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Confcooperative Sanità «Da partenariato pubblico privato possono nascere almeno 100.000 nuovi posti di lavoro»

Confcooperative Sanità «Da partenariato pubblico privato possono nascere almeno 100.000 nuovi posti di lavoro»

Milanese «L’internalizzazione dei lavoratori sta mettendo a rischio i servizi di assistenza primaria»

lunedì 14 dicembre 2020

«Sull’assistenza primaria la visione strategica stride con la declinazione tattica, cioè con i fatti. Da un lato, infatti, si sostiene la necessità di incentivare le cure domiciliari, dall’altro però lo Stato sta portando avanti una campagna di assunzioni di massa, mettendo in difficoltà l’operatività di molte realtà che ogni giorno si prendono cura di migliaia di persone in questo Paese, depauperandole della risorsa più preziosa, i professionisti». 

A metterlo in evidenza è Giuseppe Milanese, presidente di Confcooperative Sanità, durante il digital debate organizzato dalla Federazione “Al bivio del Covid-19, l'Assistenza Primaria per riformare la sanità” in collaborazione con Consenso Europa. Due ore di confronto e analisi che ha visto alternarsi esponenti di spicco del mondo sanitario e istituzionale, chiamati a discutere sui temi legati all’assistenza territoriale, alle sfide della cronicità e della Terza Età. 

«In barba al partenariato sta facendo capolino – aggiunge Milanese – un orientamento ideologico dai tratti statalisti, che sembra orientare il sistema verso una controproducente re-internalizzazione dei servizi, con forme improprie di competizione sul mercato delle professioni sanitarie in termini di reperibilità e di costi».

«Su questo scenario si è innestato il detonatore del Covid che ha fatto esplodere, in tutta la sua drammaticità, le diseguaglianze e le criticità di un intero sistema non più in grado di rispondere adeguatamente ai bisogni delle persone fuori dagli ospedali. È per questo che come Confcooperative Sanità vogliamo rilanciare la necessità di una riforma sanitaria che parta proprio dall’assistenza primaria, in cui le cooperative con circa 400mila professionisti in ambito sociosanitario, sono pronte, come sempre, a fare la loro parte».

«Una visione c’è: Il tema della prossimità in sanità è infatti posto nei giusti termini nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ed è là che bisogna guardare per costruire un modello autentico di assistenza territoriale sussidiaria alla rete pubblica ospedaliera. La proposta che Confcooperative Sanità porta avanti da anni è chiara e punta sulla creazione di reti multiprofessionali, in grado di integrare i diversi setting assistenziali, che garantiscano ai cittadini percorsi di cura e di prevenzione a prescindere dal contesto geografico e socio-economico. In questa ottica pensiamo che le cooperative sociosanitarie, le cooperative di medici, le farmacie di servizi insieme possano rappresentare un modello virtuoso per il territorio che non sia basato unicamente sull’ospedale».

«Sulla stessa lunghezza d’onda sembra essere Sua Eccellenza Mons. Paglia, Coordinatore della “Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana” che auspica il superamento della divaricazione pubblico-privato in sanità per promuovere una “grande alleanza” nel Paese – e annuncia – la realizzazione di una proposta di riforma per riorganizzare il sistema di erogazione dei servizi agli anziani. Parole d'ordine qualità, requisiti, continuum assistenziale, accreditamento, fine delle gare d'appalto, emersione delle migliori realtà per assistere gli anziani ed i fragili nel Paese».

In conclusione, secondo Giuseppe Milanese «Lo Stato si trova davanti a un bivio: applicare l’articolo 118 della Costituzione e quindi puntare sulla sussidiarietà e su un partenariato autentico tra pubblico e privato, tra soggetti accreditati tra cui i cittadini possono scegliere liberamente e lo Stato controllore, con un effetto rilevante anche in termini di crescita occupazionale, basti pensare che portare l’assistenza domiciliare a livello dei migliori standard europei genererebbe più di 100 mila posti di lavoro qualificata. L’altra opzione è optare per vecchie logiche che non riuscirebbero a fornire risposte adeguate ai bisogni di salute delle persone e corrono il rischio di disperdere le risorse in arrivo nei rivoli della spesa corrente».