Circ. n. 3/2019

Sono in vigore dal 29 gennaio u.s. le disposizioni contenute nel D.L. in oggetto che introduce il c.d. Reddito/Pensione di Cittadinanza nonché alcune novità sul fronte previdenziale tra cui, soprattutto, il nuovo regime di pensione anticipata “Quota 100”.

Si tratta come noto di un provvedimento collegato all’ultima legge di bilancio(1) che – ricordiamo - ha destinato su questi due capitoli ingenti risorse finanziarie per i prossimi anni, accantonandole in specifici fondi.

Nonostante l’immediata entrata in vigore del decreto-legge – che potrebbe subire modifiche durante l’iter di conversione in Parlamento – sottolineiamo che per la messa a regime e la concreta fruizione del Reddito/Pensione di Cittadinanza bisognerà attendere nei prossimi mesi l’emanazione di provvedimenti attuativi e apposite istruzioni amministrative da parte dell’INPS che, invece, rispetto ai profili pensionistici ha già prontamente pubblicato alcuni messaggi e circolari esplicative.

Il decreto è piuttosto complesso e si articola essenzialmente in 2 capitoli principali, il primo (artt. 1-13) dedicato alle disposizioni relative al Reddito di Cittadinanza - d’ora in poi RdC – il secondo (artt. 14 e ss.) contenente le novità in materia pensionistica.

Di seguito un primo esame sintetico delle novità introdotte, attenzionando le disposizioni particolarmente rilevanti per le imprese e per il sistema cooperativo in particolare.

Reddito di Cittadinanza

• ART. 8, comma 4,: la possibilità per un beneficiario del RdC di utilizzare questa somma di denaro per l’AVVIO di una SOCIETA’ COOPERATIVA entro i primi 12 mesi di fruizione dello strumento, vedendosi riconosciuti in questo caso un BENEFICIO ADDIZIONALE IN UN’UNICA SOLUZIONE pari a 6 MENSILITA’ DI REDDITO, COMUNQUE FINO AD UN MASSIMO DI 780 € MENSILI – beneficio addizionale sulle cui modalità di attuazione/erogazione si dovrà attendere apposito DM Lavoro-MISE nel quale ci aspettiamo un chiarimento circa la praticabilità della misura anche per associarsi ad una cooperativa già esistente – non solo per avviarne una nuova – in linea con i meccanismi di fruizione in un’unica soluzione di altre indennità già esistenti, come ad esempio la NASpI, che peraltro, ricorrendone i requisiti, potrebbe essere fruita in un’unica soluzione in maniera “cumulata” con il RdC sempre ai fini dell’autoimprenditorialità cooperativa.

• ART. 8, commi 1-3: specifici INCENTIVI OCCUPAZIONALI, sotto forma di sgravi contributivi previdenziali  e per un ammontare rapportato/proporzionato alla quantità di RdC non ancora fruito dal singolo soggetto per un massimo di 18 mensilità ma non inferiore comunque a 5 mensilità, per l’impresa che assuma a tempo indeterminato un beneficiario del RdC realizzando un incremento occupazionale netto dei dipendenti a T.I., fatto salvo l’obbligo di restituirli qualora il lavoratore venisse licenziato senza giusta causa o giustificato motivo  - incentivi praticabili ovviamente, anche se non espressamente specificato, per assumere un nuovo socio-lavoratore di cooperativa. In generale, gli stessi incentivi sono cumulabili con i bonus occupazionali prorogati con l’ultima legge di bilancio per l’assunzione nel Mezzogiorno di giovani under 35 o soggetti over 35 purché disoccupati da 6 mesi, mentre invece sono riconosciuti per importi dimezzati (ma con un limite minimo di 6 e non più di 5 mesi) qualora l’assunzione segua un precedente percorso formativo svolto dal singolo presso strutture formative accreditate, alle quali andrà l’altra metà delle somme non fruite come RdC.

• ART. 4: il potenziale interesse per tutte le strutture formative  - come appena visto sopra - e di inserimento sociale e lavorativo nell’esecuzione di tutte quelle attività collegate alla gestione del RdC che potranno essere loro demandate nei diversi territori ai fini dell’esecuzione del c.d. Patto di Lavoro e del c.d. Patto di Inclusione Sociale – sulla falsariga di quanto già avvenuto negli ultimi anni relativamente al ReI (Reddito di Inclusione per il contrasto alla povertà che, come disposto dall’art. 11, rimane sostanzialmente in vigore fino alla piena messa a regime del reddito di cittadinanza).

Quota 100 e altre novità previdenziali

Alla luce dell’interesse che le novità potrebbero produrre per i datori di lavoro soprattutto in un’ottica di ricambio generazionale e sottolineando la facoltà da parte delle imprese, sebbene non espressamente contemplato nel dispositivo di legge, di accompagnare/favorire economicamente anche con erogazioni a latere l’accesso dei propri lavoratori a queste misure, segnaliamo:

• ART. 14: la possibilità - oltre ai canali di uscita già vigenti - di andare in pensione anche con la c.d. Quota 100, vale a dire con una somma di anni di età e contributi maturati nel triennio 2019-2021 pari a 100, fatta salva la necessità di avere comunque 62 anni di età e 38 anni di contributi (es. 62+38, 63+38, 64+38, ma non 61+39 e neppure 63+37).  Si tratta di uscite anticipate che

• si realizzeranno eventualmente non prima del 1° aprile p.v., con una distanza temporale dalla maturazione del diritto pari a 3 mesi;

• comporteranno, pur in assenza di specifici meccanismi di penalizzazione, importi pensionistici inferiori, stante il nostro sistema di calcolo contributivo (più versi più prendi), rispetto a quelli maturabili senza praticare questa opzione e aspettando di ritirarsi una volta raggiunta l’età di vecchiaia (la stima media è di una penalizzazione implicita pari a circa il 3-4% per ogni anno di anticipo rispetto all’età/pensione di vecchiaia, anche se per una valutazione costi/benefici in capo al singolo bisogna considerare che tali importi pensionistici saranno in questo modo teoricamente percepiti per un tempo maggiore pari a quello di anticipo).

• ART. 20: sempre sperimentalmente per il periodo 2019-2021, la possibilità (c.d. pace contributiva) per un lavoratore che abbia iniziato a lavorare dal 1996 in poi e che andrà quindi in pensione unicamente con il sistema contributivo di riscattare periodi pregressi non coperti da contribuzione fino ad un massimo di 5 anni, anche destinando a tal fine i premi di risultato pagati dal suo datore di lavoro  - con l’aggiunta quindi di un’altra nuova forma di fungibilità del premio aziendale in strumento di welfare detassato.

• ART 22: unicamente per gli ambiti coperti dai fondi di solidarietà di cui al decreto 148/2015, compreso il FIS, sempreché gli stessi fondi lo prevedranno, erogazione di un assegno straordinario di sostegno al reddito in favore del personale in uscita che raggiunga i requisiti richiesti per praticare quota 100 entro il 2021 (es. un 59enne con 35 anni di contributi che tra 3 anni maturi quota 100 – 62+38),

• fatta salva la stipula di un accordo aziendale/territoriale che indichi il numero di lavoratori da assumere in sostituzione dei lavoratori in uscita

• e, comunque, fermo restando il versamento – deducibile fiscalmente - da parte dell’impresa interessata di una specifica contribuzione al fondo di solidarietà in questione

Per il nostro SISTEMA, fatta eccezione per il credito cooperativo che vanta un proprio fondo di solidarietà, il fondo potenzialmente interessato è il FONDO DI INTEGRAZIONE SALARIALE FIS istituito presso l’INPS nel quale dal 2012 abbiamo deciso di far confluire i contributi dei datori di lavoro con più di 5 dipendenti non coperti dagli ammortizzatori ordinari (CIGO/CIGS). A questo fondo quindi – e alle sue specifiche decisioni/indicazioni (comprese quelle sul costo da sostenere come datori di lavoro) -  che bisognerà far riferimento per praticare eventualmente nei prossimi mesi tale misura.

1. DISPOSIZIONI SUL REDDITO DI CITTADINANZA (artt. 1-13)

Esaminati i potenziali interessi prioritari delle nostre imprese e del sistema cooperativo rispetto all’attuazione di questo strumento, per comprendere al meglio tali ricadute, offriamo una breve presentazione delle sue caratteristiche principali.

Ai sensi dell’art. 1 il RdC si configura quale “misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale”,  assumendo tuttavia il connotato di “Pensione di cittadinanza” quale misura di contrasto alla povertà delle persone anziane con un’età pari o superiore a 67 anni e per le quali varranno gli stessi requisiti, importi e meccanismi di funzionamento del reddito, laddove ovviamente praticabili (non certo le procedure di inserimento lavorativo).

In termini generali, sono beneficiari della misura (art. 2) cittadini italiani, comunitari o extra-comunitari con regolare permesso di soggiorno e residenti in Italia per almeno 10 anni, di cui necessariamente gli ultimi due anni. Tali soggetti devono possedere come nucleo familiare precisi e stringenti requisiti patrimoniali/reddituali a testimonianza del loro effettivo stato di bisogno.

L’entità del beneficio (art. 3), articolato in una componente di integrazione reddituale e in un eventuale contributo per chi vive in affitto, è così declinabile su base mensile, in funzione dei componenti del nucleo familiare (importi in €):

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Il beneficio spetta fino ad un massimo di 18 mesi – ovviamente al permanere dei requisiti – ed è rinnovabile (solo come reddito, non come pensione di cittadinanza), dopo un’interruzione di 1 mese, per ulteriori 18 mesi.

Abbiamo già sottolineato come il RdC rappresenti una misura di contrasto alla povertà, ma anche di inserimento occupazionale ed è per questo motivo che nell’articolato troviamo molti riferimenti ai servizi e alle politiche attive del lavoro sia in termini di governance (ANPAL, ANPAL Servizi e Centri per l’Impiego con un potenziamento organizzativo attraverso l’assunzione nei prossimi mesi di migliaia di c.d. “navigator”- orientatori) sia in termini di regole e meccanismi che troveranno applicazione per i beneficiari del reddito di cittadinanza, sostanzialmente al pari di un qualunque soggetto disoccupato, compresa la fruizione dell’assegno di ricollocazione (cfr. art. 9).

Nel grafico che segue viene riassunto sinteticamente il processo amministrativo delineato nell’art. 5, praticabile presentando apposita istanza già dal prossimo mese di marzo 2019 – è questa la tempistica che dovrebbe consentire l’erogazione concreta delle prime forme di RdC già nel prossimo mese di aprile come previsto dal decreto.

Come si può notare la presentazione della domanda alle Poste sarà accettata unicamente a determinate condizioni e in caso di riscontro positivo darà luogo al caricamento di una carta prepagata con cui spendere le risorse spettanti al beneficiario.

Parallelamente verrà avviato il percorso di inclusione sociale e lavorativa – laddove praticabile – con quest’ultima che vedrà protagonisti in prima battura i Centri per l’Impiego, tenuti ad avviare i beneficiari nei percorsi obbligatori di politica attiva che se non praticati, al pari della mancata disponibilità per progetti comunali a beneficio della collettività o del rifiuto di offerte di lavoro congrue, determineranno la perdita del sussidio (c.d. condizionalità).

Soprattutto rispetto alla perdita del RdC in caso di rifiuto di almeno 1 offerta di lavoro “congrua” su 3 evidenziamo i vincoli validi in generale - esistono deroghe specifiche per soggetti nel cui nucleo familiare siano presenti persone disabili - come definiti dall’art. 4, comma 9:

• nei primi 12 di fruizione del beneficio, è congrua un’offerta entro 100 chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile in 100 minuti con i mezzi di trasporto pubblici, se si tratta di prima offerta, ovvero entro 250 chilometri di distanza se si tratta di seconda offerta, ovvero ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di terza offerta;

• decorsi 12 mesi di fruizione del beneficio, è congrua un’offerta entro 250 chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario nel caso si tratti di prima o seconda offerta, ovvero ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di terza offerta;

• in caso di rinnovo del beneficio per successivi 18 mesi è congrua un’offerta ovunque sia collocata nel territorio italiano anche nel caso si tratti di prima offerta.

 Sul rispetto delle condizioni per fruire del sussidio, come dettagliatamente indicate all’art. 2 e sull’osservanza delle regole di decadenza, decurtazione e sanzioni (art. 7) – che vanno fino alla reclusione da 2 a 6 anni di carcere in caso di false dichiarazioni – saranno attivati controlli mirati utilizzando in particolare lo scambio telematico di dati anche attraverso nuove piattaforme digitali da istituire al fine di analizzare, monitorare e valutare l’andamento della misura (art. 6).

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1. DISPOSIZIONI SU QUOTA 100 E ALTRE NOVITA’ SU PENSIONI (art. 14-22)

Il pacchetto delle norme previdenziali ruota fondamentalmente attorno alla previsione di una nuova ed ulteriore forma di pensione anticipata: Quota 100.

La stessa è raggiungibile eventualmente anche prima attraverso un meccanismo di scivolo pensionistico fino a 3 anni gestito attraverso i fondi di solidarietà, cui si aggiungono una serie di ulteriori disposizioni tese a prorogare e perfezionare alcune misure già praticate in passato (es. Opzione donna, lavoratori c.d. precoci, APE Sociale) nonché l’introduzione di una modalità di riscatto laurea agevolata per soggetti under 45 e di una c.d. “pace contributiva” destinata a lavoratori che andranno in pensione unicamente con il sistema contributivo, per riscattare eventuali vuoti contributivi fino ad un massimo di 5 anni anche non continuativi.

Ricordiamo che queste novità andranno lette considerando le regole attualmente in vigore dal 2019 per i principali canali di pensionamento, così schematizzabili:

Ciò premesso, esaminiamo sinteticamente le caratteristiche principali delle nuove misure contenute nel provvedimento scorrendo l’articolato normativo.

Art. 14 – QUOTA 100

Si configura sostanzialmente come una pensione anticipata fino ad un massimo di 5 anni in meno rispetto ai 67 previsti per una pensione di vecchiaia ed è praticabile non solo nel triennio 2019/2021, ma anche successivamente, a patto di maturare i requisiti di quota 100 entro i prossimi 3 anni.

Quota 100 è raggiungibile sommando età e anzianità contributiva, con il vincolo per il singolo di avere comunque 38 anni di contributi e 62 anni di età – è per questo motivo che l’anticipo può arrivare fino ad un massimo di 5 anni rispetto alla vecchiaia con una varietà di combinazioni possibili (es. 62+38, 63+38, 64+38, ma non 61+39 e neppure 63+37).

La soglia di età resta tale per tutto il triennio non applicandosi in questo caso nessun eventuale adeguamento alla speranza di vita che possa scattare in futuro (per ipotesi dal 2021), che invece potrebbe andare a modificare il requisito contributivo dei 38 anni di età.

Ulteriore condizione è rappresentata dal divieto di continuare a lavorare per tutti gli anni di anticipo della pensione rispetto all’età di vecchiaia (67 anni).

Più precisamente, la pensione maturata con quota 100 non è cumulabile, almeno fino al raggiungimento dei requisiti previsti per la pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendenti o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.

Tale divieto va letto alla luce della finalità perseguita dal Governo di innescare un ricambio generazionale nella forza lavoro e in combinato disposto con la penalizzazione implicita (circa 3-4% per ogni anno di anticipo) che, come detto all’inizio, un eventuale “quotista” subirà in termini di assegno pensionistico applicandosi un sistema di calcolo contributivo. E’ in considerazione di questi elementi che ricordiamo la facoltà per un datore di lavoro, qualora fosse interessato, di favorire comunque economicamente – anche in assenza di apposite disposizioni a riguardo – l’uscita di un proprio lavoratore prossimo alla pensione con quota 100.

Anche al fine di una gestione programmata delle uscite attraverso il meccanismo di quota 100 – e in analogia, come appena visto, al ripristino delle finestre mobili trimestrali valide da quest’anno per le pensioni anticipate ordinarie – per i lavoratori interessati da quota 100 la decorrenza delle pensioni scatterà dopo 3 mesi dalla maturazione del diritto, per cui solo a partire dal 1 aprile 2019 per coloro che hanno conseguito i requisiti entro l’anno 2018.

Art. 16 – PROROGA OPZIONE DONNA

Si tratta di una misura già praticata in passato e che prevede la possibilità per una donna di andare in pensione prima a fronte del calcolo dell’assegno unicamente con il sistema contributivo, invece di quello misto (retributivo-contributivo) - più favorevole in generale - cui avrebbe diritto in base alla propria storia lavorativa.

L’opzione donna è ora utilizzabile dalle lavoratrici che entro il 2018 abbiano accumulato almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età, se dipendenti, o 59 anni se autonome.

Evidenziamo che rispetto ad una pensione di vecchiaia lo sconto sul requisito anagrafico è di 8/9 anni, mentre invece nei confronti del requisito contributivo di una pensione anticipata è di 6 anni e 10 mesi. Tuttavia, per una pensione liquidata con l’opzione donna la convenienza va valutata anche in funzione di una decorrenza di molto posticipata rispetto al conseguimento dei requisiti: 12 mesi per una lavoratrice dipendente e 18 mesi per una lavoratrice autonoma.

Art. 17 – NON APPLICAZIONE SPERANZA VITA PER LAVORATORI PRECOCI

Dal 2019 si applica anche ai c.d. lavoratori precoci - vale a dire soggetti con almeno 12 mesi di contributi versati prima di aver compiuto 19 anni e che se rientranti in determinate categorie possono andare in pensione unicamente con soli 41 anni di anzianità contributiva – lo stesso meccanismo di sterilizzazione dal 2019 al 2026 dell’adeguamento alla speranza di vita.

Analogamente, d’ora in poi tali soggetti potranno andare effettivamente in pensione solo dopo 3 mesi dalla maturazione dei requisiti, replicandosi in questo senso quel saldo netto positivo di 2 mesi visto in precedenza per la maturazione del regime ordinario di pensionamento anticipato (infatti, non scattano i 5 mesi di adeguamento alla speranza di vita del biennio 2019/2020, ma c’è il ripristino delle finestre mobili trimestrali per la decorrenza).

Ricordiamo che le potenziali categorie di lavoratori precoci – già individuate con la legge di bilancio 2017 e per i quali andranno verificati i requisiti contributivi di cui sopra - sono così riassumibili: disoccupati che hanno terminato da almeno 3 mesi la fruizione integrale dell’indennità di disoccupazione; soggetti che assistono da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo o secondo grado convivente con handicap grave; soggetti con un’invalidità civile riconosciuta pari ad almeno il 74%; lavoratori occupati da almeno 6 anni anche non consecutivi negli ultimi 7 in attività particolarmente rischiose e faticose, (tra cui, ad esempio, personale sanitario/infermieristico, facchini, addetti pulizie e operatori ecologici, maestre asili nido e scuola materna); lavoratori impegnati in attività riconosciute dalla legge come usuranti.

Art. 18 – PROROGA APE SOCIALE

Si prevede un allungamento dei termini fino a tutto il 2019 per fruire di questa misura, introdotta sperimentalmente nel 2017 e altrimenti scaduta nel 2018, e che, come noto, si configura come un anticipo pensionistico a carico dello Stato riconosciuto anche qui a determinate categorie di soggetti.

Ricordiamo che lo strumento consiste nella possibilità per over 63 - a cui oggi mancano quindi diversi anni dalla pensione di vecchiaia - di anticipare comunque la propria uscita dal lavoro, vedendosi contestualmente riconoscere dallo Stato in questo lasso di tempo - per 12 mesi all’anno, no 13esima/14esima - un’indennità mensile, non rivalutabile, pari in sostanza alla pensione, fino a un massimo di 1.500 €.

I soggetti destinatari di questa possibilità sono così riassumibili: disoccupati che hanno terminato da almeno 3 mesi la fruizione integrale dell’indennità di disoccupazione con 30 anni di contributi; soggetti con 30 anni di contributi che assistono da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo o secondo grado convivente con handicap grave; soggetti con un’invalidità civile riconosciuta pari ad almeno il 74% con 30 anni di contributi;  lavoratori con 36 anni di contributi occupati da almeno 6 anni anche non consecutivi negli ultimi 7 in attività particolarmente rischiose e faticose (tra cui, ad esempio, personale sanitario/infermieristico, facchini, addetti pulizie e operatori ecologici, maestre asili nido e scuola materna, braccianti e operai agricoli, marittimi, addetti della zootecnia e della pesca) – le lavoratrici madri possono  beneficiare di  un anno di sconto dei requisiti contributivi per ogni figlio fino ad un massimo di 2 anni.

 Art. 20, cc. 1-5 PACE CONTRIBUTIVA

Sperimentalmente nel triennio 2019-2021, unicamente ad un lavoratore che abbia iniziato a lavorare dal 1996 in poi e che andrà quindi in pensione unicamente con il sistema contributivo, viene data la possibilità di riscattare periodi pregressi non coperti da contribuzione fino ad un massimo di 5 anni, anche non consecutivi, con una detraibilità fiscale dell’onere complessivo del 50% in 5 quote annuali e con la possibilità di rateizzare il pagamento in 60 rate mensili.

Tale misura assume un valore particolarmente significativo visto che il costo della pace contributiva potrebbe essere sostenuto, volendo, dal soggetto interessato destinando a tal fine i premi di risultato pagati dal suo datore di lavoro, con l’aggiunta quindi di una nuova forma di fungibilità del premio aziendale in strumento di welfare detassato e di una speculare deducibilità dal reddito di impresa di tale somma.

Art. 20, c. 6 RISCATTO LAUREA ANTICIPATO PER UNIDER 45

Si introduce una nuova modalità strutturale (non sperimentale) di riscatto del periodo legale del corso di studi di laurea ad un costo ridotto riservato unicamente a soggetti che non abbiano compiuto 45 anni di età.

La convenienza di questa nuova modalità di riscatto, che può riguardare unicamente periodi di competenza del metodo contributivo (cioè a partire dal 1996), risiede in una quantificazione del costo da sostenere in maniera forfettaria e non proporzionale al reddito imponibile dell’ultimo anno, come invece previsto dal regime di riscatto ordinario.

Più in particolare ai fini della determinazione del costo va preso a riferimento il minimale di reddito della Gestione dei lavoratori autonomi (artigiani e commercianti) - pari attualmente a 15.882 € - applicando poi a tale reddito l’aliquota IVS del 33% valida per i lavoratori dipendenti.

Si ottiene così un costo stimato per ogni anno di laurea riscattato pari a circa 5.240 € ed un risparmio rispetto al costo da sostenere per una modalità di riscatto ordinario direttamente proporzionale alla retribuzione posseduta dal singolo soggetto al momento della richiesta.

E’ ovviamente mantenuto il meccanismo ordinario di riscatto laurea già in vigore che potrà quindi essere praticato da over 45 o da under 45 relativamente a periodi che ricadono nel meccanismo di calcolo retributivo, vale a dire prima del 1996.

Art. 22 – SCIVOLO 3 ANNI PER QUOTA 100 TRAMITE FONDI SOLIDARIETA’

Per anticipare ulteriormente il pensionamento di alcuni soggetti, viene prevista la possibilità per soggetti che matureranno quota 100 entro il 2021 - ad esempio un 59enne con 35 anni di contributi che tra 3 anni abbia 62 anni di età 38 di contributi - di vedersi riconoscere nel frattempo un assegno straordinario di sostegno al reddito pagato da uno dei fondi di solidarietà di cui al decreto legislativo 148/2015 e sempreché lo stesso fondo lo preveda adeguando le proprie finalità.

In sostanza, sulla falsariga di quanto già avviene in determinati comparti (es. settore bancario e credito cooperativo) si introduce uno scivolo pensionistico di 3 anni per raggiungere quota 100 fruibile unicamente per quei settori/imprese dotati/e di un fondo di solidarietà.

Due sono le condizioni imprescindibili per poter praticare questa misura:

• la stipula di un accordo aziendale/territoriale che indichi il numero di lavoratori da assumere in sostituzione dei lavoratori in uscita;

• il versamento – deducibile fiscalmente - da parte dell’impresa interessata di una specifica contribuzione al fondo di solidarietà in questione per compensare il costo legato a questo scivolo pensionistico.

Dobbiamo evidenziare che per il nostro SISTEMA COOPERATIVO, fatta eccezione per il credito cooperativo che vanta un proprio fondo di solidarietà, il fondo interessato è il FONDO DI INTEGRAZIONE SALARIALE (residuale) istituito presso l’INPS, nel quale dal 2012 abbiamo deciso di far confluire i datori di lavoro con più di 5 dipendenti non coperti dagli ammortizzatori ordinari (CIGO/CIGS): è a questo fondo quindi – e alle sue specifiche decisioni che bisognerà far riferimento per praticare eventualmente nei prossimi mesi tale misura. L’interesse delle imprese e la valutazione costi/benefici dipenderà sicuramente infatti da tali indicazioni, tra cui in particolare quelle relative all’onere da sostenere come datori di lavoro.         

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Infine, segnaliamo che l’INPS ha immediatamente informato - circolari n. 10 e n. 11 e messaggi n. 395 e n. 402 del 29 gennaio 2019 - i soggetti interessati relativamente alle novità pensionistiche introdotte con il decreto-legge compresa la presentazione on-line delle domande per accedere a quota 100, alla pensione anticipata ordinaria in linea con le modifiche apportate, alla proroga di opzione donna nonché rispetto alla riapertura dei termini per l’APE Sociale.

Rispetto al tema del Reddito di cittadinanza è invece disponibile una guida elaborata a cura dello stesso Istituto in cui vengono riassunti i passaggi principali.