalla nuova
direttiva e, conseguentemente, dall'articolo 31 dello schema in esame.
Con specifico riferimento ai singoli allegati, non risultano
modifiche sostanziali con riferimento all’allegato I, relativo al campo di
applicazione del sistema ETS, fatto salvo lo spostamento dall’articolato in
allegato del riferimento agli impianti di incenerimento.
L'Allegato II, che elenca i gas serra rientranti del
campo di applicazione dello schema in esame, è sostanzialmente identico a
quello previsto dal testo vigente del decreto legislativo n.30 del 2013 ed
identico a quello previsto nella direttiva di riferimento.
L’Allegato III, Monitoraggio e comunicazione delle
emissioni, in analogia all'allegato IV della direttiva, accorpa, senza
modifiche sostanziali, l’attuale Allegato IV del decreto legislativo n.30 (Principi
per il monitoraggio delle emissioni) e l’allegato V (Elenco delle informazioni
minime per la comunicazione delle emissioni).
[1]
FONTI PRINCIPALI: Ufficio Studi parlamentari e dossier Camera e Senato;
www.Gse.it; www.isprambiente.gov.it; www.reteambiente.it; www.reteclima.it.
[2] Anche nelle diverse attività di valutazione delle
emissioni di gas serra di processi e prodotti (carbon assessment: carbon
footprint, inventario delle emissioni,....etc.) si fa riferimento sempre al
valore di CO2eq, volendo così esprimere il "potere riscaldante
equivalente" e cumulativo di tutti i gas serra emessi in una o più fasi
del ciclo di vita di un prodotto (o da una Organizzazione) rapportati all'unità
di misura base che è la CO2 (anidride carbonica).
[3]
http://www.isprambiente.gov.it/it/servizi-per-lambiente/Registro-italiano-Emission-Trading/contesto/emission-trading-europeo
[4] Con il regolamento 2019/1868/UE del 28 agosto 2019,
sono state apportate modifiche al regolamento (UE) n. 1031/2010 per allineare
la vendita all'asta delle quote alle norme dell'EU ETS per il periodo 2021-2030
e al riconoscimento delle quote quali strumenti finanziari ai sensi della
direttiva 2014/65/UE.