Circolari

Circ. n. 22/2018

Legge 9 agosto 2018, n. 96 di conversione del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”.(G.U. n. 186 dell’11 agosto 2018).

Commentiamo in questa sede le novità in materia di lavoro introdotte dal Parlamento in sede di conversione del decreto-legge n. 87/2018(1), rinviando alle comunicazioni del Servizio Legislativo–Legale–Fiscale per una disamina generale del provvedimento.

Tra i cambiamenti apportati in sede legislativa, segnaliamo in particolare:

  • il regime transitorio valido fino al 31 ottobre 2018 per rinnovare/prorogare contratti a termine secondo le vecchie regole in uso prima che fosse emanato il decreto-legge;

  • l’introduzione di un nuovo esonero contributivo per assunzioni di under 35 a tempo indeterminato effettuate nel 2019 e nel 2020;

  • ulteriori aggiustamenti per la somministrazione di lavoro con nuovi limiti quantitativi per l’utilizzatore definiti per legge e nuove sanzioni in caso di somministrazione fraudolenta;

  • alcune parziali modifiche alle prestazioni occasionali, come disciplinate l’anno scorso dall’art. 54-bis della legge 96/2017(2),  soprattutto a beneficio dei settori agricolo e turistico-alberghiero.

Di seguito i diversi capitoli del provvedimento di nostro specifico interesse, avendo a riferimento il testo coordinato del decreto-legge con la legge di conversione, in allegato.

   

  1. MODIFICHE PER CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO (artt. 1 e 3, c. 2)

In via preliminare occorre ribadire che i contratti a tempo determinato stipulati ex novo devono tutti rispettare le nuove norme, vale a dire, in sintesi: durata massima complessiva del rapporto pari a 24 mesi (fatte salve naturalmente diverse indicazioni da parte della contrattazione collettiva a tutti i livelli), numero massimo di proroghe ammesse pari a 4, indicazione obbligatoria delle causali qualora si superi una durata complessiva di 12 mesi (anche per effetto di proroghe) o in presenza di rinnovi.

Siamo invece di fronte alla presenza di REGIMI DIVERSI, in funzione del momento in cui sono stati o si andranno a prorogare/rinnovare contratti già in essere.

Infatti, in sede di conversione, con una modifica all’art. 1, comma 2, è stato precisato che le novità introdotte dall’art. 1 del decreto si applicheranno “ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018.

Ciò determina un REGIME TRANSITORIO per cui DAL 12 AGOSTO u.s. – entrata in vigore della legge di conversione – AL 31 OTTOBRE p.v., sarà possibile rinnovare e prorogare i contratti seguendo la vecchia disciplina dei contratti a tempo determinato di cui agli artt. 19-29 del decreto legislativo n. 81/2015.

Come noto, si tratta di una disciplina meno stringente e vincolante e che dovrebbe quindi portare molto probabilmente le imprese a praticare soluzioni di proroghe e rinnovi di contratti a termine in queste settimane/mesi piuttosto che non DAL 1° NOVEMBRE 2018, giorno in cui entreranno – “nuovamente” - a regime tutte le novità.

Nuovamente, perché in realtà le nuove norme, fatte salve alcune parziali precisazioni intervenute in sede di conversione, avevano già prodotto effetto per proroghe e rinnovi effettuati tra il 14 luglio u.s. (entrata in vigore del decreto-legge) e l’11 agosto u.s. (prima che entrassero in vigore legge di conversione e regime transitorio).

Un regime transitorio meno stringente dipende dal fatto che rinnovare/prorogare i contratti a tempo determinato da qui fino al 31 ottobre p.v. significherà poter applicare in sostanza tutte le vecchie regole valide fino al 13 luglio 2018:

  • 36 mesi di durata massima complessiva del rapporto;

  • massimo di 5 proroghe;

  • assenza di causale anche se si superano 12 mesi o in presenza di rinnovi.

Stando al dettato normativo, che non specifica nulla di più a riguardo, l’applicazione delle vecchie regole per rinnovi e proroghe effettuati in questo intervallo temporale dovrebbe valere anche con riferimento a contratti già scaduti, ad esempio prima che entrasse in vigore il decreto-legge. Si tratta di un aspetto su cui sarebbe auspicabile avere una conferma da parte del Ministero del Lavoro che ha annunciato una prossima circolare su tutta la nuova disciplina.

 Occorre sottolineare che l’aumento del costo contributivo pari allo 0,5% già previsto nella versione originaria del decreto-legge (art. 3, comma 2) in presenza di ciascun rinnovo - confermata invece l’esenzione qualora si tratti di proroga - si applica tuttavia sempre e comunque a partire dal 14 luglio u.s., a prescindere da quando si è concretizzato o si concretizzerà il momento del rinnovo.

In via generale, si viene quindi a configurare una situazione così schematizzabile:

-  Contratti stipulati/rinnovati/prorogati entro il 13 luglio 2018                                      per tutti: norme decreto legislativo 81/2015 (36 mesi, 5 proroghe, no causale)

-  Contratti stipulati/rinnovati/prorogati tra il 14 luglio e l’11 agosto 2018                            per tutti: modifiche D.L. 87/2017 (24 mesi, 4 proroghe, obbligo causale per durata superiore a 12 mesi e rinnovi, aumento contributivo 0,5% per ciascun rinnovo)

-  Contratti stipulati/rinnovati/prorogati tra il 12 agosto e il 31 ottobre 2018                  a) per nuovi contratti: modifiche D.L. 87/2017 come convertito da legge 96/2018                                                                                 

   b) per proroghe: decreto legislativo 81/2015

   c) per rinnovi: decreto legislativo 81/2015 + aumento contributivo 0,5% per  ciascun rinnovo

-  Contratti stipulati/rinnovati/prorogati a partire dal 1° novembre 2018                             per tutti: modifiche D.L. 87/2017 come convertito da legge 96/2018

Rispetto alle ULTERIORI MODIFICHE IN SEDE DI CONVERSIONE – come visto in vigore dal 12 agosto u.s. per i contratti stipulati ex novo e a partire dal 1° novembre p.v. per rinnovi e proroghe– segnaliamo:

  • la riformulazione – senza che ne cambi la sostanza – di una delle 3 causali cui può ricorrere un datore di lavoro: anziché esigenze sostitutive di altri lavoratori si è più correttamente fatto riferimento alle “esigenze di sostituzione di altri lavoratori (ricordiamo che le altre 2 causali utilizzabili riguardano esigenze temporanee/oggettive estranee all’ordinaria attività oppure esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria);

  • la puntualizzazione circa il fatto che la mancata indicazione di una legittima causale, dovuta come visto in presenza di un qualsiasi rinnovo o qualora si registri - anche per effetto di proroghe - il superamento di una durata complessiva di 12 mesi, comporti la trasformazione del contratto a tempo indeterminato. In caso di rinnovo o proroga non viene chiarito da quando scatterebbe la trasformazione a tempo indeterminato – l’attesa circolare ministeriale dovrebbe a nostro avviso farlo – mentre invece il legislatore precisa espressamente che ciò accadrebbe una volta superati i 12 mesi qualora già il primo contratto indicasse un termine temporale superiore senza alcuna causale.

     

Evidenziate le modifiche introdotte con il provvedimento in oggetto, ricordiamo che esistono specifiche deroghe ed esclusioni per i LAVORATORI OCCUPATI IN TALI ATTIVITA’ STAGIONALI.

Per attività stagionali dobbiamo intendere sia quelle espressamente definite tali dalla contrattazione collettiva (dai CCNL ma anche dal secondo livello) sia quelle elencate nel D.P.R. 1525/1963, ad oggi unico punto di riferimento a livello normativo, visto che il DM Lavoro cui il decreto legislativo 81/2015 (art. 2, comma 21) aveva anni fa attribuito appunto il compito di specificarle non è stato mai emanato.

1.      NON TROVA APPLICAZIONE IL VINCOLO DELLE CAUSALI

2.      NON TROVA APPLICAZIONE IL LIMITE DI DURATA MASSIMA COMPLESSIVA

3.      VIGE L’ESONERO DAI LIMITI QUANTITATIVI DI UTILIZZO

4.      VIGE l’ESONERO dalle REGOLE sul c.d. “STOP and GO”, vale a dire sulle PAUSE da rispettare tra la stipula di un CONTRATTO e quello SUCCESSSIVO;

5.      VIGE l’ESONERO DA CONTRIBUZIONE NASPI AGGIUNTIVA E QUINDI ANCHE DAL CONTRIBUTO INCREMENTALE DELLO 0,5% IN PRESENZA DI CIASCUN RINNOVO (in questo caso solo nel caso di occupati in attività stagionali di cui al D.P.R. 1525/1963 e non di quelle definite tali dalla contrattazione collettiva).

 

Inoltre, ancorché utilizzati per attività stagionali, gli OTD AGRICOLI RIMANGONO ESCLUSI DA TUTTA LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO.

Ciò in base a quanto disposto dall’art. 29, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 81/2015 - passaggio normativo non modificato dal provvedimento in oggetto - secondo cui sono esclusi, in quanto già disciplinati da specifiche normative “i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato, così come definiti dall’art. 12, comma 2, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375”.

Riassunto il quadro normativo, ci preme richiamare come lo stesso vada sempre letto e integrato con le disposizioni presenti nella contrattazione collettiva, visto che le regole definite in via generale dal legislatore potrebbero comunque trovare diverse declinazioni proprio per effetto di specifici rinvii e demandi operati dal legislatore nei confronti dei CCNL nonché della contrattazione di secondo livello (è il caso come abbiamo appena visto della definizione delle attività stagionali).

Come noto, la contrattazione può intervenire unicamente nell’ambito degli spazi concessi dal legislatore, per cui ad esempio nel caso del contratto a tempo determinato non sarà legittimata ad intervenire sul tema specifico delle causali.

Una lettura combinata tra disposizioni normative e contrattuali nonché la loro eventuale armonizzazione sono temi oltremodo rilevanti, che si pongono ogni volta che il legislatore interviene – molto spesso negli ultimi anni – a modificare le regole del mercato del lavoro e in particolare la disciplina delle diverse tipologie contrattuali (discorso che vale per il tempo determinato, ma anche ad esempio per la somministrazione di lavoro).

Ciò riguarda inevitabilmente anche il nostro sistema contrattuale: si prenda a titolo d’esempio il tema della durata complessiva del contatto a tempo determinato, ora fissata a 24 mesi dal legislatore, fatte salve diverse indicazioni contenute nei contratti collettivi, compresi appunto alcuni dei nostri CCNL.

   

  1. NUOVO ESONERO CONTRIBUTIVO PER ASSUNZIONI DI UNDER 35 A TEMPO INDETERMINATO EFFETTUATE NEL 2019 E NEL 2020 (art. 1-bis)

Nell’ottica di promuovere l’occupazione giovanile stabile è stato introdotto in sede di conversione un nuovo esonero contributivo per i datori di lavoro che assumano nel 2019 e nel 2020 giovani under 35 a tempo indeterminato.

Il meccanismo di incentivazione ricalca fedelmente il bonus occupazionale introdotto a livello strutturale dall’ultima legge di bilancio 2018(3) e fruibile dall’inizio di quest’anno: riduzione contributiva del 50% praticabile per 3 anni fino ad un massimo di 3 mila euro annui (premi e contributi INAIL da pagare comunque) relativamente all’assunzione di soggetti non già occupati a tempo indeterminato presso lo stesso o altro datore di lavoro (non rilevano anche in questo caso eventuali periodi di apprendistato svolti senza che il rapporto sia proseguito a tempo indeterminato alla fine della formazione).

Come si ricorderà, l’esonero contributivo introdotto dall’ultima legge di bilancio è dedicato tuttavia alle assunzioni a tempo indeterminato di under 30 e solo limitatamente al 2018 l’incentivo risulta esteso anche alle assunzioni di under 35.

Le nuove disposizioni introdotte con l’art. 1-bis del provvedimento in oggetto servono in sostanza a prorogare anche per i prossimi 2 anni questa estensione dell’incentivo alla fascia di età 30-35 anni, con la possibilità quindi per un datore di lavoro di sgravare anche le assunzioni di soggetti con più di 30 anni purché under 35.

Nonostante il legislatore rimandi per le modalità di fruizione del nuovo esonero ad un apposito decreto interministeriale (Lavoro-MEF), da emanare entro la prima metà di ottobre, è evidente come le stesse ricalcheranno sostanzialmente le regole valide per l’incentivo occupazionale disciplinato dalla legge 205/2017 (art. 1, commi 100-108).

   

  1. MODIFICHE PER SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO (art. 2)

Le modifiche interessano tanto i contratti in essere quanto quelli stipulati successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge e della sua conversione non essendo stato previsto in questo caso alcun regime transitorio.

Ciò detto, come già previsto dal D.L. anche prima della sua conversione, si registra una sostanziale applicazione delle regole valide per i contratti a termine anche ai rapporti di somministrazione a tempo determinato instaurati tra un’agenzia e un lavoratore: anche per una somministrazione di lavoro a tempo determinato risulta quindi applicabile tutta la disciplina appena vista in precedenza con le novità di cui sopra su durata e rinnovi (compreso quindi l’aumento contributivo dello 0,5% per ogni rinnovo del contratto), fatto salvo che per le proroghe la disciplina rimane quella prevista dalla contrattazione collettiva applicata dal somministratore, mentre invece l’obbligo delle causali, come specificato in sede di conversione, riguarda unicamente gli utilizzatori e non le agenzie.

Analogamente al regime previsto prima del decreto-legge, per le agenzie con rapporti di somministrazione a tempo determinato continueranno a non essere applicabili i limiti quantitativi di utilizzo, i diritti di precedenza e – novità aggiunta in sede di conversione (per cui valida solo dal 12 agosto u.s.) – le pause (c.d. “stop and go”) da rispettare tra la stipula di un contratto e quello successivo.

Rispetto ai LIMITI QUANTITATIVI PER L’UTILIZZATORE, di chi quindi impiega i lavoratori somministrati, in sede di conversione, è stato introdotto un nuovo vincolo a livello normativo: la somma dei lavoratori con contratto a tempo determinato o somministrati a tempo determinato non può superare per ogni anno il 30% dei lavoratori a tempo indeterminato. Sebbene siano fatte salve specifiche e diverse indicazioni da parte della contrattazione collettiva, si tratta di una novità comunque da registrare, visto che le norme previgenti demandavano unicamente a quest’ultima l’individuazione di tali limiti, non definendo per legge alcun tetto a riguardo.

Altra modifica rilevante apportata in sede di conversione e sicuramente condivisibile nell’ottica di contrastare fenomeni di abuso e sfruttamento sul lavoro riguarda il ripristino del reato di SOMMINISTRAZIONE FRAUDOLENTA. Ferme restando le sanzioni già previste qualora tali attività siano svolte da agenzie non autorizzate, d’ora in poi per una somministrazione di lavoro posta in essere con il fine specifico di eludere norme inderogabili di legge o disposizioni contrattuali sia il somministratore che l’utilizzatore saranno puniti per ciascun giorno con un ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto.

   

  1. MODIFICHE IN MATERIA DI PRESTAZIONI OCCASIONALI (art. 2-bis)

Nella legge di conversione sono state introdotte alcune parziali modifiche - in vigore dal 12 agosto u.s. - alla disciplina delle prestazioni occasionali di cui all’art. 54-bis della legge 96/2019.

Si tratta di marginali aggiustamenti rispetto ad uno strumento che – ci riferiamo in particolare al contratto di prestazione occasionale utilizzabile dalle imprese - reintrodotto nel 2017 ha dimostrato in questo anno appena trascorso un impiego piuttosto limitato e sicuramente inferiore ai vecchi voucher abrogati come noto dal marzo 2017.

Tutto ciò si spiega alla luce di alcune particolari rigidità contenute nella disciplina vigente(4), cui ora solo in parte, con le modifiche appunto introdotte nel provvedimento in oggetto, si cerca di superare con NOVITA’ NORMATIVE SOPRATTUTTO IN FAVORE DEI SETTORI AGRICOLO E TURISTICO-ALBERGHIERO.

  1. In deroga al divieto generale di ricorrere allo strumento applicabile ad imprese con più di 5 addetti a tempo indeterminato, si introduce la possibilità per le “aziende alberghiere e le strutture ricettive che operano nel settore del turismo” - definizioni forse meglio da puntualizzare in sede di circolare ministeriale - di impiegare con il contratto di prestazione occasionale determinate categorie soggetti - titolari di pensione di vecchiaia/invalidità; under 25 regolarmente iscritti presso istituto scolastico/università; disoccupati disponibili a lavorare; percettori di ammortizzatori sociali, del reddito di inclusione (REI) o di altre prestazioni di sostegno al reddito - anche se hanno alle proprie dipendenze fino ad 8 lavoratori (in questo caso si parla genericamente di lavoratori e non di addetti a tempo indeterminato, ma forse anche su questo aspetto sarebbe necessario un chiarimento ministeriale). Qualora gli stessi committenti volessero utilizzare prestatori diversi che non rientrano nelle specifiche categorie è chiaro che non si applicherà alcuna deroga ma varrà la regola generale.

     

  2. Si specifica l’obbligo per le stesse categorie di prestatori di cui sopra di autocertificare la propria condizione all’atto della propria registrazione – obbligatoria per legge - nella piattaforma informatica INPS. Si tratta peraltro degli stessi soggetti per cui già la normativa vigente prevede un conteggio al 75% e non per intero degli importi loro versati relativamente ai fini del limite di 5.000 € netti che ogni utilizzatore può versare a ciascun soggetto, nonché degli unici soggetti impiegabili nel settore agricolo da imprese comunque fino a 5 lavoratori a tempo indeterminato sempreché gli stessi non risultino iscritti nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli: anche quest’ultima condizione andrà d’ora in poi autocertificata dal prestatore in sede di registrazione nella piattaforma informatica e se ciò non fosse vero per questo non potrà essere sanzionata l’impresa agricola che lo utilizza.

     

  3. Rispetto alla comunicazione preventiva di avvio alla prestazione dell’utilizzatore da rendere come noto almeno 60 minuti prima tramite la piattaforma informatica INPS o il contact center, per il settore agricolo non bisognerà più indicare, tra le altre cose, la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a 3 giorni consecutivi, ma d’ora in poi “la data di inizio e il monte orario complessivo presunto con riferimento a un arco temporale non superiore a 10 giorni”. Si tratta di un regime di deroga che lascia più ampi margini di manovra rispetto alla regola generale di indicare data e ora di inizio e di fine della prestazione, che ora viene esteso anche alle aziende alberghiere e alle strutture ricettive che operano nel settore del turismo nonché agli enti locali.

     

  4. Esclusivamente per il settore agricolo l’obbligo delle 4 ore minime di prestazione continuativa andrà riferito d’ora in poi non più alla singola giornata, ma all’intero arco temporale indicato in sede di comunicazione preventiva di avvio alla prestazione, e quindi volendo anche fino ad un intervallo di 10 giorni (con un evidente alleggerimento di questo vincolo).

     

  5. A livello generale, il prestatore potrà richiedere in tutti i casi il pagamento del compenso da parte dell’utilizzatore anche attraverso l’emissione di un suo mandato/autorizzazione ad incassare il corrispettivo presso qualsiasi ufficio postale, e non necessariamente solo tramite un accredito/bonifico dell’INPS a metà del mese successivo rispetto a quando è stata svolta la prestazione. Tale possibilità, che sarà praticabile sempreché il prestatore abbia espresso questa volontà all’atto della propria registrazione nella piattaforma informatica INPS, permetterebbe ai fini dell’incasso sia accorciamento dei tempi di incasso sia una semplificazione delle procedure.

     

  6. Infine, si precisa che, ferma restando la responsabilità dell’utilizzatore, le somme dovute per l’attivazione del contratto di prestazione occasionale potranno essere versate anche attraverso un intermediario autorizzato (es. i nostri CSA), cui già sin dall’inizio la disciplina ha riconosciuto la legittimità ad operare rispetto a tutti gli altri adempimenti (registrazioni, comunicazioni, etc.).

   

  1. ULTERIORI NOVITA’ NORMATIVE

  1. Art. 3: Indennità di licenziamento ingiustificato o per offerta di conciliazione

Il decreto-legge aveva già innalzato (comma 1) i parametri minimi e massimi entro cui riconoscere l’indennità che l’impresa deve versare ad un lavoratore assunto dopo il 7 marzo 2015 con il c.d. contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, al posto della reintegra, in presenza di un licenziamento economico o disciplinare ingiustificato. Tali indennità, da riconoscere come noto in funzione dell’anzianità maturata dal lavoratore presso la stessa impresa con una proporzione di 2 mensilità per ogni anno di servizio (1 mensilità per le piccole realtà), a partire dal 14 luglio non possono comunque essere inferiori a 6 mensilità (prima erano 4) e superiori a 36 mensilità (prima erano 24) – limiti che scendono rispettivamente a 3 mensilità (prima erano 2) e 6 mensilità (come prima) per le piccole realtà.

In sede di conversione è stato inoltre aggiunto un nuovo comma 1-bis prevedendo, con decorrenza quindi dal 12 agosto u.s., anche un innalzamento da 2 a 3 e da 18 a 27 mensilità rispettivamente dei limiti minimi e massimi entro cui si colloca l’indennità che per tutte le tipologie di licenziamento l’impresa per prevenire/evitare contenziosi può offrire al lavoratore nell’eventuale offerta di conciliazione di cui all’art. 6 del decreto legislativo 23/2015(5)  – in questo caso l’importo dell’offerta di conciliazione, nel rispetto dei parametri minimi e massimi appena illustrati, va proporzionata ad 1 mensilità per ogni anno di servizio (0,5 mensilità nelle realtà più piccole, nelle quali tuttavia, il limite minimo dell’indennità passa da 1 a 1,5 mensilità - in parallelo con l’aumento generale - restando invece il limite massimo pari a 6).

 

  1. Art. 3-bis: Assunzioni e rafforzamento organici nei Centri per l’impiego

In sede di conversione viene introdotto uno specifico obbligo per le Regioni di destinare nel triennio 2019-2021 una quota delle proprie facoltà assunzionali al rafforzamento degli organici dei centri per l’impiego.

Operativamente, sarà un accordo da definire in sede di Conferenza Stato-regioni entro il 31 marzo di ciascun anno a stabilire le modalità secondo cui nella stessa sede si procederà all’individuazione di tali quote.

Tutto ciò con l’evidente obiettivo di garantire la piena operatività dei Cpi, anche in relazione a quanto previsto dal decreto legislativo 150/2015 in materia di servizi per il lavoro, che impone (art. 28) alcuni livelli essenziali delle prestazioni da assicurare inderogabilmente su tutto il territorio nazionale.

Il tema di un rafforzamento dei centri per l’impiego non è affatto nuovo e risulta imprescindibile se si vogliono sviluppare concretamente le politiche attive del lavoro.

 

  1. Artt. 5 e 6: Contrasto alla delocalizzazione e salvaguardia livelli occupazionali

Rispetto alle disposizioni già presenti nel decreto-legge volte ad arginare il fenomeno delle c.d. “delocalizzazioni” delle attività economiche segnaliamo alcune parziali modifiche inserite in sede di conversione:

  • Art. 5: la novità è rappresentata dal fatto che le sanzioni eventualmente comminate ad imprese che abbiano goduto di agevolazioni delocalizzando entro i successivi 5 anni la loro attività fuori dall’Unione Europea, saranno destinate al finanziamento di contratti di sviluppo per la riconversione del sito produttivo soggetto alla delocalizzazione, eventualmente anche sostenendo l’acquisizione da parte degli ex dipendenti (gli importi recuperati a causa della decadenza dai benefici e che non rappresentano sanzioni saranno invece come prima destinati ad alimentare il medesimo aiuto di Stato).

  • Art. 6: in questo caso la riformulazione dell’articolo non comporta alcuna sostanziale novità. L’obbligo di tutela dell’occupazione fino ad un periodo di 5 anni per le imprese che abbiano beneficiato di aiuti di Stato che prevedano una valutazione dell’impatto occupazionale si concretizza infatti, sempreché risulti assente un giustificato motivo oggettivo, nella decadenza dall’agevolazione in presenza di una riduzione del personale superiore al 50% e nella sua decurtazione proporzionale alla riduzione del livello occupazionale, che dovrà comunque essere almeno superiore ad un 10%.




(1) Nostra circolare n.20 del 16 luglio 2018 – prot. n.3343.

(2) Nostra circolare n. 24 del 10 luglio 2017 - prot. n. 3566.

(3) Nostra circolare n. 1 del 17 gennaio 2018.

(4) Nostra circolare n. 24 del 10 luglio 2017 - prot. n. 3566

(5) Nostra circolare n. 8 del 9 marzo 2015 – prot. n. 967.

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