Circolari

Circ. n. 20/2018

Decreto-Legge 12 luglio 2018, n. 87 “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”. (G.U. n. 161 del 13 luglio 2018).

Con riferimento al decreto legge in oggetto, segnaliamo alcune norme in materia lavoro degne di attenzione e già in vigore dal 14 luglio, rinviando per una disamina generale del provvedimento alla circolare del Servizio Legislativo–Legale–Fiscale.

Si tratta del primo provvedimento importante emanato dal Governo nel corso di questa legislatura che, tuttavia, alla luce del prossimo iter parlamentare di conversione, potrebbe subire una serie di modifiche.

   

  1. MODIFICHE PER CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO (artt. 1 e 3, c. 2)

Cambia il quadro normativo venutosi a delineare con il Jobs Act con SIGNIFICATIVE MODIFICHE introdotte rispetto alla disciplina dei contratti a tempo determinato di cui agli artt. 19-29 del decreto legislativo n. 81/2015:

-       durata massima complessiva ridotta a 24 mesi (prima 36 mesi);

-       numero di proroghe ammesse ridotto a 4 (prima 5);

-       ripristino causali, ora obbligatorie per un rapporto a tempo determinato che superi i 12 mesi come durata complessiva;

-       aumento costo contributivo pari a 0,5% per ciascun rinnovo.

Le novità si APPLICANO:

“ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso alla medesima data”.

Le modifiche sinteticamente richiamate determinano, come evidente, d’ora in poi una radicale limitazione all’utilizzo dei contratti a tempo determinato rispetto all’impiego che se ne poteva fare fino ad oggi(1) (per un massimo di 3 anni senza causali).

Soprattutto la riduzione della durata massima a 24 mesi (conteggiando sempre anche eventuali periodi di missione per somministrazione di lavoro prestati presso lo stesso datore di lavoro), il ripristino delle causali obbligatorie qualora si superi una durata complessiva di 12 mesi (anche per effetto di proroghe) e in presenza di rinnovi,  insieme alla decisione di aumentare la contribuzione aggiuntiva NASpI dello 0,5% in occasione di ciascun rinnovo, rappresentano variabili che impatteranno significativamente sulle scelte delle imprese di assumere sin dall’inizio personale con contratti a termine.

Preme sottolineare, come il provvedimento definisca contratto a tempo determinato quel rapporto di lavoro per cui viene apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi, che potrà quindi essere liberamente sottoscritto/prorogato entro tale arco di tempo senza una specifica causale, necessaria invece per qualsiasi rinnovo.

Una durata superiore a 12 mesi – anche per effetto come detto di proroghe - ma sempre e comunque fino ad un massimo complessivo di 24 mesi, può essere stabilita solo in presenza di almeno una CAUSALE, da esplicitare per iscritto, tra quelle richiamate:

-  esigenze temporanee/oggettive estranee all’ordinaria attività;

-  esigenze sostitutive di altri lavoratori;

-  esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

In generale, il ripristino delle causali, seppur in una formulazione diversa e più stringente rispetto a quella che abbiamo conosciuto ormai diversi anni fa con il decreto legislativo n. 368/2001 - allora si parlava di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo – ripropone inevitabilmente il tema della verifica di tali condizioni e dell’interpretazione da dare ai termini utilizzati dal legislatore, esponendo nuovamente le imprese al rischio di possibili e inevitabili contenziosi (diminuiti invece negli ultimi anni proprio a fronte dell’eliminazione della causale).

Va letta in tale ottica, l’ulteriore novità rappresentata dall’aver innalzato da 120 a 180 giorni il termine entro cui può essere impugnato il contratto dalla sua cessazione.

Un ultimo significativo cambiamento, con evidenti e possibili ripercussioni sul costo del lavoro, è rappresentato dall’art. 3, comma 2, che stabilisce un COSTO CONTRIBUTIVO CRESCENTE con un aumento dello 0,5%, ogni volta che si decide il rinnovo del contratto a termine (nessun aumento è previsto invece in caso di proroga).

In particolare, ciò che aumenterebbe è la contribuzione NASpI aggiuntiva stabilita sin dal 2012 con la legge 92/2012 (art. 2, comma 28) e fino ad oggi pari all’1,4% della retribuzione previdenziale imponibile, che i datori di lavoro sono tenuti a versare per rapporti non a tempo indeterminato.

Un approfondimento specifico meritano i LAVORATORI OCCUPATI IN ATTIVITA’ STAGIONALI, intendendo per tali quelle definite dal D.P.R. 1525/1963 (provvedimento che già il Jobs Act e disposizioni precedenti prevedevano di aggiornare con apposito DM Lavoro, ma che ad oggi rimane ancora l’unico punto di riferimento) nonché quelle individuate dalla contrattazione collettiva.

Per tali lavoratori NON TROVERA’ APPLICAZIONE IL VINCOLO DELLE CAUSALI nei termini appena esposti.

Per loro sono CONFERMATE alcune deroghe alla disciplina generale già presenti:

1.NON APPLICAZIONE DEL LIMITE DI DURATA MASSIMA COMPLESSIVA (ridotta ora come detto a 24 mesi);

2.ESONERO DAI LIMITI QUANTITATIVI DI UTILIZZO;

3.ESONERO dalle REGOLE sul c.d. “STOP and GO”, vale a dire sulle PAUSE da rispettare tra la stipula di un CONTRATTO e quello SUCCESSSIVO;

4.ESONERO DA CONTRIBUZIONE NASPI AGGIUNTIVA (in questo caso solo nel caso di occupati in attività stagionali di cui al D.P.R. 1525/1963 e non di quelle definite tali dalla contrattazione collettiva).

A questo proposito ci preme ricordare che, ancorché utilizzati per attività stagionali, gli OTD AGRICOLI SONO ESCLUSI DA TUTTA LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO.

Ciò in base a quanto disposto dall’art. 29, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 81/2015 - passaggio normativo non modificato dal provvedimento in oggetto - secondo cui sono esclusi, in quanto già disciplinati da specifiche normative “i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato, così come definiti dall’art. 12, comma 2, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375”.

Evidenziate le modifiche introdotte con il provvedimento in oggetto, ricordiamo invece che rimangono INALTERATI gli altri assi portanti della disciplina generale dei contratti a tempo determinato tra cui, ad esempio:

  • limiti quantitativi di utilizzo massimo dei contratti a termine (in via generale il 20% rispetto ai rapporti a tempo indeterminato, laddove non fossero presenti DIVERSE PREVISIONI PERCENTUALI DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA DI SETTORE);

  • possibilità per le parti interessate di stipulare presso l’Ispettorato territoriale del lavoro competente un ulteriore contratto a tempo determinato per altri 12 mesi – ulteriori rispetto ai 24 ammessi in via generale;

  • trasformazione del rapporto a tempo indeterminato qualora si superi la durata massima prevista (24 mesi o 36 nel caso di cui sopra) o il numero massimo di proroghe (4) ammesso;

  • restituzione contribuzione aggiuntiva NASpI con le regole già in vigenti in caso di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato (l’1,4% più, nella misura dovuta, l’eventuale aumento dello 0,5% in presenza di ciascun rinnovo);

  • diritti di precedenza nell’assunzione.

   

  1. MODIFICHE PER SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO (art. 2)

In primo luogo, in assenza di espliciti riferimenti rispetto alla loro applicazione, le novità apportate anche qui al decreto legislativo 81/2015, in particolare all’art. 34, valgono tanto per i contratti in essere quanto per quelli stipulati da qui in avanti.

Nel merito si introduce una SOSTANZIALE APPLICAZIONE delle regole valide per i contratti a termine anche ai rapporti di somministrazione a tempo determinato instaurati tra un’agenzia e un lavoratore.

In particolare, diversamente dal passato, anche per una somministrazione di lavoro a tempo determinato risulterà applicabile d’ora in poi tutta la disciplina sulla durata, sulle proroghe e sui rinnovi appena vista in precedenza con le novità di cui sopra, compresa l’indicazione, laddove richiesto, delle causali.

Per la somministrazione di lavoro a tempo determinato continueranno invece a non essere applicabili unicamente i limiti quantitativi di utilizzo e i diritti di precedenza.

Infine, vale anche per la somministrazione di lavoro a tempo determinato quanto detto in termini di AUMENTO della CONTRIBUZIONE NASPI AGGIUNTIVA, con un costo contributivo crescente di uno 0,5% per ogni rinnovo del contratto che si dovesse registrare - da aggiungere all’1,4% già previsto a prescindere dai rinnovi.

   

  1. AUMENTO INDENNITA’ LICENZIAMENTO INGIUSTIFICATO (art. 3, c. 1)

Particolare importanza assume l’INNALZAMENTO dell’INDENNITA’ che in presenza di un licenziamento economico o disciplinare va versata come regola generale in sostituzione della reintegra nel posto di lavoro ad un lavoratore assunto dopo il 7 marzo 2015 con il c.d. contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.

Come noto, questa indennità economica cresce in funzione dell’anzianità maturata dal lavoratore presso la stessa impresa con una proporzione di 2 mensilità - pari all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR - per ogni anno di servizio (1 mensilità nel caso dei datori di lavoro con soglie dimensionali inferiori a quelle previste dall’art. 18 della legge 300/1970).

Ricordiamo inoltre che il legislatore con il Jobs Act ha previsto che tale indennità non risultasse comunque inferiore/superiore a determinati valori: rispettivamente 4 e 24 mensilità per i datori di lavoro più dimensionati e per le organizzazioni di tendenza, 2 e 6 mensilità per le piccole realtà.

Ora, con una modifica all’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 23/2015,(2) con riferimento ai datori di lavoro sopra 15 addetti, 5 nel caso dell’agricoltura, e le organizzazioni di tendenza comprese quindi le associazioni datoriali come Confcooperative, tali indennità non potranno essere inferiori a 6 mensilità (non più 4) e superiori a 36 mensilità (non più 24).

Per i datori di lavoro sotto i 15 addetti – 5 nel caso dell’agricoltura – in funzione di quanto previsto dall’art. 9, comma 1, del medesimo decreto legislativo 23/2015, le indennità non potranno essere inferiori a 3 mensilità (non più 2) – sempre la metà di quanto previsto per le imprese più grandi - e superiori a 6 mensilità (come prima).

Tale modifica determina un aumento secco, da 4 a 6 mensilità, dell’importo minimo che, come indennità di licenziamento. andrà pagata a prescindere dalla anzianità del lavoratore (da 2 a 3 per le realtà più piccole).

   

  1. MISURE DI CONTRASTO ALLA DELOCALIZZAZIONE E SALVAGUARDIA DEI LIVELLI OCCUPAZIONALI (artt. 5 e 6)

Le disposizioni contenute negli articoli 5 e 6 sono volte ad arginare il fenomeno delle c.d. “delocalizzazioni” delle attività economiche delle imprese, intendendo per tale lo spostamento in altri paesi di attività e processi produttivi.

Premesso che tale fenomeno non riguarda, se non soltanto in linea teorica e solo marginalmente, le nostre realtà cooperative, offriamo comunque un commento sintetico delle novità introdotte a questo proposito dal legislatore.

Con l’art. 5 si amplia di fatto la portata di una norma già vigente nel nostro ordinamento (commi 60-61 dell’art. 1 della legge di stabilità 2014) prevedendo limiti specifici per imprese italiane e straniere che abbiano ottenuto aiuti di Stato nel nostro paese per effettuare investimenti produttivi.

Qualora tali realtà dovessero ricorrere ad una delocalizzazione in un altro sito entro i 5 anni dalla conclusione dell’agevolazione, le stesse decadranno dal beneficio e, nel caso specifico di una delocalizzazione extra UE, saranno sanzionate con una somma compresa tra 2 e 4 volte l’importo dell’aiuto fruito.

Analogamente, e in maniera complementare, l’art. 6 impone un obbligo di tutela dell’occupazione fino ad un periodo di 5 anni per le imprese che abbiano beneficiato di aiuti di Stato che prevedano una valutazione dell’impatto occupazionale.

In assenza di un giustificato motivo oggettivo, decadranno dal beneficio in misura proporzionale alla riduzione del livello occupazionale, fatto salvo che fino al 10% di riduzione il beneficio sarà mantenuto, mentre invece verrà interamente disconosciuto in presenza di una riduzione del personale superiore al 50%.

Per entrambe le disposizioni gli importi recuperati andranno a incrementare la dotazione di risorse desinata al medesimo aiuto di Stato.

Tempi e modalità con cui attuare e verificare il rispetto di queste nuove norme saranno definite con riferimento specifico alle misure di aiuto di propria competenza da ciascuna pubblica amministrazione, cui spetterà anche il compito di puntualizzare meglio alcuni aspetti applicativi che stando al contenuto del decreto-legge rimangono piuttosto indefiniti.










(1) Nostre circolari n.16 del 21 marzo 2014 – prot. n.1502 – n. 27 del 20 maggio 2014 – prot. n. 2423 – e n.38 del 

    25 giugno 2014 – prot. n 3058.

(2) Nostra circolare n. 8 del 9 marzo 2015 - prot. n. 967.

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