Le cooperative di comunità rappresentano un presidio essenziale per lo sviluppo economico e la coesione sociale dei territori più fragili del Paese, sono un antidoto allo spopolamento. Serve con urgenza un quadro normativo nazionale che ne riconosca il ruolo strategico e ne sostenga la crescita. «Le cooperative di comunità sono l'esempio concreto di come i cittadini possano organizzarsi per rispondere ai bisogni del territorio quando le istituzioni non arrivano o non bastano – dichiara Alessandro Maggioni, presidente di Confcooperative Habitat – gestiscono servizi culturali, turistici, commerciali, ambientali in aree dove altrimenti non ci sarebbe nulla. Si impegnano a rinnovare i servizi essenziali dove è sparito tutto, farmacie, uffici postali e bancari, i bar. Ma questo modello virtuoso rischia di rimanere marginale senza un adeguato sostegno legislativo».
È quanto emerge dalla ricerca del Centro Studi di Confcooperative che fotografa una realtà in espansione, ma ancora strutturalmente fragile ed emerge a Ligonchio, nell’Appennino Tosco-Emiliano, in “Comunità verso…”: il primo incontro nazionale di Confcooperative dedicato alle cooperative di comunità.
«Confcooperative chiede al Parlamento e al Governo di approvare una legge quadro nazionale sulle cooperative di comunità che ne riconosca - continua Maggioni - la funzione di interesse generale e definisca strumenti di sostegno specifici. Semplificare la burocrazia e creare procedure dedicate per l'accesso a bandi e finanziamenti. Il dialogo strategico con le amministrazioni dei piccoli borghi è fondamentale, ma spesso per le cooperative di comunità è una strada dissestata».
Sono 150 le cooperative di comunità aderenti a Confcooperative, presenti in 18 regioni e 139 comuni italiani, con quasi 5.000 soci e 605 addetti occupati. Il 72% opera nelle aree interne, quelle zone del Paese distanti dai servizi essenziali e più esposte allo spopolamento. Una cooperativa su due ha sede in comuni classificati come periferici o ultraperiferici.
«Le cooperative di comunità si stanno inoltre dimostrando uno strumento di autoimprenditoria giovanile particolarmente attrattivo, ma la loro dimensione imprenditoriale è ancora molto contenuta ed è per questo che Confcooperative Habitat sta puntando molto sulle sinergie di rete e sugli strumenti di consolidamento».
Le cooperative di comunità si distinguono per l'intersettorialità: il 54,5% opera in attività culturali e valorizzazione territoriale, il 29,5% nei servizi ambientali, il 27,7% nella ristorazione, il 16,1% nel commercio alimentare. Quattro occupati su dieci sono donne, percentuale che sale al 45,5% nelle Aree Interne.
«Le cooperative di comunità rientrano tra le nuove frontiere del mutualismo. Uno strumento per ricreare impresa e sviluppo e per combattere lo spopolamento delle aree interne. Ma anche per riqualificare le aree degradate delle città. Su questo - conclude Maurizio Gardini presidente di Confcooperative - attendiamo ancora la legge quadro nazionale che armonizzi le normative regionali. È un fenomeno che esalta l’autoimprenditorialità, la cittadinanza attiva delle persone. Una leva fondamentale per ridare vita a 5.500 comuni italiani, il 67% della superficie del paese, dove lo Stato arretra e il privato speculativo non progetta investimenti, ma dove le persone hanno bisogno di servizi, di lavoro, di restare sul territorio per contrastare il dissesto idrogeologico e per valorizzare le tradizioni».