Sempre nell’ottica di rafforzare l’operato sia
degli Ispettori del lavoro sia degli OSSERVATORI
PROVINCIALI DELLA COOPERAZIONE, la DG per l’attività ispettiva coglie l’occasione
della pubblicazione della Sentenza in oggetto, per dare ulteriori nuove indicazioni agli
Ispettori sugli effetti dell’articolo 7, comma 4 della legge 31/2008.
Si tratta della seconda Sentenza della Corte
Costituzionale in materia ma, a differenza del precedente, in questo caso i giudici rigettano le
pregiudiziali di inammissibilità, entrano nel merito ritenendo la norma
perfettamente legittima.
A suo tempo, la questione fu respinta a monte
perché ritenuta inammissibile (cfr. Sentenza
n. 59,
25-29 marzo 2013 commentata con nostra circolare n. 18 dell’8
aprile 2013 – prot. n. 1595).
In questo caso invece, con la Sentenza in commento viene
dichiarata NON FONDATA LA QUESTIONE DI
LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE sull’art. 7, comma 4, della legge 31/2008, sollevata
nuovamente dal Tribunale di Lucca in riferimento all’art. 39 della Costituzione
che, come noto, disciplina la libertà sindacale.
La sentenza della Corte, conferma la legittimità dell’articolo 7, comma 4 della legge n. 31/2008
in merito alla regolamentazione dei rapporti di lavoro nel settore cooperativo
in presenza di una pluralità di contratti collettivi secondo cui:
“Fino alla completa attuazione della normativa in
materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una
pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società
cooperative che svolgono attività ricomprese nell’ambito di applicazione di
quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori,
ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, i
trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti
collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali
comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria”.
Questo ulteriore
passaggio rafforza, come riportato nella stessa nota del ministero, gli orientamenti
assunti per contrastare, anche grazie all’operato degli Osservatori della
Cooperazione, l’applicazione di un diverso CCNL rispetto a quello stipulato fra
le parti sociali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (cioè,
come più volte chiarito dal Ministero, da AGCI-CONFCOOPERATIVE-LEGACOOP
e CGIL-CISL-UIL).
Si tratta di un nuovo tassello che si aggiunge agli
strumenti di lotta al dumping
contrattuale, e che assume un valore ancora più significativo in
considerazione dell’importanza riferibile all’organo da cui proviene.
Dal punto di vista tecnico delle argomentazioni
offerte dai giudici, come rilevato anche dal Ministero, la sentenza si dimostra particolarmente interessante visto che assegna ai trattamenti
complessivi minimi previsti dai nostri CCNL il significato di un PARAMETRO
ESTERNO da utilizzare per verificare se il trattamento economico
corrisposto al socio-lavoratore soddisfi i criteri della proporzionalità e
della sufficienza della retribuzione stabiliti dall’art. 36 della Costituzione.
Secondo la Corte,
l'articolo 7 comma 4 “ … richiama i contratti, e più precisamente i trattamenti economici
complessivi minimi ivi previsti, quale parametro esterno di commisurazione,
da parte del giudice, nel definire la proporzionalità e la sufficienza del
trattamento economico da corrispondere al socio lavoratore, ai sensi dell’art.
36 Cost. Tale parametro è richiamato – e
dunque deve essere osservato – indipendentemente dal carattere provvisorio del
medesimo art. 7, che fa riferimento «alla completa attuazione della normativa
in materia di socio lavoratore di società cooperative». Nell’effettuare un
rinvio alla fonte collettiva che, meglio di altre, recepisce l’andamento delle
dinamiche retributive nei settori in cui operano le società cooperative,
l’articolo censurato si propone di contrastare forme di competizione salariale
al ribasso, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale che, da tempo, ritiene
conforme ai requisiti della proporzionalità e della sufficienza (art. 36 Cost.)
la retribuzione concordata nei contratti collettivi di lavoro firmati da
associazioni comparativamente più rappresentative (fra le tante, la sentenza
già citata della Corte di cassazione n. 17583 del 2014).”
E' anche molto interessante che la Corte, nel
ricostruire la questione, richiami la genesi del comma 4 e lo riconduca giustamente
al Protocollo d’intesa del 10 ottobre 2007 tra Ministero del lavoro, Ministero
dello sviluppo economico, AGCI, Confcooperative, Legacoop, CGIL, CISL, UIL che
determinò la nascita degli Osservatori della cooperazione.
Osservano i giudici che nel Protocollo “il Governo assumeva l’impegno di avviare «ogni idonea
iniziativa amministrativa affinché le cooperative adottino trattamenti
economici complessivi del lavoro subordinato, previsti dall’articolo 3, comma
1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, non inferiori a quelli previsti dal
contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto dalle associazioni del
movimento cooperativo e dalle organizzazioni sindacali per ciascuna parte
sociale comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel settore di
riferimento» (punto C). L’obiettivo condiviso dai firmatari del
Protocollo è di contestare l’applicazione di contratti collettivi sottoscritti
da organizzazioni datoriali e sindacali di non accertata rappresentatività, che
prevedano trattamenti retributivi potenzialmente in contrasto con la nozione di
retribuzione sufficiente, di cui all’art. 36 Cost., secondo l’interpretazione
fornitane dalla giurisprudenza in collegamento con l’art. 2099 cod. civ.”
La Corte ricorda, inoltre, che “con l’entrata in vigore dell’art. 7, comma 4, del
d.l. n. 248 del 2007 si è assistito a una intensa attività ispettiva, promossa
dal Ministero del lavoro, per ribadire che «in presenza di più “contratti
collettivi nazionali di lavoro nello stesso settore merceologico vanno
applicati i trattamenti economici previsti dai contratti collettivi stipulati
dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più
rappresentative”», così come disposto dall’art. 7, comma 4, del d.l. n. 248
del 2007, in relazione alle tipologie dei rapporti di lavoro instaurati alla
luce del regolamento interno ex art. 6, comma 1, lettera a), della legge n. 142
del 2001 (circolari del Ministero del lavoro 9 novembre 2010 e 6 marzo 2012) ed
in linea con specifici indici sintomatici di rappresentatività sindacale,
individuati nella circolare del Ministero del lavoro 1° giugno 2012.”
A nostro avviso la Corte, richiamandola e
analizzandola, ha pienamente legittimato questa attività che, lo ricordiamo, ha
visto l’attiva partecipazione delle Centrali cooperative.
Conseguentemente, e a maggior ragione facendo
leva sulla sentenza in oggetto e sulle sue argomentazioni, il Ministero invita nuovamente
le DPL territoriali e il personale ispettivo a promuovere un’efficace attività
di vigilanza in ambito cooperativistico e a procedere al recupero delle
eventuali differenze retributive mediante l’adozione della diffida accertativa.
Inoltre,
il Ministero del Lavoro ribadisce la
necessità di dare nuovo impulso agli Osservatori provinciali come già affermato
nella sua precedente nota del 6 marzo u.s. (nostra circolare n. 12 del
12 marzo 2015 – prot. n. 1194) soprattutto nell’ottica di una proficua
collaborazione tra parti sociali e istituzioni.
A questo proposito, emerge come novità la disponibilità del MISE ad
intervenire agli incontri degli Osservatori provinciali – attraverso propri
delegati regionali, laddove presenti – e comunque il suo interesse a ricevere
presso la sua sede centrale i verbali delle riunioni svolte.
Si rinvia al testo della Sentenza, alla nota
del Ministero e alle nostre precedenti circolari in materia per ulteriori
approfondimenti.