Sulla G.U. n. 210 dell’8 settembre 2016
è stato pubblicato il decreto legislativo n. 175 del 18 agosto 2016 (all. 1), recante il
testo unico in materia di
società a partecipazione pubblica
Il decreto riforma la disciplina delle
partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche (mirando ad una
riduzione delle società partecipate e ad una razionalizzazione dei compensi
degli amministratori) ed ha come oggetto principale la costituzione di società
da parte di amministrazioni pubbliche, nonché l’acquisto, il mantenimento e la
gestione di partecipazioni, in via diretta o indiretta.
Entrerà in vigore il 23 settembre
2016.
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L’art.
3 del provvedimento in esame – rubricato “tipi di società in
cui è ammessa la partecipazione pubblica” – stabilisce che “le amministrazioni pubbliche possono
partecipare esclusivamente a società, anche consortili, costituite in forma di
società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa”.
Il riferimento espresso alle società
cooperative, che consente senza ombra di dubbi la partecipazione delle
pubbliche amministrazioni a cooperative, non era contenuto negli schemi di
decreto legislativo approvati dal Consiglio dei Ministri e trasmessi alle
Commissioni parlamentari. La correzione del testo dell’articolo 3 si deve in
particolare alle segnalazioni e sollecitazioni rivolte al Legislatore delegato
dall’Alleanza delle Cooperative e da Confcooperative, che sin dalla diffusione
delle prime bozze hanno evidenziato una lacuna foriera di una discriminazione
irragionevole e di gravissimo impatto, perché nella sostanza rendeva illecita
ogni forma di partecipazione di enti pubblici in società cooperative.
L’azione di rappresentanza svolta dall’Alleanza
è tanto più significativa se si pensa che nella ultima Relazione tecnica al
provvedimento (trasmessa alle Camere sub Atto
Governo n. 297-bis, v. http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/983543.pdf) il Governo ribadiva che “non è apparso necessario (…) chiarire che sono ammesse le
partecipazioni in società cooperative per azioni o a responsabilità limitata”.
Ciò nondimeno, sulla base delle argomentazioni svolte dall’Alleanza – e
sintetizzate nella memoria per l’audizione parlamentare sull’AG 297 del 13
giugno 2016, all. 2 – evidentemente
il Legislatore delegato mutava indirizzo, convincendosi della insufficienza
dell’interpretazione e della necessità di colmare la lacuna intervenendo
direttamente sul testo.
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Quanto agli altri profili di disciplina,
il provvedimento circoscrive le ragioni ed i presupposti per la
partecipazione degli enti pubblici in società, limitando la partecipazione
ad attività predeterminate (produzione di un servizio di interesse generale,
inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali
ai servizi medesimi; progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla
base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche; realizzazione e
gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse
generale attraverso un contratto di partenariato con un imprenditore
selezionato; autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti
pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive
europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale
di recepimento; servizi di committenza, incluse le attività di committenza
ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di
amministrazioni aggiudicatrici).
Inoltre, il decreto prevede
espressamente che le amministrazioni pubbliche non possano, direttamente o
indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di
beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie
finalità istituzionali.
In conclusione, e rinviando alla lettura
del testo per ogni verifica, si rileva che il decreto disciplina altresì nel
dettaglio la gestione amministrativa delle partecipate, anche in caso di crisi
aziendale, nonché la gestione del personale ed il tema della trasparenza.
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