Con sentenza del 29 aprile 2021 (in
Allegato), resa nella causa C-617/2019, la Corte di giustizia è intervenuta a
fornire importanti chiarimenti sull’applicazione della disciplina in materia di
Emission Trading (ETS) e, in particolare, sulla nozione di impianto e di
gestore.
Il ricorso è stato proposto nell’ambito di
una controversia tra la Granarolo SpA contro il Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare (Italia), il Ministero dello Sviluppo
economico (Italia) e il Comitato nazionale ETS in ordine al rigetto di una
domanda di aggiornamento dell’autorizzazione ad emettere gas a effetto serra
detenuta dalla Granarolo per uno dei suoi impianti rientrante nel sistema per
lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra («ETS»).
Oggetto della controversia, la nozione di
“impianto” e di “gestore”, a seguito della cessione, da parte di Granarolo, dell’unità
di cogenerazione di cui era proprietaria nello stesso sito industriale del suo
stabilimento di produzione alimentare ad altra società specializzata nel
settore energetico e della contestuale conclusione, con la stessa società, di
un contratto di fornitura di energia con quest’ultima.
Occorre precisare che la questione non è
solo terminologica o definitoria, dovendo considerare
che ad una capacità inferiore a 20 MW l’unità di cogenerazione non necessita
un’autorizzazione alle emissioni di gas a effetto serra, e che, quindi, in via generale, una
diminuzione della quantità di emissioni prodotte annualmente come conseguenza
della cessione dell’unità di cogenerazione potrebbe portare ad una esclusione dall’ambito
di applicazione della disciplina ETS.
Nella controversia in esame, il Comitato
ETS sosteneva che, nonostante il contratto di fornitura di energia sottoscritto
con altra società, lo stabilimento produttivo Granarolo conservava comunque
un’interconnessione funzionale con l’unità di cogenerazione. In tale contesto,
il Comitato aveva sostenuto il mantenimento della qualifica di gestore dell’unità
di cogenerazione da parte della società Granarolo dovendo considerare comunque
l’insieme delle strutture come un unico impianto ai sensi della disciplina in
materia di ETS (con i conseguenti obblighi di restituzione delle quote di
emissione per ogni tonnellata di CO2eq emessa).
Il Comitato, ETS, in particolare, sosteneva che la cessione dell’unità
di cogenerazione non modifica la configurazione dell’impianto continuando a sussistere
un nesso funzionale tra tale unità di cogenerazione e lo stabilimento
produttivo e che, quando un’unità di cogenerazione è tecnicamente collegata
allo stabilimento produttivo e può avere un impatto sulle emissioni
complessive, la si dovrebbe considerare parte di un unico impianto insieme allo
stabilimento produttivo e assoggettarla pertanto a un’unica autorizzazione,
anche qualora tale unità di cogenerazione si trovi al di fuori del sito di
produzione.
Sulla questione, la Corte ha fornito i
seguenti chiarimenti:
-
con
riferimento alla nozione di impianto,
considerato che, nel caso di specie, la connessione tra l’unità di
cogenerazione e lo stabilimento produttivo non contribuisce all’integrità del
processo tecnico delle attività svolte nella centrale termica di tale
stabilimento e, di conseguenza, i criteri di cui all’articolo 3, lettera e),
della direttiva 2003/87 non sono soddisfatti, l’unità di cogenerazione e la
centrale termica non possono essere considerate come costituenti un solo ed
unico impianto ai sensi di tale disposizione:
-
con
riferimento alla nozione di gestore occorre esaminare se, nel caso in cui il proprietario
di uno stabilimento produttivo abbia ceduto ad un’impresa specializzata nel
settore dell’energia un’unità di cogenerazione situata nello stesso sito
industriale di detto stabilimento, sia venuto meno, a seguito di tale
trasferimento, il controllo di tale proprietario sul funzionamento dell’unità
di cogenerazione e, di conseguenza, sulle emissioni di gas a effetto serra
derivanti dalle attività di quest’ultima. In una tale situazione, detto
proprietario non può essere considerato, dopo il trasferimento, come il gestore
dell’unità di cogenerazione.
Conclusivamente, la Corte ha stabilito che: “l’articolo 3, lettere e) e f), della
direttiva 2003/87, in combinato disposto con i punti 2 e 3 dell’allegato I di
quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che il proprietario di uno stabilimento produttivo dotato di una
centrale termica la cui attività rientra nell’ambito di applicazione di tale
allegato I possa ottenere un aggiornamento
della sua autorizzazione ad emettere gas a effetto serra…. se ha ceduto un’unità di cogenerazione situata nello stesso sito industriale
di tale stabilimento ed esercente un’attività con una capacità inferiore alla
soglia stabilita in detto allegato I ad un’impresa specializzata nel settore
dell’energia, concludendo con tale impresa un contratto che prevede, in
particolare, la fornitura a detto stabilimento dell’energia prodotta da tale
unità di cogenerazione, sempre che la centrale termica e l’unità di
cogenerazione non costituiscano un solo ed unico impianto,
ai sensi dell’articolo 3, lettera e), di detta direttiva, e che, in ogni caso, il proprietario dello stabilimento produttivo non sia
più il gestore dell’unità di cogenerazione, ai sensi
dell’articolo 3, lettera f), della medesima direttiva”.
Si segnala che per qualsiasi
chiarimento o informazione è possibile rivolgersi a Maria Adele Prosperoni (prosperoni.m@confcooperative.it), Capo
Servizio Ambiente ed Energia.