Con la circolare in oggetto l’INPS
interviene su una materia particolarmente delicata, quale quella dell’assenza
dal lavoro per malattia chiarendo in modo inequivocabile, di come bisogna
comportarsi in presenza di una riduzione dei giorni di malattia (c.d. periodo
di prognosi) dichiarati nel certificato medico originario, con un conseguente
rientro al lavoro anticipato.
Si tratta di un chiarimento ufficiale
importante per chi si occupa della gestione del personale, perché da diversi
anni erano emerse perplessità e opinioni discordanti su questo aspetto, con una
relativa gestione non univoca nell’ambito delle imprese.
L’INPS chiarisce
che, a fronte di una guarigione anticipata rispetto a quanto inizialmente
“previsto” dal medico, il lavoratore è obbligato a chiedere una rettifica
del certificato in corso al suo medico di base, operazione che oggi non
sempre viene eseguita. In assenza della rettifica del certificato originario,
il datore di lavoro non potrà riammettere in servizio il dipendente.
Se così non facesse,
il datore di lavoro non rispetterebbe le norme in materia di salute e sicurezza
sul lavoro e sul fronte assicurativo nonché – ricorda l’INPS - l’art. 2087 c.c.
che lo impegna ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità
fisica dei lavoratori.
Operativamente, il lavoratore,
prima del suo rientro anticipato, chiederà al medesimo medico che ha formulato
la prognosi originaria di rettificare il certificato telematico (analogamente a
quanto avviene, all’opposto, nei casi in cui si verifica un prolungamento della
malattia con il rilascio di un certificato di continuazione).
Più in generale la
circolare va letta come monito per i lavoratori, per i datori di lavoro e per
i medici ad attenersi fedelmente alle indicazioni offerte, anche perché l’obbligo di rettificare correttamente la
data di fine prognosi rileva anche nei confronti dell’INPS che riconosce, come
noto, la prestazione economica di malattia.
Come è evidente, un
disallineamento tra la durata effettiva della malattia e la certificazione
trasmessa potrebbe comportare peraltro il pagamento al lavoratore di indennità
non dovute o inutili visite di controllo domiciliari.
A questo proposito, la mancata/tardiva comunicazione della
ripresa anticipata dell’attività lavorativa comporterà per il lavoratore la
medesima sanzione valida per i casi di assenza ingiustificata alla visita
domiciliare di controllo.