Cibo, nel 2050 1 consumatore su 10 nel mondo mangerà Italian food

Cibo, nel 2050 1 consumatore su 10 nel mondo mangerà Italian food

Cibo, nel 2050 1 consumatore su 10 nel mondo mangerà Italian food

«Per 9 italiani su 10 nel 2050 continuerà il trionfo delle eccellenze made in Italy. Sostenibilità: progressi nell’agroalimentare e nella pesca, ma in un anno gli acquedotti sprecano il 40% dell'acqua»

mercoledì 27 giugno 2018

L'assemblea della cooperazione agroalimentare e pesca di Confcooperative  ha eletto Giorgio Mercuri presidente e Paolo Tiozzo vicepresidente. I lavori assembleari "A portata di futuro" sono stati l'occasione per presentare un'analisi sul cibo del futuro, stili, tendenze, export e Italian sounding. Ecco cosa è emerso:

«Vegan e cavallette volano a tavola, ma non sarà invasione: per 9 italiani su 10, nel 2050, continueranno a trionfare le eccellenze made in Italy e nel mondo 1 consumatore su 10 mangerà Italian food. Sostenibilità: progressi nell’agroalimentare e nella pesca, ma gli acquedotti sprecano il 40%»

Cibo: quintuplicherà la vendita online. Vegan e insetti a tavola, ma per 9 italiani su 10, anche nel 2050, prevarranno le eccellenze made in Italy. Nel mondo 1 consumatore su 10 mangerà italiano «Entro il 2025 lo shopping online crescerà di 5 volte, rappresenterà il 20% del mercato totale e avrà un giro di affari di 100 miliardi di dollari. Sembrerebbe scontato il tramonto dei negozi tradizionali e invece i giganti dell’e-commerce avranno bisogno di show room e punti vendita nelle città. Insetti, vegan e cibi stampati in 3d arriveranno sulle nostre tavole, ma saranno sirene poco seduttive per i nostri gusti, infatti secondo 9 italiani su 10 anche nel 2050 continueranno a trionfare le eccellenze del made in Italy, mentre nel mondo 1 consumatore su 10 mangerà made in Italy. Il tagliere di formaggi e salumi, pesce e carne, pizza pasta e pane, latte e ortofrutta saranno sempre in cima alle preferenze dei palati senza essere scavalcati dalle innovazioni gastro- etniche. Vista e olfatto sono i sensi che guidano l’acquisto di pesci, molluschi e crostacei. Per 4 italiani su 5 la tracciabilità e la sicurezza alimentare sono must irrinunciabili nella scelta di cosa e dove acquistare. Tra le sfide del futuro c’è quella di migliorare la resa al palato dei prodotti di quarta e quinta gamma. Obiettivo: incrementare il consumo di prodotti ittici anche di chi è frenato nell’acquisto per l’impegno richiesto in cucina nella loro preparazione».

Italian Sounding, handicap da 75 miliardi di euro ma innovazione spingerà 15 miliardi export in 3 anni «Sulla via dell’export e dell’internazionalizzazione dobbiamo fare più sistema. Qualcosa si è mosso rispetto agli scorsi anni, ma dobbiamo accompagnare le imprese sia investendo su comunicazione all’estero, sia riuscendo a essere più presenti sugli scaffali della Gdo internazionale. Il mondo ha fame di made in Italy e noi possiamo provare a recuperare spazio dalla fetta di mercato rubata dall’Italian Sounding che crea danni al nostro agroalimentare per oltre 75 miliardi di euro. Spazio che deve essere intercettato dall’agroalimentare italiano. Nei prossimi 3 anni l’innovazione spingerà l’export agroalimentare di 15 miliardi di euro. La cooperazione si misurerà con queste opportunità di sviluppo grazie ai prodotti certificati della sua filiera di qualità tre volte italiana: sede in Italia, dove genera reddito e occupazione e paga le tasse; realizza prodotto italiano, con produttori italiani e lavoro regolare».

Le aggregazioni spingono occupazione ed export «Nessuno ne ha fatte più dell’agroalimentare che ha determinato una crescita dell’occupazione del +3,7% passando dai 65.355 addetti nel 2007 ai 67.800 del 2017. Importante anche l’aumento del +13,8% del fatturato, passando dai 25,035 miliardi di euro del 2007 ai 28,5 miliardi di euro del 2017. Non basta. Occorre insistere per gareggiare ad armi pari con le imprese straniere. Tra le 20 cooperative agroalimentari più grandi d’Europa non ne troviamo nessuna italiana, ma quando proviamo a fare operazioni più ambiziose ci stoppa qualche autorità: il paradosso di essere grandi per il Paese, ma piccoli nel confronto con i competitor stranieri».

Sostenibilità, ecco chi spreca di più: gli acquedotti in un anno perdono il 40% dell’acqua «L’agroalimentare è accusato di sprecare risorse, a partire dall’utilizzo dell’acqua nei campi. Nessuno ha investito più dell’agroalimentare nella sostenibilità ambientale. Basti pensare che 7 cooperative agroalimentari su 10 sono impegnate in progetti di sostenibilità ambientale: 1 su 2 investe in risparmio d’acqua tra microirrigazione droni, sensori ed energia elettrica; 1 su 3 è indirizzata verso il riutilizzo dei materiali (biomasse e scarti industriali); 1 su 3 in tecnologie rispettose dell’ambiente. Anche per i prodotti ittici la parola d’ordine è sostenibilità. Per 2 cooperative su 3 questo è già realtà con l’utilizzo di tecniche di pesca e allevamento a basso impatto, con l’impiego di attrezzi da pesca sempre più selettivi o con la riduzione volontaria delle giornate di pesca per non stressare le risorse e valorizzare le produzioni. I pescatori, sempre più sentinelle dei mari, sono chiamati a ripulire i fondali da plastiche o immondizia grazie a progetti sperimentali che li vedono protagonisti lungo la penisola. Lo spreco degli acquedotti italiani invece ammonta a 2,8 milioni di metri cubi al giorno. In un anno, in media, perdono il 40% della portata d’acqua con punte del 77% in alcuni capoluoghi del centro sud. Questo la dice lunga su chi davvero sprechi risorse vitali nel nostro Paese a danno degli utenti: famiglie e imprese».