Con
il decreto 78/2020 (in G.U. n.182 del 21 luglio u.s. – in allegato 1), è stata
approvata la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto (end of
waste) per la gomma vulcanizzata derivante da pneumatici fuori uso, ai
sensi dell’articolo 184-ter del codice ambientale.
Il
decreto si inserisce nel percorso già da tempo avviato, a livello comunitario e
nazionale, per l’attuazione delle strategie di economia circolare, dovendo
ricordare come la direttiva quadro in materia di rifiuti chiarisca che “l’obiettivo
principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti dovrebbe essere di
ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei
rifiuti per la salute umana e l’ambiente. La politica in materia di rifiuti
dovrebbe altresì puntare a ridurre l’uso di risorse e promuovere l’applicazione
pratica della gerarchia dei rifiuti” …. e “si dovrebbe favorire il
recupero dei rifiuti e l’utilizzazione dei materiali di recupero per preservare
le risorse naturali”.
Prima
di esaminare le disposizioni del nuovo decreto, sembra utile, quindi, definire
brevemente la cornice e le nozioni di riferimento in materia di end of waste.
COSA È UN END
OF WASTE
La
direttiva 2008/98/CE (recepita in Italia con il decreto legislativo 3 aprile
2006, n.152 e, per la parte di interesse, con l’articolo 184-ter)
dispone che un rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto a
un’operazione di recupero e soddisfa le precise condizioni di seguito
riportate:
-
è comunemente utilizzato per scopi specifici:
si deve trattare, cioè, di prodotti diffusi, generalmente applicati in ambiti
noti ed atti a svolgere funzioni conosciute e definite;
-
esiste un mercato o una domanda per tale
sostanza od oggetto: il fatto che esista un mercato supporta la dimostrazione
che difficilmente l’oggetto derivante dal recupero sarà abbandonato;
-
la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti
tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard
esistenti applicabili ai prodotti: l’oggetto deve, cioè, poter garantire le
prestazioni richieste in concrete condizioni di utilizzo o di consumo,
conformemente alle norme di legge ed alle norme tecniche relative al bene
specifico;
-
l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non
porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
La
definizione della tipologia di attività di recupero e del momento in cui
potesse dirsi conclusa la stessa nonché delle caratteristiche e dei possibili
impieghi del materiale ottenuto dall’operazione di trattamento è stata, fino
allo scorso anno, rimessa, in mancanza di specifiche previsioni comunitarie,
alla decretazione nazionale o ad autorizzazioni rilasciate “caso per caso”.
Il
sistema ha subito un significativo rallentamento a seguito della sentenza n.
1229 del 28 febbraio 2018, con cui la Sezione Quarta del Consiglio di Stato ha
affermato l’impossibilità per le Regioni di autorizzare la cessazione della
qualifica di rifiuto “caso per caso” in assenza di specifici provvedimenti
comunitari o nazionali.
Dopo
alterne vicende ed un lungo dibattito politico, l’art.14-bis del
decreto-legge, 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni
urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali (DL
Crisi) modificato dalla legge di conversione 2 novembre 2019, n. 128, ha proceduto
alla riscrittura della norma di riferimento (art. 184-ter del D.Lgs.
n.152/2006), prevedendo espressamente il rilascio ed il rinnovo delle
autorizzazioni End of Waste “caso per caso”, ma definendo, al contempo, una
articolata procedura per l’effettuazione di controlli sulla conformità delle
attività svolte con l’autorizzazione rilasciata.
Pertanto,
in conclusione, un rifiuto, per cessare di essere considerato tale, deve essere
sottoposto ad una attività di recupero completa, rispettando le condizioni generali
indicate dall’articolo 184-ter del codice ambientale nonché quelle della
disciplina specificatamente adottata per quello stesso rifiuto a livello
comunitario, o nazionale, o a livello di provvedimento di autorizzazione.
Nella
fattispecie, quindi, oggetto del decreto in commento, il legislatore ha ritenuto
opportuno prevedere uno specifico decreto per la disciplina del recupero della
gomma vulcanizzata, preso atto che per la gomma vulcanizzata granulare esiste
uno specifico mercato, in quanto il materiale in oggetto possiede un effettivo
valore economico di scambio e sussistono scopi specifici per i quali la sostanza
è utilizzabile.
CESSAZIONE DELLA QUALIFICA DI RIFIUTO DELLA GOMMA
VULCANIZZATA DERIVANTE DA PNEUMATICI FUORI USO
Nel rinviare alla
lettura del provvedimento nella versione integrale, in estrema sintesi si
evidenzia come il decreto in commento si applichi alla gomma derivante dalla
frantumazione degli pneumatici fuori uso e degli sfridi di gomma vulcanizzata,
qualificati come rifiuto, provenienti sia dalla produzione
di pneumatici nuovi
che dall'attività di ricostruzione degli pneumatici.
Nel decreto,
quindi, è individuata la «gomma vulcanizzata granulare (GVG)» vale a dire la
gomma vulcanizzata che ha cessato di essere rifiuto a seguito di una o più
operazioni di recupero.
L’articolo 3, in
particolare, precisa che la gomma vulcanizzata cessa di essere qualificata come
rifiuto ed è qualificata gomma vulcanizzata granulare (GVG) se è conforme ai
requisiti tecnici indicati nell’allegato 1 e se è utilizzabile e per gli scopi
specifici elencati nell'allegato 2.
ll rispetto dei
criteri indicati deve essere attestato dal produttore tramite una
dichiarazione sostitutiva di atto
di notorietà redatta
al termine del processo
produttivo di ciascun
lotto.
Con specifico riferimento
agli impieghi della gomma vulcanizzata granulare (GVG), il decreto chiarisce
che tale materiale è una miscela utilizzabile in processi di trasformazione manifatturiera
o tal quale per i seguenti scopi specifici:
a. produzione di articoli e/o componenti
di articoli in gomma, conglomerati gommosi, mescole di gomma e gomma-plastica a
condizione che gli stessi siano destinati a elementi strutturali e di
rifinitura per l'edilizia, industria meccanica, componenti di mezzi di
trasporto esterni all'abitacolo, costruzioni e infrastrutture ferroviarie e portuali,
segnaletica e viabilità, pesi e contrappesi;
b.
strati inferiori di superfici ludico sportive;
c.
materiale da intaso di superfici sportive;
d.
materiali compositi bituminosi
quali bitumi modificati, membrane bituminose,
additivi per asfalti
a base gomma,
mastici sigillanti;
e.
conglomerati bituminosi o conglomerati cementizi;
f. agenti schiumogeni per acciaieria.
Sono
quindi definite alcune limitazioni all'utilizzo e vengono indicate le
principali disposizioni a cui conformarsi (ad esempio, è previsto, in relazione
alla disciplina in materia di bonifica dei siti inquinati, il divieto di
utilizzo per ripristini ambientali ed in forma sciolta su suoli agricoli.