Il 15 settembre u.s., il Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano
Patuanelli, ha firmato il Decreto che dà il via alla sperimentazione delle
configurazioni di autoconsumo collettivo e delle comunità energetiche (in
allegato 1). Grazie alle tecnologie
dell'energia distribuita ed alla responsabilizzazione dei consumatori, le
comunità energetiche rappresentano un modo efficace ed economicamente
efficiente di rispondere ai bisogni e alle aspettative dei cittadini riguardo
alle fonti energetiche, ai servizi ed alla partecipazione locale.
Sebbene il decreto risulti ancora in fase di registrazione alla Corte dei
Conti, sembra utile fornire, sin da ora, alcune informazioni di inquadramento, sul
contenuto e sulle novità introdotte.
Obiettivo del provvedimento è quello di rendere operativa la misura
introdotta a dicembre 2019 con il cosiddetto decreto “Milleproroghe”
(articolo 42-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162), che ha
anticipato, in via sperimentale e transitoria, il recepimento
-
della direttiva UE n.2018/2001 (che, agli articoli 21 e 22, disciplina
autoconsumo collettivo e comunità di energia rinnovabile)
-
della direttiva UE n.2019/944 (in cui sono disciplinati i principi che
dovranno regolare le comunità energetiche dei cittadini).
Si forniscono, quindi, di seguito, alcuni elementi utili per la lettura
del nuovo decreto.
1. DEFINIZIONI
Per maggiore chiarimento, si ricorda che nel sistema delle direttive
citate sono definiti:
- autoconsumatore
di energia rinnovabile: un cliente finale che, operando in propri
siti situati entro confini definiti o, se consentito da uno Stato membro, in
altri siti, produce energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo e può
immagazzinare o vendere energia elettrica rinnovabile autoprodotta purché, per
un autoconsumatore di energia rinnovabile diverso dai nuclei familiari, tali
attività non costituiscano l'attività commerciale o professionale principale;
- autoconsumatori di energia rinnovabile
che agiscono collettivamente: gruppo di almeno due autoconsumatori
di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e si trovano nello
stesso edificio o condominio;
- comunità di energia rinnovabile:
soggetto giuridico:
a) che, conformemente al
diritto nazionale applicabile, si basa sulla partecipazione aperta e
volontaria, è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri
che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da
fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal soggetto giuridico in questione;
b) i cui azionisti o membri
sono persone fisiche, PMI o autorità locali, comprese le amministrazioni
comunali;
c) il cui obiettivo principale è fornire benefici
ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o
membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari;
Sembra molto
interessante rilevare che, con riferimento alla natura giuridica del soggetto
“comunità di energia rinnovabile”, a mero titolo di esempio e per le attività
consentite alle comunità energetiche rinnovabili dal decreto-legge 162/19, l’ARERA, nella delibera 318/2020/R/eel
del 4 agosto 2020 (in Allegato2) abbia chiarito che “in questa fase di prima attuazione della direttiva 2018/2001 la forma
giuridica prescelta potrebbe essere quella degli enti del terzo settore, così
come definiti dall’articolo 4 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117,
con iscrizione al registro unico nazionale del terzo settore di cui
all’articolo 22 del medesimo decreto legislativo, ovvero quella delle cooperative
a mutualità prevalente o cooperative non a mutualità prevalente, cooperative
benefit, consorzi, partenariati, organizzazioni senza scopo di lucro, purché
tali entità rispettino i requisiti di cui al decreto-legge 162/19 e alla
direttiva 2018/2001”.
A queste definizioni, contenute nella direttiva sulle fonti rinnovabili
di energia, si aggiunge la definizione di comunità
energetica dei cittadini prevista dalla direttiva 944/2018 che non
risulta riferita necessariamente alle fonti rinnovabili di energia e che è
definita come un soggetto giuridico che:
a) è fondato sulla
partecipazione volontaria ed aperta ed è effettivamente controllato da membri o
soci che sono persone fisiche, autorità locali, comprese le amministrazioni
comunali, o piccole imprese;
b) ha lo scopo principale di
offrire ai suoi membri o soci o al territorio in cui opera benefici ambientali,
economici o sociali a livello di comunità, anziché generare profitti
finanziari; e
c) può partecipare alla
generazione, anche da fonti rinnovabili, alla distribuzione, alla fornitura, al
consumo, all'aggregazione, allo stoccaggio dell'energia, ai servizi di
efficienza energetica, o a servizi di ricarica per veicoli elettrici o fornire
altri servizi energetici ai suoi membri o soci.
2. L’ARTICOLO 42-BIS DEL CD “DECRETO
MILLEPROROGHE”
In tale contesto, anticipando parzialmente il recepimento delle citate
direttive, si ricorda come l’articolo 42-bis abbia definito le modalità
e le condizioni a cui è consentito, in via transitoria, attivare l’autoconsumo
collettivo da fonti rinnovabili ovvero realizzare comunità di energia
rinnovabile.
Pare utile segnalare che, rispetto a questo recepimento anticipato la Confederazione
e la Federazione Consumo ed Utenza si sono espresse in tutte le sedi utili, sin
dalla fase di proposta normativa, in
modo critico, rilevando, in particolare, come l’adozione anticipata e
fortemente limitata rischiasse di rappresentare una occasione persa per
valorizzare in pieno lo strumento e le potenzialità offerte dalle comunità
energetiche, senza peraltro tenere conto delle virtuose realtà già esistenti
(cooperative elettriche storiche) e senza una chiara definizione della natura
giuridica del soggetto di riferimento. Tra le criticità sono state rilevate
anche l’introduzione di una serie di limitazioni rispetto alla previsione delle
Direttive non motivate (limite impianti 200Kw) e l’adozione di scelte
importanti, con riferimento al sistema incentivante e degli oneri, con il
rischio di condizionare il successivo recepimento (ancora in corso).
Anche sulla base delle perplessità sollevate, l’articolo 42-bis è stato approvato con la precisazione che si
tratta di una norma di primissima e sperimentale applicazione, fino
all’applicazione delle disposizioni di compiuto recepimento delle direttive in
materia di energia.
Nel dettaglio, la disposizione approvata prevede, quindi, che i clienti
finali si associno per diventare autoconsumatori di energia rinnovabile, ovvero
per realizzare comunità di energia rinnovabile, nel rispetto delle seguenti
condizioni:
-
nel caso di autoconsumatori di
energia rinnovabile che agiscono collettivamente, i soggetti diversi dai nuclei
familiari siano associati nel solo caso in cui le attività di produzione e
scambio dell’energia elettrica non costituiscano l’attività commerciale o
professionale principale;
-
nel caso di comunità di energia
rinnovabile, gli azionisti o membri siano persone fisiche, PMI, enti territoriali
o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali, a condizione che, per
le imprese private, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non
costituisca l’attività commerciale e industriale principale;
-
l’obiettivo principale dell’associazione
sia fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai
propri azionisti o membri o alle aree locali in cui opera la comunità,
piuttosto che profitti finanziari;
-
la partecipazione alle comunità
di energia rinnovabile sia aperta a tutti i clienti finali, in particolare i
clienti domestici, ubicati nel perimetro di seguito specificato, compresi
quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili;
-
i soggetti partecipanti a una
delle due precedenti configurazioni (comunità di energia rinnovabile ovvero
autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente) producano
energia elettrica destinata al proprio consumo con impianti alimentati da fonti
rinnovabili di potenza complessiva non superiore a 200 kW, entrati in
esercizio successivamente alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del medesimo decreto-legge 162/19 ed entro i 60 giorni successivi
alla data di entrata in vigore del provvedimento di recepimento della direttiva
2018/2001;
-
i soggetti partecipanti condividano
l’energia elettrica prodotta utilizzando la rete di distribuzione esistente;
-
l’energia sia condivisa per
l’autoconsumo istantaneo, che può avvenire anche attraverso sistemi di
accumulo;
-
l’energia elettrica prelevata dalla
rete pubblica, ivi inclusa quella oggetto di condivisione, sia assoggettata
alle componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema;
-
nel caso di autoconsumatori
di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, gli stessi devono trovarsi
nello
stesso edificio o condominio;
-
nel caso di comunità
energetiche rinnovabili, i punti di prelievo dei consumatori ed i punti di immissione degli impianti di
produzione
alimentanti da fonti rinnovabili siano ubicati su reti elettriche in bassa tensione sottese, alla data di
creazione dell’associazione, alla medesima cabina di trasformazione media/bassa
tensione (cabina secondaria).
L’articolo 42-bis, comma 8, del
decreto-legge 162/19 rinvia ad una delibera dell’Autorità l’adozione dei
provvedimenti necessari a garantire l’immediata attuazione di quanto previsto
dal medesimo decreto. D’altra parte, l’articolo 42-bis, comma 9, del
decreto-legge 162/19 rinvia ad un decreto del Ministro dello Sviluppo Economico
l’individuazione di una tariffa incentivante per la remunerazione degli
impianti a fonti rinnovabili inseriti nelle configurazioni indicate.
3.
CONTENUTO DEL NUOVO DECRETO
Con specifico riferimento, quindi, al nuovo decreto in esame, le
cui previsioni vanno lette in combinato con quanto previsto nella citata delibera
ARERA 318/2020/R/ del 4 agosto 2020:
-
si individua la tariffa
incentivante per la remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili inseriti
nelle configurazioni per l'autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili e nelle
comunità energetiche rinnovabili, come disciplinate dallo stesso articolo
42-bis e regolate da ARERA con deliberazione n. 318/2020/R/eel del 4 agosto
2020;
-
si individuano i limiti e le
modalità relativi all’utilizzo ed alla valorizzazione dell’energia condivisa
prodotta da impianti fotovoltaici che accedono alle detrazioni stabilite dalla
disciplina del “superbonus 110%”.
Il decreto prevede che l’energia elettrica prodotta da ciascuno degli
impianti a fonti rinnovabili facenti parte delle configurazioni di autoconsumo
collettivo ovvero di comunità energetiche rinnovabili e che risulti condivisa ha
diritto, per un periodo di 20 anni ad una tariffa incentivante. Il periodo
di diritto alle tariffe incentivanti è considerato al netto di eventuali
fermate, disposte dalle competenti autorità, secondo la normativa vigente,
per problemi connessi alla sicurezza della rete elettrica riconosciuti dal
gestore di rete, per eventi calamitosi riconosciuti dalle competenti autorità,
per altre cause di forza maggiore riscontrate dal GSE.
Il decreto si applica alle
configurazioni di autoconsumo collettivo e alle comunità energetiche
rinnovabili realizzate con impianti a fonti rinnovabili, ivi inclusi i potenziamenti,
entrati in esercizio a decorrere dal 1 marzo 2020 ed entro i sessanta giorni
successivi alla data di entrata in vigore del provvedimento di recepimento
della direttiva (UE) 2018/2001 e per i quali il GSE abbia svolto con esito
positivo la propria verifica (art. 4.6 dell’allegato A alla deliberazione ARERA
n. 318/2020/R/eel del 4 agosto 2020).
Il decreto prevede una tariffa incentivante in forma di tariffa premio
pari a:
a) 100 €/MWh nel caso in cui l’impianto di produzione faccia parte di una
configurazione di autoconsumo collettivo;
b) 110 €/MWh nel caso in cui l’impianto faccia parte di una comunità
energetica rinnovabile.
L’intera energia prodotta ed immessa in rete resta nella disponibilità
del referente della configurazione, con facoltà di cessione al GSE, fermo
restando l’obbligo di cessione previsto per l’energia elettrica non
autoconsumata o non condivisa, sottesa alla quota di potenza che acceda al cd
Superbonus 110% (sul Superbonus vedi, da ultimo, circolare 28/2020 del
Servizio Ambiente ed Energia).
3.1.
Cumulabilità degli incentivi
Per gli enti territoriali e locali, le tariffe non sono cumulabili con
gli incentivi di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 luglio
2019, né con il meccanismo dello scambio sul posto. Per i soggetti diversi da
quelli indicati, le tariffe disciplinate dal nuovo decreto sono cumulabili
esclusivamente con:
a) la detrazione di cui all’articolo 16-bis, comma 1, del DPR 917/1986 (detrazione
fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio);
b) la detrazione del Superbonus 110%, nei limiti e alle condizioni
stabilite dall’articolo 3, comma 3 del decreto, che prevede la tariffa
incentivante non si applica all’energia elettrica condivisa sottesa alla quota
di potenza di impianti fotovoltaici che ha accesso al Superbonus, per la
quale resta fermo il diritto al contributo per l’autoconsumo collettivo
previsto dalla regolazione di ARERA, nonché l’obbligo di cessione dell’energia
prodotta.
3.2.
Applicazione del Superbonus 110%
Con specifico riferimento al Superbonus 110%, il decreto fissa la
soglia di spesa prevista dal Superbonus 110% per l’istallazione
dell’impianto fotovoltaico di € 2.400 al kW, mentre nel caso di
demolizione e ricostruzione dell’edificio, la spesa ammissibile diventa di
1.600 euro per ogni kW.
Per tutti i casi, comunque, vale il massimo di spesa totale di 48.000
euro.