Commentiamo in questa sede le novità in materia di lavoro introdotte dal
Parlamento in sede di conversione del decreto-legge n. 87/2018(1), rinviando alle
comunicazioni del Servizio Legislativo–Legale–Fiscale per una disamina generale
del provvedimento.
Tra i cambiamenti apportati in sede
legislativa, segnaliamo in particolare:
-
il regime transitorio
valido fino al 31 ottobre 2018 per rinnovare/prorogare contratti a termine
secondo le vecchie regole in uso prima che fosse emanato il decreto-legge;
-
l’introduzione di un
nuovo esonero contributivo per assunzioni di under 35 a tempo indeterminato
effettuate nel 2019 e nel 2020;
-
ulteriori
aggiustamenti per la somministrazione di lavoro con nuovi limiti quantitativi per
l’utilizzatore definiti per legge e nuove sanzioni in caso di somministrazione
fraudolenta;
-
alcune parziali
modifiche alle prestazioni occasionali, come disciplinate l’anno scorso dall’art.
54-bis della legge 96/2017(2), soprattutto a
beneficio dei settori agricolo e turistico-alberghiero.
Di seguito i diversi capitoli del
provvedimento di nostro specifico interesse, avendo a riferimento il testo
coordinato del decreto-legge con la legge di conversione, in allegato.
≈ ≈ ≈
-
MODIFICHE PER CONTRATTO
A TEMPO DETERMINATO (artt. 1 e 3, c. 2)
In via preliminare occorre ribadire
che i contratti a tempo determinato
stipulati ex novo devono tutti
rispettare le nuove norme, vale a dire, in sintesi: durata massima
complessiva del rapporto pari a 24 mesi (fatte salve naturalmente diverse
indicazioni da parte della contrattazione collettiva a tutti i livelli), numero
massimo di proroghe ammesse pari a 4, indicazione obbligatoria delle causali
qualora si superi una durata complessiva di 12 mesi (anche per effetto di
proroghe) o in presenza di rinnovi.
Siamo invece di fronte alla presenza
di REGIMI DIVERSI, in funzione del
momento in cui sono stati o si andranno a prorogare/rinnovare contratti già in
essere.
Infatti, in sede di conversione,
con una modifica all’art. 1, comma 2, è stato precisato che le novità introdotte dall’art. 1 del
decreto si applicheranno “ai rinnovi e
alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018”.
Ciò
determina un REGIME TRANSITORIO per cui DAL 12 AGOSTO u.s. – entrata in vigore
della legge di conversione – AL 31 OTTOBRE p.v., sarà possibile rinnovare e
prorogare i contratti seguendo la vecchia disciplina dei contratti a tempo
determinato di cui agli artt. 19-29 del decreto legislativo n. 81/2015.
Come noto, si tratta di una disciplina
meno stringente e vincolante e che dovrebbe quindi portare molto probabilmente
le imprese a praticare soluzioni di proroghe e rinnovi di contratti a termine
in queste settimane/mesi piuttosto che non DAL
1° NOVEMBRE 2018, giorno in cui entreranno – “nuovamente” - a regime tutte le
novità.
Nuovamente, perché in realtà le nuove
norme, fatte salve alcune parziali precisazioni intervenute in sede di
conversione, avevano già prodotto effetto per proroghe e rinnovi effettuati tra
il 14 luglio u.s. (entrata in vigore del decreto-legge) e l’11 agosto u.s.
(prima che entrassero in vigore legge di conversione e regime transitorio).
Un regime transitorio meno stringente dipende dal fatto che
rinnovare/prorogare i contratti a tempo determinato da qui fino al 31 ottobre
p.v. significherà poter applicare in
sostanza tutte le vecchie regole valide fino al 13 luglio 2018:
Stando al dettato normativo, che non specifica
nulla di più a riguardo, l’applicazione delle vecchie regole per rinnovi e
proroghe effettuati in questo intervallo temporale dovrebbe valere anche con
riferimento a contratti già scaduti, ad esempio prima che entrasse in vigore il
decreto-legge. Si tratta di un aspetto su cui sarebbe auspicabile avere una
conferma da parte del Ministero del Lavoro che ha annunciato una prossima
circolare su tutta la nuova disciplina.
Occorre sottolineare che l’aumento del costo contributivo pari allo 0,5% già previsto nella
versione originaria del decreto-legge (art. 3, comma 2) in presenza di ciascun
rinnovo - confermata invece l’esenzione qualora si tratti di proroga - si applica tuttavia sempre e comunque a
partire dal 14 luglio u.s., a prescindere da quando si è concretizzato o si
concretizzerà il momento del rinnovo.
In
via generale, si viene quindi a configurare una situazione così
schematizzabile:
- Contratti stipulati/rinnovati/prorogati
entro il 13 luglio 2018 per tutti: norme
decreto legislativo 81/2015 (36 mesi, 5 proroghe, no causale)
- Contratti stipulati/rinnovati/prorogati
tra il 14 luglio e l’11 agosto 2018 per tutti:
modifiche D.L. 87/2017 (24 mesi, 4 proroghe, obbligo causale per durata superiore
a 12 mesi e rinnovi, aumento contributivo 0,5% per ciascun rinnovo)
- Contratti stipulati/rinnovati/prorogati
tra il 12 agosto e il 31 ottobre 2018 a) per nuovi
contratti: modifiche D.L. 87/2017 come convertito da legge 96/2018
b) per proroghe: decreto legislativo 81/2015
c) per rinnovi: decreto legislativo 81/2015
+ aumento contributivo 0,5% per ciascun
rinnovo
- Contratti stipulati/rinnovati/prorogati
a partire dal 1° novembre 2018 per tutti: modifiche
D.L. 87/2017 come convertito da legge 96/2018
Rispetto
alle ULTERIORI MODIFICHE IN SEDE DI
CONVERSIONE – come visto in vigore dal 12 agosto u.s. per i contratti
stipulati ex novo e a partire dal 1° novembre p.v. per rinnovi e proroghe–
segnaliamo:
-
la
riformulazione – senza che ne cambi la
sostanza – di una delle 3 causali cui può ricorrere un datore di lavoro: anziché esigenze sostitutive di altri
lavoratori si è più correttamente fatto riferimento alle “esigenze di sostituzione di altri lavoratori” (ricordiamo che
le altre 2 causali utilizzabili riguardano esigenze temporanee/oggettive
estranee all’ordinaria attività oppure esigenze connesse a incrementi
temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria);
-
la
puntualizzazione circa il fatto che la mancata indicazione di una legittima
causale, dovuta come visto in presenza di un qualsiasi rinnovo o qualora si
registri - anche per effetto di proroghe - il superamento di una durata
complessiva di 12 mesi, comporti la
trasformazione del contratto a tempo indeterminato. In caso di rinnovo o
proroga non viene chiarito da quando scatterebbe la trasformazione a tempo
indeterminato – l’attesa circolare ministeriale dovrebbe a nostro avviso farlo
– mentre invece il legislatore precisa espressamente che ciò accadrebbe una
volta superati i 12 mesi qualora già il primo contratto indicasse un termine temporale
superiore senza alcuna causale.
Evidenziate le modifiche introdotte
con il provvedimento in oggetto, ricordiamo che esistono specifiche deroghe ed esclusioni per i LAVORATORI OCCUPATI IN TALI ATTIVITA’ STAGIONALI.
Per attività stagionali dobbiamo
intendere sia quelle espressamente definite tali dalla contrattazione collettiva (dai CCNL ma anche dal secondo
livello) sia quelle elencate nel D.P.R.
1525/1963, ad oggi unico punto di riferimento a livello normativo,
visto che il DM Lavoro cui il decreto legislativo 81/2015 (art. 2, comma 21)
aveva anni fa attribuito appunto il compito di specificarle non è stato mai
emanato.
1.
NON TROVA APPLICAZIONE
IL VINCOLO DELLE CAUSALI
2.
NON TROVA
APPLICAZIONE IL LIMITE DI DURATA MASSIMA COMPLESSIVA
3.
VIGE L’ESONERO DAI LIMITI
QUANTITATIVI DI UTILIZZO
4.
VIGE l’ESONERO dalle
REGOLE sul c.d. “STOP and GO”, vale a dire sulle PAUSE da rispettare tra la
stipula di un CONTRATTO e quello SUCCESSSIVO;
5.
VIGE l’ESONERO DA
CONTRIBUZIONE NASPI AGGIUNTIVA E QUINDI ANCHE DAL CONTRIBUTO INCREMENTALE DELLO
0,5% IN PRESENZA DI CIASCUN RINNOVO (in questo caso solo nel caso di occupati
in attività stagionali di cui al D.P.R. 1525/1963 e non di quelle definite tali
dalla contrattazione collettiva).
Inoltre, ancorché utilizzati per
attività stagionali, gli OTD AGRICOLI RIMANGONO
ESCLUSI DA TUTTA LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO.
Ciò in
base a quanto disposto dall’art. 29, comma 1, lettera b), del decreto
legislativo 81/2015 - passaggio normativo non modificato dal provvedimento in
oggetto - secondo cui sono esclusi, in quanto già disciplinati da specifiche
normative “i rapporti di lavoro tra i
datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato, così come
definiti dall’art. 12, comma 2, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375”.
Riassunto il quadro normativo, ci preme richiamare come lo stesso vada sempre letto e integrato con le
disposizioni presenti nella contrattazione collettiva, visto che le regole
definite in via generale dal legislatore potrebbero comunque trovare diverse
declinazioni proprio per effetto di specifici rinvii e demandi operati dal
legislatore nei confronti dei CCNL nonché della contrattazione di secondo
livello (è il caso come abbiamo appena visto della definizione delle attività
stagionali).
Come noto, la contrattazione può intervenire unicamente nell’ambito degli
spazi concessi dal legislatore, per cui ad esempio nel caso del contratto a
tempo determinato non sarà legittimata
ad intervenire sul tema specifico delle causali.
Una lettura combinata tra disposizioni
normative e contrattuali nonché la loro eventuale armonizzazione sono temi
oltremodo rilevanti, che si pongono ogni volta che il legislatore interviene –
molto spesso negli ultimi anni – a modificare le regole del mercato del lavoro
e in particolare la disciplina delle diverse tipologie contrattuali (discorso
che vale per il tempo determinato, ma anche ad esempio per la somministrazione
di lavoro).
Ciò riguarda inevitabilmente anche il
nostro sistema contrattuale: si prenda a titolo d’esempio il tema della durata
complessiva del contatto a tempo determinato, ora fissata a 24 mesi dal
legislatore, fatte salve diverse indicazioni contenute nei contratti
collettivi, compresi appunto alcuni dei nostri CCNL.
≈ ≈ ≈
-
NUOVO ESONERO
CONTRIBUTIVO PER ASSUNZIONI DI UNDER 35 A TEMPO INDETERMINATO EFFETTUATE NEL
2019 E NEL 2020 (art. 1-bis)
Nell’ottica di promuovere
l’occupazione giovanile stabile è stato
introdotto in sede di conversione un nuovo esonero contributivo per i datori
di lavoro che assumano nel 2019 e nel 2020 giovani under 35 a tempo
indeterminato.
Il meccanismo di incentivazione
ricalca fedelmente il bonus occupazionale introdotto a livello strutturale
dall’ultima legge di bilancio 2018(3) e fruibile
dall’inizio di quest’anno: riduzione
contributiva del 50% praticabile per 3 anni fino ad un massimo di 3 mila euro annui
(premi e contributi INAIL da pagare comunque) relativamente all’assunzione di soggetti non già occupati a tempo
indeterminato presso lo stesso o altro datore di lavoro (non rilevano anche
in questo caso eventuali periodi di apprendistato svolti senza che il rapporto
sia proseguito a tempo indeterminato alla fine della formazione).
Come si ricorderà, l’esonero
contributivo introdotto dall’ultima legge di bilancio è dedicato tuttavia alle
assunzioni a tempo indeterminato di under 30 e solo limitatamente al 2018
l’incentivo risulta esteso anche alle assunzioni di under 35.
Le nuove disposizioni introdotte con
l’art. 1-bis del provvedimento in oggetto servono in sostanza a prorogare anche per i prossimi 2 anni
questa estensione dell’incentivo alla fascia di età 30-35 anni, con la
possibilità quindi per un datore di lavoro di sgravare anche le assunzioni di
soggetti con più di 30 anni purché under 35.
Nonostante il legislatore rimandi per
le modalità di fruizione del nuovo esonero ad un apposito decreto interministeriale
(Lavoro-MEF), da emanare entro la prima metà di ottobre, è evidente come le
stesse ricalcheranno sostanzialmente le regole valide per l’incentivo
occupazionale disciplinato dalla legge 205/2017 (art. 1, commi 100-108).
≈ ≈ ≈
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MODIFICHE PER SOMMINISTRAZIONE
DI LAVORO (art. 2)
Le modifiche interessano tanto i
contratti in essere quanto quelli stipulati successivamente all’entrata in
vigore del decreto-legge e della sua conversione non essendo stato previsto in questo caso alcun regime transitorio.
Ciò detto, come già previsto dal
D.L. anche prima della sua conversione, si registra una sostanziale applicazione delle regole
valide per i contratti a termine anche ai rapporti di somministrazione a tempo
determinato instaurati tra un’agenzia e un lavoratore: anche per una
somministrazione di lavoro a tempo determinato risulta quindi applicabile tutta la disciplina appena vista in
precedenza con le novità di cui sopra su durata e rinnovi (compreso quindi
l’aumento contributivo dello 0,5% per ogni rinnovo del contratto), fatto salvo che per le proroghe la
disciplina rimane quella prevista dalla contrattazione collettiva applicata dal
somministratore, mentre invece l’obbligo
delle causali, come specificato in sede di conversione, riguarda unicamente gli utilizzatori e non
le agenzie.
Analogamente al regime previsto prima
del decreto-legge, per le agenzie con
rapporti di somministrazione a tempo determinato continueranno a non essere
applicabili i limiti quantitativi di
utilizzo, i diritti di precedenza e – novità aggiunta in sede di
conversione (per cui valida solo dal 12 agosto u.s.) – le pause (c.d. “stop and go”) da rispettare
tra la stipula di un contratto e quello successivo.
Rispetto ai LIMITI QUANTITATIVI PER L’UTILIZZATORE, di chi quindi impiega i
lavoratori somministrati, in sede di conversione, è stato introdotto un nuovo vincolo a livello
normativo: la somma dei lavoratori
con contratto a tempo determinato o somministrati a tempo determinato non può
superare per ogni anno il 30% dei lavoratori a tempo indeterminato. Sebbene
siano fatte salve specifiche e diverse indicazioni da parte della
contrattazione collettiva, si tratta di una novità comunque da registrare,
visto che le norme previgenti demandavano unicamente a quest’ultima
l’individuazione di tali limiti, non definendo per legge alcun tetto a
riguardo.
Altra modifica rilevante apportata in
sede di conversione e sicuramente condivisibile nell’ottica di contrastare
fenomeni di abuso e sfruttamento sul lavoro riguarda il ripristino del reato di
SOMMINISTRAZIONE FRAUDOLENTA. Ferme
restando le sanzioni già previste qualora tali attività siano svolte da agenzie
non autorizzate, d’ora in poi per una somministrazione
di lavoro posta in essere con il fine specifico di eludere norme inderogabili
di legge o disposizioni contrattuali sia il somministratore che
l’utilizzatore saranno puniti per ciascun giorno con un ammenda di 20 euro per
ciascun lavoratore coinvolto.
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MODIFICHE IN MATERIA
DI PRESTAZIONI OCCASIONALI (art. 2-bis)
Nella
legge di conversione
sono state introdotte alcune parziali modifiche - in vigore dal 12 agosto
u.s. - alla disciplina delle prestazioni occasionali di cui all’art. 54-bis
della legge 96/2019.
Si tratta di marginali aggiustamenti rispetto ad uno strumento che – ci riferiamo
in particolare al contratto di prestazione occasionale utilizzabile dalle
imprese - reintrodotto nel 2017 ha dimostrato in questo anno appena trascorso un
impiego piuttosto limitato e sicuramente inferiore ai vecchi voucher abrogati
come noto dal marzo 2017.
Tutto ciò si spiega alla luce di alcune
particolari rigidità contenute nella disciplina vigente(4), cui ora solo in
parte, con le modifiche appunto introdotte nel provvedimento in oggetto, si
cerca di superare con NOVITA’ NORMATIVE
SOPRATTUTTO IN FAVORE DEI SETTORI AGRICOLO E TURISTICO-ALBERGHIERO.
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In deroga al divieto
generale di ricorrere allo strumento applicabile ad imprese con più di 5
addetti a tempo indeterminato, si introduce la possibilità per le “aziende alberghiere e le strutture ricettive che
operano nel settore del turismo” - definizioni forse meglio da
puntualizzare in sede di circolare ministeriale - di impiegare con il contratto di prestazione occasionale determinate
categorie soggetti - titolari di pensione di vecchiaia/invalidità; under 25
regolarmente iscritti presso istituto scolastico/università; disoccupati
disponibili a lavorare; percettori di ammortizzatori sociali, del reddito di
inclusione (REI) o di altre prestazioni di sostegno al reddito - anche se hanno alle proprie dipendenze fino
ad 8 lavoratori (in questo caso si parla genericamente di lavoratori e non
di addetti a tempo indeterminato, ma forse anche su questo aspetto sarebbe
necessario un chiarimento ministeriale). Qualora gli stessi committenti
volessero utilizzare prestatori diversi che non rientrano nelle specifiche
categorie è chiaro che non si applicherà alcuna deroga ma varrà la regola
generale.
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Si specifica l’obbligo per le stesse categorie di
prestatori di cui sopra di autocertificare la propria condizione all’atto della
propria registrazione – obbligatoria per legge - nella piattaforma
informatica INPS. Si tratta peraltro degli stessi soggetti per cui già la
normativa vigente prevede un conteggio al 75% e non per intero degli importi
loro versati relativamente ai fini del limite di 5.000 € netti che ogni
utilizzatore può versare a ciascun soggetto, nonché degli unici soggetti impiegabili nel settore agricolo da imprese comunque
fino a 5 lavoratori a tempo indeterminato sempreché gli stessi non risultino
iscritti nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli:
anche quest’ultima condizione andrà
d’ora in poi autocertificata dal prestatore in sede di registrazione nella
piattaforma informatica e se ciò non fosse vero per questo non potrà essere sanzionata
l’impresa agricola che lo utilizza.
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Rispetto alla comunicazione
preventiva di avvio alla prestazione dell’utilizzatore da rendere come noto
almeno 60 minuti prima tramite la piattaforma informatica INPS o il contact center, per il settore agricolo non bisognerà più indicare, tra le altre cose, la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non
superiore a 3 giorni consecutivi, ma
d’ora in poi “la data di inizio e il
monte orario complessivo presunto con riferimento a un arco temporale non
superiore a 10 giorni”. Si tratta di un regime di deroga che lascia più ampi margini di manovra rispetto
alla regola generale di indicare data e ora di inizio e di fine della
prestazione, che ora viene esteso
anche alle aziende alberghiere e alle strutture ricettive che operano nel
settore del turismo nonché agli enti locali.
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Esclusivamente per il settore agricolo l’obbligo delle 4 ore minime di
prestazione continuativa andrà riferito d’ora in poi non più alla singola
giornata,
ma all’intero arco temporale indicato in
sede di comunicazione preventiva di avvio alla prestazione, e quindi
volendo anche fino ad un intervallo di
10 giorni (con un evidente alleggerimento di questo vincolo).
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A livello generale,
il prestatore potrà richiedere in tutti i casi il pagamento del compenso da parte dell’utilizzatore anche attraverso
l’emissione di un suo mandato/autorizzazione ad incassare il corrispettivo
presso qualsiasi ufficio postale, e non necessariamente solo tramite un
accredito/bonifico dell’INPS a metà del mese successivo rispetto a quando è
stata svolta la prestazione. Tale possibilità, che sarà praticabile
sempreché il prestatore abbia espresso questa volontà all’atto della propria
registrazione nella piattaforma informatica INPS, permetterebbe ai fini
dell’incasso sia accorciamento dei tempi di incasso sia una semplificazione
delle procedure.
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Infine, si precisa
che, ferma restando la responsabilità dell’utilizzatore, le somme dovute per l’attivazione del
contratto di prestazione occasionale potranno
essere versate anche attraverso un intermediario autorizzato (es. i
nostri CSA), cui già sin dall’inizio la disciplina ha riconosciuto la
legittimità ad operare rispetto a tutti gli altri adempimenti (registrazioni,
comunicazioni, etc.).
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ULTERIORI NOVITA’
NORMATIVE
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Art. 3: Indennità di
licenziamento ingiustificato o per offerta di conciliazione
Il decreto-legge aveva già innalzato (comma 1) i parametri minimi e massimi
entro cui riconoscere l’indennità che l’impresa deve versare ad un lavoratore
assunto dopo il 7 marzo 2015 con il c.d. contratto a tempo indeterminato a
tutele crescenti, al posto della reintegra, in presenza di un licenziamento
economico o disciplinare ingiustificato. Tali indennità, da riconoscere come
noto in funzione dell’anzianità maturata dal lavoratore presso la stessa
impresa con una proporzione di 2 mensilità per ogni anno di servizio (1
mensilità per le piccole realtà), a
partire dal 14 luglio non possono comunque essere inferiori a 6 mensilità (prima
erano 4) e superiori a 36 mensilità (prima
erano 24) – limiti che scendono rispettivamente a 3 mensilità (prima
erano 2) e 6 mensilità (come prima) per le piccole realtà.
In sede di conversione è stato inoltre
aggiunto un nuovo comma 1-bis
prevedendo, con decorrenza quindi dal 12 agosto u.s., anche un innalzamento da 2 a 3 e da 18 a 27
mensilità rispettivamente dei limiti minimi e massimi entro cui si colloca
l’indennità che per tutte le tipologie di licenziamento l’impresa per
prevenire/evitare contenziosi può offrire al lavoratore nell’eventuale offerta
di conciliazione di cui all’art. 6 del decreto legislativo 23/2015(5) – in questo caso
l’importo dell’offerta di conciliazione, nel rispetto dei parametri
minimi e massimi appena illustrati, va proporzionata ad 1 mensilità per ogni
anno di servizio (0,5 mensilità nelle realtà più piccole, nelle quali tuttavia,
il limite minimo dell’indennità passa da 1 a 1,5 mensilità - in parallelo con
l’aumento generale - restando invece il limite massimo pari a 6).
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Art. 3-bis: Assunzioni
e rafforzamento organici nei Centri per l’impiego
In sede di conversione viene introdotto uno
specifico obbligo per le Regioni di
destinare nel triennio 2019-2021 una quota delle proprie facoltà assunzionali
al rafforzamento degli organici dei centri per l’impiego.
Operativamente,
sarà un accordo da definire in sede di Conferenza Stato-regioni entro il 31
marzo di ciascun anno a stabilire le modalità secondo cui nella stessa sede si
procederà all’individuazione di tali quote.
Tutto ciò con l’evidente obiettivo di
garantire la piena operatività dei Cpi, anche in relazione a quanto previsto
dal decreto legislativo 150/2015 in materia di servizi per il lavoro, che
impone (art. 28) alcuni livelli essenziali delle prestazioni da assicurare
inderogabilmente su tutto il territorio nazionale.
Il tema di un rafforzamento dei centri
per l’impiego non è affatto nuovo e risulta imprescindibile se si vogliono
sviluppare concretamente le politiche attive del lavoro.
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Artt. 5 e 6: Contrasto
alla delocalizzazione e salvaguardia livelli occupazionali
Rispetto alle disposizioni già
presenti nel decreto-legge volte ad arginare il fenomeno delle c.d.
“delocalizzazioni” delle attività economiche segnaliamo alcune parziali modifiche inserite in sede di conversione:
-
Art. 5: la novità è
rappresentata dal fatto che le sanzioni
eventualmente comminate ad imprese che abbiano goduto di agevolazioni
delocalizzando entro i successivi 5 anni la loro attività fuori dall’Unione
Europea, saranno destinate al
finanziamento di contratti di sviluppo per la riconversione del sito produttivo
soggetto alla delocalizzazione, eventualmente anche sostenendo
l’acquisizione da parte degli ex dipendenti (gli importi
recuperati a causa della decadenza dai benefici e che non rappresentano
sanzioni saranno invece come prima destinati ad alimentare il medesimo aiuto di
Stato).
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Art. 6: in questo caso
la riformulazione dell’articolo non
comporta alcuna sostanziale novità. L’obbligo di tutela dell’occupazione
fino ad un periodo di 5 anni per le imprese che abbiano beneficiato di aiuti di
Stato che prevedano una valutazione dell’impatto occupazionale si concretizza
infatti, sempreché risulti assente un giustificato motivo oggettivo, nella
decadenza dall’agevolazione in presenza di una riduzione del personale superiore
al 50% e nella sua decurtazione proporzionale alla riduzione del livello
occupazionale, che dovrà comunque essere almeno superiore ad un 10%.
(1)
Nostra
circolare n.20 del 16 luglio 2018 – prot. n.3343.
(2)
Nostra
circolare n. 24 del 10 luglio 2017 - prot. n. 3566.
(3) Nostra
circolare n. 1 del 17 gennaio 2018.
(4) Nostra
circolare n. 24 del 10 luglio 2017 - prot. n. 3566
(5) Nostra
circolare n. 8 del 9 marzo 2015 – prot. n. 967.