A distanza di oltre due mesi dall’entrata in vigore (12 gennaio u.s.) della Legge n. 203/2024 cd. “Collegato lavoro” contenente, come noto, diverse disposizioni su molteplici istituti il Ministero del Lavoro con la circolare in oggetto fornisce prime indicazioni operative relativamente ad alcuni profili di maggior rilievo: lavoro stagionale, periodo di prova, comunicazioni in materia di lavoro agile, somministrazione di lavoro e cosiddette dimissioni per fatti concludenti.
Analizzando di seguito le indicazioni ministeriali, si espliciteranno gli elementi di valore aggiunto contenuti nella circolare rispetto a una mera illustrazione delle novità normative, da noi già effettuata mesi fa con specifica circolare.
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Risoluzione del rapporto di lavoro per fatti concludenti (art. 19)
Si tratta sicuramente della norma di maggior interesse contenute nella legge e richiamate nella circolare ministeriale che riporta utili chiarimenti applicativi.
Per meglio comprenderli riportiamo in via preliminare l’illustrazione fatta su tale articolo in occasione della nostra precedente circolare di fine dicembre 2024:
- risoluzione del rapporto di lavoro per volontà del lavoratore in presenza di assenza ingiustificata del lavoratore oltre un determinato periodo, salvo che lo stesso dimostri, per cause di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, l’impossibilità di comunicare i motivi alla base dell’assenza. Tale fattispecie si verifica se l’assenza si protrae oltre il termine previsto dal CCNL o, in mancanza di previsione contrattuale, oltre 15 giorni. Perché tale assenza maturi la sua efficacia in termini di risoluzione del rapporto il datore di lavoro dovrà comunque comunicare l’assenza all’Ispettorato del lavoro territorialmente competente che avrà la possibilità di verificare la veridicità della comunicazione. Il legislatore precisa che in queste circostanze non trova applicazione la procedura relativa alle dimissioni telematiche, come prevista dall’art. 26 del decreto legislativo n. 151/2015, superando in questo modo la criticità avvertita da tempo da molti datori di lavoro di non poter considerare dimessi per fatti concludenti quei lavoratori che non si presentavano più da tempo sul lavoro (con l’aggravante che molto spesso le medesime imprese per avere una certezza giuridica decidevano di licenziare tali soggetti pagando tuttavia in questi casi la tassa di licenziamento prevista da anni nel nostro ordinamento).
Una volta chiarito il quadro normativo, queste le principali indicazioni ministeriali da rispettare:
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- l’assenza ingiustificata del lavoratore oltre tali termini non comporta nulla, ma è il datore di lavoro che deve attivarsi presso l’Ispettorato per farne derivare le conseguenze previste dalla norma;
- i 15 giorni indicati nella norma, in assenza di ulteriori specificazioni e ove non diversamente indicato dai CCNL, sono da intendersi di calendario;
- i CCNL possono intervenire solo inserendo un termine superiore a quello legale dei 15 giorni;
- il datore di lavoro può attivarsi presso l’Ispettorato anche in un momento successivo rispetto a quando scadono i termini limiti di assenza ingiustificata permessi, fermo restando che il termine di 5 giorni entro cui effettuare la comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto tramite modello UNILAV decorrerà dal momento della comunicazione data all’Ispettorato e inviata comunque anche al lavoratore;
- la risoluzione del rapporto per fatti concludenti come prevista dall’art. 19 in esame, va tenuta distinta, ed eventualmente disciplinata dai CCNL in maniera distinta, rispetto a quanto già gli stessi possano prevedere in termini di conseguenze disciplinari e possibili eventuali licenziamenti legati ad assenze ingiustificate dei lavoratori protrattesi nel tempo;
- per il periodo di assenza ingiustificata del lavoratore il datore non è tenuto al versamento della retribuzione e dei relativi contributi e potrà trattenere dalle competenze di fine rapporto da versare al lavoratore l’indennità di mancato preavviso contrattualmente stabilita;
- la comunicazione di cessazione è priva di effetti se il lavoratore dimostri di non essere stato in grado di comunicare i motivi dell’assenza così come se l’Ispettorato accerti la non veridicità della comunicazione del datore, con un eventuale responsabilità, anche sul fronte penale, in caso di false comunicazioni rese dall’impresa;
- infine, trattandosi di una disciplina a carattere speciale che tutela determinate categorie di lavoratori - lavoratrici durante il periodo di gravidanza e genitori lavoratori durante i primi 3 anni di vita del bambino – la convalida obbligatoria presso l’Ispettorato della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro o delle dimissioni prevista dall’articolo 55 del T.U. n. 151/2001 determina l’impossibilità a priori, rispetto a questi soggetti, di praticare come datore di lavoro la fattispecie in esame.
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Norma di interpretazione autentica in materia di stagionalità (art. 11)
La norma di interpretazione autentica dell’art. 21, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015, avente valore retroattivo, conferma e puntualizza la possibilità per la contrattazione collettiva, di qualsiasi livello, di individuare specifiche fattispecie di stagionalità – aggiuntive rispetto a quelle elencate nel D.P.R. n. 1525/1963 – in presenza delle quali non si applicano alcune rigidità organizzative e gestionali tipiche del contratto a tempo determinato (durata massima, causale, stop and go, limiti quantitativi).
Soprattutto – questo l’effettivo portato di novità come richiamato dal Ministero del Lavoro – si è voluto precisare che sono escluse tutte quelle ipotesi, sempreché previste dalla contrattazione, “per far fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa”.
Abbiamo già avuto modo di evidenziare che si tratta di un importante chiarimento che si lega alla necessità di risolvere alcuni contenziosi e respingere alcune critiche poste molto spesso dai sindacati circa il concetto di stagionalità.
Con la norma di interpretazione autentica si vuole superare quella distinzione, di difficile comprensione, che una recente giurisprudenza ha tentato di introdurre tra “attività stagionale” e “punte di stagionalità”, intendendo per queste ultime il ciclico riproporsi di determinate situazioni che non sono più soltanto correlate alle stagioni vere e proprie ma ad eventi o situazioni di mercato che si ripropongono, puntualmente, sempre negli stessi periodi dell’anno e per un tempo limitato.
Considerato che sono diversi i CCNL, anche quelli da noi sottoscritti (es. agroalimentare, coop sociali, ma non solo) che hanno praticato questo rinvio al contenuto dell’art. 21, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015, la circolare invita la contrattazione collettiva a chiarire specificatamente la conformità delle attività stagionali al dettato normativo, come ora integrato, non bastando a tal fine un mero richiamo formale e generico alla nuova disposizione.
Ciò perché – ricorda il Ministero – a fronte della direttiva europea n. 1999/70/CE sul contratto a tempo determinato e del relativo orientamento giurisprudenziale venutosi a consolidare a livello comunitario, alle deroghe concesse dal legislatore italiano in presenza di attività stagionali devono corrispondere ragioni obiettive, quanto più puntuali possibili, che giustifichino il rinnovo di contratti (stagionali) comunque legati a esigenze di carattere provvisorio.
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Durata periodo di prova per contratto a tempo determinato (art. 13)
Nel confermare un periodo di prova per il contratto a tempo determinato in misura proporzionale alla durata del rapporto e alle mansioni da svolgere, la nuova norma, che – specifica il Ministero – si applica con riferimento a contratti instaurati a partire dal 12 gennaio 2025, quantifica la durata del suddetto periodo di prova è fissato in 1 giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto.
Sono fatte salve previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva intendendo per queste sempre e comunque – chiarisce la circolare – previsioni di maggior tutela per il lavoratore e quindi eventuali norme contrattuali che prevedano una minore estensione del periodo di prova, a causa della “precarietà” che secondo il Ministero questo comporta per il lavoratore.
In ogni caso, senza quindi possibilità per la contrattazione di stabilire diversamente, la durata del periodo di prova deve essere:
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- compreso tra 2 e 15 giorni di lavoro effettivo per i rapporti fino a 6 mesi;
- compreso tra 2 e 30 giorni di lavoro effettivo per i rapporti tra 6 mesi e 12 mesi.
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Somministrazione di lavoro (art. 10)
Su questo istituto la circolare non aggiunge molto, se non fornire alcuni chiarimenti applicativi rispetto al comma 1, lett. a), numero 1), vale a dire in merito all’eliminazione della disciplina transitoria, che sarebbe altrimenti valsa fino al 30 giugno 2025, e che era finalizzata a consentire una durata complessiva della missione (o delle missioni) a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore superiore a 24 mesi (anche non continuativi) in presenza di determinate condizioni: il contratto di somministrazione tra agenzia e lavoratore fosse stato originariamente stipulato a tempo determinato (anziché a tempo indeterminato) e che l’agenzia avesse successivamente comunicato all’utilizzatore l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra la stessa agenzia e il lavoratore ovvero la trasformazione di un precedente rapporto a termine.
Ora, alla luce di tale abrogazione – precisa il Ministero - in caso di sforamento del limite temporale di 24 mesi, contando tuttavia solo i periodi riconducibili a missioni avviate successivamente al 12 gennaio 2025 e non svolte in vigenza della precedente disciplina, ciò comporterà la costituzione in capo all’utilizzatore di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il somministrato.
Peraltro, la circolare richiama diverse sentenze europee nonché italiane in cui si ribadisce che il ricorso al lavoro somministrato sia legittimo solo per esigenze di temporaneità dell’impresa utilizzatrice e non con missioni senza limiti di durata, principi a cui il legislatore si è in questo modo uniformato.
Per il resto, vengono richiamate due ulteriori novità normative contenute nell’articolo 10:
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- comma 1, lett. a), numero 2) – inserimento di due nuove fattispecie di esonero dai limiti quantitativi per la somministrazione a tempo determinato di lavoratori: quando la missione riguarda lavoratori che hanno un contratto di somministrazione a tempo indeterminato con l’agenzia e quando la missione incrocia delle situazioni che sono esonerate dall’applicazione dei limiti quantitativi per il contratto a tempo determinato ai sensi dell’art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 81/2015, vale a dire nella fase di avvio di nuove attività, in presenza di imprese start-up innovative, per lo svolgimento di attività stagionali o di specifici programmi o spettacoli, per la sostituzione di lavoratori assenti o quando siano coinvolti lavoratori over 50;
- comma 1, lett. b) – esclusione della causale per la somministrazione a tempo determinato di soggetti rientranti in determinate categorie: disoccupati che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati come definiti da ultimo ad opera del DM Lavoro 17 ottobre 2017, come analiticamente richiamato nella circolare.
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Termine per comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile (art. 14)
La circolare richiama la messa a regime nel nostro ordinamento, a partire dal 12 gennaio 2025, del termine entro cui vanno effettuate le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile, con l’obbligo per il datore di lavoro di comunicare in via telematica al Ministero del Lavoro, con le modalità già in uso (DM Lavoro n. 149/2022), i nomi dei lavoratori e la data di inizio e di fine delle prestazioni di lavoro svolte in modalità agile entro 5 giorni dalla data di avvio del periodo, oppure entro i 5 giorni successivi alla data in cui si verifichi eventualmente un evento modificativo della durata (es. proroga) o della cessazione, anche anticipata, del periodo di smart working.
Per una migliore gestione operativa e tempestiva delle comunicazioni il Ministero declina utilmente alcune ipotesi applicative a titolo di esempio, ricordando al contempo come l’inosservanza di tali modalità di comunicazione comporti una sanzione amministrativa compresa tra 100 e 500 euro per ogni lavoratore interessato.