«Potenziare le politiche di welfare e delle politiche attive per l’occupazione, solo così l’economia sociale potrà liberare il proprio potenziale. È necessario un cambio di paradigma per l’Unione Europea, le risorse destinate ai beni comuni e alle politiche sociali siano considerati investimenti, non spesa. In Europa consumiamo il 50% del welfare mondiale. Le imprese sociali contribuiscono a realizzarne il 50% e danno lavoro a 14 milioni di persone. In Italia diamo servizi di welfare a 7 milioni di famiglie e creiamo occupazione per 400mila persone».
Lo dice Giuseppe Guerini, portavoce dell’Alleanza Cooperative Sociali italiane e presidente di Federsolidarietà-Confcooperative (9.650 cooperative sociali, 385mila soci, 375mila occupati di cui 35mila tra svantaggiati e disabili) intervenendo alla seconda giornata della Conferenza di Roma sull'economia sociale promossa dalla Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea.
«Proponiamo di realizzare una “politica industriale europea” per lo sviluppo dell’economia sociale sui beni pubblici e i beni comuni che sono l’ambito principale per la crescita delle imprese sociali. Va livellato il campo di gioco, per permettere a tutti di giocare a parità condizioni».
«La questione non può essere affrontata solo in base alle regole comunitarie sul diritto della concorrenza. Anche perché non crediamo che la fiscalità del non - profit sia distorsiva della concorrenza più di quanto non lo sia la normativa fiscale che ha incentivato molte grandi imprese ad insediarsi in Lussemburgo. La coesione sociale – conclude Guerini – è un fattore di sviluppo. Le organizzazioni dell'economia sociale, che perseguono una migliore “diffusione pubblica dei benefici”, sono indispensabili per costruire la dimensione sociale dell’Europa che vogliamo».