Circolari

Circ. n. 11/2019

D.LGS. 12 GENNAIO 2019, N. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155)(G.U. n. 38 del 14 febbraio 2019-S.O. n. 6)

Si fa seguito alla Circolare del Servizio Legislativo 19 dicembre 2017, n. 20 (riguardante la legge delega 19 ottobre 2017, n. 155), per comunicare che nella G.U. n. 38 del 14 febbraio 2019, è stato pubblicato, il nuovo

 

 

Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

 

 

La riforma ha l’ambizione di codificare la disciplina relativa a tutte le procedure riguardanti la segnalazione, la prevenzione e la definizione della crisi e dell’insolvenza delle imprese commerciali e degli altri diversi soggetti dell’ordinamento (incluse le imprese agricole e i consumatori). Introduce per giunta una serie di rilevanti modifiche che giungono ad intaccare la struttura e il funzionamento stesso delle imprese, profilando nuovi doveri e nuove responsabilità per gli imprenditori, gli amministratori e gli organi di controllo.

Riveste altresì un significato rilevante e specifico per il movimento e per Confcooperative, involgendo – come vedremo – istituti significativi dell’ordinamento cooperativo e del diritto societario. Come vedremo nel dettaglio, nel rispetto dei principi e della tradizione giuridica italiana, Confcooperative – in coordinamento con le altre Centrali dell’Alleanza delle Cooperative Italiane – è intervenuta nel dibattito e nel processo riformatore con una posizione basata sul riconoscimento costituzionale della funzione sociale delle cooperative anche e soprattutto nella fase di crisi.

 

Il Codice si compone di quattro parti:

  1. procedure della crisi e dell’insolvenza;

  2. modifiche al codice civile (che derivano, soprattutto, dall’introduzione delle procedure di allerta);

  3. garanzie a favore degli acquirenti di immobili da costruire (di interesse per le cooperative di abitazione);

  4. disposizioni finali e transitorie (riguardante in particolare l’entrata in vigore del codice e la disciplina transitoria).

La riforma nel suo complesso è di là dall’essere operativa, essendo prevista l’entrata in vigore a diciotto mesi dalla pubblicazione, quindi al 15 agosto 2020. Nondimeno alcune disposizioni – segnatamente quelle che riguardano la struttura e la responsabilità delle imprese, nonché le disposizioni in tema di immobili da costruire – entrano in vigore da subito, precisamente il 16 marzo 2019.

 

Dedicheremo attenzione anzitutto a queste ultime, rinviando per gli altri contenuti della riforma alla seconda parte di questa circolare.

 

Per le modifiche alla legge cd Duilio (L. 155/2017) sulle garanzie per gli acquirenti degli immobili da costruire si rinvia alla Circolare di Confcooperative Habitat 20 febbraio 2019, n. 5, prot. 961.

 

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  1. Le disposizioni già entrate in vigore

 

I.1. La modifica in tema di organo di controllo

 

[Riforma dell’art. 2477, c.c.] Una delle modifiche più rilevanti è contenuta nell’articolo 379 del provvedimento in commento ove si modifica, fra le altre disposizioni, l’art. 2477, c.c., concernente i casi in cui è obbligatoria la nomina dell’organo di controllo (nelle SRL). Vale la pena rammentare che le disposizioni oggetto di novella, in virtù del noto rinvio alla disciplina SPA e SRL (ex articolo 2519 c.c.) e del rinvio specifico (ex articolo 2543 c.c. in materia di organo di controllo), riguardano direttamente tutte le società cooperative quale che sia la loro disciplina di riferimento (S.p.A. o s.r.l.).

Nel dettaglio, l’art. 379 del nuovo codice dell’impresa, ai commi 1 e 2, novella l’articolo 2477 c.c., modificando i criteri al cui superamento è obbligatoria la nomina di un organo di controllo.

In base alla nuova formulazione, la nomina è obbligatoria quando la società:

  • è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

  • controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;

  • la società per due esercizi consecutivi ha superato almeno uno dei seguenti limiti:

      • totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro;

      • ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro;

      • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità.

Per le società cooperative, alle ipotesi appena enunciate, si aggiunge quella contemplata dall’articolo 2543 c.c. Conseguentemente, le cooperative, oltre che nei casi sopra elencati, sono tenute a nominare l’organo di controllo anche quando emettano strumenti finanziari non partecipativi.

Qualora la società sia tenuta, ma non provvede a nominare l’organo di controllo entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio in cui viene rilevato il superamento dei limiti sopra predetti, provvede il tribunale, oltre che su richiesta di ogni interessato, anche su segnalazione del conservatore del registro delle imprese. Il potere di segnalazione del conservatore del RI attribuisce un potere inedito di controllo e denuncia e rappresenta un’ulteriore novità della riforma.

L’obbligo di nomina dell’organo di controllo cessa, quando per tre esercizi consecutivi non è superato nessuno dei limiti di cui sopra.

Ai fini della prima applicazione delle disposizioni, in assenza di chiarimenti ufficiali, si adotta un’interpretazione prudenziale che assicura la tempestiva applicazione dei nuovi parametri. Si ritiene quindi che si debba aver riguardo ai due esercizi antecedenti la scadenza del 16 dicembre 2019. Conseguentemente, i due esercizi da considerare per valutare se si ha l’obbligo di nominare l’organo di controllo sono quelli relativi agli anni 2017 e 2018 (<2016/2017 - 2017/2018> ovvero <2017/2018 – 2018/2019> per le cooperative che non seguono il criterio dell’anno solare a seconda della chiusura del proprio esercizio).

[Differenze rispetto alla disciplina previgente] Come si può vedere, rispetto alla disciplina previgente, i nuovi limiti sono notevolmente più bassi rispetto a quelli previgenti:

  • 2 milioni di euro di attivo dello stato patrimoniale anziché 4,4 milioni;

  • 2 milioni di euro di ricavi delle vendite e delle prestazioni anziché 8,8 milioni;

  • 10 dipendenti occupati in media durante l’esercizio, anziché 50.

Per giunta, se prima era necessario superare due dei tre limiti in due esercizi consecutivi, con la modifica introdotta sarà sufficiente superarne uno per dover ottemperare immediatamente all’obbligo di nomina dell’organo di controllo.

Infine, si prevede che l’obbligo cessi qualora non si superi uno dei parametri citati per almeno tre esercizi, anziché due.

[Disciplina transitoria] L’articolo 379, comma 3, contiene anche la disciplina transitoria. Si stabilisce che le società a responsabilità limitata e le società cooperative costituite al 16 marzo 2019, quando ricorrano i requisiti di cui all’articolo 2477, comma 1, c.c., devono provvedere a nominare gli organi di controllo o il revisore e, se necessario, ad uniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni di cui al predetto comma, entro il 16 dicembre 2019. Fino alla scadenza del termine, le previgenti disposizioni dell’atto costitutivo e dello statuto conservano la loro efficacia, anche se non sono conformi alle inderogabili disposizioni di cui al comma 1.

Il 16 dicembre 2019 costituisce dunque il termine ultimo di adeguamento: entro il 16 dicembre 2019 le cooperative dovranno nominare l’organo di controllo o il revisore qualora si verifichi il superamento dei limiti predetti e modificare lo statuto, con atto pubblico, qualora le clausole statutarie relative all’organo di controllo non siano conformi alle nuove disposizioni. In proposito, si ritiene che tutte le società cooperative aderenti, che hanno adottato i modelli di statuto predisposti da Confcooperative e da ICN, fatti salvi successivi e ulteriori interventi normativi o interpretazioni ministeriali, non hanno necessità di apportare modifiche statutarie, considerando che le formulazioni utilizzate contengono rinvii formali alle disposizioni civilistiche, incorporando l’evoluzione legislativa in esame.

 

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I.2. Le modifiche in tema di dovere di istituzione di assetti adeguati e in tema di responsabilità degli amministratori

 

Quanto agli assetti organizzativi dell’impresa, l’articolo 375 del D.lgs. n. 14/2019, apporta rilevanti modifiche anche all’articolo 2086, c.c. Intanto, ne viene modificata la rubrica con la sostituzione dell’attuale “Direzione e gerarchia nell’impresa” con “Gestione dell’impresa”.

Inoltre – è questa la novità più rilevante – viene aggiunto un secondo comma che stabilisce: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. Ne deriva, quindi, una maggiore responsabilizzazione dell’imprenditore costituito in forma collettiva o societaria, il quale è tenuto a costituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa. Ciò evidentemente anche (ma non solo) allo scopo di rilevare tempestivamente l’eventuale crisi dell’impresa e la perdita della continuità aziendale, attivandosi prontamente, se del caso, per il risanamento dell’azienda e per garantire la risoluzione della crisi.

 

Da par suo, l’articolo 376, intitolato “Crisi dell’impresa e rapporti di lavoro”, modifica il 2° comma dell’articolo 2119 c.c, riguardante il recesso per giusta causa del rapporto di lavoro, stabilendo che: “Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto la liquidazione coatta amministrativa dell’impresa. Gli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro sono regolati dal codice della crisi e dell’insolvenza”.

 

L’articolo 377, del D.lgs. n. 14/2019 titolato “Assetti organizzativi societari”, estende ai vari tipi societari, gli obblighi previsti dal nuovo articolo 2086, comma 2°. Vengono, pertanto, modificati: l’articolo 2257 c.c., in materia di amministrazione disgiuntiva nella società semplice; l’articolo 2380-bis c.c., sull’ amministrazione della società nella S.p.A.; l’articolo 2409-novies c.c., riguardante il Consiglio di gestione, sempre nella S.p.A.; l’articolo 2475 c.c., sull’amministrazione nelle s.r.l.

 

Quanto alla responsabilità degli amministratori, l’articolo 378, invece, novella la disciplina sulla responsabilità degli amministratori nelle s.r.l.

Con una modifica, infatti, all’articolo 2476 c.c., recante: “Responsabilità degli amministratori”, viene introdotto un 6° comma, in base al quale: “Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi”. Attraverso tale previsione, pertanto, il legislatore ha consacrato l’impostazione dottrinale e giurisprudenziale consolidata che riconosce l’azione di responsabilità dei creditori sociali anche nelle S.r.l., originariamente prevista solo per le S.p.a.

Un’altra modifica riguarda l’articolo 2486 c.c., con l’inserimento di un 3° comma, riguardante la determinazione del danno risarcibile dagli amministratori in taluni casi. Viene, infatti, stabilito che: “Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”. Conseguentemente, ai fini della determinazione del danno risarcibile dagli amministratori, assume rilevanza il criterio dei “netti patrimoniali”. Resta a carico del convenuto (amministratore) l’onere della prova che il danno ha un ammontare diverso. Qualora, invece, sia stata avviata una procedura concorsuale, il criterio da utilizzare nella determinazione del danno risarcibile, sarà dato “dalla differenza tra attivo e passivo” emerso nel corso della procedura, qualora: manchino le scritture contabili ovvero i netti patrimoniali non possano essere determinati, a causa dell’irregolarità delle scritture contabili o per altri motivi.

 

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II. La riforma delle discipline della crisi e dell’insolvenza

 

II.1. Premessa

 

Il nuovo codice della crisi codifica e unifica le discipline relative alla crisi, all’insolvenza e al cd sovraindebitamento per tutti i soggetti dell’ordinamento (quindi anche per i soggetti tradizionalmente non fallibili), introducendo altresì una serie di significative innovazioni orientate ad una più efficace e tempestiva prevenzione dell’insolvenza.

Oltre alle significative modifiche al codice civile già esaminate, quali il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato (i) l’estensione della responsabilità degli amministratori (ii) e delle ipotesi in cui diviene obbligatorio “l’organo di controllo” (iii), tra le altre, principali innovazioni si segnalano:

  • la rivisitazione delle nozioni di crisi e di insolvenza: la crisi non include più l’insolvenza, ma è definita come la probabilità che l’insolvenza si realizzi, che si manifesta come “inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”;

  • la disciplina delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi;

  • un nuovo criterio di competenza dei tribunali e degli organismi di composizione della crisi imperniato sulla nozione di COMI (centre of main interests), ossia del centro degli interessi principali (che si presume essere quello della sede legale risultante dal Registro Imprese);

  • una serie di variazioni terminologiche: in particolare non è più presente il termine “fallimento”, sostituito da “liquidazione giudiziale”;

  • l’introduzione di una procedura relativa ai gruppi di imprese (con possibilità per le imprese appartenenti ad un gruppo di accedere ad un’unica procedura);

  • l’integrazione nel codice della procedura relativa alle famiglie e ai soggetti non fallibili, cd sovraindebitamento di cui alla L. 3/2012.

 

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II.2. Ambito soggettivo di applicazione

 

Quanto all’ambito soggettivo di applicazione del codice, gli istituti e le procedure in esso previste si applicano a tutti i soggetti dell’ordinamento, ad eccezione dello Stato e degli enti pubblici.

Ovviamente, non tutti sono soggetti a tutte le procedure: in particolare, trova conferma il principio di assoggettamento alla procedura concorsuale ordinaria (che, come dicevamo, ha assunto il nome di “liquidazione giudiziale” in luogo di “fallimento”) della sola impresa commerciale non minore. Continuano quindi ad essere escluse dalla procedura ordinaria le imprese agricole (e le cooperative agricole) e le imprese minori (e le cooperative minori)[1].

Di conseguenza sono assoggettati alla procedura da sovraindebitamento (e non a liquidazione giudiziale) il consumatore, il professionista, l’impresa minore, l’imprenditore agricolo, le start-up innovative e ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure previste in leggi diverse dal codice in esame.

Le cooperative agricole e le cooperative “minori” saranno invece assoggettate alla sola liquidazione coatta amministrativa (saranno dunque escluse sia dalla liquidazione giudiziale, sia dalla procedura da sovraindebitamento).

 

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II.3. La liquidazione coatta amministrativa e le modifiche in tema di società cooperative in stato di crisi o insolvenza.

 

Come si è già avuto modo di sottolineare, Confcooperative e l’Alleanza delle Cooperative Italiane, sin dalla presentazione del disegno di legge delega nella precedente legislatura, sono più volte intervenute nel dibattito e nel processo riformatore assumendo una posizione basata sul riconoscimento costituzionale della funzione sociale delle cooperative, anche e soprattutto nella fase di crisi. Ciò ha indotto il Governo a confermare che le società cooperative in stato di insolvenza sono assoggettate a liquidazione coatta amministrativa, con ciò rinunciando all’attuazione di quanto previsto dall’art. 15 della legge delega n. 155/2017, e confermando uno dei cardini della tradizione giuridica italiana (consolidatosi nel 1942, con il varo del codice civile e della legge fallimentare, e nuovamente discusso e confermato dalla riforma del 2003). Grazie all’approfondimento del dibattito che ne è derivato, specie in sede parlamentare, la dialettica tra Governo e Parlamento ha, dunque, determinato la conservazione al sistema della liquidazione coatta amministrativa in caso di insolvenza (e non solo in seguito all’accertamento di irregolarità) per le cooperative e per le imprese sociali (queste ultime ai sensi dell’art. 14, d.l.vo 112/2017), perlopiù con la stessa fisionomia ed i medesimi contenuti della precedente disciplina.

In particolare, il nuovo codice espressamente fa salve le disposizioni in materia di amministrazione straordinaria di grandi imprese e in materia di liquidazione coatta amministrativa. Con ciò determinando, non solo la salvezza delle disposizioni sulla crisi e l’insolvenza delle società cooperative contenute nel codice civile, ma anche la salvezza della legge speciale 400/1975 sulla LCA delle società cooperative.

Inoltre, hanno trovato conferma:

  • il sistema del cd doppio binario, cioè del contestuale assoggettamento delle cooperative “commerciali” sia alla procedura ordinaria, sia alla liquidazione coatta;

  • il principio di prevenzione, secondo il quale quando la legge ammette la procedura di liquidazione coatta amministrativa e quella di liquidazione giudiziale, la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale preclude la liquidazione coatta amministrativa e il provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa preclude l’apertura della liquidazione giudiziale.

 

Fra le altre norme di interesse per le società cooperative che sono state modificate dal nuovo codice si segnala anzitutto la modifica dell’art. 2545-terdecies, primo comma, secondo periodo, c.c. La nuova norma, conferma l’assoggettamento delle cooperative che svolgono attività commerciale anche alla procedura concorsuale ordinaria e, contestualmente, apporta una correzione terminologica sostituendo la parola “fallimento” con il sintagma “liquidazione giudiziale”. Ovviamente, detta disposizione entrerà in vigore come quasi tutte le altre norme del codice il 20 agosto 2020.

 

In secondo luogo, si sostituisce l’art. 2545-sexiesdecies, primo comma, c.c., coordinando la disciplina della gestione commissariale delle società cooperative con la disciplina della crisi e, conseguentemente stabilendo che, fuori dei casi in cui deve essere disposto lo scioglimento per atto dell’autorità, in caso di irregolare funzionamento della società cooperativa, l’autorità di vigilanza può revocare gli amministratori e i sindaci, affidare la gestione della società a un commissario, determinando i poteri e la durata, al fine di sanare le irregolarità riscontrate e, nel caso di crisi o insolvenza, autorizzarlo a domandare la nomina del collegio o del commissario per la composizione assistita della crisi stessa o l’accesso a una delle procedure regolatrici previste nel codice della crisi e dell’insolvenza.

Anche questa disposizione entrerà in vigore il 20 agosto 2020. Nel frattempo continuerà ad essere in vigore la disposizione, recentemente introdotta (v. Circolare del Servizio legislativo n. 1/2018), secondo la quale “in caso di gravi irregolarità di funzionamento o fondati indizi di crisi delle società cooperative, l’autorità di vigilanza può revocare gli amministratori e i sindaci, e affidare la gestione della società ad un commissario, determinando i poteri e la durata. Ove l’importanza della società cooperativa lo richieda, l’autorità di vigilanza può nominare un vice commissario che collabora con il commissario e lo sostituisce in caso di impedimento”.

 

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II.4. Le procedura di allerta e composizione della crisi

 

Lo spostamento del sistema ad un momento anteriore e diverso dallo stato di insolvenza è, come abbiamo visto, assistito prima che da norme di procedura, da un diverso complesso dei doveri incombenti sull’organizzazione aziendale, essendo stato introdotto – fra gli altri – il dovere dell’impresa di rilevare tempestivamente lo stato di crisi. Tale dovere è altresì accompagnato e rinforzato da una serie di misure, anche di effetto penale, con le quali il debitore è “premiato” per la rilevazione tempestiva dello stato di crisi (sono infatti denominate “misure premiali”).

Ai sensi dell’art. 14, l’obbligo di segnalare la crisi ed avviare la procedura di allerta incombe sugli organi di controllo societari, sul revisore contabile e sulla società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni. Questi hanno l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi. Se l’organo amministrativo non si attiva, hanno l’obbligo di effettuare direttamente la segnalazione agli organismi di composizione della crisi d’impresa (OCRI, da istituirsi presso le Camere di commercio).

In secondo luogo, lo stato di crisi deve essere segnalato ai sensi dell’art. 15, da creditori pubblici qualificati, vale a dire dall’Agenzia delle entrate, dall’Agente della riscossione e dall’INPS, in ipotesi di debiti tributari e contributivi di importo rilevante (specificamente indicati nella legge).

Costituiscono indicatori della crisi, ai sensi dell’art. 13, “gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi. A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi (…)”. Gli indicatori e gli indici della crisi misurano in sostanza la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Gli indici devono essere elaborati ogni tre anni dal Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

Si tenga infine presente che la procedura di allerta si applica anche alle imprese agricole (incluse le cooperative agricole), alle imprese minori (incluse le cooperative minori) e alle imprese sociali, ancorché tali soggetti siano esclusi dalla liquidazione giudiziale.

Non si applica invece alle grandi imprese, ai gruppi di imprese di rilevante dimensione, alle società con azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse fra il pubblico in misura rilevante secondo i criteri CONSOB. Sono altresì escluse i soggetti esercenti attività bancaria, finanziaria e assicurativa tassativamente indicati dalla legge (art. 12), quali le banche e le imprese di assicurazione. Si tenga presente, tuttavia, che le imprese escluse sono comunque ammesse a godere delle misure premiali (di cui all’articolo 25) se ricorrono le condizioni di tempestività.

La procedura è incardinata presso gli organismi di composizione della crisi (OCRI) istituti presso le Camere di commercio ed è nel concreto istruita da un collegio costituito presso l’OCRI e composto da tre componenti (uno designato dal presidente del tribunale delle imprese, uno dal presidente della camera, uno dall’associazione di categoria rappresentativa del settore; ma come stiamo per vedere diversa è la procedura di composizione per imprese soggette a vigilanza, v. infra). La procedura può essere definita (entro 3 mesi, prorogabili di altri 3) da un accordo stragiudiziale tra debitore e creditori producente gli stessi effetti di un piano di risanamento attestato (se l’accordo non è raggiunto, l’OCRI invita a presentare domanda di accesso a una delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza).

Tale procedura subisce alcune modificazioni in riferimento alle imprese soggette a vigilanza amministrativa, tra le quali le società cooperative e le imprese sociali. Infatti, in tali casi le autorità amministrative di vigilanza (quindi il MISE sulle cooperative ed il Ministero del lavoro per le imprese sociali non cooperative), oltre ad essere legittimate in proprio a ricevere la segnalazione dei fondati indizi di crisi, svolgono le funzioni attribuite agli organismi di composizione assistita della crisi, designando due componenti del collegio su tre (il terzo componente è nominato dal presidente del tribunale delle imprese). L’autorità di vigilanza può evidentemente anche proporre domanda di accertamento dello stato di insolvenza con apertura della liquidazione coatta amministrativa.

 

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II.5. Conclusioni.

 

L’entrata in vigore della riforma è fissata nel termine di 18 mesi a partire dalla data di pubblicazione del Codice in Gazzetta Ufficiale: quindi entro il 15 agosto 2020!

Tuttavia, come abbiamo visto, alcune disposizioni sono entrate in vigore già il 16 marzo 2019, vale a dire:

  • le norme in tema di organi di controllo nelle cooperative e nelle srl (per le quali, tuttavia, ci sarà tempo fino al 16 dicembre 2019 per l’adeguamento);

  • le norme in tema di responsabilità degli amministratori e i nuovi assetti organizzativi dell’impresa;

  • le modifiche in tema di garanzie per l’acquisto di immobili da costruire.

Ancorché sia lungi dall’essere una riforma operativa (essendo altresì probabile una sua correzione), nondimeno la riforma in commento determina già conseguenze significative sulla struttura e sul funzionamento delle imprese. Si ribadisce, in ogni caso, che almeno ad una prima analisi le società cooperative aderenti che hanno adottato i modelli di statuto predisposti e aggiornati da Confcooperative e da ICN, non hanno necessità di apportare modifiche statutarie, considerando che le formulazioni utilizzate, in tema di organo di controllo e responsabilità degli amministratori, sono compatibili con l’evoluzione legislativa in esame.

Si consiglia, in ogni caso, di verificare la conformità dello statuto della cooperativa con i più recenti modelli di statuto.

Per tali ragioni, Confcooperative, oltre a seguire il dibattito istituzionale sullo stato di attuazione e sulla correzione della riforma, ha avviato di una serie di iniziative di approfondimento sui contenuti già approvati, prime fra tutte le due giornate di studio del 13 e 25 marzo a Roma e Bologna (v. Circolare del Servizio legislativo n. 10/2019).

 

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Si resta a disposizioni per ulteriori chiarimenti.










[1] È definita impresa minore l’impresa che presenta congiuntamente i seguenti requisiti:

1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro 300.000 nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore

2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro 200.000 nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore

3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro 500.000

I predetti valori possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia.